Indebita utilizzazione di carte di credito: ogni utilizzo illecito della carta bancomat integra una autonoma consumazione del reato previsto e punito dall’art. 493 ter cod. pen.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 28513.2020, depositata il 14 ottobre 2020, resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad un caso di indebito utilizzo di carte di credito.

In particolare la Suprema Corte, dopo aver preliminarmente chiarito la ratio e struttura del reato precisando quale siano le due diverse condotte punite dalla norma incriminatrice, enuncia il principio di diritto secondo il quale il ripetuto utilizzo della carta di credito determina la commissione di più violazione della medesima norma penale, legittimando il giudice di merito ad applicare la disciplina del reato continuato.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito.

Nel caso di specie all’imputato erano contestati i delitti di indebito utilizzo di carta di credito ex art. 493 ter c.p. (già art. 55 co. 9 D.lgs. 231/2007) e sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p.

La Corte di appello di Torino confermava la sentenza di primo grado di condanna del prevenuto per i reati ascrittigli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione contro la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando un unico motivo di impugnazione.

Segnatamente, il ricorrente deduceva l’erronea applicazione dell’art. 81 co. 2 c.p. con riferimento al reato di indebito utilizzo di carte di credito, considerando che l’uso plurimo e contestuale della medesima carta bancomat non potesse configurare una pluralità di reati.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, enuncia il principio di diritto di seguito riportato:

<Le Sezioni Unite di questa Corte (n. 22902 del 28/03/2001), hanno chiarito – per quanto interessa ai fini della risoluzione della presente questione – come dall’analisi letterale della norma in esame emerga che il legislatore abbia inteso assicurare la tutela degli interessi evocati mediante la previsione di due condotte: la prima consistente nella indebita utilizzazione, e dunque nel concreto uso illegittimo delle carte di credito o delle carte di pagamento – lecita o illecita che sia la loro provenienza – da parte di persona diversa dal titolare, al fine di realizzare un profitto per sé o per altri; la seconda consistente nel possesso (inteso come detenzione materiale), nella cessione o nell’acquisizione di tali documenti di provenienza illecita, e dunque in una azione che, sotto il profilo logico e temporale, è distinta dalla prima perché la precede e ne costituisce il presupposto fattuale.

Ciò premesso, è evidente che, ricadendo il caso in esame nella prima parte della disposizione richiamata, che punisce appunto “l’utilizzo” della carta di credito, il reato viene commesso tutte le volte che vi sia tale utilizzo: posto che l’art. 81 cod.pen. prevede che “È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi …con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge”, appare corretto applicare il suddetto articolo, visto che il ripetuto utilizzo della carta bancomat comporta che siano state commesse più azioni in violazione dell’art. 493 ter cod.pen>.

La norma incriminatrice:

Art. 493 ter c.p. – Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento

Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. II, 18/09/2019, n.46652

Risponde dei reati di ricettazione e di indebito utilizzo di carte di credito di cui all’art. 493-ter, comma 1, prima parte, c.p. il soggetto che, non essendo concorso nella realizzazione della falsificazione, riceve da altri carte di credito o di pagamento contraffatte e faccia uso di tale mezzo di pagamento. (In motivazione la Corte ha precisato che l’autore della contraffazione, quando proceda anche all’utilizzo indebito del mezzo di pagamento, risponderà in concorso delle due autonome ipotesi di reato previste dall’art. 493-ter, comma 1, c.p.).

 

Cassazione penale sez. V, 11/12/2018, n.5692

L’indebita utilizzazione ai fini di profitto, di una carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il delitto di cui all’art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 (ora art. 493-ter c.p.), indipendentemente dall’effettivo conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine. (Fattispecie nella quale l’imputato aveva introdotto la carta di credito di provenienza illecita nello sportello bancomat, senza digitare il PIN di cui non era a conoscenza).

 

Cassazione penale sez. un., 28/03/2001, n.22902

L’art. 12 d.l. 3 maggio 1991, n. 143, conv. in l. 5 luglio 1991, n. 197, disciplina e punisce due condotte fra loro diverse e del tutto eterogenee sotto l’aspetto fenomenico, in quanto la prima consiste nell’indebita utilizzazione da parte del non titolare di carte di credito o di pagamento o altro documento che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, indipendentemente dalla circostanza che detti documenti siano di provenienza illecita, mentre la seconda si concreta nel possesso, nella cessione o nell’acquisizione di tali documenti di provenienza illecita, cioè in un’azione che sotto il profilo logico e temporale è distinta dalla prima perché la precede e ne costituisce il presupposto fattuale; ne consegue che nelle ipotesi di possesso e successiva utilizzazione di carte di credito di provenienza illecita si ha concorso di reati e non concorso apparente di norme incriminatici.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA