Non può essere accolta la domanda di indennizzo se l’attore non prova in giudizio il fatto storico della emotrasfusione da cui deriva il danno lamentato in giudizio.

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 29766.2020, resa dalla Sezione del lavoro della Corte di Cassazione e pubblicata il 29.12.2020 che, pronunciatasi su un caso di contrazione dell’epatite HCV in seguito ad emotrasfusione, si sofferma sulla ripartizione dell’onere probatorio ai fini della corresponsione dell’indennizzo ex legge 210/1992.

In particolare, la Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, esprime il principio di diritto secondo cui, ai fini del sorgere del diritto all’indennizzo per i danni irreversibili derivanti dal contagio da epatite in seguito a trasfusioni con sangue infetto, sorge in capo all’attore danneggiato l’onere di provare l’effettuazione della terapia trasfusionale, la verificazione dei predetti danni ed il nesso causale tra la trasfusione effettuata ed il contagio, in base a criteri di probabilità scientifica.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) gli arresti giurisprudenziali citati nella parte motiva dell’ordinanza numero 29766.2020;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di emotrasfusione, oltre agli approfondimenti sul tema della responsabilità civile in campo medico che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il caso clinico, la domanda di indennizzo ed il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie la paziente veniva sottoposta ad emotrasfusione in seguito ad intervento chirurgico e contraeva il virus HCV.

L’attrice conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Viterbo la Regione Lazio e il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (rispetto al quale veniva accertato il difetto di legittimazione passiva) per ottenere l’indennizzo ex legge 210/1992.

La Corte di appello di Roma confermava la decisione di primo grado di rigetto della domanda attorea.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La parte attrice proponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia della Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

Il Ministero della salute resisteva con controricorso.

La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva dell’ordinanza in commento:

“Giova ricordare, in proposito che questa Corte (Cass., n. 5961 del 2016) ha sì affermato che in tema di responsabilità extracontrattuale per danno causato da attività pericolosa da emotrasfusione, la prova, che grava sull’attore danneggiato, del nesso causale intercorrente tra la specifica trasfusione ed il contagio da virus HCV, può essere fornita – ove risulti provata l’idoneità di tale condotta a provocare il contagio – anche con il ricorso alle presunzioni, in difetto di predisposizione (o anche solo di produzione in giudizio), da parte della struttura sanitaria, della documentazione obbligatoria sulla tracciabilità del sangue trasfuso al singolo paziente, e ciò in applicazione del criterio della vicinanza della prova.

L’applicazione dei suddetti principi, tuttavia, ha come necessario presupposto la prova, sia pure presuntiva, dell’effettuazione della trasfusione, circostanza che nella specie non risultava dalla cartella clinica, e rispetto alla quale il contenuto della prova per testi è stato ritenuto dalla Corte d’Appello non decisivo in relazione alle risultanze della documentazione sanitaria.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, ai fini del sorgere del diritto all’indennizzo previsto in favore di coloro che presentino danni irreversibili derivanti da epatiti post trasfusionali dall’art. 1, comma terzo, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della terapia trasfusionale, il verificarsi dei danni anzidetti e il nesso causale tra i primi e la seconda, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica (cfr., Cass., n. 27471 del 2017).

La Corte d’Appello ha, quindi, condiviso le conclusioni del CTU, riconoscendole frutto di rigoroso accertamento logico-scientifico, coerenti con i risultati delle indagini svolte, sorrette da corretta motivazione ed immuni da vizi logici, di fatto non infirmate da contrarie affermazioni delle parti. di cui comunque il CTU aveva dimostrato di tenere conto”.

e pronunce citate nell’ordinanza in commento:

Cassazione civile sez. lav., 20/11/2017, n.27471

Le attestazioni contenute in una cartella clinica, redatta da un’azienda ospedaliera pubblica, o da un ente convenzionato con il servizio sanitario pubblico, hanno natura di certificazione amministrativa, cui è applicabile lo speciale regime di cui agli artt. 2699 e segg. c.c., per quanto attiene alle sole trascrizioni delle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, restando, invece, non coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa espresse. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittima la mancata ammissione della prova testimoniale, dedotta per dimostrare l’esistenza di plurime trasfusioni di sangue subite dal ricorrente, ai fini del riconoscimento dell’indennizzo ex l. n. 210 del 1992, sul rilievo che la cartella clinica ne comprovasse una sola).

 

Cassazione civile sez. III, 25/03/2016, n.5961

In tema di responsabilità extracontrattuale per danno causato da attività pericolosa da emostrasfusione, la prova, che grava sull’attore danneggiato, del nesso causale intercorrente tra la specifica trasfusione ed il contagio da virus HCV, può essere fornita – ove risulti provata l’idoneità di tale condotta a provocare il contagio – anche con il ricorso alle presunzioni, in difetto di predisposizione (o anche solo di produzione in giudizio), da parte della struttura sanitaria, della documentazione obbligatoria sulla tracciabilità del sangue trasfuso al singolo paziente, e ciò in applicazione del criterio della vicinanza della prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di rigetto della domanda risarcitoria proposta da un soggetto sottoposto a più di trenta infusioni di plasma, otto delle quali eseguite all’estero, motivato sull’erroneo rilievo che – sebbene fosse stato accertato che quattro delle infusioni effettuate in Italia fossero rimaste non tracciabili, costituendo così, a dire della stessa sentenza impugnata, “in astratto possibile veicolo di contagio” – le infusioni compiute all’estero, anch’esse non tracciabili, presentavano “una maggiore probabilità” di aver causato il contagio).

 

La rassegna delle più recenti massime in materia di emotrasfusione:

Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, n.26189

In tema di danni da emotrasfusione, la manifestazione dell’intenzione di ottenere comunque il risarcimento del danno, contenuta nella richiesta di informazioni circa la proposta domanda di indennizzo previsto dalla legge, costituisce atto di interruzione della prescrizione, in quanto idoneo a costituire in mora il debitore della prestazione risarcitoria.

 

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, n.13008

Nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, con riguardo ai danni da emotrasfusione, una volta che la Commissione medico ospedaliera di cui all’art. 4 della legge 210 del 1992, abbia accertato la riconducibilità del contagio alla stessa trasfusione, il Ministero della salute non può mettere in discussione l’accertamento operato dalla predetta Commissione, essendo essa organo dello Stato imputabile allo stesso Ministero, e il giudice deve quindi accogliere tale accertamento come indiscutibile e non bisognoso di prova.

 

Cassazione civile sez. III, 12/06/2020, n.11298

In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, ed ai fini dell’individuazione dell’exordium praescriptionis, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo previsto dalla l. n. 210/1992, spetta alla controparte dimostrare, anche per mezzo di presunzioni semplici, che già prima di quella data il danneggiato conosceva o potava conoscere, con l’ordinaria diligenza, sia l’esistenza della malattia, sia la sua riconducibilità causale alla trasfusione.

 

Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, n.8532

Nel caso di persona già defunta al momento del giudizio, il risarcimento agli eredi, da parte del Ministero della salute, per il danno da contagio da epatite HCV in conseguenza di emotrasfusione, va liquidato secondo le tabelle milanesi e non applicando un criterio equitativo puro. Tuttavia, il decesso della parte comporta che “la valutazione probabilistica connessa all’ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato vada sostituita con quella del concreto danno effettivamente prodottosi”, sicché l’ammontare del danno biologico che gli eredi richiedono iure successionis deve essere calcolato “non con riferimento alla durata probabile delta vita della vittima, ma alla sua durata effettiva”.

 

Cassazione civile sez. III, 15/01/2020, n.515

In tema di liquidazione del danno alla persona, è irrilevante il rifiuto del danneggiato di sottoporsi ad una emotrasfusione al fine di diminuire l’entità di tale danno, atteso che non sussiste alcun obbligo a suo carico di accettare questo trattamento medico, non essendo il suo rifiuto inquadrabile nell’ipotesi del concorso colposo del creditore previsto dall’art. 1227 c.c.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto applicabile l’art. 1227 c.c. ad una vittima di sinistro stradale cagionato dalla colpevole condotta di un terzo, solo perché si era messa alla guida con la consapevolezza di non voler essere sottoposta, per scelta religiosa, ad emotrasfusioni).

 

Cassazione civile sez. III, 14/10/2019, n.25764

Non spetta al primario di chirurgia od al chirurgo operatore il controllo diretto sul sangue, la corretta tenuta dei registri o la verifica della preventiva sottoposizione a tutti i test sierologici richiesti dalla legge delle sacche di sangue trasfuse, poiché si tratta di accertamenti di competenza del centro trasfusionale, che trasmette al reparto richiedente le dette sacche regolarmente etichettate. In particolare, solo il responsabile dell’acquisizione del sangue – il primario di ematologia, che dirige il citato centro trasfusionale – può rispondere della non completa compilazione della scheda di ciascuna sacca, della mancata esecuzione, da parte di tale centro, dei controlli di legge o dell’omessa annotazione sulle sacche in esame delle indicazioni imposte dalla normativa. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del primario del reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale per le lesioni patite da una donna dal medesimo operata in conseguenza della trasfusione di sangue infetto proveniente dal centro trasfusionale interno della struttura interessata, del quale esisteva un apposito responsabile).

 

Cassazione civile sez. III, 10/09/2019, n.22528

In tema di risarcimento del danno da emotrasfusione (epatite), “la Compensatio lucri cum damno” tra l’indennizzo corrisposto al danneggiato e il risarcimento del ministero per l’omessa adozione di misure di emovigilanza, integra un’eccezione rilevabile d’ufficio e proponibile per la prima volta anche in appello tuttavia, resta onere di chi la invoca dimostrarne il fondamento.

 

Cassazione civile sez. III, 30/08/2019, n.21837

Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, ai fini della detrazione dall’importo risarcitorio dell’indennizzo “ex lege” n. 210 del 1992, ne aveva ritenuto provata la corresponsione al dante causa dei ricorrenti, alla luce della documentazione versata in atti e delle allegazioni contenute nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado, sebbene il relativo mandato di pagamento fosse stato prodotto senza quietanza).

 

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, n.17421

In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, ai fini dell’individuazione dell’ “exordium praescriptionis”, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo previsto dalla l. n. 210 del 1992, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle “praesumptiones de praesumpto”. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il fatto noto non potesse essere desunto dalla mera preesistenza della malattia, al fine di stabilire il dies a quo della prescrizione).

 

Cassazione civile sez. III, 31/01/2019, n.2790

In tema di responsabilità del Ministero della salute per la trasmissione trasfusionale del virus dell’epatite il nesso causale tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la patologia insorta va valutato non sulla base delle conoscenze scientifiche del momento in cui venne effettuata la trasfusione (che invece attiene alla colpa), stante l’irrilevanza del criterio della prevedibilità soggettiva, ma sulla base di quelle presenti al momento in cui viene svolto l’accertamento dell’esistenza del nesso causale, e cioè al tempo della valutazione da parte dell’osservatore, posto che ciò che deve essere considerato è il collegamento naturalistico fra l’omissione e l’evento dannoso. (Nel caso di specie la S.C. riteneva responsabile il Ministero della Salute per aver omesso i controlli in materia di raccolta e distribuzione del sangue per uso terapeutico e trasfusionale, già consentiti dalle conoscenze mediche e dai dati scientifici del tempo all’epoca della trasfusione).

 

Cassazione civile sez. III, 22/01/2019, n.1566

In caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del Ministero della salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all’apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni 1978, 1985, 1988), atteso che già dalla fine degli anni ’60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all’anno 1958, l’obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto il Ministero della salute responsabile in relazione ad una infezione da epatite C contratta in seguito a trasfusioni risalenti al 1970).

 

Cassazione civile sez. III, 22/01/2019, n.1567

In tema di patologie conseguenti ad infezioni contratte a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, incorre in responsabilità contrattuale, imputabile anche alla struttura sanitaria, il medico che, in mancanza di una situazione di reale emergenza e senza informare adeguatamente il paziente del rischio obiettivo che tale pratica terapeutica presentava, abbia eseguito una trasfusione di sangue a causa della quale il paziente abbia contratto un’infezione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione ad una trasfusione eseguita nel 1990, cui era conseguito il contagio di un neonato con il virus dell’epatite C, aveva desunto la prova che i genitori, se informati, avrebbero negato il consenso alla terapia dall’assenza di prova della necessità della trasfusione).

 

Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20882

La responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicché il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c., non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947, comma 3, c.c.. ne consegue che in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento “iure hereditatis”, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto, da tale punto di vista, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (alla data del fatto).

 

Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20909

Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”.

 

Cassazione civile sez. III, 15/06/2018, n.15734

In tema di danni da emotrasfusioni, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione, compiuto dalla Commissione di cui all’art. 4 della l. n. 210 del 1992, in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative di esso, ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero.

 

Cassazione civile sez. III, 15/06/2018, n.15734

In tema di giudizio relativo al risarcimento del danno da emotrasfusioni, promosso dal danneggiato contro il ministero della Salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio a una emotrasfusione – compiuto dalla Commissione di cui all’articolo 4 della legge n. 210 del 1992 e in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi della detta legge – non può essere messo in discussione dal ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative del contagio e il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso ministero. (Principio enunciato in motivazione, ai sensi dell’articolo 384 del codice di procedura civile).

 

Cassazione civile sez. III, 31/05/2018, n.13745

In tema di individuazione del decorso della prescrizione quinquennale della azione risarcitoria per contagio da emotrasfusione contro il ministero della Salute, commette un errore di sussunzione e, dunque, di falsa applicazione della norma dell’articolo 2935 del codice civile, il giudice del merito che ravvisi nel danneggiato la consapevolezza o la esigibilità della stessa riguardo alla ascrivibilità del contagio alla trasfusione e, dunque, il dies a quo della prescrizione, nel fatto che dal referto che abbia diagnosticato una malattia da contrazione di virus di Hcv risulti che in sede di anamnesi il medesimo abbia dichiarato di avere subito anni prima una trasfusione, qualora dal referto non emerga la indicazione da parte del medico redigente della ascrivibilità della malattia diagnosticata alla trasfusione e non risulti un grado di conoscenze mediche del danneggiato tale da giustificare la percepibilità di essa. (Principio enunciato in motivazione, ai sensi dell’articolo 384 del codice di procedura civile).

 

Cassazione civile sez. lav., 17/04/2018, n.9415

Il diritto all’assegno una tantum in capo al coniuge di un soggetto deceduto in seguito a emotrasfusioni ha come fatto costitutivo del diritto azionato iure proprio la presenza dell’evento morte, ma presuppone necessariamente anche il fatto costitutivo del diritto all’indennizzo (Negato, nella specie, l’assegno una tantum per la vedova atteso che il diritto all’indennizzo del marito per danni da emotrasfusione era prescritto).

 

Cassazione civile sez. VI, 29/03/2018, n.7884

In materia di emotrasfusione e contagio da virus HBV, HIV, HCV, non risponde per inadempimento contrattuale la singola struttura ospedaliera, pubblica o privata, inserita nella rete del servizio sanitario nazionale, che abbia utilizzato sacche di sangue, provenienti dal servizio di immunoematologia trasfusionale della USL, laddove dimostri di aver posto nell’adempimento della sua obbligazione la diligenza qualificata che, nella specie, equivale a dire che essa è esonerata dal compiere controlli ulteriori rispetto a quelli (all’epoca) comunemente praticati, qualora essa abbia trasfuso sangue già controllato e verificato dall’ASL competente, salvo che la stessa non abbia natura di autonomo centro trasfusionale.

 

Cassazione civile sez. III, 29/03/2018, n.7778

In materia di accertamento del nesso causale tra emotrasfusione e contagio, occorre operare una scelta comparativa tra le ipotesi di possibile causa dell’infezione da epatite e tra queste individuare, poi, quella “più probabile che non”, scegliendo, dunque, l'”ipotesi che riceve il supporto relativamente maggiore sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili”, così da valutare se “il comportamento omissivo del convenuto (per non aver compiuto gli accertamenti necessari sul donatore)” si presentava con maggiore probabilità eziologica rispetto ad altri elementi alternativi, se esistenti”. Non è quindi condivisibile, in quanto viziato da errore logico, il relativo accertamento da parte del Giudice, laddove confonda la mera percentuale probabilistica di evitare l’evento (ossia l’infezione) in caso di effettuazione del marker anti HBC con la regola iuris del principio della probabilità prevalente che governa l’accertamento delle inferenze causali tra accadimenti e che impone, alla luce delle emergenze probatorie e di fatto del giudizio di merito, l’individuazione delle possibili cause dell’evento e, tra queste, la determinazione di quella “più probabile che non” in relazione di alternatività delle ricostruzioni eziologiche astrattamente possibili.

 

Cassazione civile sez. VI, 29/03/2018, n.7884

In materia di emotrasfusione e contagio da virus HBV, HIV, HCV, non risponde per inadempimento contrattuale la singola struttura ospedaliera, pubblica o privata, inserita nella rete del servizio sanitario nazionale, che abbia utilizzato sacche di sangue, provenienti dal servizio di immunoematologia trasfusionale della USL, preventivamente sottoposte ai controlli richiesti dalla normativa dell’epoca, esulando in tal caso dalla diligenza a lei richiesta il dovere di conoscere e attuare le misure attestate dalla più alta scienza medica a livello mondiale per evitare la trasmissione del virus, almeno quando non provveda direttamente con un autonomo centro trasfusionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva escluso la responsabilità contrattuale della struttura ospedaliera, per contagio da virus HCV nel luglio 1983, ritenendola non tenuta ad alcun controllo sulle sacche di sangue, invece attribuito per legge al Ministero della salute, e, quindi, in assenza di un concreto accertamento circa la diligenza qualificata nell’utilizzo di sacche di sangue acquisite tramite la struttura pubblica ed all’esecuzione, da parte di quest’ultima, dei controlli imposti dalla normativa all’epoca vigente).

 

Cassazione civile sez. un., 21/02/2018, n.4233

In tema di danni da emotrasfusione, il rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di transazione del danneggiato non incide sul diritto soggettivo al risarcimento ma sull’interesse all’osservanza della normativa secondaria concernente la procedura transattiva, sicché l’impugnazione del diniego non rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, ma in quella del giudice amministrativo cui spetta decidere, nel merito, se l’atto negativo lede un vero e proprio interesse legittimo o un interesse semplice non giustiziabile.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA