Può rispondere di peculato e non di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione il custode che si appropria dei beni della società fallita

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 29705.2020, depositata il 26 ottobre 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad una contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, riqualificata in sede di legittimità come delitto di peculato.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, soffermandosi sulla figura del custode fallimentare, enuncia il principio di diritto secondo il quale il soggetto onerato del munus pubblico può rispondere del reato fallimentare solo se risulta ipotizzabile il concorso con il soggetto che possieda le qualità soggettive previste dal reato proprio.

In caso contrario, al custode dei beni della fallita, in caso di sottrazione di beni dalla massa fallimentare, è astrattamente possibile ascrivere una responsabilità per il delitto di peculato, nell’ipotesi di appropriazione dei beni della fallita dei quali aveva il possesso in ragione dell’incarico ricoperto.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito.

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità custode in riferimento al fallimento della società, era contestato il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Latina aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli comminandogli la pena di legge.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando tre motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste particolare interesse la denuncia della violazione di legge in riferimento al riconoscimento della responsabilità del prevenuto a titolo di concorso nella bancarotta.

Secondo la tesi difensiva, invero, l’assoluzione del coimputato amministratore unico della fallita, avrebbe dovuto determinare anche quella del custode, essendo venuto a mancare il presupposto del concorso dell’extraneus nel reato proprio escluso dai giudici di merito.

La Suprema Corte, nel riqualificare il fatto ai sensi dell’art. 314 c.p,. ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello capitolina, che dovrà valutare la sussistenza o meno della penale responsabilità in ordine al reato contro la pubblica amministrazione.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

(i) Concorso nel reato di bancarotta proprio a concorso eventuale.

<Il reato di bancarotta distrattiva contestato all’imputato è, senza dubbio, un reato proprio ed a concorso eventuale […] Nel reato di bancarotta fraudolenta, quindi, possono eventualmente concorrere, in base alle norme generali sul concorso di persone nel reato, altri soggetti non qualificati, quando ricorra l’attività tipica di almeno una persona che possieda le qualità previste dalla legge sul fallimento.

Ove ciò si verifichi, in ogni caso, il concorso deve ravvisarsi qualora l’attività dell’extraneus si sia inserita nella condotta ed abbia avuto un’influenza causale nell’evento, oltre che essere svolta da persona consapevole della qualifica del soggetto attivo primario.

L’extraneus, inoltre, può essere dichiarato colpevole di bancarotta fraudolenta anche se il soggetto qualificato viene assolto per difetto dell’elemento psicologico del reato, poiché il concorso di persone nel delitto di bancarotta fraudolenta viene disciplinato dalle stesse norme che regolano il concorso di qualsiasi reato proprio.

Sicché risulta necessario, per la configurazione della fattispecie a carico di un extraneus […]che la condotta sia stata posta in essere in concorso con uno dei soggetti qualificati, il che, nel caso di specie, è ostacolato dall’assoluzione dell’amministratrice unica della società per non aver commesso il fatto (Sez. 5, sentenza n. 2179 del 07/12/1983, dep. 08/03/1984; Sez. 5, sentenza n. 8142 del 03/07/1973; Sez. 5, sentenza n. 642 del 10/11/1972; Sez. 5, sentenza n. 87 del 25/10/1971, dep. 12/01/1972; Sez. 3, sentenza n. 727 del 29/05/1967)>.

 

(ii) La condotta appropriativa del custode va qualificata come peculato.

<Nella vicenda in esame, tuttavia, occorre considerare come il custode nominato dalla curatela fallimentare rivesta il ruolo di pubblico ufficiale. Né può dimenticarsi come l’art. 231 della legge fallimentare estenda al coadiutore del curatore le disposizioni di cui agli artt. 228, 229 e 230 della medesima legge, ossia le disposizioni che si riferiscono alle specifiche fattispecie di interesse privato del curatore negli atti del fallimento (art. 228 legge fallimentare), accettazione di retribuzione non dovuta (art. 229 legge fallimentare), omessa consegna o deposito di cose del fallimento (art. 230 legge fallimentare); ciò rende da un lato ancor più evidente il ruolo pubblicistico del coadiutore del curatore fallimentare che, come tale, qualora ne ricorrano gli estremi, risponderà dei delitti commessi dai pubblici ufficiali, sia di quelli previsti nella parte generale del codice penale che di quelli previsti dalle leggi speciali.

Non è un caso, pertanto, che pacificamente sia stata ravvisata la fattispecie di peculato nella condotta del coadiutore del curatore del fallimento che si appropri di beni della società dichiarata fallita, dei quali abbia il possesso in ragione del suo incarico (Sez. 6, sentenza n. 13107 del 21/01/2009; Sez. 6, sentenza n. 38986 del 24/06/2010)>.

Le norme incriminatrici:

Art. 314 c.p. – Peculato

Il pubblico ufficiale [357] o l’incaricato di un pubblico servizio [358], che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi [316-bis, 317-bis, 323-bis].

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita [316-bis, 317-bis, 323-bis].

 

Art. 216 Legge fallimentare – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.14689

Soggetto attivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, anche nel caso di nomina di un amministratore giudiziario a seguito di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione delle quote e dell’azienda di una società, è l’amministratore di questa, in quanto il sequestro non comporta la modificazione del contratto di società o la sostituzione degli organi della persona giuridica, rivestendo l’amministratore giudiziario, ai sensi dell’art. 35, comma 5, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, il ruolo di mero custode dei beni sequestrati e non di legale rappresentante o nuovo amministratore della società oggetto di sequestro.

 

Cassazione penale sez. VI, 21/01/2009, n.13107

Il coadiutore del curatore del fallimento è pubblico ufficiale, in quanto coopera a titolo oneroso alla funzione di custodia giudiziaria dei beni affidati al curatore.

 

Cassazione penale sez. VI, 21/01/2009, n.13107

Integra il delitto di peculato la condotta del coadiutore del curatore del fallimento che si appropria di beni della società dichiarata fallita, dei quali abbia il possesso in ragione del suo incarico.

 

Cassazione penale sez. VI, 09/01/2008, n.18732

Risponde del reato di concussione, e non di quelli previsti dagli artt. 228 e 229 l. fall., il commissario liquidatore, nominato ai sensi dell’art. 198 l. fall., che, abusando della sua qualità di pubblico ufficiale, induca l’acquirente dei beni compresi nella liquidazione a rilasciargli indebitamente una fattura di importo inferiore al prezzo effettivamente pagato.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA