Surrogazione di maternità: non rispondono del reato i pazienti che in Italia si siano limitati a prendere contatto con la struttura sanitaria estera realizzando la condotta tipica interamente in territorio straniero.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 5198.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di surrogazione di maternità, si sofferma sulla non punibilità in Italia del fatto di reato contestato se commesso all’estero.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento enuncia il principio di diritto secondo cui la condotta consistente nel contattare la struttura sanitaria del Paese estero per conoscere le modalità della pratica disciplinate dalla legislazione straniera, non rientra nel raggio applicativo della fattispecie incriminatrice ex art. 12 comma 6 legge 40/2004, trattandosi di azione prodromica, non eziologicamente collegata o funzionale alla surrogazione di maternità, la quale viene realizzata interamente in territorio estero.

Di conseguenza, l’assenza della richiesta del Ministero della Giustizi,a rende improcedibile l’azione penale in Italia, non essendosi ivi verificata neppure una parte della condotta incriminata.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 5198/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di maternità surrogata, oltre agli approfondimenti sul tema della responsabilità penale in campo medico, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata alla materia.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie agli imputati era stato contestato il delitto ex art. 12 comma 6 legge 40/2004, per aver realizzato la condotta di maternità surrogata di tipo eterologo, mediante l’ausilio di  strutture sanitarie estere, di un notaio e di un funzionario pubblico e previo accordo con una cittadina ucraina.

Dalla lettura della sentenza si ricava che la cittadina straniera aveva accettato l’impianto dell’embrione e portato a termine la gravidanza con parto gemellare gemelli e successiva predisposizione di una dichiarazione con cui si attribuiva la maternità all’imputata. .

Il Tribunale di Pesaro dichiarava di non doversi procedere nei confronti dei giudicabili perché l’azione non doveva essere iniziata in assenza della richiesta del Ministero della giustizia, in ragione della consumazione all’estero del reato.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Pesaro proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, deducendo violazione di legge con riferimento all’art. 12 legge 40/2004.

Secondo la tesi della Pubblica Accusa, il giudice avrebbe erroneamente escluso dal raggio applicativo della fattispecie incriminatrice le condotte dei pazienti antecedenti alla sottoscrizione del contratto.

La Suprema Corte  ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Fermo, dunque, il divieto, sanzionato penalmente, del ricorso alla maternità surrogata, il pubblico ministero sostiene che il giudice avrebbe errato nell’applicazione della legge penale sostanziale in relazione all’individuazione della fattispecie tipica. L’art. 12 comma 6 cit., punisce “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”. Nel caso in esame viene in rilievo la condotta di chi “realizza” […].

In fatto, sentenza impugnata ha ritenuto che il reato contestato si fosse consumato integralmente all’estero sulla base dei seguenti elementi. In territorio ucraino, dove gli imputati si erano recati, venne vagliata la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata secondo la disciplina dello Stato; sempre nella clinica ucraina previamente individuata, gli imputati furono visitati, e lì venne commissionato l’intervento, sottoscritto il contratto, adempiuto lo stesso con il prelievo dei gameti e l’impianto degli stessi nella madre di parto, previa individuazione della donatrice, e lì si svolse tutta la gestazione fino al parto. Sempre in Ucraina, secondo le leggi di quel Paese, l’atto di nascita dei gemelli venne registrato presso l’ufficio di stato civile. Mentre non assumevano rilievo, sempre secondo la sentenza impugnata, i contatti iniziali avuti dagli indagati con la clinica ucraina per conoscere le modalità attraverso le quali era possibile tale pratica, contatti prodromici a verificarne la praticabilità in quel Paese, contatti che non raggiungevano la soglia di rilevanza penale perché non ancora dimostrativi della decisione di ricorrere a tale pratica che, si rammenta, è disciplinata dalla legislazione straniera e dalla necessaria verifica di fattibilità avvenuta in quel Paese dopo gli accertamenti medici. L’accordo e la sottoscrizione del contratto si erano perfezionati in Ucraina, dove si erano concluse le pratiche volte alla maternità surrogata e dove essa si era realizzata, con la nascita dei gemelli, figli degli imputati secondo la legge straniera. La trascrizione dell’atto di nascita che, comunque, non integra il reato di cui all’art. 567 comma 2 cod. pen. (Sez. 6, n. 48696 del 11/10/2016; Sez. 6, n. 8060 del 11/11/2015; Sez. 5, n. 13525 del 10/03/2016), è stata ritenuta condotta susseguente al già commesso reato.

La decisione impugnata, tenuto conto del perimetro della contestazione come descritta nel capo di imputazione, misurandosi con queste, ha così selezionato le condotte integrati la fattispecie di “realizza” nei termini sopra indicati, ancorati ai dati di fatto e in rapporto alla contestazione elevata, escludendo le condotte non direttamente e inequivocabilmente funzionali a realizzare la maternità surrogata che si perfeziona, secondo la sentenza impugnata, con la nascita a gestazione terminata, ovvero con l’evento della condotta di “realizza”, così da circoscrivere e delimitare il contenuto della fattispecie tipica entro limiti di riconoscibilità della fattispecie e prevedibilità delle conseguenze penali della condotta.

Poiché la condotta si era integralmente consumata in territorio straniero, in assenza di richiesta del Ministero della Giustizia, il reato commesso dai cittadini italiani all’estero non era procedibile ai sensi dell’art. 9 comma 2 cod. pen., non essendo avvenuta in Italia anche solo una parte dell’azione ai sensi dell’art. 6 comma 2 cod. pen. […] Affinché sia applicabile la legge italiana, ai sensi dell’art. 6 cod. pen., occorre, infatti, che l’azione o l’omissione si sia realizzata, in tutto o in parte, in territorio italiano nel senso che è necessario che la parte di condotta commessa in Italia sia comunque significativa e collegabile in modo chiaro e univoco alla parte restante realizzata in territorio estero, ma tale connotazione non può essere riconosciuta ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi, anche se poi ivi integralmente realizzati (Sez. 6, n. 56953 del 21/09/2017; Sez. 3, n. 35165 del 02/03/2017)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 12 co. 6 Legge 40/2004

Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. VI, 21/09/2017, n.56953

Ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, e, quindi, un qualsiasi atto dell’iter criminoso; tale connotazione, tuttavia, non può essere riconosciuta ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi, anche se poi ivi integralmente realizzati. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso che l’unica azione avvenuta con certezza in Italia, costituita dal viaggio degli imputati in Svizzera, ove avevano realizzato i reati contestati, potesse considerarsi un frammento della condotta rilevante al fine di radicare la giurisdizione italiana, ai sensi dell’art. 6, comma 2, c.p., non sussistendo alcun apprezzabile collegamento con l’attività illecita posta in essere, in assenza di elementi ulteriori tali da connotare tale trasferimento come condotta prodromica).

Cassazione penale sez. III, 02/03/2017, n.35165

In caso di concorso di persone nel reato commesso in parte all’estero, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana e per la punibilità di tutti i concorrenti è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificata anche solo una frazione della condotta ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti, che, seppur priva dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia comunque significativa e collegabile in modo chiaro e univoco alla parte restante realizzata in territorio estero. (Fattispecie in tema di concorso di persone nel reato di importazione di sostanza stupefacente, in cui la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza della Corte territoriale che aveva ravvisato la giurisdizione italiana nella condotta dell’imputato trovato in possesso di sostanza stupefacente all’aeroporto di Caracas, ivi arrestato e giudicato, sulla base del rilievo che la sostanza detenuta dallo stesso gli era stata affidata affinché la trasportasse in Italia per consegnarla a determinati soggetti; la S.C. ha ritenuto la motivazione della sentenza insufficiente, non avendo indicato i correi, né descritto gli accordi tra loro intercorsi e nemmeno individuato la frazione di condotta realizzata nel territorio dello Stato collegata con quella commessa all’estero).

Cassazione penale sez. VI, 11/10/2016, n.48696

Non commette reato di falsa certificazione la donna che dichiara di essere la madre di bambini nati con la maternità surrogata, con fecondazione eterologa, se in quel Paese la pratica è lecita. La Cassazione ribadisce il principio in relazione ad una vicenda di utero in affitto avvenuto in Ucraina, paese dove tale pratica è consentita dalla legge nazionale, a condizione che uno dei due committenti sia anche il genitore biologico, circostanza ricorrente nella fattispecie. Per i giudici, non solo manca il dolo del reato di alterazione di stato nella richiesta di registrazione dell’atto di nascita, ma anche l’elemento oggettivo, posto che il concetto di stato di filiazione tende ad essere non più legato ad una relazione necessariamente biologica, ma sempre più ad essere considerato legame giuridico.

 

Cassazione penale sez. V, 10/03/2016, n.13525

In caso di ricorso alle tecniche di maternità surrogata all’estero e di successiva indicazione nell’atto di nascita di essere i genitori naturali in base alle leggi del luogo, gli autori di tali condotte non rispondono penalmente in Italia dei reati di alterazione di stato del minore o di falsa attestazione su qualità personali, poiché l’atto di nascita si era formato in conformità della normativa straniera ed essi non avevano poi reso alcuna falsa dichiarazione al pubblico ufficiale italiano.

Cassazione penale sez. VI, 11/11/2015, n.8060

Non integra il reato di alterazione di stato, non ravvisandosi l’induzione in errore dell’ufficiale di stato civile, la trascrizione in Italia di un falso atto di nascita formato all’estero in forza di una richiesta presentata da parte del solo padre biologico del neonato, corredata da documenti che dimostravano che la madre effettiva del neonato era diversa da quella indicata nell’atto. (Nella fattispecie, dopo la formazione in Ucraina di un falso atto di nascita, alla prima richiesta di trascrizione presentata dagli imputati, coniugi che si dichiaravano genitori del bambino, è seguita una seconda istanza da parte solo del solo padre biologico, con la produzione di documenti che dimostravano chi era la madre effettiva del neonato).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA