Omesso versamento di IVA e sopravvenuta crisi finanziaria: ai fini dell’esclusione del dolo spetta all’imputato giustificare il mancato versamento dell’imposta indiretta allegando e dimostrando la assoluta impossibilità ad adempiere

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 27593.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad un caso di omesso versamento dell’IVA per il quale la difesa del giudicabile aveva sostenuto l’assenza di colpevolezza in capo al proprio assistito per causa di forza maggiore legata alla crisi di liquidità che non aveva consentito all’impresa di pagare l’IVA autoliquidata.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha ritenuto di dare continuità al rigoroso orientamento giurisprudenziale che esclude il dolo richiesto dalla norma incriminatrice solo se in sede processuale viene fornita rigorosa prova mancata del mancato pagamento delle fatture emesse, nonché dell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni tributarie anche sacrificando il patrimonio personale dell’imputato.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito.

Nel caso di specie all’imputato, in qualità di legale rappresentante della società, era stato contestato il delitto di omesso versamento dell’IVA ex art. 10 ter D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Venezia confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Rovigo aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse il motivo di ricorso con il quale è stata denunciata  la violazione di legge e del vizio di motivazione circa la insussistenza del dolo malgrado la allegazione difensiva  per la quale il mancato pagamento dell’IVA era giustificato dalla crisi finanziaria che aveva investito l’impresa collettiva.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, richiama, facendone applicazione al caso di specie, i consolidati principi sedimentati intorno al tema del dolo richiesto dalla norma e della ricorrenza della causa di forza maggiore determinata dalla sopravvenuta crisi di liquidità dell’impresa.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Nell’escludere che l’invocata crisi aziendale fosse legata a fattori improvvisi ed imprevedibili, rispondendo per contro ad un trend negativo evidenziatosi sin dal 2008 che comunque non aveva impedito il proseguimento dell’attività imprenditoriale, la Corte lagunare ha comunque evidenziato come la corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti della società in quello specifico frangente fosse il frutto di una specifica scelta imprenditoriale in ordine alla destinazione delle risorse economiche disponibili, non derivando da tale opzione una crisi di liquidità assoluta tale da porre l’amministratore nell’impossibilità di adempimento all’obbligo fiscale gravante sulla società.

Dal momento infatti che l’elemento soggettivo relativo al reato in esame è costituito dal dolo generico, inteso quale mera consapevolezza dell’illiceità della condotta omissiva finale, senza cioè essere caratterizzato da una specifica finalità di evasione (non richiedendo la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso dì volontario contrasto con il precetto violato: Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014 – dep. 25/02/2015), è la sussistenza concreta della possibilità di adempiere il pagamento, che costituisce, come già affermato da questa Corte, indefettibile presupposto della sussistenza della volontà in capo al soggetto obbligato di non effettuare nei termini il versamento dovuto (Sez. 3, n. 40352 del 16.7.2015; v. anche Sez. 3 n.15176 del 6.2.2014).

È infatti solo la mancata riscossione dei pagamenti in relazione alle prestazioni fatturate che consente di configurare, alla luce del doveroso accantonamento dell’IVA in vista della scadenza del debito erariale, l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato in contestazione.

Deve essere in ogni caso rilevato che l’inesigibilità di una condotta alternativa rispetto a quella omissiva posta dall’imputato impone, in presenza di una grave situazione di crisi aziendale quale quella invocata nella specie, specifici oneri di allegazione e di prova che vanno al di là della contingenza negativa incontrata dalla società, dovendo estendersi all’impossibilità, da valutarsi in concreto, di onorare i pagamenti dovuti quale soggetto IVA e, dunque, la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, se del caso anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014; Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013)>.

La norma incriminatrice:

Art. 10 ter D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di IVA

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.38482

In tema di omesso versamento i.v.a., l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore a cui egli non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Quindi, se l’omesso versamento è dovuto ad una libera scelta imprenditoriale, non può essere invocata la forza maggiore per escludere la sussistenza del dolo. (Fattispecie in cui l’imputato ha utilizzato il flusso finanziario derivante da una vendita sottocosto di un cespite immobiliare per far fronte alle spese correnti, invece che accantonarlo per il successivo versamento dell’imposta).

 

Cassazione penale sez. III, 06/06/2019, n.41602

In relazione al reato di cui all’art. 10-ter d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, l’imputato che intenda invocare, quale causa di esclusione della responsabilità penale, l’assoluta impossibilità di adempiere il debito erariale, è tenuto ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica della società e, per quanto riguarda la crisi di liquidità, la dimostrazione che non sia stato possibile reperire le risorse necessarie all’adempimento delle obbligazioni tributarie pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale, finalizzate al recupero delle somme necessarie per cause indipendenti dalla sua volontà. (Nel caso di specie, la S.C., ha rigettato il ricorso avverso la sentenza con la quale la corte d’appello, nel confermare la condanna inflitta all’imputato per aver omesso, in qualità di legale rappresentante di una società, il versamento dell’i.v.a. dovuta, aveva correttamente osservato che non era stato dimostrato in quale misura il destino finanziario del principale committente della società avesse inciso sulla situazione economica di quest’ultima, né in che modo l’imputato si fosse attivato per fronteggiare le difficoltà finanziarie della società).

 

Cassazione penale sez. III, 13/11/2018, n.12906

Il reato di omesso versamento dell’Iva è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio d’impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione contratta con l’erario. Tale elemento può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’articolo 45 del codice penale, solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo l’asserita crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario. L’imprenditore, quindi, deve provare, di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere il proprio debito fiscale (nella specie, l’imprenditore imputato si era limitato ad asserire l’esistenza di una pregressa crisi di impresa, senza allegare elementi idonei a dimostrare l’entità della crisi, le incolpevoli cause della stessa e l’impossibilità di superarla tramite il ricorso a idonei strumenti da valutarsi in concreto).

 

Cassazione penale sez. III, 16/07/2015, n.40352

Ai fini dell’integrazione dell’elemento psicologico del reato di cui all’art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000, la valutazione del giudice di merito deve investire la peculiarità della condotta omissiva tipizzata (omesso pagamento del debito IVA nei termini previsti dalla legge), condotta omissiva avente natura dolosa; per cui è proprio l’esistenza concreta della possibilità di adempiere il pagamento che costituisce indefettibile presupposto della sussistenza della volontà in capo al soggetto obbligato di non effettuare nei termini il versamento dovuto.

 

Cassazione penale sez. III, 24/06/2014, n.8352

In tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Fattispecie, nella quale la Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità).

 

Cassazione penale sez. III, 06/02/2014, n.15176

Correttamente viene esclusa la configurabilità, sotto il profilo soggettivo, del reato di cui all’art. 10 ter d.lg. 10 marzo 2000 n. 74 (omesso versamento di i.v.a.) quando l’omissione sia dovuta ad oggettiva ed insuperabile crisi di liquidità derivante da gravissimi e sistematici ritardi nei pagamenti da parte dei soggetti nei confronti dei quali erano state effettuate le prestazioni fatturate, sempreché risulti provato che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento dell’obbligazione tributaria, pur avendo egli posto in essere, al detto scopo, tutte le possibili azioni, se del caso anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, senza conseguire l’intento per cause indipendenti dalla sua volontà o a lui non imputabili. (Nella specie era risultato che l’imputato, a fronte delle inadempienze dei clienti, si era visto costretto a far un massiccio ricorso al credito bancario, con conseguente aggravamento, perdurando i ritardi nei pagamenti, della propria posizione).

 

Cassazione penale sez. III, 08/01/2014, n.15416

In tema di reati tributari, e segnatamente di omesso versamento di ritenute certificate, previsto e punito dall’art. 10-bis, d.lg. n. 74/2000, può essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo, ove questi sia in grado di fornire la prova che per lui non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli al suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare le somme indispensabili per assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

 

Cassazione penale sez. III, 05/12/2013, n.5467

L’elemento soggettivo del reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis d.lg. 10 marzo 2000 n. 74) è integrato dal dolo generico, richiedendosi la coscienza e volontà di non versare all’erario le ritenute effettuate (coscienza e volontà che deve investire anche la soglia dei cinquantamila euro che fonda la rilevanza penale), essendo irrilevante dunque il fine perseguito dall’agente e non richiedendosi, a differenza di altre fattispecie di reato fiscale, che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte rilevante (sezioni Unite, 28 marzo 2013, F.).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA