Deve essere annullata la sentenza di condanna del medico imputato di omicidio colposo se il giudice di merito ha omesso lo scrutinio sull’esistenza di linee guida applicabili al caso clinico e del conseguente grado della colpa ascrivibile al sanitario

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 3941.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omicidio colposo in ambito medico, si sofferma sul ruolo assunto dalle linee guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali, alla cui valutazione cui è obbligato il giudice del merito soprattutto quando il fatto di reato in contestazione deve essere vagliato alla luce della legge Balduzzi e Gelli-Bianco, succedutesi nel tempo, con tutte le implicazioni connesse alla individuazione dell’apparato normativo più favorevole.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui costituisce specifico onere motivazionale del giudicante: (i) la individuazione delle linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali eventualmente applicabili al caso concreto; (ii) la tipologia di condotta colposa ed il grado della medesima ascrivibili alla condotta del sanitario.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(a) il testo della fattispecie incriminatrice;

(b) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di responsabilità medica e linee guida, oltre agli approfondimenti sul tema della responsabilità penale ascrivibile ai professionisti sanitari, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, la paziente decedeva a seguito di shock settico per spandimento biliare in cavità addominale secondario a micro perforazione intestinale iatrogena prodottasi in corso di colangio-pancreatografia retrograda (CPRE).

All’imputato tratto a giudizio nella qualità di primo operatore della CPRE, era stato contestato il delitto di omicidio colposo, per aver eseguito il trattamento sanitario in assenza di condizioni cliniche e diagnostiche che lo rendessero necessario e omettendo di valutare adeguatamente i rischi connessi all’intervento.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di primo grado con la quale il prevenuto veniva dichiarato responsabile del reato ascrittogli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando tre motivi di impugnazione.

In particolare, il ricorrente deduceva il vizio di omessa motivazione in ordine alla sussumibilità o meno della condotta colposa nel perimetro applicativo dell’art. 590-sexies c.p., ovvero del previgente art. 3, d.l. n. 158/2012.

La Suprema Corte ritiene fondato il motivo di ricorso e annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per estinzione del reato per prescrizione.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

Il primo motivo coglie nel segno, là dove evidenzia che la motivazione della sentenza impugnata non valuta né confuta in alcun modo le argomentazioni difensive, riscontrate da documentazione scientifica, secondo cui la decisione di eseguire la CPRE era conforme alle linee guida, in relazione alla necessità di verificare tempestivamente la sussistenza di un tumore in fase iniziale nella zona del pancreas.

I giudici di merito non spendono una parola sulle linee guida rilevanti nel caso di specie, limitandosi a fare proprie le considerazioni dei periti di ufficio, i quali hanno effettuato essenzialmente una valutazione ex-post della situazione clinica della paziente. La motivazione è anche contraddittoria, in quanto da una parte ammette che l’ecoendoscopia (eseguita dopo la colangio-RMN) aveva evidenziato la presenza di una immagine ipoecogena, quindi di una “formazione” di dubbia natura; dall’altra, afferma che la colangio-RMN aveva con certezza – ma non si vede come, vista la successiva endoscopia – escluso la presenza di patologia ostruttiva papillare. Occorreva invece stabilire, con valutazione ex-ante, se tale indagine fosse necessaria o comunque opportuna sulla base dei dati medici emersi e delle linee guida nel caso concreto applicabili.

Altrettanto fondato il secondo motivo, in quanto la motivazione non si occupa in alcun modo della possibile applicazione nel caso di specie della specifica normativa rilevante in caso di colpa medica, costituita dalle note leggi “Balduzzi” e “Gelli-Bianco” che si sono succedute negli ultimi anni, e quindi della problematica della eventuale colpa lieve in relazione all’indagine diagnostica eseguita dal medico nei confronti della paziente.

Trattasi di una grave carenza motivazionale, atteso il condivisibile insegnamento secondo cui, in tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, in base all’art. 2, quarto comma, cod. pen., la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da lineeguida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali (Sez. 4, n. 37794 del 22/06/2018)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 589 c.p. – Omicidio colposo

Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [586].

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [590], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di responsabilità medica e linee guida:

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189 (cosiddetta legge Balduzzi), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida (nella specie, da questa premessa la Corte ha fatto discendere la conseguenza che, a fronte di due pareri discordanti dei consulenti dell’accusa e della difesa su circostanze non espressamente valutate dalle linee guida, ma che hanno, tuttavia, caratterizzato il caso esaminato dal medico, la decisione dei giudici di merito che scelga tra le due posizioni non può fondarsi sul mero rinvio alle linee guida, che non contemplano e non valutano dette circostanze e che, proprio perché elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete).

 

Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102

Ai fini dell’applicabilità dell’articolo 590-sexies del Cp, in mancanza di linee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee-guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quali sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche.

 

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.9447

In tema di responsabilità medica, le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate ai sensi dell’art. 5, legge 8 marzo 2017, n. 24, benché non costituiscano veri e propri precetti cautelari vincolanti, tali da integrare, in caso di violazione rimproverabile, ipotesi di colpa specifica, rappresentano i parametri precostituiti a cui il giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia, cosicché, in caso di accertata violazione di linee guida adeguate al caso concreto, la verifica del grado della colpa non rileva ai fini dell’affermazione della responsabilità, ma può rilevare ai fini del trattamento sanzionatorio ed ai fini delle conseguenze civilistiche di tipo risarcitorio.

 

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2019, n.28086

Il secondo comma dell’ art. 590 sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la pro­fessione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta (anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse. La pronunzia peraltro ha ritenuto inapplicabile al caso concreto la causa di non punibilità, essendo la colpa dell’agente connotata anche da imprudenza e negligenza.

 

Cassazione civile sez. III, 30/11/2018, n.30998

Le c.d. linee guida sono solo un parametro di valutazione della condotta del medico, ma ciò non impedisce che una condotta difforme dalle linee guida possa essere ritenuta diligente, se nel caso di specie esistevano particolarità tali che imponevano di non osservarle.

 

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

 

Cassazione penale sez. IV, 15/11/2018, n.53453

La limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve, prevista dall’art. 3, comma 1, d.l. n. 158/2012, conv. in l., n. 189/2012, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nell’ipotesi di errori connotati da colpa generica diversi dall’imperizia (Fattispecie in cui la colpa lieve è stata esclusa per aver l’imputato trascurato di estrarre dal corpo della paziente operata corpi estranei utilizzati nel corso dell’intervento chirurgico).

 

Cassazione penale sez. IV, 16/10/2018, n.49884

In tema di responsabilità medica, poiché con la legge 8 marzo 2017, n. 24, il legislatore ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell’attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche controllate, rappresentate dalle linee guida, è viziata la motivazione della sentenza che abbia recisamente escluso la rilevanza di queste ultime per non aver l’imputato soddisfatto il relativo onere di allegazione.

 

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748

In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di lenee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale.

 

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.37794

In tema di responsabilità colposa per morte o lesioni in ambito medico, alla luce della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 24/2017, c.d. legge Gelli-Bianco, occorre distinguere tra una condotta del medico connotata da colpa per imperizia, per negligenza o per imprudenza, prendendo come parametro per la valutazione dell’operato del sanitario le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali. (Sulla base di questo principio la S.C. ha ritenuto non conforme alle finalità della legge la motivazione della pronuncia impugnata che non aveva indicato in modo specifico il grado di colpa del sanitario, omettendo di verificare la misura dello scostamento della sua condotta dalle linee-guida o dalle buone prassi).

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2018, n.46957

Nell’ambito della colpa lieve da imperizia del sanitario, purché questa attenga alla fase attuativa della prestazione medica, la disciplina del decreto Balduzzi e quella della legge Gelli-Bianco prevedono entrambe la non punibilità di chi se ne renda responsabile. Rimane ferma la responsabilità civile del sanitario, anche per colpa lieve, a prescindere dallo strumento con il quale il legislatore disciplina il difetto di rilevanza penale della condotta colposa da imperizia lieve.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, n.36723

In tema di responsabilità medica, qualora il fatto sia stato commesso sotto la vigenza dell’articolo 3 comma 1 del decreto legge 158/2012 (Decreto Balduzzi), in presenza di errore dovuto ad imperizia non grave ed intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, “la suddetta previsione deve essere considerata più favorevole di quella di cui all’articolo 590-sexies del codice penale (introdotto con legge n. 24/2017), dal momento che integra una parziale abolitio criminis e non una mera causa di non punibilità”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA