La rottamazione delle cartelle esattoriali estingue il debito tributario ed in sede penale impone la revoca del sequestro preventivo.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 35175.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in sede cautelare reale su un caso di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, si sofferma sulla possibilità di qualificare la rottamazione come modalità di estinzione del debito tributario.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui il venir meno del profitto del reato per estinzione del debito tributario, attestato dall’Ente creditore, è effetto prodotto dalla procedura speciale della “rottamazione delle cartelle”, cui deve seguire la revoca del decreto di sequestro preventivo.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) la rassegna delle più significative e recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di sequestro preventivo e procedure conciliative, oltre agli approfondimenti sul tema del sequestro preventivo nei reati tributari che il lettore può trovare nell’area del sito riferita al sequestro e confisca.

 

Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare reale di merito

Nel caso di specie, all’indagata era stato provvisoriamente contestato con il decreto di sequestro preventivo il delitto di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000.

Il Tribunale per il Riesame di Varese, rigettando l’appello proposto dal PM, confermava l’ordinanza di revoca del sequestro prevenivo del profitto del reato resa dal G.i.p. sulla base della rottamazione delle cartelle attestata da una sentenza della commissione tributaria regionale.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese interponeva ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, il ricorrente deduceva la violazione di legge con riferimento agli artt. 12 bis, 13 D.lgs. 74/2000, in ragione della mancata previsione della rottamazione delle cartelle tra le speciali procedure conciliative di estinzione mediante pagamento del debito tributario.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come il fumus dei reati in accertamento sia venuto meno in quanto la contribuente ha effettuato la rottamazione delle cartelle di cui al debito fiscale, come risulta dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 18/2020. Con la rottamazione per il Tribunale del riesame, unitamente al Giudice per le indagini preliminari, viene meno il profitto del reato e, quindi, l’oggetto del sequestro preventivo.

Il Tribunale del riesame, poi, rileva come dalla documentazione in atti emerge il pagamento dell’intera somma di C 236.756,38 con la rottamazione, con la contestuale rinuncia dell’Agenzia delle Entrate della pretesa fiscale, con gli interessi e le sanzioni. Infatti, l’art. 3, primo comma, del d. I. 119 del 2018 prevede la c.d. rottamazione ter che comporta, mediante il pagamento dell’importo iscritto a ruolo, l’estinzione del debito fiscale, senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. La somma certificata dall’Agenzia delle Entrate, su richiesta del P.M., di C 1.257.268,00 di debito fiscale non è chiaro se si riferisce anche all’importo qui in discussione; si tratta comunque di un accertamento di merito adeguatamente compiuto dal Tribunale del riesame, e già dal Giudice per le indagini preliminari, non sindacabile in sede di legittimità”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 10 quater D.lgs. 74/2000 – Indebita compensazione

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro. 

 

Rassegna delle più recenti massime in materia di sequestro preventivo e procedure conciliative:

Cassazione penale sez. III, 23/10/2019, n.47837

In tema di confisca obbligatoria, anche per equivalente, del profitto del reato tributario, solo l’integrale pagamento del debito può condurre alla non operatività della misura ablativa e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro imposto a tal fine, essendo invece insufficiente la mera ammissione a un piano rateale di pagamento, dall’esito incerto fino all’ultima rata, o il parziale pagamento. Piuttosto, in caso di pagamento solo parziale, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca opera solo relativamente agli importi non ancora corrisposti.

 

Cassazione penale sez. III, 13/06/2019, n.36309

In tema di reati tributari, li sequestro preventivo per equivalente del profitto può essere adottato anche nel caso in cui la commissione tributaria abbia annullato, con sentenza anche non definitiva, la pretesa fiscale (la cartella esattoriale), a meno che non sia conseguito al provvedimento giudiziario il correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’amministrazione finanziaria: lo sgravio è qualcosa di completamente diverso dall’annullamento della cartella da parte di un giudice o dello stesso agente della riscossione, dal momento che esso proviene dall’ente impositore il quale, in tal modo, formalizza la cancellazione della propria pretesa, avendo lo sgravio infatti natura di atto fidefaciente costitutivo dell’effetto dell’estinzione del debito erariale.

 

Cassazione penale sez. III, 26/06/2019, n.40793

In tema di reati tributari, la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 – secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, a seguito di condanna o applicazione della pena per uno dei delitti previsti dal citato d.lgs., «non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro» – va intesa nel senso che il raggiungimento dell’accordo con il Fisco non preclude l’adozione (ed il mantenimento) del sequestro preventivo funzionale alla successiva ablazione del profitto, da determinarsi nella misura concordata su base negoziale fra contribuente ed Agenzia delle entrate, ma nel senso che esso ne sospende la possibilità di esecuzione fino al verificarsi del mancato pagamento del debito; solo l’avvenuto adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del contribuente, secondo i termini ed i modi convenuti, ha effetto impeditivo della confisca.

 

Cassazione penale sez. IV, 11/04/2019, n.31002

È legittimo il sequestro per equivalente sull’intero ammontare dell’imposta evasa, comprese le somme oggetto di procedure conciliative. Difatti, il giudice penale ben può discostarsi dall’ammontare dell’imposta evasa per l’adozione e il mantenimento del provvedimento cautelare in funzione della confisca, anche nei casi di raggiunti accordi conciliativi con l’erario, quali la rateazione del debito e l’accertamento con adesione. Ad affermarlo è la Cassazione che sottolinea come, sulla scorta di elementi di fatto, il giudice può assolutamente discostarsi dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione di accordi conciliativi con le Entrate, poiché diversamente ragionando si sarebbe pervenuti all’Introduzione di una pregiudiziale tributarla non prevista nell’ordinamento giuridico.

 

Cassazione penale sez. III, 20/02/2019, n.28575

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo per equivalente del profitto può essere adottato anche nel caso in cui la commissione tributaria abbia annullato, con sentenza anche non definitiva, la pretesa fiscale (la cartella esattoriale), a meno che non sia conseguito al provvedimento giudiziario il correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’amministrazione finanziaria: solo tale provvedimento, emesso dall’Agenzia dell’entrate, ha infatti natura di atto fidefaciente costitutivo dell’effetto dell’estinzione del debito erariale.

 

Cassazione penale sez. III, 19/10/2017, n.4733

In tema di reati tributari, la confisca può essere adottata anche a fronte dell’impegno assunto dal contribuente di pagamento all’erario, producendo, tuttavia, effetti solo ove si verifichi l’evento futuro e incerto costituito dal mancato pagamento del debito. Precisando ciò, la Cassazione ha accolto il ricorso contro l’applicazione della misura ablatoria su tutta la somma dovuta per dichiarazione infedele, malgrado la totale estinzione del debito fosse arrivata prima della sentenza di patteggiamento.

 

Cassazione penale sez. III, 15/02/2017, n.35781

In tema di reati tributari, la revoca parziale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, nel caso di intervenuta rateizzazione del debito tributario, deve essere richiesta dall’interessato al P.M., previa dimostrazione del “quantum” corrisposto per i ratei di imposta al netto di interessi e sanzioni, mentre non può essere domandata, in difetto di tali indicazioni, al Tribunale del riesame o dell’appello cautelare, essendo tale organo sprovvisto di potere istruttori e, quindi, salvi i casi di immediata soluzione sulla base degli atti, non in condizione di dirimere le questioni contabili derivanti dal pagamento parziale.

 

Cassazione penale sez. III, 14/01/2016, n.5728

In tema di reati tributari, il comma 2 dell’art. 12-bis del d.lg. n. 74 del 2000 (norma introdotta dal d.lg. n.158 del 2015), nel disporre che la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro» e che «nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta», non preclude l’adozione del sequestro preventivo ad essa confisca finalizzato, relativamente agli importi non ancora corrisposti. (In motivazione, la Corte ha osservato che la funzione del vincolo cautelare è quella di garantire che l’adottata misura ablativa, inefficace con riguardo alla parte coperta dall’impegno, esplichi i propri effetti qualora il versamento “promesso” non si verifichi).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA