Ai fini della confisca per equivalente sul patrimonio del condannato la natura giuridica di società di persone estranee al reato non vale di per sé a dimostrare la loro natura di schermo fittizio utilizzato dal reo per celare le sue risorse economiche.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 36932.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omessa dichiarazione, si sofferma sul tema della possibilità di disporre la confisca sul patrimonio della persona giuridica ritenuta schermo societario fittizio dell’imputato condannato per reati tributari commessi nella qualità di legale rappresentante pro-tempore di altra società.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, richiama i principi già espressi dal Supremo Consesso nella sua composizione più autorevole secondo cui la confisca per equivalente può essere disposta sui beni dell’ente che sia privo di autonomia e che rappresenti un mero schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni.

Tuttavia, precisa la Cassazione, che ai fini dell’apposizione del vincolo ablatorio definitivo, occorre individuare elementi concreti dai quali desumere che la società rappresenti un mero schermo fittizio, non essendo sufficienti indicatori formali quali la natura giuridica della società in accomandita semplice come società di persone.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva della sentenza numero 36932.2020;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di confisca nei reati tributari, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie dalla lettura della sentenza in commento si ricava che l’organo di esecuzione aveva disposto la confisca della liquidità rinvenuta sui conti correnti di due società in accomandita semplice riconducibili all’imputato tratto a giudizio e condannato per il delitto di omessa dichiarazione (previsto e punito dall’art. 5 D.lgs. 74/2000) nella qualità di legale rappresentante di altra società.

Il Tribunale di Rovereto rigettava l’opposizione proposta dall’imputato avverso il provvedimento con il quale il Giudice dell’esecuzione in sede aveva denegato la richiesta di restituzione delle somme di denaro già versate su conti correnti intestati alle società di persone e confiscate per equivalente in forza della sentenza definitiva.

Il Tribunale di Rovereto, invero, decidendo sull’interposta opposizione, aveva ritenuto di poter validare la tesi della natura di schermo fittizio delle società perché prive di autonomia, di tal ché la liquidità sequestrata doveva ritenersi aggredibile perché nella piena e diretta disponibilità del condannato.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, violazione di legge per carenza di motivazione in ordine agli artt. 125 co.1, 322-ter c.p.p., 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000.

La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alla confisca delle somme di denaro rinvenute sui conti correnti delle società, con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Rovereto.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Questa Corte, anche nel suo più alto consesso, ha affermato che in tema di reati tributari, la confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e 322-ter cod. pen., può essere disposta sui beni dell’ente nel caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti soltanto uno schermo attraverso il quale il reo – cui detto ente è riconducibile – agisca come effettivo titolare dei beni, disponendone secondo la propria esclusiva volontà, per proprie esigenze o a favore di soggetti estranei all’attività della società, ovvero, ancora, per operazioni del tutto aliene all’oggetto sociale dell’ente stesso (tra le molte, Sez. U, n. 10561 del 30/1/2014, Gubert; Sez. 1, n. 50823 del 27/6/2017).

Tanto premesso, il Tribunale ha sostenuto che la [omissis] e la [omissis]- terze estranee al reato di cui all’art. 5 citato, commesso dal [omissis] quale legale rappresentante di un altro e differente ente – costituissero un mero strumento nella piena disponibilità del ricorrente, dunque uno “schermo fittizio”, e ciò già in forza di meri dati formali […] Ebbene, ritiene la Corte che questa motivazione sia viziata, fondandosi esclusivamente su dati formali e, in particolare, sulla natura giuridica delle due società, sugli effetti che ne conseguono in termini di rapporti con i creditori personali e sulla ripartizione delle partecipazioni tra i due soci, accomandante ed accomandatario.

Questa conclusione, in particolare, si fonda sul presupposto che la natura giuridica delle società titolari dei conti, al pari della loro compagine o dei formali “rapporti di forza” tra accomandante ed accomandatario, non può costituire – ex se, ed in assenza di indicatori concreti – sintomo certo che le stesse rappresentino “mero schermo formale e che, quindi, tutte le attività delle società siano nella disponibilità piena e diretta di [omissis]”, come si legge nel provvedimento impugnato. Diversamente, infatti, si perverrebbe al paradosso che una forma societaria del tutto lecita, anche nella sua composizione, e che dà luogo ad un soggetto giuridico pienamente autonomo, dovrebbe esser al contempo considerata – e già solo in astratto – come uno strumento illecito, privo di una reale autonomia e costituito soltanto per essere utilizzato in un meccanismo fraudolento (tra le altre, Sez. 3, n. 42147 del 15/7/2019). In sintesi, come un involucro meramente formale, privo di reale consistenza e struttura, dietro il quale un soggetto – ideatore del medesimo meccanismo – ben potrebbe celarsi, disponendo appieno di beni (solo formalmente) appartenenti all’ente stesso. Quel che, per certo, può esser concretamente riscontrato in numerose vicende, ma soltanto in presenza di specifici elementi – che il provvedimento non indica affatto – che manifestino questo reale carattere patologico, e che non possono consistere nella sola struttura formale della società, alla quale è l’ordinamento stesso a conferire, con dato fisiologico, carattere di soggetto autonomo pienamente lecito”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 5 D.lgs. 74/2000 – Omessa dichiarazione

E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila. 

E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.

Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. III, 15/07/2019, n.42147

In tema di reati tributari, la prova della posizione di amministratore di fatto di una società “schermo”, priva di una reale autonomia e costituita per essere utilizzata in un meccanismo fraudolento, si desume dall’assunzione di una significativa e continua attività gestoria e del ruolo di “dominus” ed ideatore del suddetto sistema fraudolento, non essendo ipotizzabile l’accertamento di elementi sintomatici di un inserimento organico (come quelli attinenti ai rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale) all’interno di un ente esistente solo da un punto di vista giuridico.

 

Cassazione penale sez. I, 27/06/2017, n.50823

In tema di reati tributari, la confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e 322-ter c.p. può essere disposta sui beni dell’ente, nel caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo – cui detto ente è riconducibile – agisca come effettivo titolare dei beni. (In applicazione del principio, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che, in funzione di giudici dell’esecuzione, avevano rigettato la richiesta di restituzione di beni confiscati, formulata da una società che, formalmente estranea agli illeciti, risultava partecipata al 90% da altra società oggetto di espressa confisca, ritenendola titolare solo formale dei beni).

 

Cassazione penale sez. un., 30/01/2014, n.10561

In tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 e art. 322-ter c.p. non può essere disposto sui beni dell’ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni. È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica.

 

La rassegna delle più recenti massime in materia di confisca nell’ambito dei reati tributari:

Cassazione penale sez. III, 01/10/2020, n.34956

Il principio di diritto secondo cui in tema di reati tributari commessi da legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo dei beni dell’ente non può essere disposto, ad eccezione del caso in cui in questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni, può applicarsi al caso in cui la confisca per equivalente è riferita al profitto di un reato che l’amministratore e sostanziale titolare della società -schermo abbia commesso in altra veste, vale a dire quale amministratore di altra società, ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti.

 

Cassazione penale sez. III, 29/09/2020, n.31516

Il denaro versato successivamente alla data di consumazione del reato non può essere ritenuto “profitto” del reato, ma rappresenta un’unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, eventualmente aggredibile con un provvedimento ablativo se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente (fattispecie di mancato versamento delle ritenute d’imposta).

 

Cassazione penale sez. III, 09/09/2020, n.29830

Con riferimento al sequestro nei reati tributari, laddove il profitto del reato sia costituito da denaro non più fisicamente identificabile, è sempre legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, senza che sia necessaria la dimostrazione del nesso di derivazione dal reato, delle somme di denaro di valore corrispondente che siano attribuibili all’indagato, cioè che siano presenti sui conti o sui depositi nella disponibilità diretta o indiretta dell’indagato, ivi compreso il deposito in cassetta di sicurezza, al momento della commissione del reato ovvero al momento del suo accertamento. La medesima forma di sequestro è legittima anche sulle somme di valore corrispondente accreditate su quei conti o su quei depositi in epoca posteriore al momento della commissione o dell’accertamento del reato, purché si tratti di numerarlo che risulti dimostrato essere in qualche modo collegabile al reato, perciò allo stesso legato da un rapporto di derivazione anche indiretta.

 

Cassazione penale sez. III, 23/07/2020, n.25448

In tema di reati tributari, è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di una quota dell’immobile di piena proprietà dell’indagato, ben potendo il vincolo essere apposto su di un bene solo fino alla concorrenza del profitto del reato da sequestrare. (In motivazione, la Corte ha precisato che, in caso di confisca della sola quota in conseguenza della necessità di rapportare l’importo oggetto di sequestro al valore del profitto conseguito, si realizza una comunione ordinaria sul bene immobile tra lo Stato – e, per esso, l’Agenzia del demanio – e l’indagato, assoggettata alla disciplina generale sulla comunione ordinaria di cui agli artt. 1100-1116 cod. civ.).

 

Cassazione penale sez. III, 15/07/2020, n.24614

In tema di reati tributari, la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, introdotta dal d.lgs. n. 158/2015, deve intendersi nel senso che la confisca può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento del debito tributario assunto con l’erario, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento dello stesso.

 

Cassazione penale sez. III, 26/02/2020, n.14766

In tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona fisica è ammissibile anche nel caso di intervenuto fallimento della persona giuridica, che determina il passaggio dei beni nella disponibilità della curatela, con conseguente impossibilità di ablazione attraverso il sequestro in via diretta nei confronti di detta persona giuridica.

 

Cassazione penale sez. III, 14/02/2020, n.18575

La l. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4, dispone che, “nelle categorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, t.u.i.r., approvato con d.P.R. n. 917 del 1986, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale”. Fermo restando, dunque, che potrà ritenersi integrato il reato di dichiarazione infedele di cui al d.lg. n. 74 del 2000, art. 4 qualora l’evasione di imposta riguardi redditi di derivazione illecita, la seconda parte del citato articolo individua una condizione negativa di imponibilità nell’ipotesi di spossessamento dei proventi illeciti che avvenga per effetto di sequestro o confisca. L’operatività di tale meccanismo, secondo l’interpretazione data alla norma dalla costante giurisprudenza di legittimità, è tuttavia subordinata alla circostanza che il provvedimento ablatorio sia intervenuto nello stesso periodo di imposta cui il provento si riferisce. Il sequestro e la confisca dei proventi, in altri termini, sono opponibili al fisco purché intervengano nel medesimo periodo in cui si è verificato il presupposto imponibile.

 

Cassazione penale sez. III, 12/02/2020, n.11281

In materia di reati tributari, la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 deve essere sempre disposta sia nel caso di condanna che di sentenza di applicazione concordata della pena.

 

Cassazione penale sez. III, 08/01/2020, n.15776

Nei reati tributari il sequestro preventivo e la successiva confisca prevalgono sul fallimento della società anche se intervenuto prima della misura cautelare. Tuttavia, i beni appartenenti alle persone estranee al reato e quelli acquisiti in buona fede non possono essere sottoposti a nessun vincolo. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione accogliendo parzialmente il ricorso del curatore fallimentare della società che chiedeva la revoca del sequestro preventivo perché avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento. Per i giudici di legittimità il sequestro penale prevale sui diritti di credito vantati dai terzi, stante l’obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro. Le finalità del fallimento, pertanto, non assorbono la funzione prioritaria assolta dal sequestro, tuttavia devono essere comunque garantiti i diritti dei terzi. Di conseguenza, il giudice penale, nel disporre il sequestro, deve valutare se eventuali diritti vantati da terzi siano o meno stati acquisiti in buona fede. In caso positivo il bene, la cui titolarità sia vantata da un terzo, non può essere sottoposto a sequestro, né a confisca.

 

Cassazione penale sez. III, 12/12/2019, n.14738

La previsione di cui al comma secondo dell’art. 12-bis d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 secondo cui la confisca, diretta o per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei reati tributari previsti dal decreto medesimo “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro”, si riferisce ai casi di obbligo assunto nei termini riconosciuti dalla legislazione tributaria di riferimento, tra i quali rientra la definizione agevolata delle controversie prevista dall’art. 6, commi 6 e 8, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2018 n. 136 (c.d. “pace fiscale”), sempre che la controversia oggetto di richiesta di definizione non riguardi, in tutto o in parte, le risorse o somme di cui al comma 5, lett. a) e b), del suddetto art. 6 d. l. n. 119 del 2018 ed abbia ad oggetto gli stessi fatti produttivi del profitto confiscabile.

Cassazione penale sez. III, 27/11/2019, n.10098

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto in relazione a reati tributari, nel caso in cui sia configurabile la “stabile organizzazione” in Italia di una società formalmente residente all’estero (cd. estero-vestizione della residenza fiscale), il sequestro preventivo per equivalente può essere disposto sui beni dell’imputato, ove non sia stato possibile reperire nei confronti dell’ente il profitto diretto del reato, mentre, invece, in caso di costituzione di una “società-schermo”, il sequestro preventivo ai fini di confisca del profitto diretto del reato può essere eseguito, indifferentemente, sia sui beni dell’imputato, sia su quelli della società.

 

Cassazione penale sez. III, 22/11/2019, n.6249

In sede di determinazione del profitto confiscabile, il giudice dell’esecuzione deve necessariamente considerare l’avvenuto pagamento dell’imposta a seguito di accordo con l’Amministrazione finanziaria. E ciò in quanto la previsione di cui al d.lg. n. 74 del 2000, art. 12-bis, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, si riferisce alle assunzioni d’impegno nei termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria di settore (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda).

 

Cassazione penale sez. III, 14/11/2019, n.225

In materia di confisca per equivalente, con riferimento ai reati tributari, il giudice che emette il provvedimento ablativo è tenuto soltanto ad indicare l’importo complessivo da sequestrare, potendo l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al quantum indicato nel provvedimento essere demandate alla successiva fase esecutiva.

 

Cassazione penale sez. III, 23/10/2019, n.47837

La confisca diretta o di valore dei beni costituenti il profitto o il prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, quando viene assunto un impegno formale con le modalità previste per legge, permanendo, invece, per le parti residue.

 

Cassazione penale sez. III, 09/10/2019, n.166

Nel delitto previsto dal d.lgs. n. 74 del 2000, art. 10, allorquando l’importo dell’evasione sia stato aliunde determinato, è configurabile il profitto del reato, suscettibile di confisca, anche per equivalente, e di sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2 bis, con riguardo al tributo evaso e ad eventuali sanzioni ed interessi maturati sino al momento dell’occultamento o distruzione delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, trattandosi di risparmio di spesa che costituisce vantaggio economico immediato e diretto della condotta illecita tenuta.

 

Cassazione penale sez. III, 02/10/2019, n.47104

In tema di reati tributari, in caso di pronuncia di estinzione del reato fiscale per esito positivo della messa alla prova disposta nei confronti dell’imputato, non essendo tale declaratoria estintiva del reato equiparabile alla pronuncia di una sentenza di condanna, alla adozione della stessa non può seguire la confisca del profitto nella forma per equivalente.

 

Cassazione penale sez. III, 02/10/2019, n.47103

In tema di reati tributari, l’onere di indicare l’ammontare delle utilità esistenti al momento della consumazione del reato nel patrimonio del soggetto nei cui confronti si intende procedere a sequestro finalizzato alla confisca, che costituiscono il “risparmio di spesa” determinato dalla violazione dell’obbligo fiscale, grava sul pubblico ministero, secondo le regole generali in tema di ripartizione dell’onere della prova e secondo quanto dispone, anche per la determinazione della misura di sicurezza, l’ art. 187 cod. proc. pen.

 

Cassazione penale sez. III, 12/09/2019, n.47101

L’esito positivo della messa alla prova blocca la confisca per equivalente disposta nei confronti dell’evasore fiscale. Sottolineando che la confisca per equivalente non è una sanzione amministrativa accessoria, la Cassazione ha accolto il ricorso contro la decisione del tribunale, che dava il via libera alla confisca per equivalente delle somme oggetto di sequestro preventivo, pur avendo dichiarato di non doversi procedere per il reato di omesso versamento dell’Iva perché estinto grazie all’esito positivo della messa alla prova.

 La Suprema corte ricorda che la confisca, prevista dalla legge sui reati tributari (art. 12 bis D.lgs. 74/2000), può essere disposta solo in presenza di una sentenza di condanna o in caso di patteggiamento, non invece nell’ipotesi, come nella fattispecie, di estinzione del reato grazie al superamento della messa alla prova ex articolo 168-ter del codice penale.

 

Cassazione penale sez. III, 16/07/2019, n.40072

Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente o diretta eseguito in relazione a un reato tributario, non esclude un ulteriore sequestro volto a impedire un successivo delitto. Ad affermarlo è la Cassazione che si è pronunciata favorevolmente al sequestro preventivo impeditivo dell’unità produttiva della società utilizzata per l’emissione di fatture inesistenti, anche se era già stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente. Per la Corte, infatti, il sequestro già disposto del profitto dei reati tributari o del valore equivalente ha oggetto e finalità differenti da quello impeditivo.

 

Cassazione penale sez. III, 15/07/2019, n.42946

Quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato sul presupposto dell’impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta.    

 

Cassazione penale sez. III, 26/06/2019, n.40793

In tema di reati tributari, la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 – secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, a seguito di condanna o applicazione della pena per uno dei delitti previsti dal citato d.lgs., «non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro» – va intesa nel senso che il raggiungimento dell’accordo con il Fisco non preclude l’adozione (ed il mantenimento) del sequestro preventivo funzionale alla successiva ablazione del profitto, da determinarsi nella misura concordata su base negoziale fra contribuente ed Agenzia delle entrate, ma nel senso che esso ne sospende la possibilità di esecuzione fino al verificarsi del mancato pagamento del debito; solo l’avvenuto adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del contribuente, secondo i termini ed i modi convenuti, ha effetto impeditivo della confisca.

 

Cassazione penale sez. II, 06/06/2019, n.31549

In tema di confisca di prevenzione, il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute irregolarmente fuori dal territorio dello Stato (c.d. “scudo fiscale”), ai sensi dell’art. 13-bis d.l. 1 luglio 2009, n. 78, conv. con modificazioni dalla l. 3 agosto 2009, n. 102, non esclude il requisito della sproporzione reddituale e non trasforma “ex se” le somme di provenienza illecita in proventi leciti, quando non sia adempiuto l’onere, da parte del proposto, di indicare gli specifici elementi da cui desumere che le somme rimpatriate o regolarizzate corrispondono esclusivamente a quelle oggetto delle violazioni penaltributarie a lui contestate.

 

Cassazione penale sez. III, 24/05/2019, n.28583

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’ art. 12 bis d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.

 

Cassazione penale sez. III, 10/05/2019, n.29431

In sede di riesame avverso il decreto di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, fatti salvi i casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni oggetto del provvedimento ablatorio ed il “quantum” del profitto del reato indicato nella richiesta al giudice per le indagini peliminari della pubblica accusa, il tribunale non ha il potere di compiere accertamenti diretti a verificare il rispetto del principio di proporzionalità, essendo tenuto tuttavia a valutare il contenuto dell’eventuale consulenza tecnica presentata dalla parte ricorrente.

 

Cassazione penale sez. III, 18/04/2019, n.38608

La previsione dell’art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, secondo cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi e i diritti reali di garanzia anteriori al sequestro, sebbene riferita alla cd. confisca di prevenzione, esprime un principio generale, valido anche per gli altri tipi di confisca, diretta o per equivalente, per i quali venga in rilievo la posizione del terzo titolare di diritti di credito o di garanzia, ivi compresa quella in ambito tributario di cui all’art. 12 bis D.lgs. 74 del 10 marzo 2000.

 

Cassazione penale sez. VI, 18/04/2019, n.24432

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per sproporzione, eseguito su conto corrente cointestato all’indagato e a soggetto estraneo al reato, la misura cautelare si estende all’intero importo in giacenza, senza che a tal fine rilevino presunzioni o vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834), regolativi dei rapporti interni tra creditori e debitori solidali, ma è fatta salva la facoltà per il terzo di dimostrare l’esclusiva titolarità di tali somme e la conseguente illegittimità del vincolo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio il sequestro di un libretto di deposito postale nominativo cointestato con i genitori dell’indagato, alimentato esclusivamente dai ratei pensionistici di questi ultimi, dai proventi della vendita di un immobile privo di alcun collegamento con la condotta criminosa, nonché dagli investimenti rivenienti dalla medesima provvista lecita).

 

Cassazione penale sez. IV, 11/04/2019, n.31002

È legittimo il sequestro per equivalente sull’intero ammontare dell’imposta evasa, comprese le somme oggetto di procedure conciliative. Difatti, il giudice penale ben può discostarsi dall’ammontare dell’imposta evasa per l’adozione e il mantenimento del provvedimento cautelare in funzione della confisca, anche nei casi di raggiunti accordi conciliativi con l’erario, quali la rateazione del debito e l’accertamento con adesione. Ad affermarlo è la Cassazione che sottolinea come, sulla scorta di elementi di fatto, il giudice può assolutamente discostarsi dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione di accordi conciliativi con le Entrate, poiché diversamente ragionando si sarebbe pervenuti all’Introduzione di una pregiudiziale tributarla non prevista nell’ordinamento giuridico.

 

Cassazione penale sez. II, 15/03/2019, n.27932

In tema di misure di prevenzione, è legittima la confisca di beni acquistati con il ricavato dalla dismissione di altri beni, la cui acquisizione non trova conforto in una proporzionata disponibilità finanziaria, reddituale o comunque lecita, nel periodo di riferimento. (Fattispecie relativa alla confisca di un immobile abitativo costituente il reimpiego di redditi derivanti dalla conduzione di fondi acquistati “in regime di sproporzione” e dalla partecipazione a società costituite in assenza di risorse finanziarie lecite).

 

Cassazione penale sez. V, 01/02/2019, n.8850

Il valore del sequestro per equivalente prodromico alla confisca d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12 bis, in relazione al reato di cui all’art. 11, del medesimo decreto deve essere commisurato a quello dei beni fraudolentemente sottratti alle pretese tributarie dello Stato e non già al valore dell’intera pretesa fiscale.

 

Cassazione penale sez. I, 16/01/2019, n.12629

In tema di confisca di prevenzione, la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del familiare o del terzo intestatario fittizio del bene in favore del proposto non può essere da costoro giustificata adducendo proventi da evasione fiscale, giacché, altrimenti, sarebbero illogicamente rese inoperative le rispettive presunzioni di interposizione fondate, per quanto attiene ai familiari ed al coniuge, sulla massima di comune esperienza della comunanza di interessi patrimoniali e di redditi nell’ambito dell’unità familiare entro cui si colloca la persona socialmente pericolosa, e, per quanto attiene al terzo, sull’accertamento di cui all’art. 26, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159.

 

Cassazione penale sez. III, 14/12/2018, n.15745

In tema di reati tributari, ai fatti di occultamento o distruzione di documenti contabili commessi fino al 20 ottobre 2015, data di entrata in vigore dell’art. 12 bis d.lg n.74 del 2000, non è applicabile la confisca per equivalente, né ai sensi dell’art. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007, che non contemplava l’art. 10 d.lg. cit. tra i delitti per i quali poteva essere disposto il provvedimento ablativo, né a norma dell’art. 12-bis, in quanto detta confisca, avendo natura eminentemente sanzionatoria, non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata.

 

Cassazione penale sez. III, 11/12/2018, n.25536

L’art. 12 bis d.lg. n. 74 del 2000 prevede che in caso di condanna ovvero di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal medesimo decreto legislativo, è sempre ordinata la confisca, eventualmente anche per equivalente, dei beni che abbiano formato il profitto ovvero ne abbiano costituito il prezzo, salvo che essi non siano di proprietà di persona estranea al reato. Tale disposizione, avente certamente contenuto sanzionatorio, è stata introdotta per effetto della entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015; la stessa è comunque applicabile anche alle condotte poste in essere anteriormente alla sua introduzione stante il pacifico regime di continuità normativa, tale da non porre in discussione alcun profilo inerente alla possibile successione di leggi nel tempo ed alla eventuale inapplicabilità della sopravvenuta lex durior, fra tale disposizione e quella precedentemente oggetto della l. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, la quale già prevedeva il generale regime di confisca per equivalente dei beni costituenti profitto o prezzo della commissione di reati tributari, sicché la misura di sicurezza patrimoniale deve ritenersi applicabile a tutti i reati previsti dal d.lg. n. 74 del 2000 ove commessi in epoca successiva alla entrata in vigore della citata l. n. 244 del 2007, cioè successivamente al 1° gennaio 2008.

 

Cassazione penale sez. III, 05/12/2018, n.17840

In tema di reati tributari, ai fini della valutazione della legittimità del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, l’ente che trae profitto dall’altrui condotta illecita non può mai essere considerato terzo “estraneo” al reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il provvedimento di sequestro in vista della confisca diretta delle somme di denaro costituenti il profitto conseguito dalla persona giuridica beneficiaria del reato posto in essere dal commercialista dell’ente).

 

Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n. 6246

In tema di reati tributari, la previsione di cui all’art. 12-bis, comma 2, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, va intesa nel senso che, per la parte coperta da tale impegno, la confisca può comunque essere adottata nonostante l’accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito.

 

Cassazione penale sez. III, 04/10/2018, n.6348

In tema di reati tributari, può essere oggetto di confisca c.d. diretta il saldo positivo del conto corrente nella disponibilità dell’imputato alla scadenza del termine per l’adempimento dell’obbligazione fiscale fino alla concorrenza dell’esborso che sarebbe stato necessario per il pagamento dell’imposta, in quanto queste somme costituiscono il profitto del reato di omesso versamento, rappresentando il “risparmio di spesa” conseguito grazie al mancato pagamento dell’imposta.

 

Cassazione penale sez. III, 27/09/2018, n.1657

In tema di reati tributari, ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca anche per equivalente, il profitto è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, essendo indifferente se l’imposta evasa, in concreto, sia stata non pagata o portata a credito dal contribuente.

 

Cassazione penale sez. III, 27/09/2018, n.50157

In tema di reati tributari, la disposizione di cui al comma 2 dell’articolo 12-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, introdotta dal decreto legislativo n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo a essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro e incerto costituito dal mancato pagamento del debito. La locuzione “non opera”, infatti, non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata: la norma, invece, è nel senso che la confisca non diviene, più semplicemente, “efficace” con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno, salvo a essere “disposta” allorquando l’impegno non venga rispettato e il versamento “promesso” non si verifichi.

 

Cassazione penale sez. III, 21/09/2018, n.8075

La persistente natura obbligatoria (e sanzionatoria) della confisca per equivalente comporta che, ai fini dell’adozione del sequestro preventivo, il giudice è tenuto esclusivamente ad accertare la astratta confiscabilità del bene, esulando dal suo orizzonte decisorio la volontà del contribuente di estinguere il debito, il fatto che lo stia pagando e la positiva prognosi di adempimento. Il fatto che il d.lg. n. 158 del 2015 abbia introdotto nuove cause di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, d.lg. n. 74 del 2000 e rigide scansioni procedurali per il pagamento del debito tributario, non muta, infatti,  la natura del sequestro, né della confisca in funzione della quale esso viene disposto, non essendo il giudice dotato al riguardo di alcuna discrezionalità, atteso che la natura e finalità del provvedimento da adottare non gliela attribuiscono.

 

Cassazione penale sez. III, 20/09/2018, n.3591

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto nei confronti del legale rappresentate di una società solo nel caso in cui, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nel patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo necessaria, tuttavia, ai fini dell’accertamento di tale impossibilità, l’inutile escussione del patrimonio sociale se già vi sono elementi sintomatici dell’inesistenza di beni in capo all’ente.

 

Cassazione penale sez. VI, 13/09/2018, n.26255

La confisca del profitto non può essere disposta solo nel caso di restituzione integrale all’erario della somma anticipata dallo Stato, giacché tale comportamento elimina in radice l’oggetto della misura ablatoria. Va quindi escluso che un adempimento parziale possa autorizzare a non disporre la confisca del profitto. L’elisione del profitto illecito può avvenire soltanto come conseguenza di ‘integrale pagamento del profitto realizzato’ e non in presenza di un programma di rateizzazione delle somme dovute, dall’esito incerto fino all’ultima rata. A tale applicazione dell’istituto non potrebbe conseguire una duplicazione dei versamenti, atteso che la stessa confisca sarà interamente operativa solo con il verificarsi delle condizioni del mancato pagamento dei ratei e quindi, dopo il passaggio in giudicato della decisione, il Pubblico Ministero potrà mettere in esecuzione la misura qualora sia stato accertato l’inadempimento dell’accordo ed il mancato versamento dei ratei previsti.

 

Cassazione penale sez. III, 12/09/2018, n.54191

In caso di sentenza di condanna, laddove il giudice debba procedere alla confisca per equivalente del profitto conseguito a seguito della perpetrazione del reato di cui al capo di imputazione, egli non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce il profitto o, a seconda dei casi, il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, posto che la individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del valore di questi all’importo del profitto o del prezzo del reato è operazione riservata alla fase esecutiva della sentenza, spettante all’organo del Pubblico Ministero.

 

Cassazione penale sez. II, 07/06/2018, n.30401

In materia di reati tributari, ai fini del sequestro e successiva confisca, il prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è identificabile nel compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto.

 

Cassazione penale sez. III, 18/05/2018, n.49199

In tema di reati tributari, il profitto, suscettibile di sequestro a fini di confisca, si identifica con il vantaggio economico direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario: con la conseguenza che il mancato pagamento delle imposte (per omessa dichiarazione ex art. 5 d.lg. n. 74 del 2000) comportando un vantaggio economico, derivante dal risparmio delle somme non versate all’erario, costituisce il profitto del reato suscettibile di sequestro e, poi, di confisca.

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