E’ illegittimo il sequestro preventivo eseguito sulla liquidità del socio se non è adeguatamente motivato il titolo dell’ablazione (diretta o per equivalente) e la necessità di integrare il vincolo già apposto sul patrimonio della società.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 32409.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in materia cautelare reale in riferimento al reato dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, chiarisce alcuni profili dell’istituto del sequestro preventivo funzionale alla confisca quanto alla necessaria qualificazione giuridica del sequestro come diretto o per equivalente e la necessità di giustificarne l’esistenza in ragione del quantum del profitto di reato confiscabile.
La sentenza in commento è di interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia anche nella parte in cui richiama i più recenti approdi giurisprudenziali in tema di estensione del sequestro ad una pluralità di indagati a titolo di concorso nel medesimo reato tributario.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà le massime relative agli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero 32409.2020.
Per ulteriori approfondimenti sul tema il lettore potrà consultare l’area del sito ed i singoli articoli tematici pubblicati in riferimenti a specifici arresti giurisprudenziali.
I reati in provvisoria contestazione e la fase cautelare di merito
Nel caso di specie all’indagato, nella qualità di socio della società, erano provvisoriamente contestati i delitti di associazione a delinquere e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, rispettivamente ex artt. 416 c.p. e 3 D.lgs. 74/2000.
Il Tribunale del riesame di Crotone confermava il decreto con il quale G.i.p. in sede aveva disposto il sequestro preventivo dei beni del prevenuto, essendo egli uno dei soci della persona giuridica.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. avverso l’ordinanza resa dal Tribunale cautelare, articolando plurimi motivi di impugnazione.
Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la deduzione della violazione di legge e del vizio di motivazione in ordine alla necessità di apposizione del vincolo ablatorio sui beni del ricorrente, in ragione della sufficienza del patrimonio della società attinto dalla misura ablatoria a coprire il profitto del reato.
La Suprema Corte accoglie il ricorso limitatamente ad una somma di denaro rinvenuta sul conto corrente dell’indagato e posta sotto sequestro, censurando la motivazione del provvedimento impugnato, qualificandola come apparente.
Di seguito si riportano i passaggi maggiormente significati tratti dalla parte motiva della sentenza in commento:
(i) I limiti all’estensione plurisoggettiva del sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
“Si rileva che questa Corte ha più volte sostenuto – con argomento impiegato per il sequestro per equivalente, ma specularmente utilizzabile anche per quello diretto, a fronte di una contestazione concorsuale che assegna indistintamente l’intero profitto a tutti gli indagati – che in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca prevista dall’art. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, può essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o più autori della condotta criminosa, non essendo ricollegabile all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito; con la precisazione, peraltro, che, nel giudizio di cognizione successivo alla fase cautelare, l’espropriazione non può eccedere nel “quantum” né l’ammontare del profitto complessivo, né – in caso di imputato cui non sono attribuibili tutti i reati accertati – il profitto corrispondente ai reati specificamente attribuiti al soggetto attinto dal provvedimento ablatorio. […](tra le altre, Sez. 5, n. 19091 del 26/2/2020; Sez. 3, n. 56541 del 5/12/2017; Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017; Sez. 2, n. 33755 del 15/7/2016).
Ne consegue, allora, che, in questa fase cautelare, nessuna questione può esser posta in tema di beneficio di escussione, a ciò ostando un duplice sequestro – verso il [omissis]e verso la società – disposto espressamente in via diretta, quindi eseguibile per l’intero anche nei confronti di tutti i destinatari della misura”.
(ii) l’obbligo di motivazione sul sequestro del patrimonio personale dell’indagato.
“Il Tribunale ha confermato il vincolo sul punto con motivazione apparente, ossia affermando, nell’ordine: a) che la somma sarebbe stata sequestrata (per l’appunto) in via diretta; b) che il ricorrente ne avrebbe provato la legittima provenienza, in quanto versata su carta Postepay il 7/5/2020 quale risarcimento per un sinistro avvenuto nel 2017; c) che, pertanto, questo importo non potrebbe esser legato all’illecito contestato “da alcun nesso di pertinenzialità” e, dunque, “non può costituire oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta”; d) che, in ogni caso, la stessa somma potrebbe costituire oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, “sussistendone tutti i presupposti applicativi”.
Ebbene, al di là del carattere non esplicitato di tale ultima affermazione (peraltro in contrasto con la precedente parte della motivazione, che – richiamando la sentenza Sez. U. Lucci n. 31617/2015 – qualifica sempre come diretta la confisca del danaro disponibile su un conto corrente), risulta evidente il carattere solo apparente dell’argomento impiegato per la conferma della misura, che assegna al sequestro della somma una natura diversa, rispetto a quella originaria, sol perché risulterebbe non più “praticabile” il percorso logico seguito dal G.i.p. nel provvedimento genetico, attesa la riscontrata – ed in precedenza non verificata – liceità della somma sottoposta a vincolo. E con la precisazione, peraltro, che tale “riqualificazione” non viene poi posta in rapporto con la pacifica natura diretta del vincolo sulle altre somme sequestrate al ricorrente, così come sui valori sequestrati all’ente; ciò che, per contro, sarebbe stato necessario a quel punto, per verificare l’effettiva necessità di apprensione anche dell’importo medesimo, alla luce di quanto già vincolato in via diretta e nell’ottica del quantum del profitto contestato.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve esser annullata con rinvio limitatamente al sequestro della somma di 7.738,37 euro.
Le pronunce richiamate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. V, 26/02/2020, n.19091
In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, la misura cautelare può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti nel reato, anche per l’intera entità del profitto accertato, indipendentemente dalla sua materiale percezione o godimento, ma non può complessivamete eccedere nel “quantum” l’ammontare del profitto complessivo, non potendo avere un ambito più ampio di quello della successiva confisca.
Cassazione penale sez. III, 14/11/2017, n.1999
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo per equivalente, funzionale alla confisca prevista dall’art. 12 bis, d.lgs n. 74 del 2000, può essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o più autori della condotta criminosa, non essendo ricollegabile all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito. (Nella specie, la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro disposto nei confronti del consulente fiscale, ispiratore del meccanismo fraudolento attuativo del c.d. accollo fiscale, integrante il reato di indebita compensazione, nonostante della frode ne avesse tratto beneficio economico il solo cliente).
Cassazione penale sez. II, 15/07/2016, n.33755
Nel caso di pluralità di illeciti plurisoggettivi, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, ma l’espropriazione non può eccedere nel “quantum” né l’ammontare del profitto complessivo, né – in caso di imputato cui non sono attribuibili tutti i reati accertati – il profitto corrispondente ai reati specificamente attribuiti al soggetto attinto dal provvedimento ablatorio. (Fattispecie relativa ai delitti di associazione a delinquere, truffa aggravata e frode informatica in concorso, in cui era stata disposta la confisca, per l’intero ammontare del profitto, nei confronti dei diversi correi).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA