Va affermata la responsabilità penale del chirurgo che abbia determinato una lesione iatrogena al paziente non osservando le regole basilari di prudenza e diligenza durante l’esecuzione dell’intervento

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 32871.2020, depositata il 24 novembre 2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omicidio colposo in campo sanitario, si esprime in merito al tema della colpa medica con specifico riferimento al tema degli indici di responsabilità per colpa.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui non può essere applicata la causa di non punibilità di cui all’art. 590 sexies c.p. nel caso in cui il comportamento alternativo non tenuto dal medico fosse esigibile, in considerazione del mancato rispetto di prassi chirurgiche basilari  – improntate a prudenza e diligenza –  che rendono addirittura superflua l’indagine sulle più sofisticate linee guida.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) la rassegna ragionata delle più significative e recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di omicidio colposo in ambito medico (con specifico riferimento all’elemento psicologico del reato), oltre agli approfondimenti sul tema della responsabilità medica che il lettore può trovare nella specifica area del sito.

 

Il caso clinico, il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie il paziente, affetto da un’occlusione colica, veniva sottoposto ad un’operazione chirurgica di tipo routinario, nel corso della quale il chirurgo cagionavano una lesione iatrogena della vescica, con spandimento di urina in peritoneo.

I medici dell’équipe omettevano poi di verificare il buon esito dell’intervento e di monitorare le condizioni cliniche del paziente, con conseguente decesso del medesimo, dovuto a shock settico.

All’imputato, nella qualità di chirurgo, primo operatore e coordinatore, era contestato, in cooperazione colposa con altri medici dell’equipe medica, il delitto di omicidio colposo ex art. 589 c.p., per aver cagionato il decesso del paziente con negligenza, imprudenza e imperizia.

La Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Castrovillari aveva condannato il giudicabile per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando due motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la deduzione della violazione di legge e del vizio di motivazione in ordine all’art. 589 c.p. e agli artt. 5, 6 Legge 24/2017, con la quale il ricorrente lamentava la mancata applicazione delle disposizioni della Legge Gelli Bianco in ordine alla non punibilità del medico per imperizia laddove siano state rispettate le prescrizioni delle linee guida.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, si esprime in merito al tema della colpa in relazione alla causa di non punibilità introdotta dalla Legge Gelli Bianco.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

I giudici del merito, innanzitutto, hanno rappresentato che, pur non essendo stata eseguita l’autopsia, lo shock settico veniva ricondotto dai periti a lesione iatrogena della vescica determinata nel corso dell’intervento chirurgico, con spandimento delle urine nel peritoneo e conseguente setticemia, sulla base della TAC e della ecografia eseguita in data 13/01/2012 (e quindi meno di 48 ore dopo l’intervento) che evidenziava spandimento del mezzo di contrasto in cavità peritoneale a destra: la colpa a carico dell’imputato veniva, quindi, individuata nell’imperita esecuzione dell’intervento chirurgico (atteso che la lesione della vescica, con conseguente spandimento uroperitoneale, era stata determinata all’atto dell’incisione della parete addominale) e nel non avere adeguatamente verificato il decorso postoperatorio del paziente, così da non avvedersi dei “segnali di allarme ed in particolare l’anuria. […] Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha affermato «come non sussistano ragionevoli dubbi sulla causa della morte del [omissis] pur in assenza di indagine autoptica, apparendo di assoluta concludenza gli esiti della TAC e della ecografia eseguite il giorno stesso del decesso del paziente», rimarcando che «il dott. [omissis]è stato categorico in ordine alla causa del decesso […].

Sulla scorta del compendio probatorio si è, ineccepibilmente, ritenuto che il danno iatrogeno alla vescica non era stato diagnosticato nel corso dell’intervento né nel post-operatorio pur rispondendo alla pratica chirurgica descritta nei testi di chirurgia a monte delle previsioni più sofisticate delle linee guida.

Con motivazioni altrettanto logiche, già il primo giudice aveva escluso, in tema di valutazione della colpa del sanitario, la possibile applicazione della legge 24/2017 introduttiva della fattispecie di cui all’art. 590-sexies, c.p.; il collegio del merito, poi, ha precisato che «in ordine alla mancata previsione nelle linee guida delle corrette condotte chirurgiche la cui violazione è contestata all’imputato sotto il profilo della colpa, va detto che l’argomento non possiede evidentemente alcun valore scriminante poiché le regole di diligenza e prudenza in interventi del genere sono descritte a monte nella manualistica chirurgica per cui si tratta di prescrizioni operative che dovevano essere ben più presenti all’operato del chirurgo rispetto a quelle più sofisticare delle linee guida».

In altri termini, nella specie, era pienamente esigibile il comportamento alternativo corretto vertendosi in tema di conoscenze tecniche, ben più basilari rispetto alle c.d. linee guida, che l’imputato -medico chirurgo capo equipe- non poteva ignorare”.

 

La norma incriminatrice:

Art. 589 c.p. – Omicidio colposo

Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [586].

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [590], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

 

Rassegna ragionata delle più recenti massime in materia di elemento psicologico nei reati colposi:

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

Il rispetto delle linee guida non comporta automaticamente l’esonero da responsabilità penale del medico.

In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189 (cosiddetta legge Balduzzi), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida (nella specie, da questa premessa la Corte ha fatto discendere la conseguenza che, a fronte di due pareri discordanti dei consulenti dell’accusa e della difesa su circostanze non espressamente valutate dalle linee guida, ma che hanno, tuttavia, caratterizzato il caso esaminato dal medico, la decisione dei giudici di merito che scelga tra le due posizioni non può fondarsi sul mero rinvio alle linee guida, che non contemplano e non valutano dette circostanze e che, proprio perché elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete).

 

Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.15258

La natura della regola cautelare violata incide sul giudizio sulla gravità della colpa.

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, nel giudizio sulla gravità della colpa deve tenersi conto – oltre che delle specifiche condizioni del soggetto agente, del suo grado di specializzazione e della situazione specifica in cui si è trovato ad operare – della natura della regola cautelare violata, in quanto l’eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle stesse da parte dell’agente.

 

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2019, n.5315

 Responsabilità medica e ritardo della guarigione.

Ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce ex se un aggravamento della lesione e della relativa perturbazione funzionale, assume rilievo penale allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute (fattispecie in tema di responsabilità medica da ritardata diagnosi in relazione alla prospettata configurabilità della medesima dinanzi all’allungamento dei tempi di guarigione).

 

Cassazione penale sez. IV, 12/06/2019, n.39727

Responsabilità colposa del chirurgo affidatosi alla scelta del collega più anziano.

In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’aiuto chirurgo, componente dell’equipe medica che aveva provveduto all’esecuzione di un parto cesareo nel corso del quale si erano manifestate evidenti situazioni critiche interne, per non avere dissentito dall’operato del primario e non averlo indirizzato alla immediata isterectomia, che avrebbe impedito il verificarsi della successiva emorragia, causa della morte della partoriente).

 

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26906

È responsabile di omicidio colposo il medico che per imperizia non abbia proceduto a diagnosi differenziale su un paziente con dolori addominali nella fossa iliaca.

Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).

 

Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102

In mancanza di linee guida approvate mediante il procedimento previsto dall’art. 5 Legge Gelli-Bianco possono richiamarsi le linee guida attualmente vigenti.

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 590-sexies c.p., in mancanza di linee – guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’art. 5 l. n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanza cliniche.

 

Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270

 

Risponde di omicidio colposo il medico specializzando che per imperizia prescrive un farmaco in quantità errata.

In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del medico specializzando in fase avanzata che, per imperizia grave nella gestione della terapia di una paziente oncologica, aveva trascritto nel foglio di prescrizione interna un medicinale in quantità errata cagionandone il decesso).

 

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2019, n.28086

 L’art. 590 sexies co. 2 cod. pen. è norma più favorevole rispetto all’art. 3 co. 1 d.l. 158/2012.

Il secondo comma dell’ art. 590 sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la pro­fessione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta (anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse. La pronunzia peraltro ha ritenuto inapplicabile al caso concreto la causa di non punibilità, essendo la colpa dell’agente connotata anche da imprudenza e negligenza.

 

Cassazione penale sez. IV, 09/01/2019, n.8115

Perimetro della causa di non punibilità ex art. 590 sexies co. 2 c.p.

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; non trova, invece, applicazione la predetta causa di non punibilità nei casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e, dunque, selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

 

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2018, n.8086

Risponde di omicidio colposo il medico endocrinologo che prescrive fendimetrazina in violazione di quanto stabilito nei decreti ministeriali.

Integra il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. la condotta del medico endocrinologo che, nel corso della dieta dimagrante sottoposta ad una paziente, ne abbia provocato il decesso attraverso la prescrizione del farmaco fendimetrazina nonostante il divieto disposto da diversi decreti ministeriali succedutisi negli anni, per un periodo superiore a tre mesi in violazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), d.m. 18 settembre 1997, pur conoscendo i rischi legati all’uso di tale farmaco in combinazione ad altri, ed omettendo di acquisire le informazioni anamnesiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità della cura per una paziente debilitata dalla perdita di 40 kg in sei mesi (nello specifico la suprema Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale sulla base del giudizio controfattuale espresso dai periti, ad avviso dei quali la paziente “con elevato grado di probabilità logico-razionale” non sarebbe deceduta ove non avesse assunto le sostanze prescritte dall’imputato, “nelle forme e nella cronologia al dunque registrate”, attesa l’assenza di “chiavi di lettura alternative a quella complessivamente identificata come riconducibile al meccanismo di azione proprio dei simpaticomimetici).

 

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

 Colpa lieve e colpa grave per imperizia.

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

 

Cassazione penale sez. IV, 16/10/2018, n.49884

Vizio di motivazione della sentenza che esclude la rilevanza delle linee guida.

In tema di responsabilità medica, poiché con la legge 8 marzo 2017, n. 24, il legislatore ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell’attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche controllate, rappresentate dalle linee guida, è viziata la motivazione della sentenza che abbia recisamente escluso la rilevanza di queste ultime per non aver l’imputato soddisfatto il relativo onere di allegazione.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

 

Causa di non punibilità ex art. 590 sexies co. 2 c.p.

L’art. 590-sexiesc.p. prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 c.p. o di quello dell’art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse” … in particolare «la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (nel caso di specie, contraddistinto da colpa grave per negligenza, la Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 590-sexies c.p., la cui portata è, infatti, limitata ai soli casi di imperizia lieve nell’esecuzione delle linee guida adeguate al caso concreto).

 

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

Non è applicabile l’art. 590 sexies co. 2 c.p. in caso di imprudenza o negligenza ovvero colpa grave da imperizia nell’osservanza delle linee guida.

Non trova applicazione la causa di “non punibilità” prevista dall’art. 590 sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, qualora l’evento lesivo verificatosi in ambito sanitario sia dipeso da colpa da imprudenza o da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle linee guida (nel caso di specie non trova applicazione l’art. 590 sexies c.p. risultando la condotta del chirurgo secondo operatore caratterizzata sia da negligenza esecutiva per disattenzione nell’assolvimento dei compiti allo stesso assegnati in seno all’equipe, sia da grave imperizia).

 

 Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748

 Differenze tra linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali.

In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di lenee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, n.36723

L’art. 3 d.l. 158/2012, comportando una parziale abolitio criminis è norma più favorevole rispetto all’art. 6 L. 24/2017

In tema di successione di leggi in materia di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, in caso di errore dovuto ad imperizia non grave intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, la norma di cui all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189), prevedendo una parziale “abolitio criminis”, deve ritenersi più favorevole rispetto a quella di cui all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6, legge 8 marzo 2017, n. 24, che configura una mera causa di non punibilità.

 

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

Differenza tra imprudenza e negligenza.

In tema di colpa, l’imprudenza consiste nella realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri e altrui (affermazione resa nell’ambito di procedimento a carico di un medico, cui era stata qualifica come “imprudente” la condotta che si assumeva colposa assunta nella vicenda che aveva portato al decesso una paziente; la Corte, nell’annullare con rinvio la decisione di condanna, ha osservato come impropriamente fosse stata ravvisata l’imprudenza sul rilievo che la condotta tenuta dal medico, più che un’attività positiva, era consistita – secondo la stessa corte di merito – in un’omessa o incompleta diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione della sintomatologia che la paziente presentava, dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici e dalla prescrizione di un presidio terapeutico generico: situazioni che, semmai, potevano ascriversi al profilo della negligenza, in parte, e sotto altro profilo, a quello dell’imperizia).

 

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

Risponde del reato ex art. 590 sexies c.p. il medico che non ha diagnosticato una perforazione, per inosservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali.

Non si può escludere l’imperizia del medico, scambiandola per imprudenza, impedendo l’applicabilità dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge Gelli Bianco, che esclude la punibilità proprio in caso di imperizia quando sono rispettate le linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Ad affermarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso di un medico accusato di non aver diagnosticato una perforazione, che poteva essere verificata con appositi esami diagnostici, e di aver scelto una linea “attendista”, e perciò condannato in appello per omicidio colposo a seguito della morte del paziente avvenuta nel corso del post operatorio. Per la Corte nella fattispecie assume rilievo proprio l’osservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali; nello specifico, in assenza di linee guida concordanti sul punto, il riferimento doveva essere ai criteri della vigile attesa accreditati dalla letteratura scientifica.

 

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

La valutazione dell’imperizia investe il singolo atto colposo e non il medico nella sua complessiva attività.

In tema di colpa medica, non si può escludere l’imperizia del medico solo in virtù del suo noto valore clinico, non dovendo la nozione di imperizia essere rivolta al soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capacità professionali, ma al singolo atto qualificato come colposo e che viene a lui addebitato. (Nella fattispecie ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva erroneamente qualificato come imprudente la condotta di un medico per la morte di una paziente deceduta in seguito alle complicazioni post-operatorie).

 

Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770

Imperizia, linee guida, buone pratiche clinico-assistenziali.

L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio dell’attività medico chirurgica: a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali; c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “ lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta delle linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.

 

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038

L’errore nella trasfusione al paziente di sangue di gruppo diverso costituisce errore grave, dotato di esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento.

L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.

 

Cassazione penale sez. IV, 11/07/2017, n.44622

Risponde di omicidio colposo il medico che, subentrando nel turno, omette di consultare la cartella clinica e di disporre esame endoscopico del paziente

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago).

 

Cassazione penale sez. IV, 18/05/2017, n.43476

Risponde di omicidio colposo il medico psichiatra che abbia omesso di attivare le terapie volte a prevenire il suicidio della paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica.

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo) .

 

Cassazione penale sez. IV, 20/04/2017, n.28187

Concorso colposo dello psichiatra, che omette di sottoporre a trattamento farmacologico il paziente,  nel delitto di omicidio doloso da questo realizzato.

Il concorso colposo risulta configurabile anche rispetto al delitto doloso, purché il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa, dovendosi altresì verificare che la regola cautelare violata sia diretta a prevenire anche il rischio dell’atto doloso del terzo e che quest’ultimo risulti prevedibile per l’agente chiamato a rispondere a titolo di colpa (principio affermato, nella specie, con riguardo al caso di un medico psichiatra cui si addebitava di non avere sottoposto ad un trattamento farmacologico adeguato alla sua effettiva e riconoscibile pericolosità un soggetto affidato alle sue cure, il quale aveva quindi commesso un omicidio).

 

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.33609

Risponde di omicidio colposo lo psichiatra che non abbia adottato le misure di protezione volte ad impedire il suicidio della paziente affetta da disturbo bipolare in fase depressiva.

É responsabile di omicidio colposo, per violazione dei parametri della colpa generica, il medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria di una casa di cura il quale ometta l’adozione di adeguate misure di protezione idonee a impedire che una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontani dalla stanza in cui è ricoverata, raggiunga un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera e si uccida lasciandosi cadere nel vuoto.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.40703

Obbligo del ginecologo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti: l’omessa visita della paziente affetta da varicella assurge a reato di omicidio colposo.

In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).

 

Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028

Non risponde di omicidio colposo il medico di guardia per il suicidio del detenuto se questo non era prevedibile.

Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/04/2016, n.31490

Il Giudice deve individuare la corretta manovra che il chirurgo avrebbe dovuto effettuare in luogo di quella imprudente posta in essere.

Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).

 

Cassazione penale sez. IV, 07/01/2016, n.1846

Responsabilità del medico che in presenza di indici significativi omette di assumere le necessarie iniziative per curare la patologia del paziente.

In tema di colpa medica – in considerazione della posizione di garanzia che il medico assume nei confronti del paziente con l’instaurazione della relazione terapeutica – il sanitario che, avendo in cura il paziente per stati di ansia o sindrome depressiva, in presenza di apprezzabili indici significativi di un atteggiamento di negazione di patologie di diversa natura, ometta di approfondire le condizioni cliniche generali dell’assistito e di assumere le necessarie iniziative per indurlo alla cura di tale patologia, è responsabile per le prevedibili conseguenze lesive derivate dalla patologia medesima. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza che aveva escluso la responsabilità di un neurologo in relazione al decesso di una sua paziente affetta da patologia oncologica non ritenendo adeguatamente provati né il presupposto di fatto dell’omesso approfondimento delle condizioni generali della paziente, che era stata comunque avviata ad una visita specialistica, né il nesso causale, essendo incerto il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia).

 

Cassazione penale sez. IV, 03/12/2015, n.20125

Il principio di affidamento non è invocabile sanitario abbia posto in essere una condotta colposa con efficienza causale nella determinazione dell’evento unitamente alla condotta colposa di chi sia intervenuto successivamente.

Per la configurabilità della cooperazione colposa disciplinata dall’art. 113 c.p. è sufficiente la consapevolezza in capo all’agente della partecipazione di altri soggetti, indipendentemente dalla specifica conoscenza sia delle persone che operano sia delle specifiche condotte da ciascuna di esse poste in essere: è l’ipotesi che può verificarsi presso una struttura ospedaliera allorquando più sanitari, in successione, visitino il paziente. In proposito, ai fini della responsabilità del singolo operatore viene in rilievo il principio dell’affidamento, che peraltro non è invocabile quando il soggetto su cui grava l’obbligo di garanzia – e che invochi l’affidamento nell’altrui condotta – abbia posto in essere una condotta colposa, con efficienza causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa di chi sia intervenuto successivamente. In tale evenienza, infatti, sussisterebbe la responsabilità anche del primo soggetto, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che tuttavia deve avere avuto caratteristiche di eccezionalità tali da far venir meno la situazione di pericolo originariamente provocata o tali da modificare la pregressa situazione, a tal punto da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.

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