Illegittimo il sequestro preventivo per equivalente sul patrimonio personale dell’amministratore se l’omesso versamento dell’IVA da parte della società non supera le attuali soglia di punibilità
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 30723.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in sede cautelare reale in merito alla fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
In particolare, la Suprema Corte, enuncia il principio di diritto secondo cui per la sussistenza del reato e quindi l’adozione della misura cautelare reale in danno della società (sequestro diretto) e del suo amministratore (per equivalente) in caso di incapienza dei beni della prima, è indispensabile la configurabilità di un reato tributario commesso dal legale rappresentante nella sua qualità, ritenuto insussistente nel caso di specie trattandosi di omesso versamento dell’Iva per importo sotto la soglia di punibilità.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato di seguito al commento della sentenza in il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza 30723.2020,
(iii) la rassegna delle più significative e recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, oltre agli approfondimenti sul reato tributario che il lettore può trovare nell’area del sito studiolegaleramelli.it/diritto-penale-tributario/
Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare reale di merito.
Nel caso di specie agli indagati, rispettivamente tratti a giudizio nelle qualità di legale rappresentante della società e di genitore, era stato provvisoriamente contestato il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.lgs. 74/2000, per aver il primo ceduto simulatamente alla madre un bene immobile di sua proprietà acquistato iure hereditario al fine di sottrarsi al pagamento dell’IVA dovuta dalla società, al fine di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva del credito erariale.
Il Tribunale del riesame di Massa rigettava l’istanza di riesame proposta dai prevenuti avverso il decreto con il quale il G.i.p. in sede aveva disposto il sequestro preventivo del denaro degli indagati fino alla concorrenza dell’imposta sul valore aggiunto evasa dalla società.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Il comune difensore dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza resa dal Tribunale cautelare, articolando due motivi di impugnazione.
La Suprema Corte, nell’annullare l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Massa per un nuovo esame, esprime il principio di diritto riportato nei seguenti passaggi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento, dopo aver rievocato i recenti approdi sugli elementi costitutivi del reato:
(i) Elemento materiale e psicologico della norma incriminatrice.
“Nel confrontare la previsione attuale con quella precedente, la giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 17071 del 04/04/2006) ha osservato come nella vigente fattispecie di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 sia scomparso ogni riferimento alla necessità dell’effettivo avvio di un qualsiasi accertamento fiscale, essendo ora sufficiente che l’azione sia idonea a rendere inefficace l’esecuzione esattoriale, configurandosi dunque l’illecito penale in termini di reato di pericolo concreto (sul punto cfr. Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2006), integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, dep. 16/10/2018).
Ciò evidentemente significa che il bene, oggetto degli atti simulati o fraudolenti, deve essere riconducibile al patrimonio del soggetto debitore verso l’Erario, perché solo in questo caso il compimento dell’atto può rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Si osserva inoltre che il reato in esame è connotato dal dolo specifico, che ricorre quando l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, siano finalizzati alla sottrazione “al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrativi relativi a dette imposte” (Sez. 3 n. 27143 del 22/04/2015, dep. 30/06/2015). Il dolo specifico, pertanto, presuppone logicamente la sussistenza di una pretesa creditoria da parte dell’Erario, dovendo l’azione posta in essere dall’agente orientata verso il conseguimento di quel fine, che evidentemente non è configurabile ove manchi un debito verso il fisco”.
(ii) il caso in oggetto
“Ciò premesso, i motivi sono fondati.
Invero, è apodittica l’affermazione della Corte territoriale, laddove ha affermato che “la diretta e personale esposizione di [omissis] al debito tributario maturato dalla s.r.l. discende dalla qualifica da questi rivestita di socio e legale rappresentante dell’ente in parola”.
In primo luogo, si osserva che il mancato versamento di IVA da parte della s.r.l. era sì superiore, in riferimento a ciascuna annualità contestata, a 50 mila euro, ma certamente inferiore alla soglia di 250.000 euro, prevista per il delitto di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, che incrimina l’omesso versamento di iva; invero, se tale soglia fosse stata oltrepassata, rendendosi così configurabile l’indicato delitto ex art 10-ter, nei confronti dello[omissis], quale legale rappresentate della società, sarebbe stato esperibile il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, misura ablativa concretamente azionabile stante l’accertata incapienza della società, ciò che rendeva impossibile il sequestro diretto.
Nel caso in esame, tuttavia, essendo inferiore alla soglia contemplata 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, l’omesso versamento dell’iva configura un mero illecito amministrativo a carico della società, che certamente autorizza l’Amministrazione a procedere in via amministrativa all’accertamento della violazione e all’irrogazione delle relative sanzioni in relazione all’imposta dovuta e non versata, mentre nei confronti dello [omissis]non sono azionabili quegli strumenti ablativi che, nel caso di commissione di un delitto tributario da parte del legale rappresentante della società, legittimano il sequestro per equivalente”.
La norma incriminatrice:
Art. 11 D.lgs. 74/2000 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975
Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).
Cassazione penale sez. III, 22/04/2015, n.27143
Il reato previsto dall’art. 11 D.Lgs. 74 del 2000 è caratterizzato dal dolo specifico, che ricorre quando l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, siano finalizzati alla sottrazione “al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrativi relativi a dette imposte”. (In applicazione del principio, la Corte, annullando con rinvio, ha escluso che fosse configurabile il dolo specifico con riferimento alla vendita simulata di un bene il cui corrispettivo era stato adoperato per saldare un debito tributario, salva l’evenienza, il cui accertamento è stato rimesso al giudice di rinvio, che il corrispettivo versato fosse inferiore al valore reale del bene compravenduto).
Cassazione penale sez. III, 04/04/2006, n.17071
Al fine del perfezionamento del reato di cui all’art. 11 d.lg. n. 74 del 2000, è richiesto soltanto che l’atto simulato di alienazione, o gli altri atti fraudolenti sui beni, siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del fisco, atteso che la disposizione vigente non contiene alcun riferimento alle condizioni prima previste dall’art. 97 comma 6 d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 15 comma 4 l. n. 413 del 1991, ovvero la avvenuta effettuazione di accessi, ispezioni o verifiche, o la preventiva notificazione, all’autore della condotta fraudolenta, di inviti, richieste o atti di accertamento.
Rassegna delle più recenti massime in materia di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte:
Cassazione penale sez. III, 11/09/2020, n.30615
Ai fini della punibilità per il reato di “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” è necessario che, per effetto della condotta, si determini una situazione tale per la quale il bene alienato simulatamente ovvero in relazione al quale sono stati compiuti atti fraudolenti appaia all’Erario effettivamente uscito dal patrimonio del debitore sì da rendere impossibile o comunque più difficile il recupero.
Cassazione penale sez. III, 10/01/2020, n.19989
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 11 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che punisce colui che, per sottrarsi alle imposte, aliena simulatamente o compie atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, non è necessaria la fondatezza della pretesa erariale. (Fattispecie relativa ad un’operazione di scissione societaria volta a deprivare il patrimonio della società contribuente, in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo delle quote e dei beni societari, nonostante lo sgravio parziale delle somme dovute all’erario a seguito di annullamento dell’avviso di accertamento).
Cassazione penale sez. III, 15/11/2019, n.14217
Ai fini della configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui all’art. 11 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, deve considerarsi “fraudolento” qualsiasi atto idoneo a rappresentare ai terzi una realtà non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio, o rendendo quanto meno più difficoltosa, l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado all’imputato, osservando che la condotta consistente nella cartolarizzazione delle giacenze di conto corrente mediante l’emissione di assegni circolari era certamente idonea ad ostacolare l’Erario con modalità esecutive tali da soddisfare il requisito della fraudolenza).
Cassazione penale sez. III, 20/11/2019, n.5711
Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all’ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Cassazione penale sez. III, 16/10/2019, n.9380
L’eventuale capienza dei beni di cui è stato disposto il sequestro in via diretta in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, o comunque la loro idoneità a soddisfare il debito tributario, non impedisce di disporre anche il sequestro per equivalente dei beni dell’amministratore della società, stante l’attuale indisponibilità dei beni costituenti il profitto del reato derivante dalla apposizione del vincolo in relazione al reato di bancarotta, e la conseguente impossibilità di procedere in via diretta al sequestro del profitto del reato tributario.
Cassazione penale sez. V, 14/06/2019, n.37326
Seppure l’operazione di scissione è in se lecita ed ha portata neutrale, la sua eventuale natura fraudolenta può essere desunta dal concreto atteggiarsi della vicenda. Ai fini della individuazione del reato di sottrazione fraudolenta bisogna inoltre tenere conto del fatto che, in caso di cessione conforme a legge, la responsabilità del cessionario dell’azienda ha carattere sussidiario, con beneficium excussionis, ed è limitata, nel quantum, al valore della cessione e, nell’oggetto, alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nel triennio prima del contratto. In riferimento ai debiti tributari solo l’accertamento della natura simulata della cessione rende applicabile la responsabilità illimitata in solido, laddove, comunque, oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta non è il diritto di credito dell’Erario, bensì la garanzia generica rappresentata dai beni dell’obbligato.
Cassazione penale sez. V, 14/03/2019, n.32018
Il profitto del reato di cui all’art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) è rappresentato dal valore dei beni sottratti fraudolentemente alla garanzia dei crediti della Amministrazione finanziaria per le imposte evase e non già dal debito tributario rimasto inadempiuto.
Cassazione penale sez. V, 01/02/2019, n.8850
Il valore del sequestro per equivalente prodromico alla confisca d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12 bis, in relazione al reato di cui all’art. 11, del medesimo decreto deve essere commisurato a quello dei beni fraudolentemente sottratti alle pretese tributarie dello Stato e non già al valore dell’intera pretesa fiscale.
Cassazione penale sez. III, 06/07/2018, n.52166
Nel reato di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 74 del 2000, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, va individuato nel complesso dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale, ossia con riferimento all’intero debito erariale, comprensivo delle sanzioni collegate e di tutti gli accessori esigibili.
Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975
Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).
Cassazione penale sez. III, 08/05/2018, n.41704
Il conferimento nel fondo patrimoniale della nuda proprietà di due immobili può concretizzare il reato ex art. 11 d.lgs. 74/2000. La disposizione citata sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare superiore a 50mila euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636
Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.
Cassazione penale sez. III 17/11/2017 n. 15133
Il delitto previsto dall’ art. 11, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , è reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare – secondo un giudizio “ex ante” – l’attività recuperatoria della amministrazione finanziaria, anche se il valore dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale dell’erario è inferiore alla soglia di punibilità di 50.000 euro di imposta evasa. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato l’ordinanza che, in sede cautelare, aveva disposto il dissequestro di un immobile ritenuto oggetto di cessione fraudolenta, per il solo fatto che il valore dello stesso era inferiore alla soglia di rilevanza penale del reato).
Cassazione penale sez. III 27/09/2017 n. 232
In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, anche una singola operazione di scissione societaria può essere idonea, se valutata in relazione non soltanto al momento in cui l’atto di scissione viene posto in essere, ma anche in relazione alle vicende successive alla scissione, a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato idoneo ad integrare il reato in questione.
Cassazione penale sez. V 20/06/ 2017 n. 35591
È configurabile il concorso tra delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, alla luce della diversità del soggetto- autore degli illeciti (nel primo caso, tutti i contribuenti, nel secondo, soltanto gli imprenditori falliti) e del differente elemento psicologico tra i reati (rispettivamente, dolo specifico e dolo generico) .
Cassazione penale sez. III 16/05/2017 n. 10161
Se è ben vero che l’atto dispositivo di un bene tanto mobile quanto immobile rende di per sé maggiormente difficoltosa ed incerta l’esazione del credito, essendo il denaro bene fungibile per eccellenza e quindi più facilmente occultabile, tanto da legittimare l’esperibilità dell’azione revocatoria in sede civile, non può tuttavia perciò ritenersi integrata la finalità fraudolenta sul piano penale, dovendo l’atto dispositivo essere caratterizzato da un “quid pluris”, ovverossia dalla modalità ingannevole attraverso il quale viene realizzato.
Cassazione penale sez. III 28/02/2017 n. 29243
Le operazioni compiute dall’amministratore di una società di capitali, nei cui confronti sia stato avviato un accertamento fiscale, consistenti nella cessione di quote e nel trasferimento immobiliare tramite conferimenti di rami d’azienda, possono integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui all’art. 11 d.lg. n. 74 del 2000.
Cassazione penale sez. III 23/11/2016 n. 3095
In tema di reati tributari, i beni immobili appartenenti a soggetto indagato del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alienati per far venir meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario, sono suscettibili di sequestro preventivo per la successiva confisca ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen., in quanto costituiscono lo strumento per mezzo del quale è stato commesso il reato, a nulla rilevando la loro qualificazione anche come prezzo o profitto di tale delitto.
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