Scatta la bancarotta fraudolenta per distrazione se l’amministratore non dimostra la destinazione impressa ai beni sociali non rinvenuti dalla curatela.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 3207.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi sugli indice necessari e sufficienti a dimostrare la penale responsabilità dell’amministratore che non fornisce adeguata prova della destinazione dei beni sociali oggetto della contestata bancarotta per distrazione.
La Suprema Corte in particolare, con la sentenza in commento, ripropone, facendone applicazione al caso di specie, il consolidato principio di diritto secondo cui, una volta accertata la disponibilità nel patrimonio sociale di beni non rivenuti in seno alla fallita, grava sull’amministratore l’onere di dimostrare la destinazione impressa ai medesimi e ciò in ragione degli obblighi di legge che gravano sull’organo gestorio che la legge fallimentare rende garante della conservazione del patrimonio sociale a tutela delle ragioni creditorie.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 3207/2021;
(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, all’imputato tratto a giudizio nella qualità di amministratore della fallita, erano stati contestati i delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione pre-fallimentare e di bancarotta post-fallimentare.
La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado limitatamente alla durata delle pene accessorie, confermava la condanna del prevenuto per il reato fallimentare a lui ascritto.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Premesso che la responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa (Sez. 5, n. 7588 del 26/01/2011) – ciò che, nella specie, non è posto in discussione -, va ribadito che la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013), in quanto le condotte descritte all’art. 216, comma primo, n. 1 I. fall., hanno (anche) diretto riferimento alla condotta infedele o sleale del fallito nel contesto della garanzia che su di lui grava in vista della conservazione delle ragioni creditorie.
È in funzione di siffatta garanzia che si spiega l’onere dimostrativo posto a carico del fallito, nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura.
Trattasi, invero, di sollecitazione al diretto interessato della dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che è (oltre che il responsabile) l’artefice della gestione, può rendere (Sez. 5, n. 7588 del 2011 cit., in motivazione). In tale prospettiva, non è onere dell’accusa individuare atti di cessione, giacché la distrazione è dimostrata nei fatti dal mancato reperimento dei beni che certamente sono stati nella disponibilità del soggetto fallito, senza che l’imputato abbia indicato in termini specifici quale destinazione sia stata impressa ai beni”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 216 legge fallimentare – Bancarotta fraudolenta
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. V, 17/04/2013, n.22894
In materia di bancarotta fraudolenta la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.
Cassazione penale sez. V, 26/01/2011, n.7588
La responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa; accertamento non condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell’impresa che non obbedisce – per quel che concerne il delitto in questione – alla qualificazione in termini di prova, ex art. 2710 c.c.; infatti, ai sensi dell’art. 192 c.p.p., la risultanza deve essere valutata (anche nel silenzio del fallito) con ricerca della relativa intrinseca attendibilità, secondo i consueti parametri di scrutinio, di cui deve essere fornita motivazione.
La rassegna delle più recenti massime in materia di bancarotta fraudolenta per distrazione:
Cassazione penale sez. fer., 13/08/2020, n.27132
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che si appropri di somme della società a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore di quest’ultima, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore. (Fattispecie in cui l’amministratore aveva prelevato somme ingenti e sproporzionate rispetto allo stato patrimoniale della società, pur avendo piena consapevolezza dello stato di dissesto della società).
Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra società alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operava la società al momento della scissione, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dagli artt. 2506 e ss. c.c. di per sé idonee ad escludere ogni danno o pericolo per le ragioni creditorie. (Fattispecie in cui la società dichiarata fallita, in stato di pregressa insolvenza, in attuazione di un programma di riqualificazione industriale, realizzava plurime operazioni straordinarie depauperatorie, quali la cessione di ramo d’azienda in favore di impresa nella titolarità dello stesso amministratore della cedente e la parziale scissione con costituzione di nuove società, anch’esse fallite, beneficiarie di parte del patrimonio sociale e di un ramo d’azienda della fallita).
Cassazione penale sez. V, 05/03/2020, n.12949
Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili riferibili alla società fallita, con la conseguenza che non possono costituire oggetto di distrazione le quote sociali appartenenti ai singoli soci, a prescindere dalla fittizietà o meno della loro cessione.
Cassazione penale sez. V, 03/03/2020, n.12748
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta di cessione, con contratto di “sale and lease back”, di un immobile mediante imputazione di parte del prezzo ai canoni dovuti all’acquirente da una società terza concessionaria, riconducibile alla medesima titolarità dell’alienante, con compensazione del credito di questa, privo di titolo giustificativo, nei confronti della cedente, poi fallita, in quanto operazione avente valenza distrattiva o dissipativa del patrimonio, per la sostanziale rinuncia a parte del corrispettivo della cessione con effetto di liberalità in favore della società ad essa collegata.
Cassazione penale sez. V, 02/03/2020, n.16993
In tema di citazione a giudizio, non vi è incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all’imputato di difendersi. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la genericità o l’indeterminatezza di una imputazione di bancarotta in cui si contestava all’imputato la distrazione di somme di denaro, iscritte in contabilità ed espunte mediante giroconti, mentre l’istruttoria, a cui l’imputato aveva partecipato, aveva chiarito che le somme medesime erano state utilizzate per soddisfare, senza causa lecita, crediti di una società diversa).
Cassazione penale sez. V, 25/02/2020, n.12946
Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapporto contrattuale, rientrando tali diritti nel patrimonio dell’imprenditore fallito. (Fattispecie relativa all’occultamento alla curatela di un contratto preliminare stipulato da una ditta di costruzioni, poi fallita, relativo all’acquisto di alcuni immobili facenti parte di un complesso in costruzione risolutivamente condizionato alla conclusione dei lavori entro un certo termine).
Cassazione penale sez. V, 13/02/2020, n.15403
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di “leasing”, anche se risolto dopo la dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa fallimentare.
Cassazione penale sez. V, 12/02/2020, n.14010
Configura il delitto di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta del socio amministratore di una società di persone che prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti dal medesimo vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, atteso che il rapporto di immedesimazione organica che si instaura tra amministratore e società, segnatamente di persone (oltre che di capitali), non è assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino di per sé il credito per il lavoro prestato, dovendo invece l’eventuale sussistenza, autonoma e parallela, di un tale rapporto essere verificata in concreto attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica.
Cassazione penale sez. V, 07/02/2020, n.17614
In tema di reati fallimentari, la disposizione di cui all’art. 46, comma 1, n. 2 l. fall., che individua i beni non compresi nel fallimento suscettibili di trattenimento da parte del fallito, presuppone che sia già intervenuta la dichiarazione di fallimento e che l’agente rivesta la qualità di imprenditore individuale, non trovando applicazione nelle ipotesi di bancarotta distrattiva prefallimentare e nei confronti dell’amministratore o socio di una società di capitali.
Cassazione penale sez. V, 04/02/2020, n.8445
In tema di bancarotta patrimoniale per distrazione, non è configurabile l’attenuante della riparazione del danno, di cui all’art. 62, comma 1, n. 6, c.p., qualora la restituzione di beni oggetto della condotta distrattiva sia avvenuto a seguito del prospettato esercizio dell’azione revocatoria da parte del curatore fallimentare e non per iniziativa dell’imputato.
Cassazione penale sez. V, 03/02/2020, n.25108
In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.
Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.11928
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, il recupero o la possibilità di recupero è ininfluente sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato, in quanto la fattispecie si perfeziona al momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore anche se il reato viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento. (Fattispecie in cui la Corte in presenza di una contestazione di una distrazione effettuata attraverso il conferimento senza corrispettivo di un compendio immobiliare attraverso una fusione per incorporazione non perfezionatasi in quanto irregolare, ha ritenuto il reato consumato alla data di dichiarazione del fallimento della società conferente, senza riconoscere alcun rilievo alla circostanza che solo in momento successivo, con il fallimento anche della società incorporante, fosse definitivamente venuta meno la possibilità di recuperare il compendio immobiliare).
Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.17228
In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione).
Cassazione penale sez. V, 16/01/2020, n.19066
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Ergo i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi, anche laddove la condotta sia stata realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza: a nulla rileva, conseguentemente, il mero calcolo aritmetico che ponga in raffronto gli esiti di una gestione successiva e la consistenza del passivo.
Cassazione penale sez. V, 18/12/2019, n.9398
In tema di reati fallimentari, la fusione per unione di più società, una delle quali colpita dal fallimento, può integrare una condotta distrattiva, in quanto i rapporti giuridici facenti capo alle società coinvolte non si estinguono, ma si trasferiscono alla società derivante dalla fusione, sempre che sia dimostrata, alla stregua di una valutazione “ex ante” e in concreto, la pericolosità dell’operazione per la società poi fallita. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del tribunale del riesame che, confermando la misura cautelare personale emessa nei confronti dell’amministratore, aveva omesso di considerare a quale specifico profilo di rischio si fossero trovati esposti i creditori della società fallita per effetto della fusione con altra società in bonis).
Cassazione penale sez. V, 28/11/2019, n.12456
Costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma 1, n. 1, l. fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai riscosso che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali.
Cassazione penale sez. V, 26/11/2019, n.52057
In tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento.
Cassazione penale sez. V, 14/11/2019, n.1203
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione (sia postfallimentare, sia prefallimentare), quale reato presupposto, e il delitto di autoriciclaggio, quando, attraverso una valutazione operata in concreto, non emerga il mero impiego in attività imprenditoriali dei medesimi beni e somme oggetto di distrazione fallimentare, ma sia accertata l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene (nella specie, è stato riconosciuto il fumus di entrambi i reati in capo all’amministratore unico di una società, nella quale erano confluiti parte dei beni distratti dalla società fallita, con prosecuzione della medesima attività e subentro nel contratto di affitto prima della cessazione dell’attività della fallita.
Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.51242
Le spese eccessive personali o per la famiglia compiute da un amministratore di una società di capitali possono integrare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e non quello di bancarotta semplice, in quanto la fattispecie di cui all’art. 217, comma 1, n. 1, l. fall. è da ritenersi applicabile al solo imprenditore individuale.
Cassazione penale sez. V, 18/10/2019, n.45372
I beni illecitamente sopravvenuti, qualora siano fungibili, entrano a fare parte del patrimonio del fallito ed essendo perciò destinati alla soddisfazione dei creditori sono, comunque, oggetto di bancarotta se dal fallito dolosamente distratti, occultati o dissimulati, distrutti o dissipati.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA