La Suprema Corte torna a precisare la regola giuridica da seguire per accertare l’esistenza del nesso causale tra condotta di esposizione dei lavoratori ad amianto e decesso dovuto a patologie asbesto-correlate.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 34341.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione pronunciatasi su un caso di molteplici ipotesi di omicidio colposo dei lavoratori per patologie asbesto-correlate, in violazione delle norme volte alla prevenzione della diffusione di polveri sottili di amianto.

In particolare la Suprema Corte chiarisce i passaggi logico-giuridici da compiere per accertare la responsabilità penale dei titolari della posizione di garanzia in riferimento all’esposizione dei lavoratori ad amianto.

Nell’ipotesi di esposizione per periodi prolungati, in cui si siano succeduti più titolari di posizioni di garanzia, per poter affermare la rilevanza eziologica della condotta colposa del garante occorre stabilire se il periodo in cui egli ha rivestito la posizione di garanzia coincida in tutto o in parte con la fase della cd. induzione che, secondo la teoria dose-correlata, è quella in cui ogni esposizione ad amianto è causalmente rilevante ai fini del prodursi del mesotelioma.

A questo punto, ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’imputato fondata sull’effetto acceleratore sul mesotelioma, occorre individuare la legge scientifica volta a verificare se l’abbreviazione della latenza della patologia si sia verificata effettivamente, in particolare accertando che il processo patogenetico si sia sviluppato in un periodo significativamente più breve rispetto a quello richiesto nei casi in cui all’iniziazione non segua un’ulteriore esposizione.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero 34341.2020;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di esposizione ad amianto, oltre agli approfondimenti sui reati contro la sicurezza sul lavoro che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata al diritto penale del lavoro.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti a giudizio rispettivamente nella qualità di amministratore delegato e direttore di stabilimento della società, erano state contestate molteplici ipotesi di omicidio colposo in violazione delle norme a tutela della sicurezza sul lavoro, in ragione della diffusione di polveri di amianto che secondo la tesi accusatoria avevano provocato il decesso dei lavoratori e di persone estranee che risiedevano nei pressi degli stabilimenti.

La Corte di appello di Milano, in riforma parziale della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Pavia, dichiarava estinti per prescrizione alcuni reati e confermava nel resto la decisione di primo grado.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I difensori dei prevenuti proponevano ricorso per cassazione avverso la pronuncia della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte distrettuale, ritenendo insufficiente la motivazione resa in merito all’accertamento del nesso causale.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Va premesso che, pur essendo pacifica la riferibilità causale delle morti da mesotelioma alle emissioni di polveri di amianto all’interno e all’esterno dello stabilimento, si pone nell’ambito di questo giudizio – come in numerosi altri precedenti riferiti a patologie asbesto-correlate – la necessità di verificare la correlazione tra tale riferibilità causale e quanto accaduto nel periodo in cui gli imputati ricoprirono la posizione di garanti, a fronte del succedersi di posizioni di garanzia in costanza di esposizione delle vittime all’amianto. […]

Sul piano della causalità generale dell’esposizione all’amianto, la teoria dose-correlata, prescelta e accreditata in particolare dalla III Consensus Conference (e recepita nella sentenza impugnata), indica il susseguirsi di due fasi distinte: quella della c.d. induzione (a sua volta distinta in iniziazione e promozione) in cui ogni successiva esposizione é rilevante sul piano causale ai fini del prodursi del mesotelioma pleurico maligno; e la fase della c.d. progressione, o latenza in cui il processo carcinogenetico é irreversibile e ogni successiva esposizione all’amianto é ormai irrilevante. Lo spartiacque fra le due fasi […]é costituito dal c.d failure time, che segna il momento a partire dal quale le ulteriori esposizioni all’amianto sono prive di rilevanza causale. Nel caso in cui – come nella specie – le vittime siano state esposte all’amianto per periodi assai prolungati in cui si siano succeduti più titolari di posizioni di garanzia, all’interno dei quali si colloca quello in cui gli imputati avevano assunto la qualità di garanti, occorre stabilire se sia possibile affermare che quest’ultimo periodo fosse sovrapponibile in tutto o in parte con la fase dell’induzione: quesito alla cui risposta é legata, sul piano logico, la possibilità di attribuire rilievo eziologico alle condotte commissive od omissive attribuite agli imputati in quella fase. Per dare una risposta certa a tale quesito occorrerebbe in sostanza stabilire con ragionevole certezza che il failure time sì sarebbe collocato o nel corso del periodo in cui il [omissis]e il [omissis] esercitarono funzioni di garanti, o successivamente a tale periodo. Il punto é, insomma, costituito dalla possibilità o meno di dare una collocazione temporale sufficientemente precisa al failure time, sulla base di una legge scientifica di copertura che possa dirsi univocamente conducente in tal senso, o quanto meno su una consolidata regola di esperienza.

Tale problema chiama in causa, una volta di più, quello più generale della rilevanza della prova scientifica. In proposito risulta necessario fare capo alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza, secondo la quale il giudice di merito, tramite una documentata analisi della letteratura scientifica in materia, con l’ausilio di esperti qualificati ed indipendenti, é tenuto a valutare l’attendibilità di una determinata teoria attraverso la rigorosa verifica di una serie di parametri oggettivi, tra cui la validità degli studi che la sorreggono, le basi fattuali su cui gli stessi sono stati condotti, l’ampiezza e la serietà della ricerca, le sue finalità, il grado di consenso che raccoglie nella comunità scientifica e l’autorevolezza e l’indipendenza di chi ha elaborato detta tesi (Sez. 3, Sentenza n. 11451 del 06/11/2018, dep. 2019; in termini sostanzialmente analoghi Sez. 4, Sentenza n. 22022 del 22/02/2018). E’ poi chiaro che i surrichiamati principi devono essere raccordati con quelli diffusamente accolti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nesso causale, affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza Franzese e più volte ribaditi e precisati in successive pronunzie anche apicali. […]

Tanto precisato, possiamo ora accostarci più direttamente al tema della selezione delle leggi scientifiche di copertura in materia di esposizione all’amianto: nell’ovvia consapevolezza che la ricerca della legge scientifica di copertura riguarda non la nocività dell’esposizione all’amianto (dato, questo, pacifico e incontrovertibile), ma la rilevanza causale del succedersi di ciascuna delle singole esposizioni (c.d. effetto acceleratore) in relazione alle singole fasi in cui si sviluppano gli effetti dell’esposizione protratta all’amianto, in funzione dell’individuazione dei soggetti responsabili nell’ambito dei periodi di esposizione “causalmente rilevante”. E’ utile richiamare a tal fine l’indirizzo in base al quale, in tema di accertamento del rapporto di causalità tra esposizione ad amianto e morte del lavoratore, per affermare la responsabilità dell’imputato fondata sull’effetto acceleratore sul mesotelioma della esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell’insorgenza della malattia, il giudice, avendo la relativa legge scientifica di copertura natura probabilistica, deve verificare se l’abbreviazione della latenza della malattia si sia verificata effettivamente nei singoli casi al suo esame, essendo a tal fine necessarie informazioni cronologiche che consentano di affermare che il processo patogenetico si é sviluppato in un periodo significativamente più breve rispetto a quello richiesto nei casi in cui all’iniziazione non segua un’ulteriore esposizione e dovendo altresì essere noti e presenti nella concreta vicenda processuale i fattori che nell’esposizione protratta accelerano il processo (Sez. 4, n. 16715 del 14/11/2017 – dep. 2018)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 589 c.p. – Omicidio colposo

Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [586].

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto e’ commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena e’ della reclusione da tre a dieci anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [590], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. III, 06/11/2018, n.11451

In tema di rapporto di causalità tra esposizione ad amianto e morte del lavoratore, ai fini dell’accertamento sull’esistenza di una legge scientifica di copertura relativa all’effetto acceleratore sul mesotelioma della esposizione ad amianto, anche nella fase successiva a quella dell’insorgenza della malattia, il giudice di merito, tramite una documentata analisi della letteratura scientifica in materia, con l’ausilio di esperti qualificati ed indipendenti, è tenuto a valutare l’attendibilità di una determinata teoria attraverso la rigorosa verifica di una serie di parametri oggettivi, tra cui la validità degli studi che la sorreggono, le basi fattuali su cui gli stessi sono stati condotti, l’ampiezza e la serietà della ricerca, le sue finalità, il grado di consenso che raccoglie nella comunità scientifica e l’autorevolezza e l’indipendenza di chi ha elaborato detta tesi.(In motivazione la Corte ha affermato che il contrasto di opinioni scientifiche non è di per sé sufficiente ad escludere l’esistenza di una legge di copertura ove non si verifichi il grado di indipendenza degli esperti e la validità delle argomentazioni sottese alle opinioni antagoniste).

 

Cassazione penale sez. IV, 22/02/2018, n.22022

In tema di reato colposo, per norme sulla disciplina per la prevenzione di infortuni sul lavoro si intendono sia quelle contenute nelle leggi specificamente dirette ad essa, sia quelle che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di prevenire malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire i lavoratori in relazione ad agenti nocivi presenti nell’ambiente di lavoro.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/11/2017, n.16715

In tema di accertamento del rapporto di causalità tra esposizione ad amianto e morte del lavoratore, per affermare la responsabilità dell’imputato fondata sull’effetto acceleratore sul mesotelioma della esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell’insorgenza della malattia, il giudice, avendo la relativa legge scientifica di copertura natura probabilistica, deve verificare se l’abbreviazione della latenza della malattia si sia verificata effettivamente nei singoli casi al suo esame, essendo a tal fine necessarie informazioni cronologiche che consentano di affermare che il processo patogenetico si è sviluppato in un periodo significativamente più breve rispetto a quello richiesto nei casi in cui all’iniziazione non segua un’ulteriore esposizione e dovendo altresì essere noti e presenti nella concreta vicenda processuale i fattori che nell’esposizione protratta accelerano il processo. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto la sussistenza dell’effetto acceleratore, in base al criterio della esclusione delle cause alternative, ritenuto inidoneo dalla S.C.).

 

Cassazione penale sez. IV, 27/02/2014, n.18933

Al fine di valutare l’attendibilità di una teoria (nel caso di specie relativa all’accelerazione dei processi eziologici tumorali nei lavoratori soggetti ad esposizione di amianto) il giudice deve fare riferimento alle indagini dei consulenti che, tuttavia, devono avere delle fondamenta scientifiche. Di tale complessa indagine il giudice di merito è chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell’apprezzamento compiuto.

 

Cassazione penale sez. IV, 17/09/2010, n.43786

L’affermazione del rapporto di causalità tra le violazioni delle norme antinfortunistiche ascrivibili ai datori di lavoro e l’evento-morte (dovuta a mesotelioma pleurico) di un lavoratore reiteratamente esposto, nel corso della sua esperienza lavorativa (esplicata in ambito ferroviario), all’amianto, sostanza oggettivamente nociva, è condizionata all’accertamento: (a) se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su solide e obiettive basi, una legge scientifica in ordine all’effetto acceleratore della protrazione dell’esposizione dopo l’iniziazione del processo carcinogenetico; (b) in caso affermativo, se si sia in presenza di una legge universale o solo probabilistica in senso statistico; (c) nel caso in cui la generalizzazione esplicativa sia solo probabilistica, se l’effetto acceleratore si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali; (d) infine, per ciò che attiene alle condotte anteriori all’iniziazione e che hanno avuto durata inferiore all’arco di tempo compreso tra inizio dell’attività dannosa e l’iniziazione della stessa, se, alla luce del sapere scientifico, possa essere dimostrata una sicura relazione condizionalistica rapportata all’innesco del processo carcinogenetico.

 

 

La rassegna delle più recenti massime in materia di omicidio colposo dovuto ad esposizione ad amianto dei lavoratori:

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2020, n.12151

Quando è impossibile stabilire il momento di innesco irreversibile del mesotelioma – ed essendo irrilevante ogni esposizione successiva all’asbesto – ai fini del riconoscimento della responsabilità dell’imputato, è necessaria l’integrale o quasi integrale sovrapposizione temporale tra la durata dell’attività della singola vittima e la durata della posizione di garanzia rivestita dall’imputato nei confronti della stessa.

 

Cassazione penale sez. IV, 13/06/2019, n.45935

In tema di accertamento della causalità individuale, necessario per l’addebito al titolare della posizione di garanzia della responsabilità per l’insorgenza di una malattia professionale, ove vi sia necessità di fare ricorso al sapere scientifico, non è consentito l’utilizzo di una teoria esplicativa originale, mai prima discussa dalla comunità degli esperti, a meno che ciascuna delle assunzioni a base della teoria non sia verificabile e verificata secondo gli ordinari indici di controllo dell’attendibilità scientifica di essa e dell’affidabilità dell’esperto. Tale principio deve trovare conseguente applicazione anche in ordine all’accertamento della causalità individuale rilevante per addebitare al singolo titolare della posizione di garanzia la responsabilità nel caso di insorgenza di malattie professionali asbesto-correlate (quale, in particolare, il mesotelioma). Per l’effetto, rispetto all’accertamento del determinismo oncogeno dell’esposizione all’amianto, l’accoglimento della teoria multistadio o della dose cumulativa (per la quale sarebbero causalmente rilevanti tutte le esposizioni subite dal lavoratore durante la sua vita lavorativa, sino al compimento dell’Induzione, ossia fino al momento in cui, dopo l’esposizione ma prima della diagnosi, le cellule cominciano a replicarsi in modo autonomo e il processo cancerogenico risulta irreversibile; mentre sarebbero irrilevanti, a questo punto, le esposizioni ricadenti nel periodo intercorrente tra l’induzione, quale inizio biologico della malattia, e la diagnosi della stessa) rende necessaria l’acquisizione di una giustificazione scientifica oggettivamente e soggettivamente attendibile e affidabile, nel caso anche attraverso il contributo di un perito, a fronte di diverse opzioni offerte dai consulenti delle parti, che consenta di individuare il momento dell’insorgenza biologica della malattia, ossia dell’induzione della stessa a seguito dell’esposizione (ciò che nella specie, secondo la Corte, non risultava essere stato fatto, avendo il giudice di merito sì recepito le indicazioni offerte dal perito, ma senza operare un’adeguata verifica in punto di affidabilità e attendibilità del contributo tecnico, anche alla luce di quelli, diversi, offerti dagli esperti delle parti: di qui, l’annullamento con rinvio della sentenza).

 

Cassazione penale sez. IV, 16/01/2019, n.25532

In tema di rapporto di causalità tra esposizione ad amianto e morte del lavoratore per mesotelioma, ove con motivazione immune da censure la sentenza impugnata ritenga impossibile l’individuazione del momento di innesco irreversibile della malattia, nonché causalmente irrilevante ogni esposizione successiva a tale momento, ai fini del riconoscimento della responsabilità dell’imputato è necessaria l’integrale o quasi integrale sovrapposizione temporale tra la durata dell’attività lavorativa della singola vittima e la durata della posizione di garanzia rivestita dall’imputato nei confronti della stessa.

 

Cassazione penale sez. III, 06/11/2018, n.11451

Posto che ai fini dell’accertamento dell’esistenza di una legge scientifica (nella specie, riguardante l’effetto acceleratore sulla progressione della malattia, mesotelioma, e la riduzione della latenza nel caso di esposizioni avvenute dopo l’iniziazione della malattia) il contrasto di opinioni scientifiche non è di per sé sufficiente a escludere l’esistenza di tale legge di copertura ove non si verifichi il grado di indipendenza degli esperti e la validità delle argomentazioni sottese alle opinioni antagoniste, va annullata con rinvio la sentenza, pronunziata dal giudice d’appello in sede di giudizio di rinvio, che abbia omesso di adeguarsi ai principi affermati dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento limitandosi ad evidenziare come la comunità scientifica internazionale sia divisa sull’esistenza di questo effetto acceleratore e ritenendo inutili ulteriori accertamenti di natura scientifica.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/06/2018, n.48541

L’omicidio colposo per le morti determinate da mesotelioma pleurico, ovvero da prolungata esposizione ad amianto, deve provarsi oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo in considerazione che l’amianto si disperde nell’ambiente di lavoro solo se sollecitato meccanicamente da manovre di spostamento dei pannelli al soffitto o delle pareti mobili interne. La Cassazione ha così confermato l’assoluzione di un ex manager Rai per la morte da amianto del titolare di una ditta esterna che dal 1978 al 2006 aveva lavorato all’interno del grattacielo Rai a Torino. Per i giudici di legittimità, la morte del lavoratore, più che alla frequentazione degli uffici della sede Rai torinese, è stata determinata soprattutto dalla collocazione della sua residenza in prossimità di un industria manifatturiera e dall’esposizione all’amianto quotidiana è notturna che ne derivava.

 

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2018, n.46392

Va confermata la sentenza d’appello nella parte in cui – essendo stata investita dell’impugnazione avente ad oggetto l’esistenza di una legge scientifica riguardante l’effetto acceleratore della progressione della malattia, mesotelioma, e la riduzione della latenza nel caso di esposizioni avvenute dopo l’iniziazione della malattia – abbia adeguatamente motivato, affermando che non è provato un ampio consenso nella comunità scientifica su questa legge scientifica, facendo riferimento alle opinioni espresse o richiamate nel processo e a quelle emerse nella comunità scientifica del settore, potendosi ritenere superata la soglia del ragionevole dubbio solo quando la generalizzazione scientifica che conduce alla condanna dell’imputato sia ampiamente condivisa dalla comunità degli esperti.

 

Cassazione penale sez. IV, 22/02/2018, n.22022

In tema di affermazione del rapporto di causalità tra le violazioni delle norme antinfortunistiche e l’evento-morte dovuto a malattia professionale, il dato scientifico sulle proprietà oncogene di una sostanza non è sufficiente dovendo il giudice di merito vagliare nel caso concreto la pertinenza di tale informazione nel passaggio dalla causalità generale a quella individuale, e dovendo esercitare un controllo critico sull’affidabilità delle basi scientifiche e sul grado di convergenza delle opinioni nella comunità scientifica. (Fattispecie in tema di morte da esposizione ad amianto in cui la S.C. ha precisato che, ai fini dell’affermazione di responsabilità, il giudice è tenuto ad accertare se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su solide e obiettive basi, una legge scientifica in ordine all’effetto acceleratore della protrazione dell’esposizione dopo l’iniziazione del processo carcinogenetico; in caso affermativo, se si sia in presenza di una legge universale o solo probabilistica in senso statistico; nel caso in cui la generalizzazione esplicativa sia solo probabilistica, se l’effetto acceleratore si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali).

 

Cassazione penale sez. IV, 14/11/2017, n.16715

In tema di prova del nesso causale, non può invocarsi la giurisprudenza della Corte di cassazione per attestare l’esistenza di un ampio consenso nella comunità scientifica in ordine alla legge scientifica di copertura relativa al collegamento tra la condotta e l’evento. (Nella fattispecie – relativa alla questione della sussistenza di una legge statistica di copertura in ordine all’effetto acceleratore sul mesotelioma dell’esposizione ad amianto nella fase successiva a quella dell’insorgenza della malattia – la S.C. ha precisato che non si può ricercare nelle pronunce della Corte di legittimità la validazione di una teoria scientifica, in quanto il precedente giurisprudenziale non costituisce il “nomos” del sapere scientifico).

 

Cassazione penale sez. IV, 10/11/2017, n.55005

In tema di prova scientifica del nesso causale, mentre ai fini dell’assoluzione dell’imputato è sufficiente il solo serio dubbio, in seno alla comunità scientifica, sul rapporto di causalità tra la condotta e l’evento, la condanna deve, invece, fondarsi su un sapere scientifico largamente accreditato tra gli studiosi, richiedendosi che la colpevolezza dell’imputato sia provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”. (In applicazione del principio la Corte – richiamando espressamente i limiti del sindacato di legittimità rispetto al sapere scientifico – ha ritenuto immune da censure la sentenza di assoluzione degli amministratori delegati e dei presidenti del consiglio d’amministrazione di una società dal reato di omicidio colposo ai danni di lavoratori esposti ad amianto, che aveva argomentato la mancanza di prova del nesso causale sulla duplice considerazione che gli imputati avevano assunto la carica a distanza di molti anni dalla cosiddetta “iniziazione” della malattia tumorale, e che costituiva ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica la sussistenza di un effetto acceleratore sul mesotelioma dell’esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell’ “iniziazione”).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA