Rimessa alle Sezioni unite della Suprema Corte la questione della sequestrabilità in forma diretta delle somme di denaro anche in assenza di nesso di pertinenzialità rispetto al reato, laddove l’interessato ne provi la derivazione da un titolo lecito.

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 7021.2021, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale è stata rimessa alle Sezioni unite la questione della qualificazione o meno del sequestro preventivo funzionale alla confisca avente ad oggetto il denaro giacente su conto corrente bancario come sequestro diretto del prezzo o profitto del reato, anche laddove l’interessato provi la derivazione del denaro da un titolo lecito.

In particolare, con l’ordinanza in commento la Suprema Corte riporta il noto principio di diritto espresso dalle Sezioni unite con la sentenza Lucci, secondo cui il sequestro preventivo delle somme di denaro giacenti su conto corrente ha sempre natura diretta; nonché pronunce successive che sembrano discostarsi dal precedente arresto giurisprudenziale, ammettendo la non sequestrabilità del denaro in assenza di prova della derivazione del medesimo dal reato.

 

Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare di merito

Nel caso di specie, all’indagato era provvisoriamente addebitato il delitto di traffico di influenze illecite ex art. 346 bis c.p., per essersi fatto consegnare dall’amministratore di una società una somma di denaro e altri beni, come prezzo della mediazione illecita e come profitto del reato, in cambio della riduzione non dovuta delle imposte della società di quest’ultimo.

Il Tribunale delle Libertà di Salerno, in parziale accoglimento della richiesta di riesame avanzata dall’indagato, confermava il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme di denaro in contanti e giacenti sui conti correnti bancari a lui intestati o nella sua disponibilità, quale profitto del delitto contro la pubblica amministrazione e disponeva la restituzione al giudicabile di una parte delle somme, considerate non derivanti dal reato contestato.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa dell’indagato proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, articolando quattro motivi di impugnazione.

La Suprema Corte rimette il ricorso alle Sezioni unite.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

(i) Sezioni unite Lucci

“Le Sezioni Unite hanno affermato che la confisca, e quindi il sequestro preventivo di somme di denaro, ha sempre natura “diretta” (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, cit.) Le Sezioni Unite hanno precisato che: – il profitto del reato è solo il vantaggio di immediata e diretta derivazione causale dal reato; – la confisca per equivalente, rappresentando una alternativa alla confisca diretta ed operando solo quando non può trovare applicazione la ordinaria misura di sicurezza patrimoniale – presuppone che il relativo oggetto (vale a dire il prezzo o il profitto del reato) abbia una sua consistenza naturalistica e/o giuridica tale da permetterne l’ablazione, nel senso che, una volta entrato nel patrimonio dell’autore del reato, continui a mantenere una sua identificabilità; – ove il profitto o il prezzo del reato sia rappresentato da una somma di denaro, questa, non soltanto si confonde automaticamente con le altre disponibilità economiche dell’autore del fatto, ma perde – per il fatto stesso di essere ormai divenuta una appartenenza del reo – qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilità fisica; – non avrebbe ragion d’essere – né sul piano economico, né su quello giuridico – la necessità di accertare se la massa monetaria percepita quale profitto o prezzo dell’illecito sia stata spesa, occultata o investita: ciò che rileva è che le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell’interesse del reo; – soltanto, quindi, nella ipotesi in cui sia impossibile la confisca diretta di denaro sorge la eventualità di far luogo ad una confisca per equivalente degli altri beni di cui disponga l’imputato per un valore corrispondente a quello del prezzo o profitto del reato; – la confisca del denaro costituente prezzo o profitto del reato pur in assenza di elementi che dimostrino che proprio quella somma è stata versata su quel conto corrente non determina una sostanziale coincidenza della confisca diretta con quella di valore, dal momento che è la prova della percezione illegittima della somma che conta, e non la sua materiale destinazione: con la conseguenza che, agli effetti della confisca, è l’esistenza del numerano comunque accresciuto di consistenza a rappresentare l’oggetto da confiscare, senza che assumano rilevanza la eventuale movimentazione di un determinato conto bancario (così testualmente le Sezioni unite)”. […]

(ii) Pronunce successive alla sentenza Lucci

“Secondo Sez. 3, n. 8995 del 30/10/2017, dep. 2018, Barletta, Rv. 272553, – intervenuta in un procedimento in cui si procedeva per i reati di cui agli artt. 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 – il principio affermato dalle Sezioni Unite “Lucci” non trova applicazione nei casi in cui si abbia la prova che le somme giacenti sul conto corrente bancario non possano in alcun modo derivare dal reato, difettando in esse la caratteristica di profitto, pur sempre necessaria per potere procedere, in base alle definizioni e ai principi di carattere generale, ad un sequestro, come quello di specie, in via diretta. […]

Con un ulteriore decisione si è confermata la necessaria preventiva individuazione del nesso di derivazione dal reato anche per il denaro, nonostante la sua natura di bene fungibile, precisando che «…il sequestro preventivo comporta la preventiva individuazione del rapporto di pertinenza con i reati per i quali si procede, di cui deve darsi atto nella motivazione del provvedimento, nel senso che deve trattarsi di denaro che costituisca il prodotto, il profitto o il prezzo del reato oppure che sia servito a commetterlo o sia, comunque, concretamente destinato alla commissione dello stesso. Ciò comporta che il sequestro preventivo non può colpire, indistintamente e genericamente, beni o somme di denaro dell’indagato o dell’imputato, ma solo i beni legati dal rapporto di pertinenzialità al reato» (Sez. 6, n. 17997 del 20/03/2018, Bagalà, Rv. 272906, in cui la Corte ha fatto riferimento a Sez. 5, n. 5251 del 30/10/2014, Bianchi, Rv. 262164).

In senso sostanzialmente simmetrico si colloca Sez. 6, n. 6810 del 29/01/2019, Sena, Rv. 275048 che, pur facendo riferimento a somme versate sul conto in un momento successivo alla commissione del reato, ha tuttavia evidenziato che «se la finalità della confisca diretta è quella di evitare che chi ha commesso un reato possa beneficiare del profitto che ne è conseguito, bisogna ammettere che tale funzione è assente laddove l’ablazione colpisca somme di denaro entrate nel patrimonio del reo certamente in base ad un titolo lecito ovvero in relazione ad un credito sorto dopo la commissione del reato, e non risulti in alcun modo provato che tali somme siano collegabili, anche indirettamente, all’illecito commesso»”. […]

 

(iii) Questione rimessa alle Sezioni unite

“Il tema non è il superamento o la rivisitazione dei principi affermati con la sentenza delle Sezioni Unite “Lucci”, quanto, piuttosto, se detti principi possano essere definiti ulteriormente nella loro portata, conformati, esplicitati nel senso di ritenere che il denaro può essere attinto con il sequestro finalizzato alla confisca diretta solo nei casi in cui: a) risulti che la somma sia proprio quella che è derivata immediatamente e direttamente dal reato; b) ovvero, si tratti di denaro che, per mero valore, corrisponda al profitto del reato (è l’ipotesi, come quella in esame, di denaro sequestrato sui conti correnti movimentati) in virtù di una presunzione semplice, non superata da una “prova” contraria cautelare: la parte interessata può, cioè, fornire elementi idonei ad escludere la presunzione e dimostrare che su quel conto siano giacenti, in tutto o in parte, somme aventi origine da un titolo lecito in relazione alle quali si può escludere ogni rapporto di derivazione con il reato. Ove detta prova vi sia, il denaro sarà sì sequestrabile, ma solo in funzione della confisca di valore, se consentita, e non di quella diretta. […]

Si ritiene, dunque, di rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, sulla seguente questione “se il sequestro delle somme di denaro giacenti su conto corrente bancario debba sempre qualificarsi finalizzato alla confisca diretta del prezzo o del profitto derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la “prova” della derivazione del denaro da un titolo lecito””.

 

Le pronunce citate nell’ordinanza in commento:

Cassazione penale sez. III, 01/07/2020, n.23040

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca in forma diretta del profitto derivante dal delitto di indebita compensazione, di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, commesso dall’amministratore di una persona giuridica, può avere ad oggetto il saldo attivo presente sul conto corrente sociale al momento della consumazione del reato, coincidente con la presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato – sul rilievo indiziario che le disponibilità monetarie si siano accresciute per il risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell’imposta -, restando onere della difesa allegare circostanze specifiche da cui desumere che, alla data di consumazione del reato, non vi fossero sul predetto conto somme liquide a disposizione del contribuente o che il denaro sequestrato sia frutto di accrediti con causa lecita effettuati successivamente a tale momento.

 

Cassazione penale sez. III, 29/09/2020, n.31516

Il denaro versato successivamente alla data di consumazione del reato non può essere ritenuto “profitto” del reato, ma rappresenta un’unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, eventualmente aggredibile con un provvedimento ablativo se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente (fattispecie di mancato versamento delle ritenute d’imposta).

 

Cassazione penale sez. III, 04/10/2018, n.6348

In tema di reati tributari, ai fini della confisca diretta delle somme sequestrate sul conto corrente bancario dell’imputato, la natura fungibile del denaro non è sufficiente per qualificare come “profitto” del reato l’oggetto del sequestro, essendo necessario anche provare che la disponibilità delle somme, successivamente sequestrate, costituisca un risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell’imposta. (In motivazione la Corte ha precisato che, per accertare se il denaro costituisce profitto del reato tributario, e, cioè, un risparmio di spesa aggredibile in via diretta, è necessario avere riguardo non all’identità fisica delle somme, ma al valore numerario delle disponibilità giacenti sul conto dell’imputato alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta, mentre il denaro versato successivamente a detto termine, che fosse stato sequestrato, non può essere ritenuto “profitto” del reato, ma rappresenta un’unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, confiscabile se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente).

 

Cassazione penale sez. III, 12/07/2018, n.41104

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario del reo, ove si abbia la prova che le stesse, non derivando dal reato, non costituiscano profitto dell’illecito. (Fattispecie in tema di reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in cui è stato escluso che le somme di denaro depositate sul conto corrente dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione IVA potessero rappresentare il profitto derivante dall’evasione fiscale).

 

Cassazione penale sez. VI, 20/03/2018, n.17997

In tema di sequestro preventivo di somme di denaro, la misura cautelare può essere disposta nei limiti in cui risulti accertato il nesso di pertinenzialità rispetto al reato, ravvisabile qualora il denaro costituisca il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, oppure sia servito a commetterlo, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il sequestro di conti correnti, libretti postali, titoli ed altri strumenti finanziari intestati all’indagato, disposto sulla base del generico presupposto che tali beni fossero provento dell’appartenenza ad un’associazione di stampo mafioso).

 

Cassazione penale sez. III, 30/10/2017, n.8995

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario del reo, ove si abbia la prova che le stesse non possono in alcun modo derivare dal reato e costituiscano, pertanto, profitto dell’illecito. (Fattispecie in tema di omesso versamento delle ritenute, di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, in cui la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il sequestro e la successiva confisca di somme di denaro certamente depositate successivamente al momento di perfezionamento del reato).

 

Cassazione penale sez. III, 09/02/2016, n.28223

In tema di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (e di ritenute operate sulla retribuzione dei dipendenti) il profitto del reato consiste nel corrispondente risparmio di spesa ed, in particolare, nelle disponibilità liquide giacenti sui conti del contribuente alla data di scadenza del termine per il pagamento e non versate. Ne consegue che il sequestro, per essere qualificato come finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente il profitto del reato omissivo, non può mai essere disposto, né essere eseguito, per importi comunque superiori ai saldi attivi giacenti sui conti bancari o postali di cui il contribuente disponeva la scadenza del termine per il pagamento.

 

Cassazione penale sez. un., 26/06/2015, n.31617

Qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato.

 

Cassazione penale sez. VI, 26/03/2015, n.15923

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di somme di denaro che costituiscono profitto di reato può avere ad oggetto sia la somma fisicamente identificata in quella che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa, sia una somma corrispondente al valore nominale di questa, quando sussistono indizi per i quali il denaro di provenienza illecita risulti depositato in banca ovvero investito in titoli, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di occultare. (In motivazione, la S.C. ha precisato che il sequestro funzionale alla confisca diretta può colpire anche una somma corrispondente al valore nominale di quella illegalmente percepita, purché il denaro sequestrato sia comunque riferibile all’indagato e sussista il rapporto pertinenziale tra il numerario sottoposto a vincolo e il reato del quale esso costituisce il profitto illecito).

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