Responsabilità amministrativa degli enti e lesioni colpose: il vantaggio della persona giuridica si ravvisa anche nella velocizzazione dei tempi per l’esecuzione dei lavori in spregio alle norme di sicurezza
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 29584.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad un caso di responsabilità dell’ente da illecito amministrativo derivante dal reato di lesioni colpose commesse in violazione della normativa posta a tutela della sicurezza sul lavoro.
In particolare, con la sentenza in commento, la Suprema Corte richiama, facendone applicazione al caso di specie, il principio già elaborato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale il criterio di imputazione oggettiva della responsabilità amministrativa (il quale si declina alternativamente nell’interesse o nel vantaggio dell’ente),può essere ravvisato dai giudici del merito nella velocizzazione dei tempi per l’esecuzione dei lavori.
L’infortunio sul lavoro, il reato presupposto dell’illecito amministrativo e il doppio grado di merito.
Nel caso di specie due dipendenti della ditta impegnata nell’esecuzione di lavori presso un capannone industriale salivano sulla copertura dello stesso, quando il cedimento di un pannello cagionava la caduta dei lavoratori nel solaio sottostante che riportavano lesioni personali.
Alle società venivano contestati gli illeciti amministrativi dipendenti dal reato di lesioni colpose ex art. 25 septies D.lgs. 231/2001.
In particolare, secondo l’imputazione elevata dalla Procura a carico delle persone giuridiche, una di tali imprese sarebbe intervenuta nel cantiere senza alcun contratto con la committente (la quale aveva commissionato il capannone ad altra società), bensì su incarico diretto dell’uomo di fiducia della committente stessa, al fine di velocizzare i tempi di realizzazione dell’opera, laddove l’impresa appaltatrice avrebbe effettuato i lavori in tempi più lunghi rispettando le norme di sicurezza, nel rispetto del piano di sicurezza e sotto il controllo dei garanti (direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza).
La Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, confermava la condanna delle società per gli illeciti amministrativi loro ascritti.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
La difesa dell’ente committente proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, deducendo la violazione di legge in ordine al riconoscimento della responsabilità del ricorrente, perché insussistenti i criteri di imputazione oggettiva della responsabilità previsti dall’art. 5 D.lgs. 231/2001.
In particolare, la difesa dell’impresa ricorrente, contestava la sussistenza di un interesse o vantaggio dell’ente, non potendosi questo ravvisare nel risparmio di tempo, laddove esso non sia espressione di una politica economica perseguita dall’impresa.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, dopo aver preliminarmente chiarito la disciplina e gli orientamenti giurisprudenziali sedimentati intorno al tema di criterio di imputazione oggettiva nei reati colposi di evento, enuncia il principio di diritto secondo cui il vantaggio conseguito dall’ente possa ravvisarsi anche nella riduzione delle tempistiche di lavoro e in difetto dei requisiti a tutela della sicurezza.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
(i) L’art. 5 del D.lgs. 231/2001
<Inoltre, per non svuotare di contenuto la previsione normativa che ha inserito nel novero di quelli che fondano una responsabilità dell’ente anche i reati colposi, posti in essere in violazione della normativa antinfortunistica (art. 25 septies del d.lgs. 231 del 2001), la giurisprudenza ha elaborato un criterio di compatibilità, affermando in via interpretativa che i criteri di imputazione oggettiva di che trattasi vanno riferiti alla condotta del soggetto agente e non all’evento, coerentemente alla diversa conformazione dell’illecito, essendo possibile che l’agente violi consapevolmente la cautela, o addirittura preveda l’evento che ne può derivare, pur senza volerlo, per rispondere a istanze funzionali a strategie dell’ente. […] Si è così salvaguardato il principio di colpevolezza, con la previsione della sanzione del soggetto meta-individuale che si è giovato della violazione.
La casistica ha offerto, poi, alla giurisprudenza di legittimità l’occasione per calibrare, di volta in volta, il significato dei due concetti alternativamente espressivi del criterio d’imputazione oggettiva di cui si discute: si è così affermato, per esempio, che esso può essere ravvisato nel risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei procedimenti e dei presidi di sicurezza; nell’incremento economico conseguente all’incremento della produttività non ostacolata dal rispetto della normativa prevenzionale (sez. 4 n. 31210 del 2016, Merlino e altro; n. 43656 del 2019, Compagnia Progetti e Costruzioni); nel risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e informazione del personale (cfr., in motivazione, sez. 4 n. 18073 del 2015, Bartoloni ed altri); o, ancora, nella velocizzazione degli interventi di manutenzione e di risparmio sul materiale>.
(ii) La velocizzazione dei tempi di esecuzione dei lavori.
<Nel caso all’esame […] può dirsi accertato che l’intromissione della [Omissis] s.n.c. sia avvenuta per conto della committente e su iniziativa del preposto del legale rappresentante di essa, uomo di fiducia della [omissis]s.r.l., costantemente presente in cantiere e gerente di fatto della stessa.
Il lavoro da eseguire era al di fuori delle previsioni del contratto di appalto ed è stato previsto e ordinato in spregio alle più elementari norme antinfortunistiche.
Esso è consistito nella rimozione di alcune lastre già poste a copertura del tetto del capannone ed era finalizzato all’inserimento del braccio di una autopompa da impiegare per la gittata di calcestruzzo all’interno della struttura.
Tale decisione si era rivelata del tutto eccentrica rispetto al progetto e allo stesso piano di sicurezza approntato e di essa non erano stati informati il direttore dei lavori e il coordinatore per la sicurezza, il che aveva concretamente ostacolato lo svolgimento di qualsiasi funzione di controllo e di alta sorveglianza, propria di tali figure di garanti.
Sulla scorta di tale materiale probatorio, il Tribunale ha distinto, in maniera invero più puntuale, il criterio d’imputazione oggettivo, ravvisandolo, per la [omissis]s.n.c., nel vantaggio conseguito dal suo coinvolgimento in lavori ai quali era estranea per contratto; per la [omissis]s.r.l., nell’interesse di questa a fruire in tempi più rapidi (rispetto al progetto originario) del risultato conseguito (realizzazione dell’erigendo capannone)>.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. IV, 24/09/2019, n.43656
In materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (articolo 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 2001), sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento e produttività o anche solo una riduzione dei tempi di lavorazione.
Cassazione penale sez. IV, 19/05/2016, n.31210
In tema di responsabilità da reato dell’ente in conseguenza della commissione dei reati di omicidio colposo o di lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies d.lg. 8 giugno 2001 n. 231), ricorre il requisito dell’interesse dell’ente quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di far conseguire un’utilità alla persona giuridica; ciò accade, ad esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito, non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d’impresa: pur non volendo il verificarsi dell’infortunio in danno del lavoratore, l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell’ente (ad esempio, far ottenere alla società un risparmio sui costi in materia di prevenzione). Ricorre, invece, il requisito del vantaggio per l’ente quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, anche in questo caso ovviamente non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.
Cassazione penale sez. IV, 23/06/2015, n.31003
In materia di responsabilità amministrativa degli enti l’interesse e/o il vantaggio dell’ente di cui all’art. 5 del d.lg. n. 231 del 2001 in relazione ai delitti colposi previsti dall’art. 25-septies del medesimo decreto deve essere inteso, in una prospettiva patrimoniale, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA