Bancarotta fraudolenta per distrazione e sequestro preventivo: per l’ablazione del patrimonio dell’indagato il collegamento pertinenziale tra il bene e il reato ipotizzato non deve essere meramente occasionale

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 34924.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in fase cautelare reale in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, si sofferma sul nesso di pertinenzialità del bene sottoposto a sequestro.

In particolare, la Suprema Corte enuncia il principio di diritto secondo cui la nozione di cose pertinenti al reato che possono costituire oggetto di sequestro comprende, oltre alle cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso e quelle che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, anche quelle legate indirettamente al reato, purché non si tratti di collegamento meramente occasionale.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero 34924.2020;

(iii) la rassegna delle più significative e recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oltre agli approfondimenti sui temi del sequestro preventivo e del reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata ai reati fallimentari.

Il reato provvisoriamente contestato e la doppia fase cautelare reale di merito

Nel caso di specie all’indagato, nella qualità di amministratore di fatto della società fallita, era stato contestato in via provvisoria il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva.

Il Tribunale del Riesame di Roma confermava il decreto con il quale il G.I.P. in sede aveva disposto il sequestro preventivo della quota pari alla metà della proprietà di un appartamento, ritenuta profitto del reato fallimentare (in quanto la somma sarebbe stata oggetto di un bonifico privo di giustificazione emesso dalla fallita subito dopo aver ricevuto il denaro da altra società).

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza resa dal Tribunale del Riesame, articolando due motivi di impugnazione.

In particolare il ricorrente deduceva la violazione degli artt. 240 c.p., 321 c.p.p., in ragione dell’assenza di adeguata motivazione sul necessario requisito del collegamento pertinenziale fra il reato ipotizzato e l’immobile sottoposto a parziale sequestro preventivo.

La Suprema Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale capitolino.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Il provvedimento del Riesame, invero, non scioglie il dubbio relativo al requisito della pertinenzialità del bene, dando vita ad una motivazione solo apparente al riguardo. È bene rammentare che l’espressione “cose pertinenti al reato”, cui fa riferimento il primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., se è più ampia di quella di corpo di reato, così come definita dall’art. 253 cod. proc. pen., e comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa, non si estende sino al punto di attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la “res” e l’illecito penale (Sez. 2, n. 28306 del 16/4/2019; Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, dep. 2016; Sez. 5, n. 52251 del 30/10/2014; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014; Sez. 4, n. 1598 del 21/06/1996). […]

Nel caso di specie, quanto al presupposto della pertinenzialità, la motivazione del Tribunale del Riesame si presenta come meramente apparente, essendo limitata a prendere atto della corrispondenza in astratto — peraltro anche imprecisa secondo la difesa del ricorrente – tra il valore della quota pari alla metà della proprietà dell’immobile oggetto di sequestro e la somma di denaro percepita circa un anno e mezzo prima dalla società fallita. Da tale corrispondenza il Riesame fa derivare la conseguenza che l’acquisto dell’immobile suddetto da parte del ricorrente sia stato effettuato proprio con il denaro proveniente da tale elargizione, ipotesi che integrerebbe, pertanto, un collegamento mediato e indiretto tra reato e bene, senza null’altro aggiungere sulla possibilità economica del ricorrente di acquistare il bene a prescindere dalla somma che si assume illecitamente distratta, circostanza che doveva essere provata dalla pubblica accusa e la cui prova non può essere richiesta al titolare del bene oggetto di sequestro come fa il Riesame. […]

Come è stato condivisibilmente sottolineato, l’ampiezza della nozione di cosa pertinente al reato, per come anche declinata dalla giurisprudenza, potendo prestarsi ad interpretazioni eccessivamente estensive, rende necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato (cfr. Sez. 5, n. 26444 del 2014 cit.). D’altra parte, quand’anche volesse ritenersi che il Riesame abbia confuso la pertinenzialità di cui al comma primo dell’art. 321 cod. proc. pen., che è funzionale alla finalità “impeditiva” di evitare il pericolo dell’aggravarsi o del protrarsi delle conseguenze del reato, con il collegamento tra il reato ed il suo profitto, tipico del sequestro finalizzato alla confisca diretta del bene-investimento acquistato con il denaro di provenienza delittuosa (previsto dal secondo comma dell’art. 321 citato per reati quale quello all’esame del Collegio), che prescinde dalla predetta finalità, sarebbe stato necessario dare dimostrazione che l’immobile sia stato acquisito con l’immediato e diretto reimpiego delle somme profitto del reato di bancarotta fraudolenta (cfr. Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007; Sez. 6, n. 11918 del 14/11/2013, dep. 2014; Sez. 6, n. 7896 del 15/12/2017, dep. 2018)”.

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. II, 16/04/2019, n.28306

L’espressione “cose pertinenti al reato”, cui fa riferimento l’art. 321 c.p.p., seppur più ampia di quella di corpo di reato, come definita dall’art. 253 c.p.p., comprendendo non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa, non si estende sino al punto di attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la “res” e l’illecito penale. (Fattispecie in cui si è escluso che potesse costituire cosa pertinente al reato, in quanto non destinato alla custodia dei beni illeciti, un immobile concesso in comodato d’uso agli imputati e destinato a dimora, all’interno del quale era stato solo occasionalmente introdotto un ridotto numero di capi di abbigliamento con marchi contraffatti).

 

Cassazione penale sez. VI, 15/12/2017, n.7896

In tema di confisca disposta ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., il bene immobile costruito con l’immediato reimpiego del provento del delitto di malversazione ai danni dello Stato costituisce il “profitto” del reato e, pertanto, è suscettibile di confisca diretta e non per equivalente. (In motivazione, la Corte ha precisato che, qualora l’immobile sia stato realizzato solo in parte con il reimpiego delle somme provento del reato di cui all’art.316 bis, cod.pen., la confisca deve essere limitata all’importo delle somme illecitamente conseguite).

 

Cassazione penale sez. III, 17/11/2015, n.9149

Ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo delle cose “pertinenti al reato” finalizzato ad evitare la protrazione del reato, non è necessario accertare, a differenza di quanto richiesto per il sequestro ai fini di confisca, l’esistenza di un collegamento strutturale fra il bene da sequestrare e il reato commesso, in quanto la “pertinenza” richiesta dal primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen. comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato il ricorso avverso sequestro preventivo, a fini impeditivi, di vettura abitualmente adoperata per attività di cessione di stupefacente).

 

Cassazione penale sez. V, 30/10/2014, n.52251

Ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo è necessaria la sussistenza della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro deve caratterizzarsi per una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale. (In applicazione del principi di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il Tribunale ha confermato il decreto di sequestro preventivo di somme di denaro dell’indagato senza previamente individuare il nesso di pertinenzialità con il reato di bancarotta fraudolenta contestato all’indagato).

 

Cassazione penale sez. V, 28/05/2014, n.26444

L’espressione “cose pertinenti al reato”, cui fa riferimento l’art. 321 c.p.p., se è più ampia di quella di corpo di reato, così come definita dall’art. 253 c.p.p., e comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa, non si estende sino al punto di attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la “res” e l’illecito penale. (Fattispecie in cui, la Corte, ha escluso che potesse costituire cosa pertinente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale un bene immobile oggetto di un contratto preliminare di acquisto rimasto inadempiuto e, quindi, mai entrato a far parte del patrimonio di società successivamente ammessa a concordato preventivo).

 

Cassazione penale sez. VI, 14/11/2013, n.11918

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall’art. 322 ter c.p., costituiscono “profitto” del reato anche gli impieghi redditizi del denaro di provenienza delittuosa e i beni in cui questo è trasformato, in quanto tali attività di impiego di trasformazione non possono impedire che venga sottoposto ad ablazione ciò che rappresenta l’obiettivo del reato posto in essere.

 

Cassazione penale sez. un., 25/10/2007, n.10280

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall’art. 322-ter c.p., costituisce “profitto” del reato anche il bene immobile acquistato con somme di danaro illecitamente conseguite, quando l’impiego del denaro sia causalmente collegabile al reato e sia soggettivamente attribuibile all’autore di quest’ultimo. (Fattispecie in tema di concussione nella quale il danaro era stato richiesto da un ufficiale di p.g. per l’acquisto di un immobile).

 

Rassegna delle più recenti pronunce in materia di sequestro preventivo e bancarotta fraudolenta:

Cassazione penale sez. V, 16/01/2020, n.13830

In tema di bancarotta fraudolenta, non può essere disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, prevista dall’art. 322-ter c.p., sui beni personali dell’amministratore della società fallita quando il provento dell’attività distrattiva sia andato a vantaggio di terzi estranei. (Fattispecie in cui la contestazione di bancarotta era riferita a versamenti di somme di denaro “sine titulo” a soggetti terzi).

 

Cassazione penale sez. II, 07/11/2019, n.51935

È legittimo il sequestro preventivo degli immobili in relazione al reato di intestazione fittizia di beni ai familiari, anche se non si tratta di provento di reato, in quanto il trasferimento è fatto per eludere le misure di prevenzione, nella specie da parte di un soggetto condannato per reati di bancarotta fraudolenta e riciclaggio.

 

Cassazione penale sez. III, 16/10/2019, n.9380

L’eventuale capienza dei beni di cui è stato disposto il sequestro in via diretta in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, o comunque la loro idoneità a soddisfare il debito tributario, non impedisce di disporre anche il sequestro per equivalente dei beni dell’amministratore della società, stante l’attuale indisponibilità dei beni costituenti il profitto del reato derivante dalla apposizione del vincolo in relazione al reato di bancarotta, e la conseguente impossibilità di procedere in via diretta al sequestro del profitto del reato tributario.

 

Cassazione penale sez. V, 15/03/2019, n.20000

In tema di bancarotta fraudolenta, è legittimo il sequestro preventivo disposto prima della sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto la previsione di cui all’art. 238 l. fall. consente lo svolgimento di attività di indagine in relazione al reato in questione anche prima della sentenza dichiarativa di fallimento, a condizione che ricorrano indizi dello stato di insolvenza o che concorrano gravi motivi e sia stata presentata domanda per ottenere la dichiarazione di fallimento. (Fattispecie relativa a Consorzio partecipato da soggetti pubblici, avente natura di società commerciale).

 

Cassazione penale sez. V, 11/12/2018, n.5868

In tema di bancarotta fraudolenta, è illegittimo il sequestro preventivo totalitario delle quote di una società, indicata come destinataria di beni distratti dalla società fallita, laddove sia disposto a prescindere dall’accertamento del collegamento strumentale tra il reato fallimentare e la cosa sequestrata e per un valore eccedente quello attribuito ai beni distratti.

 

Cassazione penale sez. V, 11/12/2018, n.13189

In materia di reati fallimentari, è legittimo il sequestro di un’intera azienda quando ci siano indizi che dei beni aziendali, proprio per la loro collocazione strumentale, vengano in qualche modo utilizzati per la consumazione del reato di bancarotta fraudolenta, a nulla rilevando che l’azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali. Ad affermarlo è la Cassazione, per la quale, dunque, ai fini dell’adozione del sequestro preventivo occorre un collegamento tra il reato e la cosa da sequestrare e non tra la società e il reato. Pertanto, il sequestro preventivo potrà avere per oggetto i singoli mezzi strumentali della società di comodo.

 

Cassazione penale sez. II, 26/10/2018, n.52626

In tema di confisca disposta ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif. dalla l. 7 agosto 1992, n. 356, la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell’imputato di beni di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica esercitata deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano “ictu oculi” estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la confisca disposta con sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in relazione ad alcuni beni acquistati dall’imputata in epoca di gran lunga anteriore rispetto ai contestati delitti di intestazione fittizia).

 

Cassazione penale sez. V, 07/12/2017, n.11981

La confisca del profitto del reato, quale prevista dall’art. 240, comma 1, c.p., avendo natura esclusivamente recuperatoria o risarcitoria e non anche sanzionatoria, come deve invece ritenersi nel caso della confisca per equivalente, non può avere per oggetto beni di chi, pur essendo stato concorrente nel medesimo reato, non abbia però tratto da esso alcun personale profitto. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso del pubblico ministero che lamentava il mancato accoglimento della richiesta di imposizione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca su beni appartenenti a soggetto sottoposto a indagine, unitamente ad altri, per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, senza che però fosse risultato che da tale reato fosse a lui personalmente derivato alcun profitto).

 

Cassazione penale sez. V, 22/06/2016, n.32824

L’espressione cose pertinenti al reato, cui fa riferimento l’art. 321 c.p.p., è più ampia di quella di corpo di reato, definita dall’art. 253 c.p.p., e comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa, come il risultato della trasformazione del prodotto o del profitto del reato (Fattispecie in tema di sequestro di un immobile ristrutturato con i proventi di una condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che la Cassazione ha qualificato come cosa pertinente al reato).

 

Cassazione penale sez. V, 22/06/2016, n.32824

In materia di sequestro, l’espressione “cose pertinenti al reato” è più ampia di quella di corpo del reato e comprende non solo le cose sulle quali il reato è stato commesso ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa. La Cassazione precisa così che nella categoria dei beni sequestrabili – nella specie relativamente alla bancarotta fraudolenta patrimoniale – non rientrano solo i beni che rappresentano il corpo del reato, ma anche tutti quelli che attengono, anche indirettamente, al delitto.

 

Cassazione penale sez. V, 26/06/2015, n.3563

La società “di comodo” e la titolarità delle sue quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non possono in sè e per sè costituire oggetto di sequestro preventivo atteso ché nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali. Ai fini della adozione del sequestro preventivo occorre, infatti, un collegamento strumentale tra reato fallimentare e cosa sequestrata e non tra il reato e la persona. (Fattispecie in cui la S.C. ha censurato la decisione di rigetto dell’istanza di riesame concernente il sequestro preventivo delle quote di una società di “comodo” senza l’indicazione dei beni appartenenti alla società fallita che vi sarebbero confluiti).

 

Cassazione penale sez. V, 20/04/2015, n.20118

L’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la legittimazione attiva a proporre istanza di riesame da parte di soggetto ndagato del reato di bancarotta fraudolenta avverso il decreto di sequestro preventivo di beni di alcune società, di cui l’istante affermava l’altruità).

 

Cassazione penale sez. II, 25/03/2015, n.15804

È legittimo il sequestro preventivo per equivalente di beni conferiti in trust dal disponente (nella specie indagato per reati di associazione a delinquere, per reati tributari, per bancarotta fraudolenta e riciclaggio), nell’ipotesi in cui emergano diversi elementi fattuali che rendano evidente la volontà meramente frodatoria (sotto il profilo della simulazione) di sottrarre i beni alla pretesa ablatoria dello Stato. Assumono a tal fine rilievo elementi quali la costituzione di un trust che vede come beneficiari gli stretti familiari del disponente, la natura gratuita dell’atto, la natura di atto unilaterale non recettizio, che esime il p.m. anche dal provare l’intento fraudolento (e dunque l’accordo simulatorio fittizio o reale che sia) nei confronti dell’avente causa di un negozio bilaterale, la natura di negozio fiduciario del trust, che lo assimila, mutatis mutandis, all’interposizione reale, le conseguenze pratiche e fattuali (nel caso concreto i beni di proprietà dell’indagato soggetti a confisca sono rimasti sempre in ambito familiare) ed il periodo in cui viene effettuata la modifica rilevante per escludere ogni potere di ingerenza del disponente.

 

Cassazione penale sez. V, 03/03/2015, n.31703

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la distrazione di un ramo di azienda è configurabile solo in caso di cessione avente ad oggetto, unitariamente, oltre che i singoli beni e rapporti giuridici, anche l’avviamento riferibile a tale autonoma organizzazione produttiva. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva annullato il sequestro preventivo di un intero complesso aziendale, che si ipotizzava costituisse l’oggetto di una cessione fittizia, rilevando come nella specie, pur essendovi una distrazione di veicoli, dei dipendenti, di denaro e di locali della società cedente successivamente fallita, non potesse configurarsi, in assenza della cessione dell’avviamento, una distrazione dell’intera azienda).

 

Cassazione penale sez. V, 12/02/2015, n.16008

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato costituito da somme di denaro disponibili su un conto corrente bancario può avere ad oggetto sia la somma fisicamente identificata in quella che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa, sia una somma corrispondente al valore nominale di questa, a condizione che vi siano indizi del deposito del denaro di provenienza illecita in banca, attesa l’esigenza di assicurare una diretta derivazione causale della “res” dall’attività del reo per evitare un’estensione indefinita della nozione di profitto tale da ricomprendere qualsiasi vantaggio patrimoniale indiretto o mediato che possa scaturire da un reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi il provvedimento con cui il Tribunale del riesame aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo di somme di denaro giacenti su un conto corrente bancario considerate profitto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, dopo aver escluso l’esistenza di elementi dai quali inferire che le somme distratte fossero state accreditate su conti correnti bancari).

 

Cassazione penale sez. V, 22/01/2015, n.19078

Il sequestro preventivo di beni appartenenti a terzi, quando ne sia certa la “pertinenza” al reato di bancarotta fraudolenta per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione e della effettiva riconducibilità degli stessi all’indagato, non è impedito dal fatto che il giudice delegato al fallimento, accogliendo la domanda di rivendicazione, ne abbia disposto la restituzione al formale intestatario, attesa la reciproca autonomia fra procedura fallimentare e procedimento penale, sul quale incidono con efficacia di giudicato le sole sentenze civili che abbiano deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA