Ritardata diagnosi del tumore: per condannare il chirurgo attendista è necessario che nel caso concreto venga acquista prova certa del nesso causale tra la colposa omissione contestata e la evoluzione infausta della malattia, anche in termini di ridotta sopravvivenza

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 28294.2020, depositata il 12 ottobre 2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad un caso di omicidio colposo commesso mediante omissione contestato al sanitario tratto a giudizio.

In particolare, la Suprema Corte, nell’affermare che l’anticipazione del decesso del paziente, dovuto a errori diagnostici o a cure inadeguate, rientra nel perimetro punitivo del delitto di omicidio colposo, enuncia il principio di diritto secondo cui la prova del nesso causale con giudizio controfattuale deve essere accertata alla stregua dei criteri di probabilità statistica e probabilità logica: in particolare, il concetto di probabilità logica, impone di tener conto di tutte le circostanze del caso concreto, integrando il criterio della frequenza statistica con tutti gli elementi raccolto nel processo sul  singolo caso clinico oggetto di disamina, che, astrattamente, secondo la teoria condizionalistica accolta nel nostro ordinamento, possono incidere sulla sussistenza del nesso causale tra omissione ed evento avverso. (morte o ridotta aspettativa di vita del paziente).

La lettura della sentenza è di interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia anche nella parte in cui la Corte di Cassazione riafferma il principio secondo il quale il reato di omicidio colposo mediante omissione è configurabile anche nell’ipotesi in cui la colposa condotta attendista abbia ritardato le aspettative di vita del paziente, comunque affetto da grave patologia che lo avrebbe condotto alla morte.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie al medico, responsabile dell’Unità operativa di chirurgia generale dell’Azienda ospedaliera, era contestato il delitto di omicidio colposo, per aver cagionato il decesso del paziente per carcinoma vescicale metastatico, avendo omesso, in seguito a due interventi chirurgici, di effettuare l’esame istologico sul materiale resecato, con conseguente mancata individuazione degli opportuni trattamenti terapeutici e riduzione delle aspettative di vita del paziente.

La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava la dichiarazione di responsabilità penale dell’imputato a titolo di omicidio colposo e lo condannava, in solido con l’Azienda ospedaliera, al pagamento della provvisionale in favore delle parti civili costituite.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Avverso la predetta decisione proponevano ricorso per l’imputato, il responsabile civile e le parti civili

Ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse l’impugnazione interposta dall’imputato, con particolare riferimento ai motivi  impingenti la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla corretta applicazione della regola di giudizio richiesta dal giudizio controfattuale.

Secondo la tesi difensiva, la Corte territoriale avrebbe errato nel fondare l’accertamento del nesso di causalità solo su dati statistici e non anche sugli elementi del caso concreto, disattendendo le conclusioni cui erano pervenuti i periti escussi nel dibattimento in grado di appello, secondo i quali non risultava possibile affermare che l’anticipazione della diagnosi da parte del sanitario avrebbe con certezza evitato il decesso del paziente, ovvero prolungato in modo apprezzabile le sue aspettative di vita.

La Suprema Corte, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame alla Corte territoriale di Milano, censura la decisione di secondo grado e la relativa motivazione per non aver fatto buon governo dei principi di diritto fissati dalla giurisprudenza apicale in tema di accertamento del nesso causale in tema di reati omissivi impropri.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<Le Sezioni unite, con impostazione sostanzialmente confermata dalla giurisprudenza successiva, hanno enucleato, per quanto attiene alla responsabilità professionale del medico, relativamente al profilo eziologico, i seguenti principi di diritto: il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato, ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicché, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilità razionale”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese).

Ne deriva che, nell’ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.

Sussiste, pertanto, il nesso di causalità tra l’omessa adozione, da parte del medico, di misure atte a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, allorché risulti accertato, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con modalità migliorative, anche sotto il profilo dell’intensità della sintomatologia dolorosa.

Nel caso che occupa, il giudice a quo non ha fatto buon governo dei principi appena delineati. La Corte d’appello ha basato il suo giudizio controfattuale essenzialmente su dati statistici generali di evoluzione della malattia […] Ma ragionare solo in termini di probabilità statistica si pone in irrimediabile contrasto con gli insegnamenti della giurisprudenza dianzi accennati in tema di accertamento del nesso causale nei reati omissivi impropri caratterizzati dall’evento. È nota la differenza esistente fra probabilità statistica e probabilità logica: la prima attiene alla verifica empirica circa la misura della frequenza relativa nella successione degli eventi; la seconda attiene alla verifica ulteriore, sulla base dell’intera evidenza disponibile, circa l’attendibilità dell’impiego della legge statistica per il singolo evento ai fini della persuasiva e razionale credibilità dell’accertamento giudiziale.

Il concetto di probabilità logica impone di tenere conto di tutte le caratteristiche del caso concreto, integrando il criterio della frequenza statistica con tutti gli elementi indiziari astrattamente idonei a modificarla. Consegue che se la probabilità statistica viene integrata da tutti gli elementi probatori forniti dall’indagine processuale, è possibile pervenire ad una valutazione connotata da un elevato grado di credibilità razionale, non più espresso in termini meramente percentualistici>.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA