Risponde di concorso nella bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore di una società che emette fatture per operazioni inesistenti ottenendone il pagamento da parte di quella fallita in danno del ceto creditorio.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 31819.2020, depositata il 12 novembre 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, che pronunciandosi su un caso di bancarotta fraudolenta distrattiva, ha affrontato l’interessante tema della prova dell’elemento psicologico del reato in capo all’extraneus tratto a giudizio quale concorrente nel reato con l’amministratore di diritto.

In particolare, con la sentenza in commento, la Suprema Corte enuncia il principio di diritto secondo cui, ai fini della configurazione del dolo in capo al concorrente esterno nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, è sufficiente la consapevolezza di cagionare un depauperamento del patrimonio dell’impresa ai danni dei creditori, senza bisogno di provare la conoscenza dello stato di insolvenza in cui versa l’impresa decotta.

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie all’imputato,  tratto  agiudizioquale concorrente extraneus ed amministratore di altra società, era stato contestato il concorso con l’amministratore della fallita nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, per aver, mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs 74/2000)contribuito alla ingiustificata fuoriuscita di denaro dall’impresa, poi restituito alla medesima tramite un intermediario.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza  di condanna resa dal Tribunale di Monza in punto di penale responsabilità, riducendo la durata delle pene accessorie.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto-

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando due motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la doglianza relativa alla violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato, in ragione della lamentata mancata consapevolezza del ricorrente dello stato di insolvenza in cui versava la società fallita.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, enuncia  il principio di diritto di seguito riportato tratto dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Per inquadrare la questione, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa sezione che il Collegio condivide, il dolo del concorrente extraneus nella bancarotta distrattiva dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società (Sez. 5, n. 38731 del 17/05/2017; Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017).

Ragionando in linea con detta base teorica, la Corte di merito ha valorizzato in malam partem — con motivazione immune dalle critiche che ad essa muove l’impugnante — gli indicatori della consapevolezza del [omissis ]di contribuire, attraverso la società cartiera amministrata, all’ingiustificata fuoriuscita dalla società di un’imponente somma di denaro, poi restituita, tramite un intermediario, ad [omissis]; di fronte a questa operazione dal carattere obiettivamente ed inequivocabilmente distrattivo e nocivo per la massa creditoria, non ha alcun rilievo se l’imputato conoscesse o meno le condizioni economiche dell’impresa né la distanza temporale tra queste operazioni caratterizzate da indubbi indici di fraudolenza — ed il fallimento; come per l’intraneo, infatti, non è necessario che vi sia una connessione tra le attività distrattive ed il fallimento e neanche con il dissesto dell’impresa, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento di quest’ultima destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016; Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017; Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014; Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014)>.

La norma incriminatrice:

Art. 216 Legge fall. – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 17/05/2017, n.38731

In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori.

 

Cassazione penale sez. V, 08/02/2017, n.13910

Nei reati di bancarotta prefallimentare la sentenza dichiarativa di fallimento è da considerarsi condizione obiettiva di punibilità. Di conseguenza, il momento consumativo del reato, anche ai fini della competenza territoriale e del decorso della prescrizione, rimane fissato nel momento e nel luogo ove tale condizione si verifica, ovvero il tempo e il luogo della dichiarazione di fallimento. La Cassazione ha così mutato il suo orientamento tradizionale che intendeva la dichiarazione di fallimento come elemento costitutivo del reato. Per la Corte, “la dichiarazione di fallimento in quanto estranea all’offesa tipica e alla sfera di violazione dell’agente, rappresenta una condizione estrinseca di punibilità che restringe l’area del penalmente illecito, imponendo la sanzione penale solo in quei casi nei quali alle condotte del debitore, di per sé offensive degli interessi dei creditori, segua la dichiarazione di fallimento”.

Cassazione penale sez. un., 31/03/2016, n.22474

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza).

Cassazione penale sez. V, 17/07/2014, n.47616

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, ma è sufficiente aver cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.

Cassazione penale sez. V, 07/03/2014, n.32352

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ai fini della configurabilità del concorso per omesso impedimento dell’amministratore privo di delega è necessaria la prova della sua concreta conoscenza del fatto pregiudizievole per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili, dai quali è desumibile l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, nonché della volontaria omissione di attivarsi per scongiurarlo.

By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA