Nella bancarotta fraudolenta per distrazione nessuna valenza difensiva assume il lasso temporale tra la disposizione depauperativa del patrimonio e la data della sentenza di fallimento.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 36053.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, si sofferma sugli elementi materiale e psicologico del reato fallimentare.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, dopo aver preliminarmente chiarito la natura di reato di pericolo concreto punito a titolo di dolo generico della fattispecie di bancarotta fraudolenta prefallimentare, esprime il principio di diritto secondo cui, ai fini dell’integrazione del reato, è necessario e sufficiente accertare l’idoneità della condotta distrattiva a cagionare un depauperamento del patrimonio sociale (destinato a fungere da garanzia per i creditori) ingiustificato, in quanto estraneo dal fisiologico rischio di impresa, a nulla rilevando il lasso di tempo intercorso tra gli atti di distrazione e la dichiarazione di fallimento.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero in commento;
(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata ai reati fallimentari.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.
Nel caso di specie all’imputato tratto a giudizio per aver ricoperto la qualità di amministratore della società fallita per un certo arco temporale, era stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, per aver sottratto somme di denaro alla relativa destinazione.
La Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Verona, confermava quanto la penale la condanna del prevenuto per il reato fallimentare, riducendo soltanto l’entità delle pene accessorie.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Ebbene, detto motivo di ricorso è manifestamente infondato, giacché, secondo la giurisprudenza assolutamente dominante di questa Corte, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare vede la condotta perfezionarsi quando l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016; Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018; Sez. 5, n. 53184 del 12/10/2017; Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017; Sez. 5, n. 4400 del 06/10/2017, dep. 2018; Sez. 5, Sez. 5, n. 992 del 17/05/2016, dep. 2018), senza che sia richiesta un’eziologia con la dichiarazione di fallimento.
Ciò che rileva, dunque, è l’ingiustificata depressione della garanzia patrimoniale destinata ai creditori e non già la connessione causale delle condotte predatorie rispetto alla dichiarazione di fallimento.
Parallelamente, sotto il profilo soggettivo, l’agente deve solo prefigurarsi la probabile idoneità della sua condotta ad incidere negativamente sulla consistenza della garanzia patrimoniale a disposizione dei creditori, senza prevedere né volere il dissesto e men che meno il fallimento (oltre alle sentenze Passarelli e Santoro, cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014; Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014).
Come osservato anche da Sez. 5, n. 53184, sopra citata, non smentiscono questo assetto interpretativo i precedenti di questa Corte, che qualificano la bancarotta fraudolenta prefallimentare come reato di pericolo concreto (Sez. 5, n. 50081 del 14/09/2017; Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017; Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017).
Per quanto interessa ai fini della decisione del ricorso sub iudice, in particolare, giova rimarcare che le pronunzie suddette focalizzano pur sempre l’attenzione sulla valenza depauperativa dell’attività dell’agente nel momento in cui viene posta in essere la condotta (utilizzando criteri ex ante).
Si tratta, infatti, di pronunzie che – postulando la necessità che il pericolo sia concreto e non astratto – hanno solo individuato un criterio selettivo nel novero delle condotte poste in essere dall’imprenditore, atto a discriminare le operazioni del tutto lecite, ancorché foriere di un pericolo minimo per la garanzia patrimoniale, ed eventualmente anche rientranti nel fisiologico rischio di impresa, da quelle dotate di una valenza depauperativa ingiustificata.
Fatta questa premessa, deve osservarsi che il ricorrente non può agitare a propria discolpa il lasso di tempo intercorso tra gli atti distrattivi a lui imputati e la dichiarazione di fallimento, venendo in rilievo l’obiettiva valenza depauperativa, rispetto alle ragioni creditorie, delle predette condotte, che neanche il ricorrente pare mettere in discussione”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 216 legge fallimentare – Bancarotta fraudolenta
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. V, 15/03/2018, n.21920
Il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D. 16 marzo 1942, n.267, non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato d’insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, anche nel caso in cui l’imputato di un reato fallimentare non sia legittimato ad opporsi alla sentenza dichiarativa del fallimento, poichè, diversamente, si determinerebbe una impropria forma di impugnazione di una sentenza civile in sede penale.
Cassazione penale sez. V, 12/10/2017, n.53184
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, deve attribuirsi alla dichiarazione di fallimento la natura di condizione obiettiva di punibilità di condotte che, tuttavia, per assumere rilievo penale sotto il profilo soggettivo, pur non richiedendosi che siano accompagnate dalla consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa e dalla finalità di arrecare pregiudizio ai ceditori, devono però essere connotate da “indici di fraudolenza” che ne rivelino l’anomalia rispetto ai normali criteri di gestione di un’impresa, quindi, la riconoscibile, concreta pericolosità per la salvaguardia degli interessi dei creditori.
Cassazione penale sez. V, 06/10/2017, n.4400
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, poiché si pone come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente.
Cassazione penale sez. V, 14/09/2017, n.50081
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in quanto l’atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l’apertura della procedura fallimentare.
Cassazione penale sez. V, 23/06/2017, n.38396
La casistica giurisprudenziale consegna non sporadicamente, casi in cui la fattispecie concreta dà conto, in termini di immediata evidenza dimostrativa (e al di fuori di qualsiasi logica presuntiva), della “fraudolenza” del fatto di bancarotta patrimoniale e, dunque, non solo dell’elemento materiale, ma anche del dolo del reato in esame: ciò in ragione dei più vari fattori, quali, ad esempio, il collocarsi del singolo fatto in una sequenza di condotte di spoliazione dell’impresa poi fallita ovvero in una fase di già conclamata decozione della stessa.
I fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa non versava in condizioni di insolvenza, come da ultimo ribadito da Sez. U Passarelli: in questo reato di pericolo concreto è comunque necessario, da un lato, che il fatto di bancarotta abbia determinato un depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la conservazione dell’integrità del patrimonio dell’impresa da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e sulla base dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori alla luce delle specifiche condizioni dell’impresa e, dall’altro, che tale effettivo pericolo non sia stato neutralizzato da una successiva attività “riparatoria” di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento.
Cassazione penale sez. V, 24/03/2017, n.17819
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare.
Cassazione penale sez. V, 08/02/2017, n.13910
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, dalla natura di condizione obiettiva di punibilità della dichiarazione di fallimento deriva che il luogo e il tempo della commissione del reato, ai fini della determinazione della competenza territoriale, dei tempi di prescrizione e del calcolo del termine di efficacia dell’amnistia o dell’indulto, coincidono con quelli della sentenza di fallimento. (In motivazione, la Corte ha precisato, altresì, che la natura di condizione obiettiva di punibilità comporta l’insindacabilità della sentenza di fallimento, anche sotto il profilo delle eventuali modifiche migliorative della disciplina del fallimento ai sensi dell’art. 2 cod. pen.).
Cassazione penale sez. un., 31/03/2016, n.22474
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza).
Cassazione penale sez. V, 17/07/2014, n.47616
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, ma è sufficiente aver cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.
Cassazione penale sez. V, 07/03/2014, n.32352
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento.
Cassazione penale sez. V, 13/02/2014, n.11095
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il dissesto dell’impresa, in quanto, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, detti fatti assumono rilevanza penale in qualsiasi tempo siano stati commessi e, quindi, anche quando l’insolvenza non si era ancora manifestata.
La rassegna delle massime più recenti in materia di bancarotta fraudolenta per distrazione:
Cassazione penale sez. fer., 13/08/2020, n.27132
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che si appropri di somme della società a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore di quest’ultima, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore. (Fattispecie in cui l’amministratore aveva prelevato somme ingenti e sproporzionate rispetto allo stato patrimoniale della società, pur avendo piena consapevolezza dello stato di dissesto della società).
Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra società alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operava la società al momento della scissione, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dagli artt. 2506 e ss. c.c. di per sé idonee ad escludere ogni danno o pericolo per le ragioni creditorie. (Fattispecie in cui la società dichiarata fallita, in stato di pregressa insolvenza, in attuazione di un programma di riqualificazione industriale, realizzava plurime operazioni straordinarie depauperatorie, quali la cessione di ramo d’azienda in favore di impresa nella titolarità dello stesso amministratore della cedente e la parziale scissione con costituzione di nuove società, anch’esse fallite, beneficiarie di parte del patrimonio sociale e di un ramo d’azienda della fallita).
Cassazione penale sez. V, 05/03/2020, n.12949
Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili riferibili alla società fallita, con la conseguenza che non possono costituire oggetto di distrazione le quote sociali appartenenti ai singoli soci, a prescindere dalla fittizietà o meno della loro cessione.
Cassazione penale sez. V, 03/03/2020, n.12748
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta di cessione, con contratto di “sale and lease back”, di un immobile mediante imputazione di parte del prezzo ai canoni dovuti all’acquirente da una società terza concessionaria, riconducibile alla medesima titolarità dell’alienante, con compensazione del credito di questa, privo di titolo giustificativo, nei confronti della cedente, poi fallita, in quanto operazione avente valenza distrattiva o dissipativa del patrimonio, per la sostanziale rinuncia a parte del corrispettivo della cessione con effetto di liberalità in favore della società ad essa collegata.
Cassazione penale sez. V, 02/03/2020, n.16993
In tema di citazione a giudizio, non vi è incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all’imputato di difendersi. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la genericità o l’indeterminatezza di una imputazione di bancarotta in cui si contestava all’imputato la distrazione di somme di denaro, iscritte in contabilità ed espunte mediante giroconti, mentre l’istruttoria, a cui l’imputato aveva partecipato, aveva chiarito che le somme medesime erano state utilizzate per soddisfare, senza causa lecita, crediti di una società diversa).
Cassazione penale sez. V, 25/02/2020, n.12946
Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapporto contrattuale, rientrando tali diritti nel patrimonio dell’imprenditore fallito. (Fattispecie relativa all’occultamento alla curatela di un contratto preliminare stipulato da una ditta di costruzioni, poi fallita, relativo all’acquisto di alcuni immobili facenti parte di un complesso in costruzione risolutivamente condizionato alla conclusione dei lavori entro un certo termine).
Cassazione penale sez. V, 13/02/2020, n.15403
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di “leasing”, anche se risolto dopo la dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa fallimentare.
Cassazione penale sez. V, 12/02/2020, n.14010
Configura il delitto di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta del socio amministratore di una società di persone che prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti dal medesimo vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, atteso che il rapporto di immedesimazione organica che si instaura tra amministratore e società, segnatamente di persone (oltre che di capitali), non è assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino di per sé il credito per il lavoro prestato, dovendo invece l’eventuale sussistenza, autonoma e parallela, di un tale rapporto essere verificata in concreto attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica.
Cassazione penale sez. V, 07/02/2020, n.17614
In tema di reati fallimentari, la disposizione di cui all’art. 46, comma 1, n. 2 l. fall., che individua i beni non compresi nel fallimento suscettibili di trattenimento da parte del fallito, presuppone che sia già intervenuta la dichiarazione di fallimento e che l’agente rivesta la qualità di imprenditore individuale, non trovando applicazione nelle ipotesi di bancarotta distrattiva prefallimentare e nei confronti dell’amministratore o socio di una società di capitali.
Cassazione penale sez. V, 04/02/2020, n.8445
In tema di bancarotta patrimoniale per distrazione, non è configurabile l’attenuante della riparazione del danno, di cui all’art. 62, comma 1, n. 6, c.p., qualora la restituzione di beni oggetto della condotta distrattiva sia avvenuto a seguito del prospettato esercizio dell’azione revocatoria da parte del curatore fallimentare e non per iniziativa dell’imputato.
Cassazione penale sez. V, 03/02/2020, n.25108
In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.
Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.11928
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, il recupero o la possibilità di recupero è ininfluente sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato, in quanto la fattispecie si perfeziona al momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore anche se il reato viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento. (Fattispecie in cui la Corte in presenza di una contestazione di una distrazione effettuata attraverso il conferimento senza corrispettivo di un compendio immobiliare attraverso una fusione per incorporazione non perfezionatasi in quanto irregolare, ha ritenuto il reato consumato alla data di dichiarazione del fallimento della società conferente, senza riconoscere alcun rilievo alla circostanza che solo in momento successivo, con il fallimento anche della società incorporante, fosse definitivamente venuta meno la possibilità di recuperare il compendio immobiliare).
Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.17228
In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione).
Cassazione penale sez. V, 16/01/2020, n.19066
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Ergo i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi, anche laddove la condotta sia stata realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza: a nulla rileva, conseguentemente, il mero calcolo aritmetico che ponga in raffronto gli esiti di una gestione successiva e la consistenza del passivo.
Cassazione penale sez. V, 18/12/2019, n.9398
In tema di reati fallimentari, la fusione per unione di più società, una delle quali colpita dal fallimento, può integrare una condotta distrattiva, in quanto i rapporti giuridici facenti capo alle società coinvolte non si estinguono, ma si trasferiscono alla società derivante dalla fusione, sempre che sia dimostrata, alla stregua di una valutazione “ex ante” e in concreto, la pericolosità dell’operazione per la società poi fallita. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del tribunale del riesame che, confermando la misura cautelare personale emessa nei confronti dell’amministratore, aveva omesso di considerare a quale specifico profilo di rischio si fossero trovati esposti i creditori della società fallita per effetto della fusione con altra società in bonis).
Cassazione penale sez. V, 28/11/2019, n.12456
Costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma 1, n. 1, l. fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai riscosso che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali.
Cassazione penale sez. V, 26/11/2019, n.52057
In tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento.
Cassazione penale sez. V, 14/11/2019, n.1203
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione (sia postfallimentare, sia prefallimentare), quale reato presupposto, e il delitto di autoriciclaggio, quando, attraverso una valutazione operata in concreto, non emerga il mero impiego in attività imprenditoriali dei medesimi beni e somme oggetto di distrazione fallimentare, ma sia accertata l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene (nella specie, è stato riconosciuto il fumus di entrambi i reati in capo all’amministratore unico di una società, nella quale erano confluiti parte dei beni distratti dalla società fallita, con prosecuzione della medesima attività e subentro nel contratto di affitto prima della cessazione dell’attività della fallita.
Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.51242
Le spese eccessive personali o per la famiglia compiute da un amministratore di una società di capitali possono integrare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e non quello di bancarotta semplice, in quanto la fattispecie di cui all’art. 217, comma 1, n. 1, l. fall. è da ritenersi applicabile al solo imprenditore individuale.
Cassazione penale sez. V, 18/10/2019, n.45372
I beni illecitamente sopravvenuti, qualora siano fungibili, entrano a fare parte del patrimonio del fallito ed essendo perciò destinati alla soddisfazione dei creditori sono, comunque, oggetto di bancarotta se dal fallito dolosamente distratti, occultati o dissimulati, distrutti o dissipati.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA