Esonero da responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per il malore contratto dal paziente che abbia omesso di sottoporsi ai controlli programmati.
Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 27612.2020, resa dalla VI Sezione civile della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, si sofferma sul tema della ripartizione dell’onere probatorio e del comportamento imprudente del soggetto danneggiato.
In particolare, la Suprema Corte con l’ordinanza in commento, dopo aver preliminarmente chiarito che è onere del paziente dimostrare, secondo il criterio del “più probabile che non”, l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno subito, esprime il principio di diritto secondo cui la struttura sanitaria è esonerata da responsabilità, laddove il danno lamentato dal paziente sia stato cagionato esclusivamente dal proprio il comportamento imprudente, consistente nell’omessa sottoposizione ai controlli medici prescritti.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento dell’ordinanza il lettore troverà:
(i) gli arresti giurisprudenziali citati nell’ordinanza 27612.2020;
(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e nesso causale, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
Il caso clinico, la domanda di risarcimento e la doppia conforme di merito
Nel caso di specie, il paziente, sottoposto a terapia anticoagulante e a controlli periodici per monitorarne i valori e adeguare la cura, veniva colpito da ictus cardio embolico dodici giorni dopo la data della visita medica programmata, alla quale il paziente non si era recato.
L’attore conveniva in giudizio la ASL per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadeguatezza dei trattamenti sanitari.
La Corte di appello di Lecce confermava la decisione con la quale il locale Tribunale aveva rigettato la domanda attorea di risarcimento del danno.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa della parte attrice proponeva ricorso per cassazione avverso la decisipone della Corte territoriale deducendo, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge in ordine all’accertamento del nesso causale tra la condotta dei sanitari e l’evento dannoso e all’adeguata informazione alla paziente sui rischi connessi all’omessa attuazione della terapia e dei controlli.
La ASL resisteva con controricorso.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva dell’ordinanza in commento:
“Orbene, la predetta decisione è, in diritto, certamente conforme ai principi relativi all’accertamento del nesso causale in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (e che il ricorso non offre ragioni per rimeditare), secondo i quali «nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata» (Cass.„ Sez. 3, Sentenza n. 3704 del 15/02/2018; nel medesimo senso, ex plurimis: Sez. 3, Sentenza n. 18392 del 26/07/2017; Sez. 3, Ordinanza n. 21008 del 23/08/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 26700 del 23/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 27606 del 29/10/2019; Sez. 3, Sentenza n. 28991 del 11/11/2019).
Nella specie, la corte di appello, correttamente applicando i principi di diritto appena richiamati, ha escluso, in fatto, che la condotta dai sanitari che avevano in cura la [omissis] potesse considerarsi causa dell’«ictus cardio embolico» occorso alla stessa.
Ha infatti rilevato che la terapia anticoagulante prescritta dai medici era stata corretta, quanto meno fino all’ultimo controllo del 4 aprile 2007, e che la paziente aveva omesso di recarsi al controllo programmato per il 3 maggio 2007 allo scopo di verificare i suoi valori INR e di adeguare agli stessi la terapia.
Essendo l’«ictus cardio embolico» sopravvenuto il 15 maggio 2007 (cioè dodici giorni dopo il mancato controllo), ha concluso che l’evento era causalmente riconducibile esclusivamente all’omissione del suddetto controllo e quindi imputabile integralmente alla condotta della stessa paziente. Sempre in fatto, ha altresì ritenuto provato, in via presuntiva, che la [omissis](in cura da oltre dieci anni presso il nosocomio e sempre sottoposta, in tutto tale periodo, a controlli almeno mensili) fosse stata adeguatamente informata dei rischi connessi all’omissione dei controlli in questione”.
Le pronunce citate nell’ordinanza in commento:
Cassazione civile sez. III, 23/08/2018, n.21008
La prova dell’inadempimento del medico non è sufficiente ad affermarne la responsabilità per la morte del paziente, occorrendo altresì il raggiungimento della prova del nesso causale tra l’evento e la condotta inadempiente, secondo la regola della riferibilità causale dell’evento stesso all’ipotetico responsabile, la quale presuppone una valutazione nei termini del c.d. “più probabile che non”. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la responsabilità del medico per la morte di un paziente causata da un aneurisma, pur in presenza del comportamento inadempiente del sanitario consistito nell’omesso espletamento di visita domiciliare, in quanto non era possibile affermare che, in caso di visita tempestiva, il paziente avrebbe avuto ragionevoli probabilità di guarigione, tenuto conto della difficoltà di identificare l’aneurisma e di intervenire sul medesimo chirurgicamente, e, dunque, dell’assenza di fattori che probabilisticamente riconducessero alla detta omissione l’evento morte, il quale, statisticamente, si sarebbe comunque verificato nel 58% dei casi).
Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26700
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla paziente e dai suoi stretti congiunti, in relazione a un ictus cerebrale che aveva colpito la prima a seguito di un esame angiografico, sul rilievo che era mancata la prova, da parte degli attori, della riconducibilità eziologica della patologia insorta alla condotta dei sanitari, ed anzi la CTU espletata aveva evidenziato l’esistenza di diversi fattori, indipendenti dalla suddetta condotta, che avevano verosimilmente favorito l’evento lesivo).
Cassazione civile sez. III, 26/07/2017, n.18392
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla vedova di un paziente deceduto, per arresto cardiaco, in seguito ad un intervento chirurgico di asportazione della prostata cui era seguita un’emorragia, sul rilievo che la mancata dimostrazione, da parte dell’attrice, della riconducibilità eziologica dell’arresto cardiaco all’intervento chirurgico e all’emorragia insorta, escludeva in radice la configurabilità di un onere probatorio in capo alla struttura).
La rassegna dei più recenti arresti giurisprudenziali in materia di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria:
Cassazione civile sez. III, 26/02/2020, n.5128
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, il paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (nella specie, una paziente di un centro odontoiatrico aveva agito nei confronti dello stesso nonché del direttore sanitario lamentando che le cure ricevute si erano rivelate errate al punto da peggiorare, anziché risolvere, i problemi).
Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, n.26303
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile e inevitabile con l’ordinaria diligenza. (Nella specie, ha osservato la Suprema corte, la Corte d’appello, accertata la imperita prestazione professionale, ha rilevato, sulla scorta della verifica delle risultanze istruttorie, che tale condotta di inadempimento non aveva, tuttavia, interferito nella serie eziologica esitata nella ritardata esecuzione di interventi terapeutici ai quali – secondo la statistica sanitaria – veniva riconosciuta la possibilità – espressa in misura percentuale – di prolungamento della sopravvivenza del paziente, sicché è stata negata in concreto la esistenza del nesso di causalità materiale tra l’errore e l’evento lesivo della salute, sulla scorta del giudizio controfattuale, condotto con prognosi postuma, per cui alla corretta diagnosi non sarebbe, comunque, seguita alcuna prescrizione di intervento terapeutico e il paziente non avrebbe potuto – in ogni caso – beneficiare degli effetti (possibilità di sopravvivenza) di un anticipato trattamento, risultando dunque indimostrato il collegamento tra inadempimento professionale e perdita dei vantaggi conseguibili dal soggetto, con conseguente esonero da responsabilità della Azienda ospedaliera per il fatto commesso dai propri dipendenti.
Cassazione civile sez. VI, 02/09/2019, n.21939
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare – secondo il criterio del “più probabile che non” – l’esistenza del nesso causale tra l’azione o l’omissione dei sanitari e l’evento di danno (aggravamento della patologia esistente o insorgenza di una nuova malattia).
Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26700
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla paziente e dai suoi stretti congiunti, in relazione a un ictus cerebrale che aveva colpito la prima a seguito di un esame angiografico, sul rilievo che era mancata la prova, da parte degli attori, della riconducibilità eziologica della patologia insorta alla condotta dei sanitari, ed anzi la CTU espletata aveva evidenziato l’esistenza di diversi fattori, indipendenti dalla suddetta condotta, che avevano verosimilmente favorito l’evento lesivo).
Cassazione civile sez. III, 13/07/2018, n.18567
In tema di responsabilità sanitaria, il principio della vicinanza della prova, fondato sull’obbligo di regolare e completa tenuta della cartella clinica, le cui carenze e omissioni non possono andare a danno del paziente, non può operare in pregiudizio del medico per la successiva fase di conservazione: dal momento in cui l’obbligo di conservazione si trasferisce sulla struttura sanitaria, l’omessa conservazione è imputabile esclusivamente a essa. La violazione dell’obbligo di conservazione non può riverberarsi direttamente sul medico determinando un’inversione dell’onere probatorio.
Cassazione civile sez. III, 21/06/2018, n.16324
In tema di responsabilità sanitaria la dimostrazione dell’assolvimento dell’obbligo (di avere posto il paziente nelle condizioni) di prestare il consenso informato, che si qualifica quale obbligo contrattuale ex articolo 1218 del codice civile grava sulla struttura ospedaliera. La violazione di tale obbligo ha potenzialmente rilievo a prescindere dall’esito favorevole o meno della prestazione medica, in quanto in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione del paziente. La dimostrazione – invece – di un nesso causale tra la lesione del diritto di autodeterminazione e danno effettivamente subito, spetta al paziente, rientrando tale elemento tra gli oneri in capo all’attore qui dicet.
Cassazione civile sez. III, 31/05/2018, n.13752
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari.
Cassazione civile sez. III, 29/01/2018, n.2061
La responsabilità per attività medico chirurgica deve essere ricondotta al paradigma di cui all’articolo 1218. Deriva da quanto precede, pertanto, che il paziente creditore (e, per esso i suoi congiunti, in caso di malpractice medica che abbia comportato il decesso del primo) ha il mero onere di provare il contratto (o il contatto sociale) intercorso con la struttura e/o con il sanitario, nonché quello soltanto di allegare il relativo inadempimento o inesatto adempimento, e cioè la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza, non essendo invece tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria, nonché la relativa gravità. Nei giudizi risarcitori, in particolare, si delinea un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, a valle. Il primo, quello relativo all’evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto).
Cassazione civile sez. III, 13/10/2017, n.24073
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
Cassazione civile sez. III, 26/07/2017, n.18392
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione assistenziale, l’onere di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa imprevedibile, inevitabile e non imputabile alla stessa sorge solo ove il danneggiato abbia provato la sussistenza del nesso causale tra la condotta attiva od omissiva dei sanitari e il danno sofferto.
Cassazione civile sez. III, 06/05/2015, n.8995
In materia di responsabilità contrattuale (nella specie, per attività medico-chirurgica), una volta accertato il nesso causale tra l’inadempimento e il danno lamentato, l’incertezza circa l’eventuale efficacia concausale di un fattore naturale non rende ammissibile, sul piano giuridico, l’operatività di un ragionamento probatorio “semplificato” che conduca ad un frazionamento della responsabilità, con conseguente ridimensionamento del “quantum” risarcitorio secondo criteri equitativi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito, in relazione al danno celebrale patito da un neonato, aveva posto l’obbligo risarcitorio interamente a carico della struttura sanitaria in cui egli era stato ricoverato immediatamente dopo il parto – avvenuto in altra struttura – e presso la quale aveva contratto un’infezione polmonare, e ciò sebbene le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio non avessero escluso la possibilità che un contributo concausale al pregiudizio lamentato fosse derivato da una patologia sviluppata in occasione della nascita).
Cassazione civile sez. III, 12/09/2013, n.20904
Allorquando la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, cioè sul presupposto che fra il paziente ed il medico e/o la struttura sanitaria sia intercorso un rapporto contrattuale (o da “contatto”), la distribuzione, “inter partes”, dell’onere probatorio riguardo al nesso causale deve tenere conto della circostanza che la responsabilità è invocata in forza di un rapporto obbligatorio corrente fra le parti ed è dunque finalizzata a far valere un inadempimento oggettivo. Ne consegue che, per il paziente/danneggiato, l’onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale – quando l’impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava – si sostanzia nella prova che l’esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall’insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA