Risponde di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti il presidente della società calcistica anche se la finalità dei reati tributari consumati concorre con quella di maquillage dei dati di bilancio
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 32734.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in sede cautelare personale (misura interdittiva) su una ipotesi di dichiarazione fraudolenta e di emissione di fatture per operazioni inesistenti soffermandosi sul tema dell’elemento psicologico del reato (dolo specifico).
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, esprime il principio di diritto secondo cui ai fini della sussistenza dei suddetti reati tributari, non è necessario che la finalità di evasione dichiarativa (art. 2 d.lgs. 74/2000) e quella di consentire l’evasione delle imposte a terzi dell’emittente le fatture (art.8 d.lgs 74/2000) connotate da dolo specifico, costituiscano l’unico o il principale scopo perseguito dai soggetti attivi, bensì esse possono concorrere con altre finalità, quale quella di realizzare plusvalenze fittizie per alterare la reale situazione del bilancio.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;
(ii) la rassegna delle più significative e recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000 e di emissione di fatture per operazioni inesistenti ex art. 8 D.lgs. 74/2000, oltre agli approfondimenti sui reati tributari che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata ai reati tributari ed ai commenti alle sentenze contenute nel blog.
Il reato provvisoriamente contestato e la doppia fase cautelare di merito
Nel caso di specie all’indagato, nella qualità di Presidente del CDA di una società calcistica, era stato contestato di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti nelle dichiarazioni dei redditi, emesso fatture aventi ad oggetto prestazioni inesistenti e false comunicazioni sociali, per aver riportato nei bilanci della società sportiva plusvalenze fittizie in quanto rinvenienti dalle prestazioni inesistenti.
In particolare, al prevenuto si addebitava di avere in concorso con altri soggetti, d fittiziamente acquistato e ceduto i diritti su taluni calciatori ad importi elevati e no rispondenti al vero.
Il Tribunale di Bologna, in accoglimento parziale dell’appello proposto dal locale PM, riformava il decreto con il quale il GIP presso il Tribunale di Forlì aveva escluso la sussistenza di esigenze cautelari ed applicava nei confronti del giudicabile la misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di rivestire cariche direttive in persone giuridiche e di esercitare imprese.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa dell’indagato proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, articolando due motivi di impugnazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Quanto al secondo aspetto del primo motivo di censura – riguardante, con riferimento alle censure in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la ritenuta mancanza della finalità di evasione di imposta, osserva il Collegio che è stata ben chiarita dal Tribunale del riesame di Bologna la circostanza che, per un verso, ai fini della sussistenza dei reati fiscali contestati, non vi è la necessità che il fine di evasione delle imposte ovvero di consentire a terzi l’evasione di imposta – operazione questa nel primo caso riferita al dichiarante fraudolento e nell’altro al soggetto che si avvale delle fatture relative ad operazioni inesistenti compiacentemente emesse dal reo – sia né l’unico scopo perseguito dal soggetto agente né il principale, potendo esso concorrere, sebbene in ipotesi statisticamente marginali, con altre finalità’ – così come si verifica nel presente caso in cui la finalità principale perseguita dalle parti era, con tutta verosimiglianza, quella di compiere un’operazione di maquillage contabile onde far risultare delle apparenti plusvalenze, legate alla valorizzazione di giovani calciatori, da esporre di fronte agli Ispettori della Federazione Italiana Giuoco Calcio – e, per altro verso, che proprio la reciprocità del meccanismo delle fittizie cessioni consentiva ai soggetti che se ne giovavano di realizzare le plusvalenze, le quali diversamente sarebbero state foriere di imposizione tributaria, neutralizzandole sul medesimo piano fiscale con i costi connessi alle avvenute acquisizioni del diritto alle prestazioni sportive di altri calciatori.
Con il risultato di determinarsi in questa maniera, secondo la plausibile ricostruzione operata sulla base degli elementi acquisiti nella presente fase cautelare, una voluta ipotesi di evasione fiscale atta ad integrare, anche sotto il profilo soggettivo, gli estremi dei gravi indizi di colpevolezza riguardanti i reati tributari contestati”.
Le fattispecie incriminatrici
Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni. ].
Art. 8 D.lgs. 74/2000 – Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.
Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
[Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro 154.937,07 per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.]
Rassegna delle più recenti massime in materia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:
Cassazione penale sez. III, 08/09/2020, n.28834
In tema di reati tributari, la mancanza nel capo di imputazione di una specifica e analitica indicazione di tutte le fatture ritenute falsificate o contraffatte non comporta alcuna genericità o indeterminatezza della contestazione del reato di cui al d.lg. n. 74 del 2000, art. 2 allorché tali documenti siano agevolmente identificabili attraverso il richiamo ad una categoria omogenea che ne renda comunque possibile la individuazione.
Cassazione penale sez. III, 26/06/2020, n.20901
È configurabile il concorso fra la contravvenzione di cui all’art. 18 d.lg. 10 settembre 2003, n. 276 ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ai fini dell’i.v.a., nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera.
Cassazione penale sez. III, 19/03/2020, n.12680
In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2 del Dlgs 10 marzo 2000 n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, da intendere in termini di lucida accettazione, da parte dell’agente, dell’evento lesivo, e quindi anche del fine di evasione o di indebito rimborso, come conseguenza della sua condotta. La prova del dolo va desunta dagli elementi indiziari ricavati dalla fattispecie (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn) (ciò che, nella specie, relativa peraltro ad applicazione di misura cautelare reale, risultava essere stato motivatamente fatto, avendo il giudice del riesame valorizzato, in particolare: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa, stante l’assenza di qualunque accertamento su fornitori che pure avevano erogato beni per importi consistenti; b) la durata e la ripetizione dell’azione, articolatasi per più forniture; c) il comportamento successivo al fatto, e cioè l’immediata cessazione in coincidenza della verifica fiscale eseguita nei confronti della società “cartiera”; d) il fine della condotta, di conseguire un “risparmio” di spesa, e la compatibilità con esso dell’accettazione di utilizzare fatture per operazioni soggettivamente inesistenti).
Cassazione penale sez. IV, 29/01/2020, n.10208
Al fine dell’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo sono utilizzabili gli accertamenti patrimoniali finalizzati ad individuare i beni da sottoporre al vincolo d’indisponibilità, anche se espletati in epoca successiva alla scadenza dei termini delle indagini preliminari. (Fattispecie di sequestro, funzionale alla confisca, anche per equivalente, del profitto dei reati di cui all’art. 2, d.lg 10 marzo 2000, n. 74).
Cassazione penale sez. III, 07/11/2019, n.8995
In tema di reati tributari, il limite alla pignorabilità fissato dal comma 1, lett. a), dell’art. 76 d.P.R. n. 602/1973 nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. n. 69/2013 convertito, con modifiche, dalla l. n. 98/2013 si riferisce solo alle espropriazioni da parte del Fisco, e non a quelle promosse da altre categorie di creditori; non riguarda la “prima casa”, ma l’unico immobile di proprietà del debitore; non trova comunque applicazione alla confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né al sequestro preventivo ad essa preordinato.
Cassazione penale sez. III, 12/02/2019, n.29977
In tema di utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, i costi relativi alle stesse non sono mai deducibili, con la conseguenza che la loro indicazione in dichiarazione configura una finalità di evasione e realizza un corrispondente profitto senza che rilevi in senso contrario la circostanza che, pur avendo sostenuto tali costi nei confronti del soggetto fittiziamente interposto, il destinatario della fattura sia tenuto a corrispondere nuovamente l’Iva al soggetto che ha realmente fornito la prestazione, quale normale conseguenza di ogni interposizione fittizia.
Cassazione penale sez. III, 30/01/2019, n.17702
In tema di reati tributari, ai sensi dell’art. 18, comma 2, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, i delitti in materia di dichiarazione previsti dal capo primo del titolo secondo del medesimo decreto legislativo si considerano consumati nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale, che, nel caso di impresa individuale, coincide con quello del titolare dell’impresa medesima.
Cassazione penale sez. III, 24/01/2019, n.16768
Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000) è integrato, con riguardo all’evasione delle imposte sui redditi, dalla sola inesistenza oggettiva delle prestazioni, ove si ha diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre non è ravvisabile nell’ipotesi di inesistenza soggettiva, ove l’operazione oggetto di imposizione fiscale è stata effettivamente eseguita, rilevando la mancata corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato in fattura e il soggetto che abbia erogato la prestazione solo ai fini Iva.
Cassazione penale sez. III, 23/11/2018, n.10801
In tema di delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, la causa di non punibilità, prevista dall’art. 5-quinquies d. l. 28 giugno 1990, n. 167, che opera per l’imputato che abbia prestato collaborazione volontaria ai sensi dell’art. 5-quater del medesimo decreto legge (cd. voluntary disclosure), determina, al completamento della procedura ed al pagamento delle somme dovute, il venir meno della natura di profitto del reato delle somme derivate dalla utilizzazione delle fatture emesse per operazioni inesistenti, precludendone la confiscabilità e rendendo, conseguentemente, illegittima la protrazione di un sequestro finalizzato unicamente a detta confisca.
Cassazione penale sez. III, 25/10/2018, n.6360
In tema di frodi fiscali, è configurabile il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 d.lgs.10 marzo 2000, n. 74 del 2000, ogni qualvolta il contribuente, per effettuare una dichiarazione fraudolenta, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni realmente non effettuate, non rilevando la circostanza che la falsità sia ideologica o materiale. (In motivazione, la Corte ha escluso che il riferimento a talune ipotesi di fatturazione, contenuto nell’art. 3, comma 3, del medesimo decreto legislativo dopo la riforma di tale disposizione operata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, abbia inciso sul rapporto di specialità reciproca esistente tra il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, in quanto, accanto ad un nucleo comune costituito dalla presentazione di una dichiarazione infedele, il primo presuppone l’utilizzazione di fatture o documenti analoghi relativi ad operazioni inesistenti, mentre il secondo, una falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie nonché l’impiego di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e il raggiungimento della soglia di punibilità).
Cassazione penale sez. III, 20/07/2018, n.53318
In tema di reati tributari, il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, tutela l’interesse dello Stato a riscuotere ciò che è dovuto nell’ambito e nei limiti del diritto tributario. (In motivazione la Corte ha precisato che l’utilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti costituisce un ante factum meramente strumentale alla realizzazione dell’illecito).
Cassazione penale sez. III, 26/06/2018, n.53637
In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, per la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa non assume rilievo la natura soggettiva o meno dell’operazione che ha portato all’emissione delle fatture, quanto, piuttosto, il principio generale dell’”effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità”, che, se superato, inibisce l’operazione deduttiva, dei costi. Per l’effetto, devono considerarsi indeducibili i costi comunque “riconducibili” alla condotta criminosa, conseguendone che i costi sostenuti per la realizzazione della frode, essendo essi stessi lo strumento per i realizzare l’evasione di imposta, sono indeducibili e non possono essere considerati per ridurre il quantum dell’imposta evasa (la Corte ha precisato anche che sul principio affermato non esplica alcuna rilevanza la disposizione di cui all’ articolo 14, comma 4 bis della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’ articolo 8, comma 1, del Dl 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, perché trattasi di previsione che, nel prevedere l’indeducibilità dei soli componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, si limita a stabilire una regola per le sole procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, inapplicabile quindi per la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa in relazione al reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti).
Cassazione penale sez. III, 19/06/2018, n.52411
In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.
Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46956
In tema di reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture, la sussistenza a carico del cessionario, ai sensi dell’art. 60-bis del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, di un obbligo solidale di versamento dell’IVA gravante sul cedente, peraltro riguardante le sole cessioni reali effettuate a un prezzo inferiore al valore normale e non anche le operazioni inesistenti, non esclude che, a carico del primo, sia comunque ipotizzabile il dolo specifico di evasione, atteso che il meccanismo dell’IVA, basato sulla continuità della registrazione di debiti e crediti nelle contabilità dei soggetti operanti, ammette la possibilità che l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sia finalizzata all’evasione.
Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17401
I reati di dichiarazione fraudolenta ai fini Iva mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 commessi in epoca precedente la pronuncia della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Taricco, dell’8 settembre 2015, anche se non ancora prescritti a tale data, rimangono soggetti alla disciplina nazionale in materia di prescrizione, pur se questa risulti in contrasto con il diritto europeo, perché idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. Infatti, come del resto puntualizzato dalla successiva sentenza della stessa Corte di giustizia in data 5 dicembre 2017, il contrasto – quanto al regime di prescrizione – tra il diritto europeo e il diritto nazionale non può condurre alla disapplicazione della norma di diritto interno laddove essa comporti violazione del “principio di legalità” dei reati e delle pene, nei suoi aspetti di prevedibilità, determinatezza e irretroattività della legge penale (la Corte, anzi, ha ritenuto tale affermazione di principio in grado di superare il vincolo formale del giudicato e, per l’effetto, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione, nonostante che il procedimento provenisse da precedente annullamento con rinvio, dove la Corte si era limitata ad annullare la sentenza in ordine al profilo sanzionatorio, onde si sarebbe dovuto considerare formato il giudicato sulla responsabilità).
Cassazione penale sez. fer., 31/08/2017, n.47603
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), non è necessario che le fatture o gli altri documenti siano creati da terzi compiacenti, ben potendo essi essere creati dallo stesso utilizzatore.
Cassazione penale sez. V, 14/07/2017, n.43976
È configurabile il concorso tra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000) e quello di bancarotta impropria mediante operazioni dolose previsto dall’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall. (Fattispecie in cui l’evasione dell’imposta aveva determinato l’insorgenza di consistenti debiti a carico della società amministrata dovuti a sanzioni, interessi ed oneri accessori, oltre all’IVA, con conseguente incapacità della predetta società di fare fronte alle proprie obbligazioni e conseguente fallimento della stessa).
Cassazione penale, sez. III, 09/06/2017, n. 39541
Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche l’inesistenza soggettiva.
Cassazione penale, sez. III, 21/04/2017, n. 34534
Ai fini della configurabilità del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti, quando risulti provata dalla pubblica accusa la fittizietà dell’intestazione delle fatture, è onere del soggetto emittente dimostrare la corrispondenza fra il dato fattuale, relativo ai rapporti giuridici che si affermano essere effettivamente intercorsi, e quello documentale, attraverso il quale tali rapporti sono attestati. (Nella specie, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sprovvista di prova la mera allegazione difensiva circa l’esistenza di una delegazione di pagamento intercorsa fra l’intestatario delle fatture di vendita di alcune autovetture ed i diversi soggetti che avevano versato il relativo prezzo).
Cassazione penale sez. III, 29/03/2017, n.37848
In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74/2000), qualora si deduca, a fronte dell’obiettiva, mancata effettuazione della prestazione fatturata, che la stessa era stata comunque pagata in anticipo, occorre, per attribuire valore a tale deduzione, che la mancata effettuazione risulti annotata, entro il prescritto termine, nel registro di cui all’art. 23 d.P.R. n. 633/1972.
Cassazione penale, sez. III, 19/01/2017, n. 24307
In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, quando cioè l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e tuttavia non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura od altro documento fiscalmente rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto anche in tal caso è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma in esame, ovvero consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Cassazione penale, sez. III, 30/11/2016, n. 14815
Risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74 del 2000) il soggetto che, d’intesa con gli autori delle dichiarazioni, fornisca ai medesimi, nell’ambito dell’attività di “esperto contabile” prestata in loro favore, le fatture per operazioni inesistenti all’uopo fatte predisporre da terzi.
Cassazione penale, sez. III, 19/05/2016, n. 7941
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 d.Lg. n. 74/2000, è integrati dalla registrazione in contabilità delle false fatture o dalla loro conservazione ai fini di prova, nonché dall’inserimento nella dichiarazione di imposta dei corrispondenti elementi fittizi, condotte queste ultime tutte congiuntamente necessarie ai fini della punibilità.
La rassegna delle più recenti massime in materia di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
Cassazione penale sez. III, 04/02/2020, n.9883
In tema di reati tributari, l’attenuante di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che consegue al pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, richiede il presupposto della esistenza di un debito tributario suscettibile di essere adempiuto sicché non è applicabile in relazione ai reati che sussistono pur in assenza di un’evasione di imposta. (Fattispecie di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti).
Cassazione penale sez. III, 22/11/2019, n.3163
In tema di reati tributari, la fattispecie di cui all’art. 8, comma 3, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, abrogata dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modificazioni, dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, ha natura di reato autonomo e non di circostanza attenuante ad effetto speciale.
Cassazione penale sez. III, 06/11/2019, n.6509
In tema di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, la mancata indicazione specifica dei soggetti beneficiari delle stesse nel capo di imputazione non comporta alcuna genericità o indeterminatezza della contestazione del delitto di cui all’art. 8 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, allorché tali soggetti siano agevolmente identificabili in forza di elementi fattuali che ne rendano comunque possibile l’individuazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sufficientemente determinato il capo di imputazione che si riferiva a tutte le fatture dell’anno 2011).
Cassazione penale sez. III, 16/07/2019, n.40072
Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, non impedisce il sequestro preventivo cd. impeditivo ove sussista il fumus di un diverso e successivo reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile il sequestro preventivo cd. impeditivo di una unità operativa di una società utilizzata per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, anche se era già stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente sul rilievo del differente oggetto e della differente finalità dei due istituti).
Cassazione penale sez. III, 24/05/2019, n.39316
In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non è necessario, sotto il profilo soggettivo, che il fine di favorire l’evasione fiscale di terzi attraverso l’utilizzo delle fatture emesse sia esclusivo, essendo integrato anche quando la condotta sia commessa per conseguire anche un concorrente profitto personale.
Cassazione penale sez. III, 10/05/2019, n.29519
In tema di competenza per territorio relativa ai reati di emissione di più fatture per operazioni inesistenti, il criterio del luogo di iscrizione nel registro degli indagati del primo procedimento penale dettato dall’art. 18, comma 3, d lg. n. 74 del 2000, opera unicamente con riguardo a più condotte di emissione riguardanti il medesimo periodo di imposta e non anche nel caso di emissione relativa a periodi di imposta diversi.
Cassazione penale sez. III, 28/09/2018, n.53319
In tema di reati tributari, il delitto di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è configurabile esclusivamente in caso di fatturazione che presenta una diversità tra uno o entrambi i soggetti indicati nel documento e coloro che hanno posto in essere l’operazione oggetto di imposizione fiscale e, pertanto, ha rilievo penale la sola identità individuale del soggetto e non le diverse qualifiche, qualità o altri elementi che connotano il soggetto dell’operazione inesistente. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva ravvisato l’inesistenza soggettiva con riguardo alla mancanza nell’acquirente della qualità di soggetto esente IVA).
Cassazione penale sez. III, 28/09/2018, n.53319
Il reato di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è configurabile esclusivamente in presenza di fatture che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, assumendo rilevanza penale solo la diversità tra uno o entrambi i soggetti indicati in fattura rispetto a coloro che hanno posto in essere l’operazione indicata. Ne consegue che tale diversità non riguarda qualifiche, qualità o altri elementi del soggetto o dei soggetti dell’operazione inesistente, bensì la sola identità individuale, che identifica il soggetto rispetto a terze parti (nella specie, la Corte ha ritenuto errata la tesi secondo cui l’inesistenza soggettiva potesse affermarsi con riguardo alla mera mancanza nell’acquirente commerciale della qualità di soggetto esente Iva).
Cassazione penale sez. III, 05/07/2018, n.47459
Il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 8 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell’ultima di esse, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi. (Fattispecie in cui la Suprema Corte, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del reato, ha tenuto conto della data riportata sulla fattura, in assenza di altri elementi da cui desumere la data reale di emissione del documento).
Cassazione penale sez. II 07/06/ 2018 n. 30401
In materia di reati tributari, ai fini del sequestro e successiva confisca, il prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è identificabile nel compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto.
Cassazione penale sez. VI 13/10/ 2016 n. 52321
Integra il reato di emissione di fatture inesistenti al fine di eludere le imposte dirette e l’IVA, previsto dall’art. 8, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’emissione di fatture aventi ad oggetto la prestazione di servizi di consulenza, al fine di “coprire” l’erogazione di somme di denaro in esecuzione di un accordo corruttivo, essendo tali operazioni riconducibili alla categoria delle “operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte” prevista dall’art. 1, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 74 del 2000.
Cassazione penale sez. III 20/09/2016 n. 47972
L’amministratore condannato per il reato di cui all’art. 8 d.lg. n. 74/2000, relativo all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, per invocare l’esimente dello stato di necessità, ex art. 54 c.p., ha l’onere di allegare di aver agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile (nel caso di specie, l’amministratore di diritto sosteneva di essere una mera “testa di legno” e di aver sottoscritto le fatture sotto la minaccia di licenziamento da parte dell’amministratore di fatto).
Cassazione penale sez. III 15/10/2014 n. 50628
In tema di reati tributari, non integra la fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lg. n. 74 del 2000) la consegna di fattura priva dei requisiti di forma e contenuto indicati dall’art. 21, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, che costituiscono gli elementi necessari affinché si possa presumere la veridicità di quanto rappresentato nel documento, così da renderlo idoneo a costituire titolo per il contribuente ai fini della deduzione del costo relativo. (Fattispecie di rilascio a terzi di bollettari, in bianco, completi di partita i.v.a. e del timbro con la ragione sociale dell’impresa).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA