La difficile prova liberatoria che incombe sul datore di lavoro nel reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 36435.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti, si sofferma sul tema dell’elemento psicologico del reato e sugli oneri difensivi che deve essere assolti per poter escludere il dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha ritenuto di dare continuità al consolidato orientamento secondo cui per escludere responsabilità penale dell’imputato la difesa deve riuscire a dimostrare l’assoluta impossibilità di adempiere al debito contributivo da parte del datore di lavoro chiamato ad adottare tutte le misure necessarie a far fronte alle obbligazioni verso l’istituto previdenziale anche sé sfavorevoli all’impresa ed al suo patrimonio.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero 36435.2020;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali, oltre agli approfondimenti sul diritto penale del lavoro che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata al diritto penale del lavoro.

 

Il reato contestato, il doppio giudizio di merito e il giudizio di rinvio

Nel caso di specie all’imputato era stato contestato il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali ex art. 2, commi 1 e 1-bis, L.638/1983.

La Corte di appello di Bologna confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Piacenza aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

La Corte di Cassazione, adita dal giudicabile con un primo ricorso di legittimità, annullava la sentenza impugnata per carenza di motivazione sul tema del dolo con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale, demandandole un nuovo giudizio volto a valutare le prove documentali offerte dalla difesa al fine di accertare la sussistenza o meno dell’elemento soggettivo del reato, alla luce dei principi giurisprudenziali in materia.

La Corte distrettuale, in fase rescissoria all’esito del giudizio di rinvio confermava la sentenza di primo grado.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dal Giudice del rinvio, deducendo nuovamente vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell’elemento psicologico del reato e all’applicazione del principio di diritto sancito nel giudizio rescindente.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo adeguata la motivazione sul punto fornita dalla Corte distrettuale a seguito del rinvio.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Dato che l’elemento psicologico del reato contestato consiste in un dolo generico, esso (per il Giudice di legittimità rescindente) è ravvisabile anche nella consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti (tra le molte, Sez. 3, n. 3705 del 19/12/2013; Sez. 3, n. 13100 del 19/1/2011); proprio a questo riguardo, infatti, si è sovente sostenuto che il reato sussiste anche quando il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (tra le molte, Sez. 3, n. 43811 del 10/4/2017; Sez. 3, n. 38269 del 25/9/2007).

Inoltre, costituisce costante indirizzo di legittimità anche quello per cui, nel reato in esame, l’imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto (Sez. 3, n. 20266 dell’8/4/2014); occorre, cioè, la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Sez. 3, n. 8352 del 24/6/2014; Sez. 3, n. 20266 dell’8/4/2014; Sez. 3, n. 5467 del 5/12/2013)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 2 d.l. 463/1983:

  1. Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20,21 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.

1-bis. L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, e’ punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non e’ superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non e’ punibile, ne’ assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

[…]

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. III, 10/04/2017, n.43811

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.

 

Cassazione penale sez. III, 24/06/2014, n.8352

In tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Fattispecie, nella quale la Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità).

 

Cassazione penale sez. III, 08/04/2014, n.20266

Il reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui al d.lg. n. 74 del 2000, art. 10 bis, che si consuma con il mancato versamento per un ammontare superiore ad euro 50.000 delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale, non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita con il d.lg. n. 471 del 1997, art. 13 comma 1, che punisce con la sanzione amministrativa l’omesso versamento periodico delle ritenute alla data delle singole scadenze mensili, con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni.

 

Cassazione penale sez. III, 19/12/2013, n.3705

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2 d.l. n. 463 del 1983, conv. in l. n. 638 del 1983) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata, che aveva escluso il dolo per le difficoltà economiche della società amministrata dall’imputato, desunte dai decreti ingiuntivi e dai protesti ai quali aveva fatto seguito la dichiarazione di fallimento).

 

Cassazione penale sez. III, 05/12/2013, n.5467

L’elemento soggettivo del reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis d.lg. 10 marzo 2000 n. 74) è integrato dal dolo generico, richiedendosi la coscienza e volontà di non versare all’erario le ritenute effettuate (coscienza e volontà che deve investire anche la soglia dei cinquantamila euro che fonda la rilevanza penale), essendo irrilevante dunque il fine perseguito dall’agente e non richiedendosi, a differenza di altre fattispecie di reato fiscale, che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte rilevante (sezioni Unite, 28 marzo 2013, F.).

 

Cassazione penale sez. III, 19/01/2011, n.13100

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, conv., con modificazioni in l. 11 novembre 1983 n. 638) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti.

 

Cassazione penale sez. III, 25/09/2007, n.38269

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali (art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. con modifiche in l. 11 novembre 1983, n. 638), è configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime.

 

La rassegna delle più recenti massime in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali:

Cassazione penale sez. III, 24/09/2020, n.29825

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’indicazione di tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui al d.l. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis, conv. dalla l. n. 638 del 1983, decorre dal momento in cui si sia verificata aliunde la conoscenza da parte dell’imputato del suddetto avviso di accertamento.

 

Cassazione penale sez. III, 24/09/2020, n.28674

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la presentazione da parte del datore di lavoro degli appositi modelli DM10 – attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l’ammontare degli obblighi contributivi – è valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, come prova dell’effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori; e l’onere incombente sul pubblico ministero di dimostrare l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti è assolto con la produzione del modello DM10, con la conseguenza che grava sull’imputato il compito di provare, in difformità dalla situazione rappresentata nelle denunce retributive inoltrate, l’assenza del materiale esborso delle somme.

 

Cassazione penale sez. fer., 11/08/2020, n.23939

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato, ai sensi dell’art. 51 c.p., dalla scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice.

 

Cassazione penale sez. III, 23/06/2020, n.23185

In caso di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, è “irrilevante il numero di lavoratori ai quali si riferisce la condotta omissiva, penalmente sanzionata, la quale si perfeziona nella entità della somma annualmente non versata, indipendentemente dal numero dei lavoratori cui l’omissione è riferita”.

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2020, n.20090

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicchè non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti o abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti. Ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 -bis c.p. occorre tener conto dell’importo complessivo dei contributi non versati e della entità del superamento della soglia di punibilità.

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2020, n.20089

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (d.l. n. 463 del 1983, art. 2 conv. in l. n. 638 del 1983) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti o abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti.

 

Cassazione penale sez. III, 05/03/2020, n.17182

Premesso che la comunicazione dell’accertamento della violazione può effettuata anche mediante lettera raccomandata, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, l’importo complessivo superiore ad euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità, deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi.

 

Cassazione penale sez. III, 05/03/2020, n.17184

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrato dal dolo generico, configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è onere di questi ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni in modo di adempiere all’obbligo di versamento, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni, sicché, se, in presenza di una situazione di difficoltà, decida di non versare le ritenute operate preferendo il pagamento degli emolumenti, non può a sua discolpa invocare l’assenza dell’elemento soggettivo del reato, dolo generico, che rimane escluso sono nei casi di impossibilità assoluta dell’adempimento non imputabile al soggetto tenuto al versamento.

 

Cassazione penale sez. III, 03/03/2020, n.17175

In tema di reato di omesso versamento di ritenute previdenziali, ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. occorre tener conto dell’importo complessivo dei contributi non versati e della entità del superamento della soglia di punibilità.

 

Cassazione penale sez. III, 12/12/2019, n.4413

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463 del 1983, conv., con modificazioni, in l. n. 638 del 1983, nella ipotesi di società di persone nella quale l’amministrazione sia riservata indistintamente a tutti i soci, la mancata notifica della diffida ad adempiere ad alcuni di essi non impedisce l’esercizio dell’azione penale nel confronti degli altri, a cui invece sia stata notificata.

 

Cassazione penale sez. III, 15/10/2019, n.51214

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. in l. 11 novembre 1983, n. 638, la prova dell’effettiva corresponsione della retribuzione ai lavoratori agricoli può essere desunta dall’invio telematico del modello DMAG da parte dell’imprenditore all’istituto previdenziale.

 

Cassazione penale sez. III, 12/07/2019, n.42113

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, qualora l’agente dismetta la carica societaria da cui trae origine la qualifica di datore di lavoro, risponde del delitto previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, modificato dall’art. 3, comma 6, d.lg. 15 gennaio 2016, n. 8, a condizione che l’importo complessivo delle ritenute non versate nell’anno, fino al momento di tale dismissione, superi la soglia di punibilità di 10.000,00 euro, prevista dallo stesso art. 2, comma 1-bis, del citato d.l.

 

Cassazione penale sez. III, 18/06/2019, n.41056

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, la notifica dell’avvenuto accertamento della violazione di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla l. 11 novembre 1983, n. 638 – che rileva ai fini dell’eventuale applicazione della causa di non punibilità del reato a seguito della corresponsione dell’importo dovuto nel termine di tre mesi dal momento in cui l’indagato o l’imputato risulti posto compiutamente a conoscenza del periodo di omesso versamento, dell’importo dovuto e del luogo ove effettuare il pagamento nonché della stessa possibilità di fruire della causa di non punibilità – non presuppone la necessaria iscrizione a ruolo dei relativi crediti ai sensi degli artt. 24 e 25 d.lg. 26 febbraio 1999, n. 46, che attiene al procedimento di riscossione coattiva degli importi dovuti e non assume rilevanza a fini penali.

 

Cassazione penale sez. III, 06/06/2019, n.31327

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, il legale rappresentante della società tenuta agli obblighi contributivi può beneficiare della causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma 1-bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638, anche nel caso in cui, medio tempore, la società sia stata ammessa al concordato preventivo, eventualmente attivando la procedura di autorizzazione per il compimento di atti di amministrazione straordinaria urgenti, prevista dagli artt. 161, comma 7, e 167 legge fall. al fine di estinguere le passività.

 

Cassazione penale sez. III, 16/05/2019, n.36421

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato, ai sensi dell’art. 51 c.p., dalla scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice.

 

Cassazione penale sez. III, 13/03/2019, n.36278

In tema di omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti, l’imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto. È necessaria la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

 

Cassazione penale sez. III, 15/02/2019, n.29400

La definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art. 101 c.p. e rilevante per l’applicazione della recidiva ex art. 99 c.p., comma 2, n. 1, prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati, e conseguentemente deve ritenersi corretta la decisione che con accertamento in fatto ha ritenuto della stessa indole i reati di omesso versamento IVA e delle ritenute certificate con il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali.

 

Cassazione penale sez. III, 12/02/2019, n.24642

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro, i modelli DM10 formati secondo il sistema informatico UNIEMENS, possono essere valutati come piena prova della effettiva corresponsione delle retribuzioni, trattandosi di dichiarazioni che, seppure generate dal sistema informatico dell’INPS, sono formate esclusivamente sulla base dei dati risultanti dalle denunce individuali e della denuncia aziendale fornite dallo stesso contribuente.

 

Cassazione penale sez. III, 11/01/2019, n.17695

Il rispetto del termine per il pagamento degli importi evasi per omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali dei lavoratori, poiché costituisce causa di non punibilità di un reato già commesso, non può risentire delle incertezze, dei dubbi, dei ritardi o – peggio ancora – dei rifiuti ingiustificati di INPS o di Equitalia sull’effettivo pagamento della somma dovuta.

 

Cassazione penale sez. III, 27/11/2018, n.346

In tema di omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali ed assistenziali, configurandosi il reato di cui all’art. 2, comma 1-bis del d.l. n. 463 del 1983 con il superamento della soglia di euro 10.000 annui indipendentemente dal numero delle mensilità inevase – ben potendo l’illecito penalmente rilevante essere integrato dall’omesso versamento anche di una sola mensilità se di valore superiore a tale importo -, non vi è dubbio tuttavia che allorquando più mensilità concorrano a determinare lo sbarramento prefissato dal legislatore ci si trovi di fronte ad una pluralità di omissioni che possono integrare il “comportamento abituale” ostativo al riconoscimento del beneficio di cui all’art. 131 bis c.p.

 

Cassazione penale sez. III, 08/11/2018, n.1511

Risponde per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali chi era legale rappresentante della società quando è sorto il debito, anche se nel frattempo costui ha perso la carica. Ad affermarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso di un ex amministratore di una Spa condannato per non aver versato le ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori per un importo superiore alla soglia di rilevanza penale. La difesa sosteneva che il dirigente era ormai estraneo alla compagine sociale avendo cessato l’incarico. Per la Corte, invece, la responsabilità penale sussiste anche se “medio tempore” lo stesso ha perso la rappresentanza o la titolarità dell’impresa.

 

Cassazione penale sez. III, 17/07/2018, n.52974

L’omesso versamento di ritenute previdenziali che sfori di 12mila euro la soglia di rilevanza penale, che nel 2015 è passata da 50mila a 150mila euro, non consente l’applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto. A precisarlo è la Cassazione che restringe così il campo di applicazione dell’istituto previsto dall’articolo 131 bis del codice penale per i reati tributari. Per la Corte la tenuità del fatto nel reato di omesso versamento è applicabile solo se l’ammontare dell’imposta non corrisposta è di pochissimo superiore al limite fissato dalla soglia di punibilità, posto che l’eventuale tenuità dell’offesa non deve essere valutata con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla soglia dì punibilità prevista dal legislatore, bensì in rapporto alla condotta nella sua interezza. Lo scostamento dell’8 per cento rispetto alla soglia massima non può essere considerato particolarmente tenue.

 

Cassazione penale sez. III, 30/05/2018, n.39396

L’imprenditore che non versa le ritenute previdenziali e assistenziali all’Inps non può invocare, a giustificazione della sua condotta, i vincoli posti dall’accordo di ristrutturazione del debito. Ad affermarlo è la Cassazione che respinge la tesi difensiva dell’imputato che puntava sulla presunta “forza scriminante” dell’accordo previsto dall’articolo 67, comma 3, lettera d), della Legge fallimentare. Per la Corte il piano di risanamento è uno strumento riservato all’imprenditore per risanare l’impresa e riportala in equilibrio economico e finanziario, attraverso la realizzazione di una serie di operazioni strategiche, garantendo la continuità aziendale, senza che vi sia alcun controllo da parte del tribunale. La ratio è quella di salvaguardare gli atti esecutivi all’interno di un attendibile piano di risanamento, ma da ciò non si può dedurre che l’omissione contributiva sia scriminata dall’adempimento del piano.

 

Cassazione penale sez. III, 16/05/2018, n.44529

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’indicazione dl tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui all’art. 2 comma 1 bis, d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983, decorre dal momento in cui si sia verificata la conoscenza da parte dell’imputato di tutti gli elementi essenziali del suddetto avviso di accertamento.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA