Non è configurabile il delitto di concussione – in mancanza dell’elemento dell’abuso costrittivo – nella condotta del medico che ottenga denaro dalla paziente in cambio del compimento di un intervento chirurgico presso la clinica convenzionata con il SSN ove il medesimo opera.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 28952.2020, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di concussione commessa dal professionista sanitario operante in una clinica convenzionata con il SSN, traccia gli elementi di differenziazione tra le similari fattispecie di concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità.

In particolare la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui elemento costitutivo del delitto di concussione è l’abuso costrittivo, esercitato mediante violenza o minaccia, tale da porre il soggetto passivo in una posizione di sostanziale mancanza di alternativa (per cui, per evitare di subire un danno ingiusto, la vittima si piega alla dazione o promessa dell’indebito).

Diversamente, la fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità, si configura in caso di abuso prevaricatore del soggetto agente tale non da costringere, bensì da condizionare l’extraneus – con pressioni psichiche di vario genere, ma diverse dalla violenza e minaccia – alla dazione o promessa di utilità per il conseguimento di un vantaggio indebito per l’extraneus stesso.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito.

Nel caso di specie all’imputato, in qualità di professionista sanitario che esercitava la professione di medico chirurgo presso una clinica convenzionata con il SSN, era contestato il delitto di concussione ex art. 317 c.p., per aver costretto la paziente, affetta da stenosi alla spina dorsale, a consegnargli una somma di denaro in cambio del compimento di un intervento chirurgico presso la struttura.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale capitolino aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte distrettuale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste particolare interesse la deduzione della violazione di legge con riferimento all’art. 317 c.p. in ragione dell’insussistenza dell’elemento costitutivo della costrizione. Tutt’al più, secondo la tesi difensiva, nel caso di specie si sarebbero potuti ravvisare gli estremi del delitto di induzione indebita ex art. 319 quater c.p.

Il Collegio del diritto, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte territoriale, delinea gli elementi costitutivi – come chiariti dalle Sezioni unite con la sentenza Maldera – dei due reati contro la Pubblica amministrazione.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<Quanto in particolare all’abuso di qualità (che viene in rilevo nel caso in esame), le Sezioni Unite nel medesimo arresto hanno chiarito che esso consiste nell’uso indebito della posizione personale rivestita dal pubblico funzionario e, quindi, nella strumentalizzazione da parte di costui non di una sua attribuzione specifica, bensì della propria qualifica soggettiva – senza alcuna correlazione con atti dell’ufficio o del servizio – così da fare sorgere nel privato rappresentazioni costrittive o induttive di prestazioni non dovute. Ovviamente l’abuso della qualità, per assumere rilievo come condotta costrittiva o induttiva, deve sempre concretizzarsi in un facere (non è configurabile in forma omissiva) e deve avere una efficacia psicologicamente motivante per il soggetto privato; costui cioè deve comunque avvertire la possibile estrinsecazione dei poteri del pubblico agente, con conseguenze per sé pregiudizievoli o anche ingiustamente favorevoli e, proprio per scongiurare le prime o assicurarsi le seconde, decide di aderire all’indebita richiesta>.

Quanto all’elemento che differenzia le fattispecie di reato, le Sezioni Unite Maldera hanno precisato che il delitto di concussione viene a caratterizzarsi per l’abuso costrittivo, quale tipico mezzo di coazione, che, attraverso la violenza o, più frequentemente, la minaccia (quale prospettazione di un male o danno ingiusto anche realizzata con toni velati o allusivi), obblighi il soggetto passivo a tenere un comportamento che altrimenti non avrebbe tenuto. La modalità costrittiva rilevante nel delitto di concussione va enucleata quindi dalla combinazione dei comportamenti tenuti dall’intraneus con il risultato che i medesimi producono, e trova la sua genesi nell’abuso della qualità o dei poteri. E’ il contenuto di tale abuso, che si concretizza, al di là del dato formale, nel prospettare alla vittima un danno ingiusto (contra ius), a integrare la costrizione ed a porre il soggetto passivo in una condizione di sostanziale mancanza di alternativa, vale a dire con le spalle al muro: evitare il verificarsi del più grave danno minacciato, che altrimenti si verificherà sicuramente, offrendo la propria disponibilità a dare o promettere una qualche utilità (danno minore) che sa non essere dovuta (certat de damno vitando). […]

Nell’induzione che qualifica la diversa fattispecie di cui all’art. 319-quater cod. pen. si è invece in presenza dell’alterazione del processo volitivo altrui, che, pur condizionato da un rapporto comunicativo non paritario, conserva, rispetto alla costrizione, più ampi margini decisionali, che l’ordinamento impone di attivare per resistere alle indebite pressioni del pubblico agente e per non concorrere con costui nella conseguente lesione di interessi di importanza primaria, quali l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione. Si tratta quindi di verificare gli effetti che si riverberano sulla volontà del privato ovvero se quest’ultima, nel suo processo formativo ed attuativo, sia stata “piegata” dall’altrui sopraffazione ovvero semplicemente “condizionata” od “orientata” da pressioni psichiche di vario genere, diverse però dalla violenza o dalla minaccia e prive del relativo carattere aggressivo e coartante. La tipicità della fattispecie induttiva è in definitiva integrata dall’abuso prevaricatore del pubblico agente e dal fine determinante di vantaggio indebito dell’extraneus.

Le Sezioni Unite hanno evidenziato inoltre come la corretta qualificazione giuridica del fatto come concussione piuttosto che come induzione indebita vada parametrata anche dal confronto e dal bilanciamento tra i beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale: quello oggetto del male prospettato e quello la cui lesione consegue alla condotta determinata dall’altrui pressione. Il riferimento per il Massimo Consesso era a quelle situazioni in cui l’extraneus, attraverso la prestazione indebita, intende soprattutto preservare un proprio interesse di rango particolarmente elevato (si pensi al bene vita, posto in pericolo da una grave patologia)>.

 

Le norme incriminatrici:

Art. 317 c.p. – Concussione

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, e’ punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Art. 319 quater c.p. – Induzione indebita a dare o promettere utilità

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi.

Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni ovvero con la reclusione fino a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. VI, 05/03/2019, n.13411

Integra il delitto di concussione e non quello di induzione indebita, la condotta del dirigente medico preposto ad eseguire le interruzioni di gravidanza, il quale, approfittando della grave compressione della libertà di autodeterminazione delle vittime e palesando l’insussistente impossibilità di eseguire gli interventi presso la struttura pubblica, prospetti quale unica alternativa l’illecita esecuzione degli aborti presso il suo studio privato previo versamento di un corrispettivo in danaro.

 

Cassazione penale sez. un., 24/10/2013, n.12228

Il delitto di concussione, di cui all’art. 317 c.p. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319-quater c.p. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico. (In motivazione, la Corte ha precisato che, nei casi ambigui, l’indicato criterio distintivo del danno antigiuridico e del vantaggio indebito va utilizzato, all’esito di un’approfondita ed equilibrata valutazione del fatto, cogliendo di quest’ultimo i dati più qualificanti idonei a contraddistinguere la vicenda concreta).

 

Cassazione penale sez. un., 24/10/2013, n.12228

Nei casi c.d. ambigui, quelli che possono collocarsi al confine tra la concussione e l’induzione indebita, i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, devono essere utilizzati nella loro operatività dinamica all’interno della vicenda concreta, individuando, all’esito di una complessiva ed equilibrata valutazione del fatto, i dati più qualificanti.

 

Cassazione penale sez. un., 24/10/2013, n.12228

Il reato di cui all’art. 319 quater c.p., introdotto dalla l. n. 190 del 2012, consiste nell’abuso induttivo posto in essere dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che con una condotta di persuasione, suggestione, inganno o pressione morale condizioni in modo più tenue la libertà di autodeterminazione del privato, il quale disponendo di ampi margini decisori, accetta di prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, nella prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA