Nel delitto di indebita compensazione è irrilevante l’omessa presentazione della dichiarazione IVA perché il reato si consuma con il modello F/24 che riporta un credito inesistente

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 32686.2020, depositata il 23 novembre 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi sul tema della condotta del contribuente che configura il reato tributario di indebita compensazione.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo il quale il delitto di indebita compensazione si consuma con la presentazione dell’ultimo modello F/24 relativo all’anno di interesse, momento nel quale si perfeziona la condotta decettiva di mancato versamento del debito tributario per effetto della simulata compensazione con crediti in realtà non spettanti o non esistenti.

Non è quindi necessaria, ai fini della configurazione del reato tributario in oggetto, la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi e dell’Iva richiesto per altre fattispecie penali tributarie.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero 32686/2020;

(iii) la rassegna delle più significative e recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di indebita compensazione, oltre agli approfondimenti sul reato tributario che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata ai reati tributari.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato era contestato il delitto di indebita compensazione ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il GIP del locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando due motivi di impugnazione.

Il Collegio del diritto, nel dichiarare inammissibile il ricorso, si esprime in merito alla fattispecie dell’indebita compensazione, in particolare sul relativo momento di consumazione diverso da quello del reato di dichiarazione infedele (art. 4 D.lgs. 74/2000), il quale si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi e dell’Iva.

Di seguito si riporta il passaggio più significativo tratto dalla parte motiva della pronuncia in commento, nel quale la Suprema Corte enuncia in modo chiaro il principio di diritto afferente il momento consumativo del reato:

“Può conseguentemente evidenziarsi il seguente principio di diritto: In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva; il reato, infatti, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale”.

 

La norma incriminatrice:

Art. 10 quater D.lgs. 74/2000 – Indebita compensazione

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro. 

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n.4958

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva).

 

Cassazione penale sez. III, 16/01/2015, n.15236

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, richiede, sotto il profilo oggettivo, che il mancato versamento di imposta risulti formalmente “giustificato” da una illegittima compensazione, ex art. 17 D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, operata tra le somme spettanti all’erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato in quanto l’imputato non aveva compilato alcun mod. F24 in cui avrebbe dovuto indicare il credito, inesistente o non spettante, da portare in compensazione).

 

Rassegna delle più recenti massime in materia di indebita compensazione:

Cassazione penale sez. III, 18/09/2020, n.32392

La condotta omissiva di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74/2000 non potrà essere sanzionata nell’ipotesi in cui la soglia di punibilità non risulti superata seppur a seguito della effettuazione di compensazioni successivamente rivelatesi inesistenti, dovendo in tal caso autonomamente procedersi nei confronti dello stesso soggetto agente ma per la diversa ipotesi di reato di cui all’art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000, con conseguente statuizione assolutoria, perché il fatto non costituisce reato, per la fattispecie omissiva.

 

Cassazione penale sez. III, 03/03/2020, n.13149

La compensazione di cui al reato ex art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, ricomprende sia quella c.d. verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, sia quella c.d. orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, anche non afferenti alle imposte dirette od all’i.v.a. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art.10-quater, d.lg. n.74 del 2000, richiamando espressamente l’art.17, d.lg. 9 luglio 1997, n.241, risulta applicabile anche alle ipotesi di indebita compensazione tra crediti risultanti da dichiarazioni fiscali ed altre imposte, contributi previdenziali ed assistenziali, premi Inail ed altre somme dovute allo Stato, alle Regioni, agli enti locali od altri enti).

 

Cassazione penale sez. III, 19/02/2020, n.14763

In tema di reati tributari, la soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10-quater, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, pari a cinquantamila euro annui, va riferita all’ammontare dei crediti non spettanti utilizzati per le compensazioni indebite, e non alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non versate, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei crediti inesistenti o non spettanti portati in compensazione.

 

Cassazione penale sez. III, 09/01/2020, n.18459

L’ipotesi incriminatrice dell’indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000 n. 74 associa al disvalore di evento (omesso versamento di somme dovute) uno specifico disvalore di azione, consistente nell’abusiva utilizzazione dell’istituto della compensazione tributaria prevista dall’art. 17 d.lg. n. 241 del 9 luglio 1997, incentrata sul dato sostanziale ed essenziale della rivendicazione infondata di crediti (perché inesistenti o non spettanti), a nulla rilevando peraltro la circostanza della riferibilità di tali crediti inesistenti a periodi di imposta diversi da quello cui afferisce il debito falsamente “compensato”.

 

Cassazione penale sez. III, 12/12/2019, n.6529

Ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, atteso che l’obbligazione tributaria può essere adempiuta presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato, nella conseguente impossibilità di fare riferimento al luogo di consumazione di cui all’art. 8 c.p.p., il criterio sussidiario del luogo dell’accertamento del reato di cui all’art. 18, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall’art. 9 c.p.p.

 

Cassazione penale sez. III, 22/10/2019, n.48029

In tema di reati tributari, in relazione al delitto di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, rispettivamente previsti dagli artt. 5 e 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, l’estinzione dei debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 13-bis del medesimo d.lg., in quanto l’art. 13 della stessa normativa configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli artt. 2, 3, 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art. 13-bis d.lg. n. 74 del 2000, disciplinando la predetta condizione per accedere al rito speciale, fa espressamente salve le ipotesi di non punibilità previste dal citato art. 13 del medesimo d.lg.).

 

Cassazione penale sez. III, 25/09/2019, n.1722

In tema di reati tributari, l’amministratore di fatto risponde, quale autore principale, del delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, come mero prestanome, è responsabile del medesimo reato a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, ai sensi degli artt. 40, comma 2, c.p. e 2639 c.c., a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza con la quale è stata affermata la sussistenza del dolo eventuale dell’amministratore di diritto, desumendola, oltre che dall’accettazione della carica, da una pluralità di elementi fattuali convergenti, che ne comprovavano la consapevolezza delle criticità gestionali della società e lo svolgimento di un ruolo attivo in ambito societario, con conseguente accettazione del rischio relativo alla commissione di reati da parte dell’amministratore di fatto).

 

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.44737

In tema di indebita compensazione, l’illecito si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto della compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lg. n. 241/1997, di crediti in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la prova dell’esecuzione di compensazioni indebite è stata desunta dalle annotazioni sul libro giornale e dalle dichiarazioni IVA).

 

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.44737

Il delitto di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. L’indebita compensazione deve, dunque, risultare dal modello F24 mediante il quale la stessa è stata realizzata, indicandovi, appunto in compensazione, crediti inesistenti o non spettanti, trattandosi dello strumento imposto dal legislatore tributario per poter eseguire le compensazioni tra debiti e crediti tributari, che, quindi, non possono che essere realizzate attraverso la presentazione di tale modello debitamente compilato, in difetto del quale non può dirsi sussistente una compensazione.

 

Cassazione penale sez. III, 13/03/2019, n.24799

Anche la normale attività professionale (di regola quella di commercialista, ma anche, come nella specie, quella di avvocato, specie se esperto nella materia), qualora realizzata, pur nella sua formale aderenza ai canoni della professione, con lo scopo di concorrere alla realizzazione di un’associazione per delinquere, configura condotta penalmente rilevante per la sussistenza dell’articolo 416 del codice penale, trattandosi di reato che per la sua realizzazione comporta una condotta a forma libera, sottoposta alle sole condizioni che l’agente intenda aderire all’accordo associativo e che il suo comportamento sia, anche se parzialmente, funzionale alla realizzazione del progetto criminoso perseguito dai consociati. Tale condotta, anzi, se essenziale per l’organizzazione della struttura associativa, qualifica detta partecipazione come quella di organizzatore dell’organismo criminoso (fattispecie in materia cautelare, dove la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un avvocato, indagato in relazione al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, segnatamente quelli di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e indebita compensazione, risultando spiegato in modo satisfattivo il ruolo strutturato svolto, tra l’altro, nella gestione di fatto nella gestione di crediti inesistenti della società e nell’individuazione di strategie utili al raggiungimento del fine fraudolento del gruppo e nell’occultamento del proventi illeciti).

 

Cassazione penale sez. III, 23/11/2018, n.10800

Relativamente ai delitti di cui agli articoli 10-bis, 10-ter, 10-quater, commi 1, 4 e 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000, l’estinzione del debito tributario mediante pagamento ovvero il ravvedimento operoso non possono configurare una condizione per accedere al patteggiamento giacché tali evenienze integrano una causa di non punibilità del reato, come tale concettualmente incompatibile con la definibilità con il rito alternativo. Da ciò consegue che·l’ammissibilità al rito speciale non presuppone affatto la preventiva verifica dell’essersi realizzate le anzidette condizioni: non a caso l’articolo 13-bis,·comma·2,·del decreto legislativo n. 74 del 2000, che pone tale regola di verifica per gli altri delitti tributari, fa salvi i casi di cui ai commi 1 e 2 del precedente articolo 13, proprio relativi ai reati suddetti. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche relativamente al reato di cui all’articolo 10 del decreto legislativo citato, sia pure per ragioni diverse. Infatti, l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili ivi sanzionati non sono correlati all’esistenza di un profitto o di un danno erariale quantificabili, per cui rispetto a tale fattispecie il preventivo accertamento dell’estinzione integrale del debito o del ravvedimento operoso risulta inesigibile, a meno che non si verifichi – e sia oggetto di contestazione – che nei confronti dell’imputato, in relazione alla peculiare condotta illecita descritta dal predetto articolo 10, sia eventualmente maturato uno specifico debito erariale che avrebbe potuto essere estinto dal contribuente con gli istituti all’uopo previsti dal sistema tributario.

 

Cassazione penale sez. III, 30/10/2018, n.8689

Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile, alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa. (In motivazione la Corte ha precisato che la struttura “asimmetrica” del reato, in virtù della quale è incriminata l’artificiosa diminuzione dell’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo sia opposto in compensazione, è del tutto compatibile con la ratio del d.lgs. n. 74 del 2000, che è diretto a sanzionare le violazioni, sia in materia di Iva, sia in tema di imposte sui redditi).

 

Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n.4958

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva).

 

Cassazione penale sez. III, 12/09/2018, n.5934

In tema di reato di indebita compensazione di crediti previsto dall’art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, sotto il profilo soggettivo, l’inesistenza del credito costituisce di per sé, salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l’Erario con una posta creditoria artificiosamente creata, ingannando il fisco, mentre, nel caso in cui vengano dedotti crediti “non spettanti”, sebbene certi nella loro esistenza e ammontare, occorre provare la consapevolezza da parte del contribuente che il credito non sia utilizzabile in sede compensativa. (Fattispecie in cui era stata operata una compensazione “verticale”, ossia riguardante crediti e debiti afferenti la medesima imposta, realizzata mediante il trascinamento del credito da una dichiarazione annuale all’altra, con un asserito credito di 146 milioni di euro, nella quale la Corte ha ritenuto adeguatamente dimostrato il dolo del reato sulla base della mancata richiesta di rimborso di tale credito, pur di elevatissimo importo, che avrebbe esposto la società a immediati controlli).

 

Cassazione penale sez. III, 21/06/2018, n.43627

In tema di reati tributari, l’utilizzo in compensazione di un credito Iva derivante da una dichiarazione omessa integra il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti. Ad affermarlo è la Cassazione che si è pronunciata sul caso di un legale rappresentante di una cooperativa, condannato per omessa presentazione della dichiarazione e indebita compensazione di crediti Iva inesistenti, ex articoli 5 e 10 quater del Dlgs 74/2000, per aver omesso il versamento delle imposte utilizzando un credito Iva scaturente dalla dichiarazione dell’anno precedente non presentata. In particolare, con una interpretazione molto rigida della disciplina, la Corte ha affermato che possono essere utilizzati in compensazione solo i crediti Iva risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

 

Cassazione penale sez. III, 28/03/2018, n.46709

In tema di indebita compensazione di crediti di imposta, il profitto del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, che può essere oggetto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, è costituito dall’importo corrispondente all’imposta evasa nella sua totalità. (In motivazione, la Corte ha precisato che, essendo il profitto costituito da denaro, la confisca delle somme deve essere qualificata come diretta).

 

Cassazione penale sez. II, 08/03/2018, n.12847

In tema di appropriazione indebita, non opera il principio della compensazione con credito preesistente, allorché si tratti di crediti non certi, né liquidi ed esigibili. Ciò in quanto la ritenzione, in compensazione o in garanzia, di merce non costituisce appropriazione indebita ex art. 646 c.p. solo quando il credito vantato dall’agente nei confronti del proprietario della merce medesima è certo, liquido ed esigibile, ossia determinato nel suo ammontare e non controverso nel titolo.

 

Cassazione penale sez. III, 12/04/2018, n.38684

Per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, d.lgs. n. 74/2000, l’integrale pagamento del debito, delle sanzioni e degli interessi, nonché il ravvedimento operoso costituiscono presupposti per l’assoluzione, ferma restando, in assenza di tali adempimenti, la possibilità di richiedere l’applicazione della pena su patteggiamento.

 

Cassazione penale sez. III  14/11/2017 n. 1999  

In tema di reati tributari, integra il delitto di indebita compensazione di cui all’ art. 10-quater del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , il pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta a seguito di accollo fiscale compiuto attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale, in quanto l’ art. 17 del d.lgs 9 luglio 1997 n. 241 non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti del rapporto d’imposta.

 

Cassazione penale sez. III  04/02/2016 n. 7557  

L’art. 10-quater del d.lg. n. 74 del 2000 è riferibile anche alle compensazioni riguardanti crediti previdenziali. Tra la fattispecie di compensazione illecita di cui all’art. 10-quater d.lg. n. 74 del 2000 e quella di truffa aggravata ai danni dello Stato esiste un rapporto di specialità, essendovi nella norma tributaria di parte speciale un elemento specializzante, che si individua nella natura dell’artificio consistente nella compensazione mediante crediti inesistenti o non dovuti e nella individuazione del soggetto passivo attraverso il rinvio recettizio ai soggetti creditori indicati nell’art. 17 d.lg. n. 241 del 1997.

 

Cassazione penale sez. III  22/01/2015 n. 48211  

In tema di indebita compensazione, non può ritenersi sussistente l’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 10 quater d.lg n. 74 del 2000 (dolo generico) nel mero accertamento della condotta del contribuente che si limiti alla mancata vigilanza sull’operato del commercialista (che sarebbe incorso in un errore contabile) e non presti attenzione all’anomalo accrescimento del volume di affari, che lo avrebbe dovuto indurre a ritenere che tale evento era imputabile solo a quella erronea compensazione.

 

Cassazione penale sez. III  21/01/2015 n. 5177  

Integra il reato di indebita compensazione ex art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, e non quello di truffa aggravata, il comportamento fraudolento di porre in compensazione, ex art. 17 d.lg. n. 241 del 1997, partite debitorie in favore dell’lnps con crediti inesistenti, sussistendo tra le fattispecie un rapporto di specialità unilaterale.

 

Cassazione penale sez. III  16/01/2015 n. 15236  

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, richiede, sotto il profilo oggettivo, che il mancato versamento di imposta risulti formalmente “giustificato” da una illegittima compensazione, ex art. 17 D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, operata tra le somme spettanti all’erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato in quanto l’imputato non aveva compilato alcun mod. F24 in cui avrebbe dovuto indicare il credito, inesistente o non spettante, da portare in compensazione).

 By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA