Riciclaggio e art. 2 D.Lgs. n. 74/2000: non costituiscono profitto del reato di frode fiscale le somme fittiziamente fatte pervenire alla società emittente le fatture per operazioni inesistenti

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 30206.2020, resa dalla II Sezione penale della  Corte di Cassazione, pronunciatasi su un caso di riciclaggio e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.

In particolare, con la sentenza in commento, la Suprema Corte ,enuncia il principio di diritto secondo il quale non integra il reato di riciclaggio la consegna di assegni come mezzo di pagamento della prestazione dedotta nel documento fiscale con lo scopo di dare parvenza di effettività all’emissione delle fatture per operazioni inesistenti, non integrando il predetto pagamento simulato il reato presupposto del delitto contro il patrimonio.

La sentenza è di interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia penale tributaria anche nella parte in cui ha ritenuto di dare continuità all’orientamento che individua il profitto del reato della frode fiscale nel risparmio dell’imposta.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie ai coimputati erano contestati i delitti di riciclaggio, reimpiego di denaro e favoreggiamento reale.

Il Giudice dell’udienza preliminare di Nola emetteva sentenza di proscioglimento dei prevenuti in ordine ai reati loro ascritti ritenendo insussistenti i fatti contestati dalla locale Procura, ritenendo che “gli assegni che il coimputato accusato di avere emesso fatture inesistenti consegnava agli imputati a giustificazione degli importi fittizi non costituivano “profitto” del reato fiscale, che doveva essere individuato nel risparmio di imposta; pertanto le condotte di “gestione” di tali assegni (riconsegna tramite girata o sostituzione con assegni circolari) non potevano integrare né il reato di favoreggiamento reale, né quelli di riciclaggio e reimpiego, dato che tali illeciti avrebbero dovuto avere come oggetto il “profitto” del reato fiscale”.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Il Pubblico ministero impugnava la predetta sentenza di non luogo a procedere.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, enuncia il seguente principio di diritto afferente i rapporti tra i delitti di riciclaggio e frode fiscale, tratto dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<In materia è stato affermato, con giurisprudenza che si condivide, che non costituiscono il profitto del reato di cui all’art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) le somme fittiziamente fatte pervenire ad una società per dare parvenza di effettività all’emissione, da parte della stessa, di fatture relative ad operazioni inesistenti, in quanto il profitto del predetto reato coincide con il risparmio di imposta che si ricava attraverso l’annotazione in contabilità e successiva indicazione delle anzidette fatture nelle prescritte dichiarazioni fiscali. E che, pertanto non trattandosi di somme di provenienza delittuosa non è configurabile né il reato di riciclaggio né la condotta illecita prevista dall’art. 12 quinquies D.L. n. 306 del 1992, conv. in legge n. 356 del 1992 (Sez. 5, n. 36870 del 14/05/2013 – dep. 06/09/2013; per la stessa definizione di profitto in materia di sequestro preventivo: Sez. 3, n. 1657 del 27/09/2018 – dep. 15/01/2019).

Si tratta di un orientamento che si è consolidato anche attraverso la pronuncia che ha affermato che non integra il delitto di riciclaggio l’operazione consistita nel versamento sul proprio conto corrente di un assegno bancario giustificativo del pagamento di una fattura ed il successivo prelievo di una parte della somma versata con la restituzione all’emittente il titolo, funzionale ad ostacolare l’identificazione del delitto di fatture per operazioni inesistenti. La corte ha rilevato la carenza del presupposto per ritenere configurabile il delitto di riciclaggio e cioè la provenienza da delitto del denaro versato sul conto (Sez. 2, n. 41499 del 24/09/2013 – dep. 08/10/2013)>.

Le norme incriminatrici:

Art. 648 bis c.p. – Riciclaggio

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 euro a 25.000 euro.

La pena è aumentata [64] quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è diminuita [65] se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi e’ inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni].

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 20/01/2017, n.28047

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, che costituisce profitto del reato dichiarativo di frode fiscale di cui all’art. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, e non può avere ad oggetto le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito, che rappresentano, invece, il costo del reato stesso, derivante dalla sua commissione. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il sequestro e la confisca delle sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento è, invece, configurabile con riferimento alla fattispecie di sottrazione fraudolenta di cui all’art. 11 del medesimo d.lg. n. 74 del 2000, in quanto il profitto dell’attività distrattiva dei beni oggetto di possibile apprensione da parte dell’Erario deve essere calcolato con riferimento all’intero debito erariale, comprensivo delle sanzioni collegate e di tutti gli accessori esigibili).

Cassazione penale sez. V, 14/05/2013, n.36870

Poiché il profitto del reato di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti consiste nel risparmio di imposta che si ricava attraverso l’annotazione in contabilità e successiva indicazione delle anzidette fatture nelle prescritte dichiarazioni fiscali, non rappresentano detto profitto le somme corrisposte a fronte delle predette operazioni inesistenti.

Cassazione penale sez. II, 24/09/2013, n.41499

Per ipotizzare il delitto di riciclaggio è necessario che la condotta di trasferimento o sostituzione del denaro o di “oscuramento” della relativa origine, riguardi somme in sé provenienti da delitto.

Cassazione penale sez. II, 24/09/2013, n.41499

Non integra il delitto di riciclaggio l’operazione consistita nel versamento sul proprio conto corrente di un assegno bancario giustificativo del pagamento di una fattura ed il successivo prelievo di una parte della somma versata con la restituzione all’emittente il titolo, funzionale ad ostacolare l’identificazione del delitto di fatture per operazioni inesistenti. (In motivazione, la Corte ha giustificato l’affermazione evidenziando come, pur potendosi considerare illecita l’operazione complessivamente articolata, fosse carente il presupposto per ritenere configurabile il delitto di riciclaggio e cioè la provenienza da delitto del denaro versato sul conto).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA