Non va condannato l’oncologo negligente se nel caso specifico il corretto inquadramento diagnostico non avrebbe prodotto effetti salvifici per il paziente.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 6512.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omicidio colposo in campo medico per colpa omissiva, si sofferma sulle regole che informano il giudizio controfattuale e l’importanza che questo riveste ai fini dell’accertamento della penale responsabilità dell’imputato.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento  richiama, facendone applicazione al caso di specie, il consolidato principio di diritto secondo cui, ai fini del corretto svolgimento del giudizio controfattuale, è necessario individuare preliminarmente la specifica attività richiesta al sanitario, nonché il momento di inizio e l’evoluzione della patologia, al fine di verificare l’eventuale effetto salvifico della condotta doverosa non attuata dal medico, escluso il quale non può pronunciarsi sentenza di condanna, neanche nel caso di colpa conclamata.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 6512.2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di giudizio controfattuale nell’ambito della responsabilità medica, oltre agli approfondimenti sul tema può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie alle imputate, tratte a giudizio nella qualità di medici in servizio presso la casa di cura nel reparto oncologico, era stato contestato il delitto di omicidio colposo, per aver cagionato il prematuro decesso del paziente – ricoverato per disfagia con esiti di emiglossectomia spinocellulare – con colpa specifica consistente nell’omessa esecuzione degli accertamenti e dei controlli diagnostici (quali la TAC con mezzo di contrasto e la fibro-ipofaringo-laringoscopia), volti a verificare la ripresa della malattia oncologica, impedendo così di formulare una esatta e tempestiva diagnosi e connessa terapia diretta a ritardare l’evento morte.

La Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la sentenza con la quale il GUP del Tribunale di Taranto, all’esito del giudizio abbreviato, aveva assolto le prevenute dal reato loro ascritto a titolo di cooperazione colposa, non potendosi affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’idoneità del trattamento terapeutico a ritardare l’esito letale della patologia del paziente.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Le parti civili proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, deducendo, con unico motivo, l’inosservanza ed erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Le Sezioni unite, con impostazione sostanzialmente confermata dalla giurisprudenza successiva, hanno enucleato, per quanto attiene alla responsabilità professionale del medico, relativamente al profilo eziologico, i seguenti principi di diritto: il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicché, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilità razionale”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio (Sez. U. 10.7.2002, Fra nzese).

Ne deriva che, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale (Cass.,Sez.4,n. 30649 del 13-6-2014, Rv. 262239). Sussiste, pertanto, il nesso di causalità tra l’omessa adozione, da parte del medico, di misure atte a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, allorché risulti accertato, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con modalità migliorative, anche sotto il profilo dell’intensità della sintomatologia dolorosa ( Cass., Sez. 4, n. 18573 del 14-2-2013, Rv. 256338).

È noto infatti che in tema di responsabilità medica, è indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, in quanto solo in tal modo è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito (Cass., Sez. 4, n. 43459 del 4-10-2012, Rv. 255008)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 589 c.p. – Omicidio colposo

Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [586].

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [590], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. IV, 14/02/2013, n.18573

In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo)

 

Cassazione penale sez. IV, 04/10/2012, n.43459

In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di appello ha affermato, in ordine al reato di lesioni personali gravi, la responsabilità dei medici – per non aver rimosso, nel corso di un intervento chirurgico, una garza dall’addome del paziente – omettendo di esaminare le doglianze degli appellanti relative all’assenza di dette garze presso la struttura sanitaria in cui venne eseguito l’intervento, alle specifiche patologie del paziente ed all’eventualità che le stesse avessero richiesto esami strumentali endoscopici cui ricollegare la presenza della garza).

 

Cassazione penale sez. un., 10/07/2002, n.30328

Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. La conferma dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale non può essere dedotta automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di giudizio controfattuale:

Cassazione penale sez. IV, 16/09/2020, n.28294

In tema di nesso di causalità nel reato colposo omissivo, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento – richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che è accaduto (cosiddetto giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta. Una volta soddisfatto tale passaggio probatorio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può però ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese; sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn). Per l’effetto, in tema di responsabilità medica è indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, in quanto solo in tal modo è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito, avvalendosi delle leggi scientifiche, universali o statistiche, e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto, all’esito di un ragionamento probatorio che, esclusa l’interferenza di fattori eziologici alternativi, conduca alla conclusione, processualmente certa, che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilità razionale” (da queste premesse, in una vicenda in cui il decesso del paziente per carcinoma vescicale metastatico era stato addebito al chirurgo che aveva omesso di praticare – in occasione di due successivi interventi chirurgici relativi a resezione di neoplasia vescicale e successiva cistoscopia – l’esame istologico sul materiale resecato, è stata annullata con rinvio la sentenza che aveva motivato la condanna sul mero dato statistico che, in tal modo, il chirurgo aveva sensibilmente ridotto le aspettative di vita del paziente; secondo la Corte, infatti, non poteva ritenersi sufficiente l’argomento in forza del quale, in ragione dell’omessa effettuazione dell’esame istologico, era diminuita la probabilità statistica astratta di sopravvivenza, giacché tale diminuzione, in ipotesi senz’altro rilevante perché l’anticipazione del decesso – comunque inevitabile- dovuto a errori diagnostici e/o a cure inadeguate, è circostanza che rientra nella tipicità del delitto di omicidio colposo, avrebbe però dovuto essere apprezzata alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, elaborato sull’analisi della particolarità del caso concreto).

 

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

In tema di responsabilità medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente. (Fattispecie relativa al decesso di una paziente per embolia polmonare conseguente alla omessa somministrazione di adeguata terapia antitrombotica, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consulenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le particolari condizioni in cui versava la paziente).

 

Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.19856

Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata specificamente richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale. Sussiste, al riguardo, il nesso di causalità tra la condotta omissiva tenuta dal medico e il decesso del paziente solo allorquando risulti accertato che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore, rallentando significativamente il decorso della malattia, o con minore intensità lesiva.

 

Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.2865

In tema di reato colposo omissivo improprio, con particolare riguardo alla materia della responsabilità professionale dell’esercente la professione sanitaria, il nesso causale può essere ravvisato solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica –, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge la conferma o meno dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica prossime alla certezza.

 

Cassazione penale sez. IV, 20/11/2019, n.1350

In tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. (Fattispecie in tema di colpa medica di tre sanitari che si erano succeduti nella cura di un bambino, deceduto per la perforazione dell’intestino conseguita all’effettuazione di un clisma opaco senza la previa necessaria idratazione, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna dei medici intervenuti prima di quello che aveva eseguito il predetto esame strumentale, per non avere verificato se essi avessero contribuito all’omessa idratazione del paziente, quale fosse il livello di disidratazione raggiunto in concomitanza con il loro intervento, e se i rischi connessi alla disidratazione si fossero aggravati in considerazione della decisione, presa da altri medici, di sottoporre il paziente al clisma opaco).

 

 

Cassazione penale sez. IV, 17/09/2019, n.41893

La responsabilità del medico per il decesso del paziente può essere affermata, in occasione del giudizio controfattuale da effettuare in caso di addebito a titolo di responsabilità omissiva, solo allorquando sia possibile sostenere che, se la condotta omessa fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con, probabilità confinante con la certezza, alla luce del sapere scientifico e delle specificità del caso concreto (condizioni del paziente) (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata dalla corte di appello a carico di un sanitario del 118 cui era stato addebitata la morte di un paziente, per avere l’imputato, intervenuto in via d’urgenza, omesso di compiere tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonari necessarie, così da aver provocato la morte a seguito di infarto; secondo la Corte, infatti, l’omissione addebitata all’imputato, secondo la stessa ricostruzione operata in sede di merito, aveva privato il paziente solo di marginali chances di sopravvivenza, stimate in un arco tra il 2% e l’11%, fino al 23% soltanto in caso di emersione di ritmo defribrillabile, onde la causalità non poteva dirsi sussistente sulla base del giudizio controfattuale imposto, alla stregua del canone della “certezza processuale”, ai fini della condanna).

 

Cassazione penale sez. IV, 15/03/2019, n.26568

In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di assoluzione dei medici cui era stato addebitato un ritardo nella diagnosi di un infarto intestinale, non essendosi accertato che il tempestivo espletamento dell’esame radiologico omesso avrebbe comunque permesso di evitare l’evento mortale).

 

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2017, n.50975

In tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di una malattia tumorale e il decesso del paziente, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove dal giudizio controfattuale risulti l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie atte a incidere positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che la morte si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva.

 

Cassazione penale sez. III, 01/03/2017, n.39497

Non può essere condannata per il reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. l’infermiera addetta all’assistenza notturna post operatoria di un paziente che, pur avendo ricevuto numerose richieste di soccorso dallo stesso, abbia omesso di avvisare il personale medico di guardia, al fine di consentire di accertare l’esistenza di un’emorragia in corso, in assenza del necessario giudizio controfattuale indicato come necessario per accertare la configurabilità dell’ineludibile relazione causale tra tale condotta e le conseguenze patite dal paziente medesimo (nello specifico la Suprema Corte ha rilevato come l’istruttoria dibattimentale non avesse consentito di accertare se la complicanza patita dal paziente, che aveva in seguito reso necessario un secondo intervento chirurgico, fosse conclamata e reversibile, nonché se la struttura sanitaria sarebbe stata in grado, nel periodo notturno, di eseguire gli esami diagnostici disposti la mattina successiva).

 

Cassazione penale sez. IV, 09/05/2017, n.42282

In tema di responsabilità penale del medico per omesso trattamento sanitario, la causalità omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimono un coefficiente prossimo alla certezza, ma può esserlo altresì quando ricorrano criteri medio bassi di probabilità cosiddetta frequentista corroborati da riscontri probatori circa la sicura non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa (nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico che aveva omesso interventi tempestivi su un paziente ricoverato e affetto da embolia polmonare e successivamente deceduto a causa di un trombo, laddove testi di letteratura scientifica indicano in una probabilità molto bassa (7%) i casi di morte in conseguenza di trombosi venosa profonda che sia stata correttamente diagnosticata e trattata).

 

Cassazione penale sez. V, 15/12/2015, n.9831

Anche nei reati omissivi impropri è necessario raggiungere la certezza processuale in ordine alla sussistenza del nesso di causalità: per far ciò, non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi concernenti la “causa materiale” dell’evento.

 

Cassazione penale sez. IV, 23/06/2015, n.30350

Per poter attribuire incidenza causale alla condotta omissiva colposa posta in essere dal personale medico-sanitario, si deve prima procedere all’accertamento delle concrete modalità di verificazione dell’evento “hic et nunc” realizzatosi e, successivamente, al giudizio circa l’efficacia salvifica dell’azione doverosa omessa.

 

Cassazione penale sez. IV, 12/05/2015, n.22835

Qualora il nesso di causalità sia stato accertato in relazione ad una legge scientifica, come nel caso concreto in cui l’insorgenza della dermatite è stata indicata come reazione allergica ad alcuni componenti della crema abbronzante fornita dall’estetista, subentra l’obbligo del giudice di accertare, altresì, la causalità della colpa. Si deve, infatti, rimarcare che la legge di copertura spiega il fenomeno causale ma può non essere di per sé idonea a fondare l’accertamento della causalità della colpa, che richiede una valutazione quasi esclusivamente normativa, consistente nell’accertamento della violazione della regola cautelare, della prevedibilità ed evitabilità dell’evento e della concretizzazione del rischio.

 

Cassazione penale sez. IV, 13/06/2014, n.30469

Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento alla condotta omissiva deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo di imputazione; pertanto, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose ascritte all’esercente la professione sanitaria, il ragionamento controfattuale deve essere sviluppato dal giudice di merito in riferimento all’attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assumeva idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, con alto grado di credibilità razionale.

 

Cassazione penale sez. IV, 12/03/2014, n.14812

In tema di responsabilità medica, il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio contro-fattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica — universale o statistica —, si accerta che, immaginandosi come realizzata la condotta doverosa, l’evento “hic et nunc” non si sarebbe verificato.

 

Cassazione penale sez. IV, 31/01/2013, n.23339

Il giudizio contro-fattuale richiede che venga preliminarmente descritto ciò che è accaduto; solo dopo aver accertato che cosa è successo (giudizio esplicativo) è possibile chiedersi cosa sarebbe stato se fosse intervenuta la condotta doverosa (giudizio predittivo). Ove si tratti di reati omissivi impropri può dirsi che la situazione tipica, donde trae origine l’indifferibilità dell’adempimento dell’obbligo “di facere”, deve essere identificata in termini non dubitativi; ove così non fosse non sarebbe possibile neppure ipotizzare l’omissione tipica.

 

Cassazione penale sez. IV, 04/12/2012, n.10615

In tema di colpa nell’attività medicochirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonché sulle contingenze significative del caso concreto.

By Claudio Ramelli @riproduzione Riservata