La prova del dolo nella bancarotta fraudolenta documentale per occultamento delle scritture contabili può essere ricavata logicamente dalla volontà di nascondere la distrazione di denaro proveniente da un finanziamento in favore dell’impresa

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 28563.2020, depositata il 14 ottobre 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e documentale per occultamento delle scritture contabili.

In particolare, nella sentenza in commento,  la Suprema Corte enuncia due principi relativi ai due reati contestati:

(i) il primo relativo alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, afferma la sussistenza della condotta distrattiva anche nell’utilizzo, per scopi diversi da quelli propri connessi all’esercizio dell’attività di impresa, delle somme rese disponibili in seguito all’apertura di un credito ottenuta da un istituto bancario per le finalità aziendali;

(ii) il secondo, afferente la contestata  bancarotta fraudolenta documentale, statuisce che laddove si abbia concorso tra condotte distrattive e occultamento delle scritture contabili, la prova del dolo specifico della bancarotta documentale può essere fondata sulla massima di esperienza secondo la quale l’irregolare tenuta dei documenti contabili è funzionale all’occultamento degli atti depauperativi del patrimonio sociale.

 

I reati contestati e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella veste di socio e amministratore della società, erano contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e documentale, nonché di bancarotta semplice.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per i reati ascrittigli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento rivestono maggiore interesse le deduzioni relative alla violazione di legge in riferimento alla configurazione dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

La Suprema Corte, nell’annullare senza rinvio la sentenza limitatamente al delitto di bancarotta semplice estinto per prescrizione e nel rigettare nel resto il ricorso, enuncia i seguenti principi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

 

(i) Bancarotta fraudolenta per distrazione

“…Va ribadito il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, deve ricomprendersi fra le operazioni distrattive anche l’utilizzazione di somme disponibili per effetto di un’apertura di credito ottenuta da un istituto bancario per le finalità aziendali, che invece vengano destinate a scopo diverso e distolte dal patrimonio della impresa senza corrispettivo (Sez. 5, n. 21251 del 10/02/2010). Quanto alla prova della distrazione, la deduzione secondo cui le fatture relative ai due pagamenti sarebbero indice soltanto di un reato tributario degli emittenti è manifestamente infondata, avendo lo stesso [omissis] riferito di avere effettivamente erogato le due somme, destinandole al pagamento di costi non contabilizzati (c.d. “in nero”), senza tuttavia dimostrare le relative controprestazioni e la stessa esistenza del debito.

Al riguardo, è pacifico il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016); al contrario, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta preferenziale è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo, della cui esistenza l’imprenditore è onerato di fornire la prova, in difetto della quale ricorre un’ipotesi di distrazione dei beni e non di diseguale trattamento dei creditori (Sez. 5, n. 32637 del 16/04/2018, Marcello, Rv. 273712”).

(ii) Bancarotta fraudolenta documentale

“….Il secondo motivo, concernente il reato di bancarotta fraudolenta documentale, oltre ad essere generico, è manifestamente infondato, in quanto la prova del dolo è stata logicamente desunta proprio dall’accertata distrazione di somme di denaro della società fallita e dalle diverse versioni fornite dall’imputato al curatore in merito all’ubicazione della documentazione contabile non depositata. In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019).

Ciò posto, qualora l’occultamento, anche parziale, delle scritture contabili concorra, come nel caso di specie, con condotte distrattive, la prova del dolo specifico può essere logicamente fondata anche sulla massima di esperienza secondo cui l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019)”

 

La norma incriminatrice:

Art. 216 legge fall. – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 12/03/2019, n.37348

Commette reato di occultamento delle scritture contabili il legale rappresentante che non indica il luogo di conservazione dei registri obbligatori. Sul punto è irrilevante l’atteggiamento collaborativo tenuto da costui, che ha consentito ai verificatori di determinare il volume di affari. A precisarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso di un legale rappresentante di una società, condannato per occultamento di scritture contabili (articolo 10 del decreto legislativo 74/2000) nonostante avesse consentito ai verificatori di ricostruire l’intera situazione patrimoniale. Per la Corte, però, ciò non incide sul reato che risulta comunque integrato, anche quando si è resa soltanto più difficile la verifica fiscale.

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

È configurabile il reato di bancarotta semplice e non quello di bancarotta fraudolenta in capo all’amministratore della società se le omissioni nelle scritture contabili riguardano periodi limitati e potrebbero essere solo il risultato di trascuratezza e non della volontà di rendere non ricostruibile il patrimonio e il movimento di affari. Inoltre, senza la prova della coscienza del danno ai creditori e delle conseguenze della condotta non può ipotizzarsi la fattispecie più grave della bancarotta fraudolenta. Ad affermarlo è la Cassazione accogliendo il ricorso dell’amministratrice e legale rappresentante di una Srl, condannata in appello per bancarotta fraudolenta documentale, per non aver consentito di ricostruire il patrimonio e il movimento di affari, compilando li libro assemblee senza rispettare l’ordine cronologico, aggiornando il libro bilancio solo parzialmente e il libro giornale in maniera confusa.

 

Cassazione penale sez. V, 08/11/2018, n.12544

La condotta di sottrazione o occultamento delle scritture contabili deve essere sostenuta dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori affinché si provi la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta.

 

Cassazione penale sez. V, 16/04/2018, n.32637

Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta preferenziale è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo, della cui esistenza l’imprenditore è onerato di fornire la prova, in difetto della quale ricorre un’ipotesi di distrazione dei beni e non di diseguale trattamento dei creditori.

 

Cassazione penale sez. V, 22/09/2015, n.8260

In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha osservato che la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 l. fall. sul fallito, interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare).

 

Cassazione penale sez. V, 10/02/2010, n.21251

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, deve ricomprendersi fra le operazioni distrattive anche l’utilizzazione di somme disponibili per effetto di un’apertura di credito ottenuta da un istituto bancario per le finalità aziendali, che invece vengano destinate a scopo diverso e distolte dal patrimonio della impresa senza corrispettivo. (Nella specie, le somme prelevate erano utilizzate, senza contropartita economica, per sanare i debiti di altra società del gruppo).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA