Pagare l’Iva autoliquidata è sempre una priorità per l’imprenditore che vuole evitare la condanna penale e ciò non può costituire fatto di bancarotta preferenziale

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 30626.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, che pronunciatasi in merito ad un caso di omesso versamento dell’IVA, affronta il sensibile tema delle priorità che deve seguire l’imprenditore chiamato a scegliere tra la prosecuzione dell’attività di impresa e la soddisfazione della pretesa tributaria vantata dall’Erario.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, dando continuità al granitico orientamento secondo il quale non c’è esonero di responsabilità per l’imprenditore che in presenza di una crisi di liquidità utilizzi le risorse finanziarie disponibili per corrispondere le retribuzioni ai lavoratori anziché pagare l’IVA autoliquidata, chiarisce la natura prioritaria dell’adempimento del debito tributario rispetto alle altre obbligazioni che deve essere pagata prima rispetto agli altri debiti, senza che ciò possa configurare il più grave reato di bancarotta fraudolenta preferenziale in caso di fallimento dell’impresa.

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie all’imputata, nella qualità di legale rappresentante della società, era contestato il delitto di omesso versamento dell’IVA ex art. 10 ter D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Perugia riformava parzialmente la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato la prevenuta per il reato ascrittole, riducendo la pena in ragione della intervenuta estinzione di una annualità.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa della giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la risposta fornita dal Supremo Collegio alla tesi difensiva che aveva sostenuto la possibile configurabilità della bancarotta preferenziale in caso di pagamento del debito Iva con priorità rispetto ad altri debiti dell’impresa, preceduta da una ricognizione sugli elementi costitutivi della fattispecie analizzata in relazione alla crisi di liquidità.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<Va, in premessa, rammentato che l’art. 10 ter d.lgs. 74/2000 prevede come reato il fatto di chi non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.

Tale reato si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (Sez. U., n. 37424 del 28/03/2103). […]Quanto all’elemento soggettivo e alla punibilità va ricordato il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte in proposito, secondo cui, al fine della dimostrazione della assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, occorre l’allegazione e la prova della non addebitabilità all’imputato della crisi economica che ha investito l’impresa e della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto (cfr. Sez. 3, n. 20266 del 08/04/2014; Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014; Sez. 3, n. 43599 del 09/09/2015).[…]

Quanto al rilievo della inesigibilità della condotta doverosa omessa, a causa dell’obbligo di pagare prioritariamente le retribuzioni dei dipendenti, […] va osservato che il debito nei confronti dell’Erario per le imposte è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 36421 del 16/05/2019).

Per effetto della previsione di una sanzione penale, l’imprenditore, che in conseguenza della previsione di tale sanzione ha anche un interesse personale al pagamento delle imposte, non può limitarsi a prendere atto della esistenza di crediti aventi privilegio anteriore e della insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione, ma deve, ove non dichiarato fallito personalmente, provvedere al pagamento delle imposte con le proprie personali risorse finanziarie (Sez. 3, n. 29616 del 14/06/2011; Sez. 3, n. 26712 del 14/04/2015), e, comunque, è tenuto a ripartire le risorse esistenti all’atto dell’erogazione degli emolumenti in modo da poter assolvere al debito fiscale, anche se ciò comporti l’impossibilità di pagare le retribuzioni nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 19574 del 21/11/2013; Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017).

Ne consegue l’infondatezza della tesi difensiva della ricorrente, in quanto l’eventuale esistenza di crediti aventi privilegio di grado anteriore rispetto a quello tributario non determina, neppure in presenza di uno stato di insolvenza, l’inesigibilità della condotta di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, al cui obbligo l’imprenditore è egualmente tenuto a fare fronte, senza che ciò determini la realizzazione di una condotta di bancarotta preferenziale, stante il carattere anche personale di tale obbligo e la preferenza a esso accordata dal legislatore attraverso la previsione di una sanzione penale>.

La norma incriminatrice:

Art. 10 ter D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di IVA

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 16/05/2019, n.36421

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato, ai sensi dell’art. 51 c.p., dalla scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice.

Cassazione penale sez. III, 21/09/2018, n.8521

In tema di reati tributari, i pagamenti successivi al perfezionamento del reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non possono essere presi in considerazione ai fini della determinazione della cd. soglia di punibilità prevista dalla fattispecie delittuosa, ma solo per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 13 del medesimo d.lg.

Cassazione penale sez. III, 23/01/2018, n.6220

In tema di omesso versamento dell’ IVA, il reato omissivo previsto dall’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 consiste nel mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”, è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate.

Cassazione penale sez. III, 10/04/2017, n.43811

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.

Cassazione penale sez. III, 09/09/2015, n.43599

Ai fini della configurabilità del reato di omesso versamento di IVA (art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000), non rileva quale causa di forza maggiore per il legale rappresentante di un’impresa lo stato di dissesto imputabile alla precedente gestione, quando risulta che l’agente al momento del suo subentro nella carica aveva la consapevolezza della crisi di liquidità e non era nell’impossibilità a lui non ascrivibile di intraprendere alcuna iniziativa per fronteggiare tale situazione.

Cassazione penale sez. III, 14/04/2015, n.26712

Risponde del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti il legale rappresentante di una società dichiarata fallita in quanto obbligato, ove non dichiarato fallito personalmente, al pagamento delle ritenute con le personali risorse finanziarie.

Cassazione penale sez. III, 24/06/2014, n.8352

In tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Fattispecie, nella quale la Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità).

Cassazione penale sez. III, 08/04/2014, n.20266

Nel reato di omesso versamento di ritenuta certificate (art. 10 bis d.lg. n. 74, del 2000), l’imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto. (Fattispecie in cui la Corte ha considerato irrilevante la mancata riscossione di crediti osservando che l’inadempimento dei clienti rientra nel normale rischio di impresa).

Cassazione penale sez. III, 08/01/2014, n.15416

In tema di reati tributari, e segnatamente di omesso versamento di ritenute certificate, previsto e punito dall’art. 10-bis, d.lg. n. 74/2000, può essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo, ove questi sia in grado di fornire la prova che per lui non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli al suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare le somme indispensabili per assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

Cassazione penale sez. III, 05/12/2013, n.5467

L’elemento soggettivo del reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis d.lg. 10 marzo 2000 n. 74) è integrato dal dolo generico, richiedendosi la coscienza e volontà di non versare all’erario le ritenute effettuate (coscienza e volontà che deve investire anche la soglia dei cinquantamila euro che fonda la rilevanza penale), essendo irrilevante dunque il fine perseguito dall’agente e non richiedendosi, a differenza di altre fattispecie di reato fiscale, che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte rilevante (sezioni Unite, 28 marzo 2013, F.).

 

Cassazione penale sez. III, 06/03/2013, n.19099

Nell’art. 10 ter del d. lg. n. 74 del 2000, che sanziona chi non versa all’Erario la somma dovuta sulla base della dichiarazione annuale, la strutturazione del reato in termini di condotta omissiva svincolata dall’effettivo incasso non circoscrive il profitto del reato alla sola somma incassata e non versata, ma considera altresì il profitto necessariamente insito nel risparmio economico comunque derivante dal mancato versamento dell’imposta.

Cassazione penale sez. un., 28/03/2013, n.37424

Il reato di omesso versamento dell’i.v.a. (art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000), entrato in vigore il 4 luglio 2006, che punisce il mancato adempimento dell’obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo, è applicabile anche alle omissioni dei versamenti relativi all’anno 2005, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale.

Cassazione penale sez. III, 14/06/2011, n.29616

Risponde del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2 d.l.12 settembre 1983 n. 463, conv. con modificazioni in l. 11 novembre 1983 n. 638) il legale rappresentante di una società dichiarata fallita in quanto obbligato, ove non dichiarato fallito personalmente, al pagamento delle ritenute con le personali risorse finanziarie. (Nella specie, la Corte ha ritenuto infondata l’eccezione dell’imputato secondo cui l’omesso versamento delle ritenute all’Istituto previdenziale, a seguito della dichiarazione di fallimento, sarebbe stato imposto dalla necessità di evitare il rischio di vedersi contestato il delitto di bancarotta preferenziale per aver privilegiato un creditore).

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