La rassegna ragionata della giurisprudenza di legittimità aggiornata al mese di gennaio 2021 in materia di reati omissivi colposi ascrivibili ai professionisti sanitari.
Si segnala ai lettori del blog il seguente contributo con il quale si intende offrire all’utente uno strumento utile all’inquadramento della responsabilità penale ascrivibile ai professionisti sanitari per i delitti di omicidio e lesioni colpose, reati omissivi colposi di evento realizzati da medici e personale sanitario nell’esercizio della professione. In particolare nel presente contributo verranno trattate le seguenti tematiche:
(i) la posizione di garanzia rivestita dai professionisti sanitari a tutela della salute e incolumità del paziente;
(ii) le regole del giudizio controfattuale da svolgere al fine di accertare l’esistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva colposa del sanitario e l’evento morte o lesioni;
(iii) l’elemento soggettivo della colpa, anche alla luce della disciplina introdotta dalle Leggi Balduzzi e Gelli-Bianco in merito al ruolo svolto dalle linee guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali che i professionisti sanitari sono tenuti a seguire nell’esercizio della propria professione;
(iv) le singole fattispecie incriminatrici (omicidio colposo e lesioni colpose ex artt. 589, 590 cod. pen., con indicazione degli elementi costitutivi dei reati, della prescrizione, dell’autorità giudiziaria competente, della procedibilità.
A corredo di ciascuna tematica, infine, verrà riportata la rassegna della giurisprudenza di legittimità aggiornata al mese di gennaio 2021, ordinata partendo dalle sentenze (massimate) più recenti.
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L’Autorità giudiziaria chiamata ad accertare la penale responsabilità del giudicabile per i reati colposi di evento sopra indicati, nel corso del processo dovrà accertare al di là del ragionevole dubbio quanto segue:
(i) la titolarità in capo al professionista sanitario di una posizione di garanzia rispetto all’evento avverso che si è verificato (morte o lesioni personali);
(ii) la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta (attiva od omissiva) del sanitario e l’evento lesivo;
(iii) la rimproverabilità del fatto al sanitario per colpa generica o specifica: l’affermazione della penale responsabilità deve tradursi in un giudizio di censura nei confronti dell’imputato reo di aver tenuto una condotta negligente, imprudente o imperita.
La posizione di garanzia del sanitario
Per quanto riguarda il tema della posizione di garanzia in capo all’esercente la professione sanitari, in estrema sintesi essa si può ritenere sussistente in capo ai soggetti (medici e personale paramedico) sui quali grava il dovere di cura del paziente, che si fonda sui principi di solidarietà di rilievo costituzionale enunciati negli artt. 2, 32, 41 co. 2 Costituzione, norme tutte che impongono ai soggetti dotati delle necessarie competenze, conoscenze e strumenti, di esercitare il potere-dovere di tutela dei beni di primaria importanza della salute, della vita e dell’integrità fisica.
Per quanto riguarda la penale responsabilità, la pietra angolare risiede nel precetto dell’art. 40 cpv. codice penale, in base al quale è punibile colui che non impedisce l’evento che ha l’obbligo giuridico di impedire.
L’individuazione del soggetto operante nella struttura sanitaria – pubblica o privata – o in regime di libera professione cui riconnettere astrattamente la penale responsabilità per l’evento avverso (morte o lesioni personali) costituisce nella fase delle indagini preliminari il primo elemento di valutazione da parte del magistrato inquirente che dovrà procedere alla iscrizione del personale medico o paramedico nel Registro Notizie di Reato, generalmente a seguito della acquisizione della cartella clinica e di quella infermieristica, con la precisazione che la posizione di garanzia non presuppone necessariamente una investitura formale nel rapporto di cura del paziente, potendo nascere anche dall’esercizio di fatto ed estemporaneo delle funzioni tipiche dell’arte medica che fa nascere il rapporto terapeutico.
Nella successiva fase dibattimentale la posizione di garanzia formerà oggetto di analitico scrutinio da parte di tutte le parti processuali soprattutto nei processi incardinati a carico di più figure di personale medico e paramedico che si sono avvicendate nella cura del paziente.
La rassegna delle più significative pronunce di legittimità in tema di posizioni di garanzia:
Cassazione penale sez. IV, 29/09/2020, n.28316
In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente a ipotesi di responsabilità medica, si è ravvisata sussistente la responsabilità a carico di un medico pneumologo addetto al reparto ove si trovava ricoverato un paziente, il quale sanitario, non solo aveva sollecitato una consulenza dei medici chirurghi, avendo apprezzato un peggioramento delle condizioni di salute del paziente, ma aveva anche prestato materiale ausilio alla realizzazione dell’atto chirurgico – toracentesi- sia pure attraverso il breve atto di reggere il paziente, facendogli assumere la posizione più idonea all’intervento, improvvidamente eseguito – con esito letale – sul polmone sano, senza pretendere che detto intervento venisse effettuato con guida ecografica e senza controllare l’operato dei colleghi nel corso dell’attività operatoria, verificando che si intervenisse effettivamente sul polmone malato).
Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.19856
Il medico competente può rispondere, nella qualità di titolare di un’autonoma posizione di garanzia delle fattispecie di evento che risultano di volta in volta integrate dall’omissione colposa delle regole cautelari poste a presidio della salvaguardia del bene giuridico – salute dei lavoratori – sui luoghi di lavoro, direttamente riconducibili alla sua specifica funzione di controllo delle fonti di pericolo istituzionalmente attribuitagli dall’ordinamento giuridico. Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento contro-fattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale.
Cassazione penale sez. IV, 20/11/2019, n.1350
In tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. (Fattispecie in tema di colpa medica di tre sanitari che si erano succeduti nella cura di un bambino, deceduto per la perforazione dell’intestino conseguita all’effettuazione di un clisma opaco senza la previa necessaria idratazione, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna dei medici intervenuti prima di quello che aveva eseguito il predetto esame strumentale, per non avere verificato se essi avessero contribuito all’omessa idratazione del paziente, quale fosse il livello di disidratazione raggiunto in concomitanza con il loro intervento, e se i rischi connessi alla disidratazione si fossero aggravati in considerazione della decisione, presa da altri medici, di sottoporre il paziente al clisma opaco).
Cassazione penale sez. IV, 09/04/2019, n.24372
In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente ai due medici sociali che erano intervenuti, durante una partita di calcio, per soccorrere un calciatore – poi deceduto- che aveva avuto un malore durante l’incontro, la Corte ha ritenuto che entrambi avevano assunto una posizione di garanzia nei confronti dell’atleta, derivante dall’instaurazione della relazione terapeutica tra loro ed il calciatore: entrambi, si è argomentato, avevano infatti posto in essere una istintiva, pratica attuazione dei doveri deontologici consacrati dal giuramento professionale, comprendente il “dovere di prestare soccorso nei casi di urgenza”; con in più, per il medico sociale della squadra del calciatore, in aggiunta a tale dovere deontologico, l’obbligo gravante, quale medico sportivo, verso i calciatori della propria squadra; la Corte, peraltro, ha poi annullato con rinvio la sentenza di condanna, per carente motivazione in punto di nesso causale e di addebito di colpa).
Cassazione penale sez. IV, 29/03/2019, n.17491
In tema di reati colposi, l’agente non può rispondere del verificarsi dell’evento se, pur titolare di una posizione di garanzia, non disponga dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. (Fattispecie in tema di lesioni conseguenti alla mancata tempestiva esecuzione di parto cesareo, in cui la Corte ha annullato la sentenza di condanna di medico ostetrico che, allontanatasi dal nosocomio in una situazione che si presentava non patologica, e permanendo in turno di reperibilità, era stata informata dalla collega di turno ospedaliero delle difficoltà insorte nel corso del parto naturale, avendo i giudici di merito omesso di valutare se l’imputata fosse concretamente in grado di influenzare il corso degli eventi).
Cassazione penale sez. IV, 19/02/2019, n.32477
Al direttore sanitario di una casa di cura privata spettano poteri di gestione della struttura e doveri di vigilanza e organizzazione tecnico-sanitaria, compresi quelli di predisposizione di precisi protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, all’accettazione dei medesimi, all’informativa interna di tutte le situazioni di rischio, alla gestione delle emergenze, alle modalità di contatto di altre strutture ospedaliere cui avviare i degenti in caso di necessità e all’adozione di scorte di sangue e/o di medicine in caso di necessità. Il conferimento di tali poteri comporta, quindi, l’attribuzione al direttore sanitario di una “posizione di garanzia” giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata ed inadeguata organizzazione della casa di cura privata, qualora il reato non sia ascrivibile esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura (fattispecie in materia di omicidio colposo per la morte di una paziente a seguito di parto avvenuta in un casa di cura, per la quale, in sede di merito, erano stati condannati non solo il medico e l’anestesista, ma anche il direttore sanitario della clinica privata; la Corte, pur annullando il reato per prescrizione, ha ritenuto che ai fini civili correttamente era stata ravvisata la colpa anche del direttore sanitario, per la sua accertata responsabilità per le carenze strutturali della casa di cura, in particolare in conseguenza dell’omessa predisposizione di un adeguato meccanismo interno alla struttura di verifica delle condizioni dei pazienti all’ingresso e dell’omessa predisposizione di un protocollo per le situazioni di emergenza).
Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.27539
La posizione di garanzia rivestita dall’ostetrica è ricavabile dallo statuto regolamentare della sua figura professionale (vedi la direttiva 80/155/Ce del 21 gennaio 1980; il d.lg. n. 206 del 2007; il regolamento per l’esercizio professionale della professione di ostetrica approvato dal Consiglio superiore di sanità il 10 febbraio 2000; il d.m. sanità n. 740 del 1994). In base a tale coacervo normativo, l’ostetrica, tra i vari compiti, deve: a) accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale; b) effettuare gli esami necessari al controllo dell’evoluzione della gravidanza normale; c) attenersi ai protocolli previsti per il monitoraggio della gravidanza fisiologica; d) individuare le situazioni potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico, adottando, ove occorrono, le eventuali misure di emergenza indifferibile; e) valutare eventuali anomalie dei tracciati e darne comunicazione ai sanitario (nel caso di specie, la sentenza impugnata, con congruo ed esauriente apparato argomentativo, aveva evidenziato che l’ostetrica, in conseguenza degli errori e delle omissioni precedenti commessi in violazione dei propri doveri istituzionali, non aveva sollecitato l’attenzione del dottore , il quale, se avesse conosciuto tempestivamente la situazione di sofferenza fetale, sarebbe potuto intervenire tempestivamente, scongiurando il verificarsi dell’evento letale).
Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.47801
In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un ginecologo per il reato di lesioni colpose ai danni di un feto, ritenendo irrilevante la tesi difensiva secondo la quale l’imputato era stato informato dello stato di sofferenza del feto solo a danno compiuto, essendosi accertato che i primi segnali di sofferenza erano emersi in epoca successiva all’inizio del turno ed egli aveva omesso di informarsi dello stato di salute dei pazienti).
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.7032
Il medico di base preposto al rilascio del certificato medico anamnestico propedeutico all’autorizzazione al porto d’armi è titolare di una posizione di garanzia che comprende esclusivamente un obbligo di controllo diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti pregiudizievoli verso terzi e non di comportamenti autolesivi, atteso che le regole cautelari sottese alla regolamentazione del relativo procedimento amministrativo sono finalizzate alla salvaguardia dell’integrità fisica dei terzi e non di colui che richiede l’autorizzazione. (Fattispecie relativa alla uccisione di due persone per mano del paziente cui era stato rilasciato il porto d’armi e che si era poi suicidato, nella quale la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del medico per il suicidio, non essendo configurabile a suo carico l’obbligo di impedire l’evento, e lo aveva invece condannato, a titolo di colpa, per gli omicidi).
Cassazione penale sez. IV, 15/02/2018, n.24068
In tema di responsabilità professionale nell’ambito di una struttura sanitaria complessa, il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri sotto il profilo di sua stretta competenza alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un’altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l’ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso.
Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007
In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in «équipe», il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori, che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.
Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007
L’equipe medica deve essere considerata come un’entità unica e compatta e non come una collettività di professionisti in cui ciascuno si limita ad eseguire i propri compiti, sicché ogni medico dell’equipe dovrà, oltre a rispettare le leges artis della propria sfera di competenza, verificare che gli altri colleghi abbiano eseguito correttamente la propria opera. Detto controllo dovrà esercitarsi anche sugli errori altrui, evidenti e non settoriali, tali da poter essere rilevati con l’ausilio delle conoscenze del professionista medio.
Cassazione penale sez. IV, 21/06/2017, n.18334
Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura).
Cassazione penale sez. IV, 21/11/2017, n.5
Fermo restando che il fondamento della posizione di garanzia ricoperta dall’infermiere nei confronti del paziente è ravvisabile proprio nella sua autonoma professionalità, quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, sussiste, in ipotesi di sua accertata condotta omissiva, una sua propria responsabilità professionale distinta da quella del medico, tanto da non esser oggi più considerato “ausiliario del medico” bensì un “professionista sanitario”.
Cassazione penale sez. IV, 19/09/2016, n.39838
In tema di responsabilità professionale, assume una posizione di garanzia il medico del pronto soccorso che, dopo aver disposto il ricovero del paziente in un reparto specialistico, nuovamente interpellato dal personale paramedico per un consulto, senza che fosse stato previamente allertato il medico di turno responsabile del reparto, abbia continuato a prestare assistenza al paziente disponendo ulteriori trattamenti terapeutici. (Nella specie, relativa ad omicidio colposo, la S.C. ha anche precisato che, per ritenere operante la posizione di garanzia, è necessario che la continuità assistenziale assicurata dal personale infermieristico del reparto sia risultata idonea a rendere edotto il medico in ordine all’evoluzione del quadro clinico inizialmente riscontrato).
La condotta omissiva ed il giudizio controfattuale
Per quanto riguarda il tema del nesso causale, in estrema sintesi e senza pretesa di esaustività, si indicano di seguito i tratti principali della regola di giudizio della quale il Giudice deve fare applicazione per tutte le fattispecie di reato nelle quali i reati di lesioni colpose od omicidio colposo sono contestati nella forma omissiva, vale a dire quando la responsabilità per l’evento infausto (morte o lesioni del paziente) viene ascritta al sanitario per aver omesso una attività (diagnostica, somministrazione farmaci, intervento chirurgico o mancata adozione di altri presidi di cura del paziente), ovvero di averla posta in essere tardivamente con condotta colpevolmente attendista.
Il giudizio controfattuale
Il giudizio di accertamento del nesso causale, il cd. “giudizio controfattuale” o “giudizio contro i fatti” si atteggia in maniera diversa a seconda che la condotta posta in essere dall’operatore sanitario sia di tipo commissivo (il comportamento adottato ha cagionato l’exitus infausto), ovvero omissivo (mancata adozione della condotta doverosa, la quale, se posta in essere, avrebbe evitato l’evento antigiuridico).
Nel primo caso si tratta di verificare l’incidenza causale dell’azione realizzata dal medico sull’evento morte o lesioni; nel secondo caso, invece, occorre effettuare un giudizio prognostico sull’idoneità del comportamento doveroso omesso di evitare l’evento lesivo, sulla base di un giudizio di credibilità logica, oltre che di probabilità statistica.
Secondo la consolidata giurisprudenza, per poter affermare l’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento, occorre accertare che, laddove la condotta doverosa fosse stata posta in essere, l’evento antigiuridico non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca significativamente posteriore, o con minore intensità lesiva.
La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di giudizio controfattuale:
Cassazione penale sez. IV, 11/12/2020, n.4063
Nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, deve necessariamente farsi luogo ad un ragionamento controfattuale che deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Cassazione penale sez. IV, 18/11/2020, n.33230
In tema di colpa nell’attività medico-chirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire che, secondo un giudizio di alta probabilità logica, l’azione doverosa omessa avrebbe impedito l’evento, si deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche, ma anche sulle contingenze significative del caso concreto. (Fattispecie relativa al decesso di un paziente per arresto cardiaco, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale il giudice aveva assolto l’imputato valutando che la mancata e tempestiva diagnosi, attraverso la sottoposizione al tracciato elettrocardiografico e l’effettuazione del dosaggio degli enzimi cardiaci, della patologia cardiaca di cui soffriva l’uomo, non avrebbe evitato l’evento mortale, poiché, tenuto conto del momento del suo arrivo al pronto soccorso, del tempo necessario per eseguire gli esami strumentali e diagnostici, nonché della distanza chilometrica con il più vicino centro sanitario attrezzato, l’intervento coronarico percutaneo necessario ad evitare l’insorgenza dell’aritmia fatale avrebbe comunque avuto luogo in epoca significativamente successiva a quella richiesta per avere un effetto salvifico).
Cassazione penale sez. IV, 16/09/2020, n.28294
In tema di nesso di causalità nel reato colposo omissivo, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento – richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che è accaduto (cosiddetto giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta. Una volta soddisfatto tale passaggio probatorio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può però ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese; sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn). Per l’effetto, in tema di responsabilità medica è indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, in quanto solo in tal modo è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito, avvalendosi delle leggi scientifiche, universali o statistiche, e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto, all’esito di un ragionamento probatorio che, esclusa l’interferenza di fattori eziologici alternativi, conduca alla conclusione, processualmente certa, che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilità razionale” (da queste premesse, in una vicenda in cui il decesso del paziente per carcinoma vescicale metastatico era stato addebito al chirurgo che aveva omesso di praticare – in occasione di due successivi interventi chirurgici relativi a resezione di neoplasia vescicale e successiva cistoscopia – l’esame istologico sul materiale resecato, è stata annullata con rinvio la sentenza che aveva motivato la condanna sul mero dato statistico che, in tal modo, il chirurgo aveva sensibilmente ridotto le aspettative di vita del paziente; secondo la Corte, infatti, non poteva ritenersi sufficiente l’argomento in forza del quale, in ragione dell’omessa effettuazione dell’esame istologico, era diminuita la probabilità statistica astratta di sopravvivenza, giacché tale diminuzione, in ipotesi senz’altro rilevante perché l’anticipazione del decesso – comunque inevitabile- dovuto a errori diagnostici e/o a cure inadeguate, è circostanza che rientra nella tipicità del delitto di omicidio colposo, avrebbe però dovuto essere apprezzata alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, elaborato sull’analisi della particolarità del caso concreto).
Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175
In tema di responsabilità medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente. (Fattispecie relativa al decesso di una paziente per embolia polmonare conseguente alla omessa somministrazione di adeguata terapia antitrombotica, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consulenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le particolari condizioni in cui versava la paziente).
Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.2865
In tema di reato colposo omissivo improprio, con particolare riferimento alla materia della responsabilità professionale dell’esercente la professione sanitaria, il nesso causale può essere ravvisato solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica universale o statistica, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.
Cassazione penale sez. IV, 21/11/2019, n.49774
In tema di colpa medica, in caso di lavoro in “équipe” e, più in generale, di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare aprioristicamente una responsabilità di gruppo, in particolare quando i ruoli ed i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti tra loro, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la responsabilità del chirurgo che, in mancanza di un previo accertamento diagnostico che escludesse la possibilità di una tubercolosi, aveva eseguito, su decisione concordata dal primario pediatra e dal primario chirurgo, un intervento su un minore, poi deceduto a causa di sopravvenuta infezione polmonare).
Cassazione penale sez. IV, 17/09/2019, n.41893
La responsabilità del medico per il decesso del paziente può essere affermata, in occasione del giudizio controfattuale da effettuare in caso di addebito a titolo di responsabilità omissiva, solo allorquando sia possibile sostenere che, se la condotta omessa fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con, probabilità confinante con la certezza, alla luce del sapere scientifico e delle specificità del caso concreto (condizioni del paziente) (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata dalla corte di appello a carico di un sanitario del 118 cui era stato addebitata la morte di un paziente, per avere l’imputato, intervenuto in via d’urgenza, omesso di compiere tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonari necessarie, così da aver provocato la morte a seguito di infarto; secondo la Corte, infatti, l’omissione addebitata all’imputato, secondo la stessa ricostruzione operata in sede di merito, aveva privato il paziente solo di marginali chances di sopravvivenza, stimate in un arco tra il 2% e l’11%, fino al 23% soltanto in caso di emersione di ritmo defribrillabile, onde la causalità non poteva dirsi sussistente sulla base del giudizio controfattuale imposto, alla stregua del canone della “certezza processuale”, ai fini della condanna).
Cassazione penale sez. IV, 05/04/2019, n.37767
In tema di responsabilità medica il giudice che ritenga sussistente il rapporto di causalità tra omissione ed evento, in presenza di una consulenza del pubblico ministero che indichi un coefficiente medio basso di probabilità statistica circa l’esito salvifico della condotta doverosa omessa nel caso considerato, deve indicare le ragioni tecnico scientifiche per le quali ritiene di elevare la percentuale di riuscita dell’intervento chirurgico indicata dal consulente, in considerazione delle particolarità del caso concreto. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio al giudice civile, per vizio di motivazione in ordine al nesso causale, la sentenza di condanna per omicidio colposo di un radiologo che aveva omesso di rilevare una lesione al cuore in una persona accoltellata, in una fattispecie in cui il consulente del pubblico ministero aveva ritenuto, che ove tale lesione fosse stata rilevata, il paziente avrebbe potuto essere sottoposto a un intervento chirurgico dalle scarse probabilità di successo, quantificate dal consulente tecnico della difesa nell’ordine del 40-50%, e in cui la sentenza impugnata aveva ritenuto superiori tali probabilità solo in considerazione della giovane età della vittima, delle sue buone condizioni di salute, e della non particolare complessità dell’intervento).
Cassazione penale sez. IV, 15/03/2019, n.26568
In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di assoluzione dei medici cui era stato addebitato un ritardo nella diagnosi di un infarto intestinale, non essendosi accertato che il tempestivo espletamento dell’esame radiologico omesso avrebbe comunque permesso di evitare l’evento mortale).
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2017, n.50975
In tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di una malattia tumorale e il decesso del paziente, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove dal giudizio controfattuale risulti l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie atte a incidere positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che la morte si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva.
Cassazione penale sez. III, 01/03/2017, n.39497
Non può essere condannata per il reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. l’infermiera addetta all’assistenza notturna post operatoria di un paziente che, pur avendo ricevuto numerose richieste di soccorso dallo stesso, abbia omesso di avvisare il personale medico di guardia, al fine di consentire di accertare l’esistenza di un’emorragia in corso, in assenza del necessario giudizio controfattuale indicato come necessario per accertare la configurabilità dell’ineludibile relazione causale tra tale condotta e le conseguenze patite dal paziente medesimo (nello specifico la Suprema Corte ha rilevato come l’istruttoria dibattimentale non avesse consentito di accertare se la complicanza patita dal paziente, che aveva in seguito reso necessario un secondo intervento chirurgico, fosse conclamata e reversibile, nonché se la struttura sanitaria sarebbe stata in grado, nel periodo notturno, di eseguire gli esami diagnostici disposti la mattina successiva).
Cassazione penale sez. IV, 09/05/2017, n.42282
In tema di responsabilità penale del medico per omesso trattamento sanitario, la causalità omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimono un coefficiente prossimo alla certezza, ma può esserlo altresì quando ricorrano criteri medio bassi di probabilità cosiddetta frequentista corroborati da riscontri probatori circa la sicura non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa (nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico che aveva omesso interventi tempestivi su un paziente ricoverato e affetto da embolia polmonare e successivamente deceduto a causa di un trombo, laddove testi di letteratura scientifica indicano in una probabilità molto bassa (7%) i casi di morte in conseguenza di trombosi venosa profonda che sia stata correttamente diagnosticata e trattata).
Cassazione penale sez. V, 15/12/2015, n.9831
Anche nei reati omissivi impropri è necessario raggiungere la certezza processuale in ordine alla sussistenza del nesso di causalità: per far ciò, non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi concernenti la “causa materiale” dell’evento.
Cassazione penale sez. IV, 23/06/2015, n.30350
Per poter attribuire incidenza causale alla condotta omissiva colposa posta in essere dal personale medico-sanitario, si deve prima procedere all’accertamento delle concrete modalità di verificazione dell’evento “hic et nunc” realizzatosi e, successivamente, al giudizio circa l’efficacia salvifica dell’azione doverosa omessa.
Cassazione penale sez. IV, 12/05/2015, n.22835
Qualora il nesso di causalità sia stato accertato in relazione ad una legge scientifica, come nel caso concreto in cui l’insorgenza della dermatite è stata indicata come reazione allergica ad alcuni componenti della crema abbronzante fornita dall’estetista, subentra l’obbligo del giudice di accertare, altresì, la causalità della colpa. Si deve, infatti, rimarcare che la legge di copertura spiega il fenomeno causale ma può non essere di per sé idonea a fondare l’accertamento della causalità della colpa, che richiede una valutazione quasi esclusivamente normativa, consistente nell’accertamento della violazione della regola cautelare, della prevedibilità ed evitabilità dell’evento e della concretizzazione del rischio.
Cassazione penale sez. IV, 13/06/2014, n.30469
Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento alla condotta omissiva deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo di imputazione; pertanto, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose ascritte all’esercente la professione sanitaria, il ragionamento controfattuale deve essere sviluppato dal giudice di merito in riferimento all’attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assumeva idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, con alto grado di credibilità razionale.
Cassazione penale sez. IV, 12/03/2014, n.14812
In tema di responsabilità medica, il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio contro-fattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica — universale o statistica —, si accerta che, immaginandosi come realizzata la condotta doverosa, l’evento “hic et nunc” non si sarebbe verificato.
Cassazione penale sez. IV, 31/01/2013, n.23339
Il giudizio contro-fattuale richiede che venga preliminarmente descritto ciò che è accaduto; solo dopo aver accertato che cosa è successo (giudizio esplicativo) è possibile chiedersi cosa sarebbe stato se fosse intervenuta la condotta doverosa (giudizio predittivo). Ove si tratti di reati omissivi impropri può dirsi che la situazione tipica, donde trae origine l’indifferibilità dell’adempimento dell’obbligo “di facere”, deve essere identificata in termini non dubitativi; ove così non fosse non sarebbe possibile neppure ipotizzare l’omissione tipica.
Cassazione penale sez. IV, 04/12/2012, n.10615
In tema di colpa nell’attività medicochirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonché sulle contingenze significative del caso concreto.
L’elemento psicologico del reato nei reati colposi
Per quanto riguarda il tema dell’indagine psicologica sul fatto commesso (od omesso) dall’esercente la professione sanitaria in estrema sintesi si può dire che la colpa ascrivibile al professionista sanitario può declinarsi nella colpa generica (imprudenza, negligenza, imperizia), ovvero in quella specifica (violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline).
La materia della responsabilità medica nel corso degli anni è stata interessata da due importanti riforme: la Legge Balduzzi (L. 8 novembre 2012, n. 189) e la Legge Gelli Bianco (L. 8 marzo 2017, n. 24).
La più rilevante novità introdotta dalla Legge Balduzzi in tema di responsabilità penale a titolo di omicidio o lesioni personali è la previsione della seguente causa di non punibilità (art. 3): “L’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
La disciplina poi è stata sensibilmente riformata dalla legge Gelli – Bianco, che ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies, il cui comma 2 stabilisce una nuova causa di esclusione della punibilità: <Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto>.
Per i fatti commessi nell’intertempo tra le due leggi, il difensore dell’indagato/imputato dovrà quindi confrontarsi tra i due paradigmi e valutare, caso per caso, la disciplina più favorevole da applicare al proprio assistito, tenuto conto dei principi elaborati dalle Sezioni Unite Penali con la pronuncia n.8770/2017 e dalla giurisprudenza successivamente sedimentata avendo, comunque, sempre necessità allegare e fornire prova nel processo del rispetto da parte del proprio assisto delle linee guida o in assenza delle buone prassi accreditate dalla comunità scientifica.
La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di colpa medica:
Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175
In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189 (cosiddetta legge Balduzzi), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida (nella specie, da questa premessa la Corte ha fatto discendere la conseguenza che, a fronte di due pareri discordanti dei consulenti dell’accusa e della difesa su circostanze non espressamente valutate dalle linee guida, ma che hanno, tuttavia, caratterizzato il caso esaminato dal medico, la decisione dei giudici di merito che scelga tra le due posizioni non può fondarsi sul mero rinvio alle linee guida, che non contemplano e non valutano dette circostanze e che, proprio perché elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete).
Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.15258
In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, nel giudizio sulla gravità della colpa deve tenersi conto – oltre che delle specifiche condizioni del soggetto agente, del suo grado di specializzazione e della situazione specifica in cui si è trovato ad operare – della natura della regola cautelare violata, in quanto l’eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle stesse da parte dell’agente.
Cassazione penale sez. IV, 08/11/2019, n.5315
Ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce ex se un aggravamento della lesione e della relativa perturbazione funzionale, assume rilievo penale allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute (fattispecie in tema di responsabilità medica da ritardata diagnosi in relazione alla prospettata configurabilità della medesima dinanzi all’allungamento dei tempi di guarigione).
Cassazione penale sez. IV, 12/06/2019, n.39727
In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’aiuto chirurgo, componente dell’equipe medica che aveva provveduto all’esecuzione di un parto cesareo nel corso del quale si erano manifestate evidenti situazioni critiche interne, per non avere dissentito dall’operato del primario e non averlo indirizzato alla immediata isterectomia, che avrebbe impedito il verificarsi della successiva emorragia, causa della morte della partoriente).
Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26906
Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).
Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102
Ai fini dell’applicabilità dell’art. 590-sexies c.p., in mancanza di linee – guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’art. 5 l. n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanza cliniche.
Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270
In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del medico specializzando in fase avanzata che, per imperizia grave nella gestione della terapia di una paziente oncologica, aveva trascritto nel foglio di prescrizione interna un medicinale in quantità errata cagionandone il decesso).
Cassazione penale sez. IV, 29/01/2019, n.28086
Il secondo comma dell’ art. 590 sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta (anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse. La pronunzia peraltro ha ritenuto inapplicabile al caso concreto la causa di non punibilità, essendo la colpa dell’agente connotata anche da imprudenza e negligenza.
Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.9447
In tema di responsabilità medica, le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate ai sensi dell’art. 5, legge 8 marzo 2017, n. 24, benché non costituiscano veri e propri precetti cautelari vincolanti, tali da integrare, in caso di violazione rimproverabile, ipotesi di colpa specifica, rappresentano i parametri precostituiti a cui il giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia, cosicché, in caso di accertata violazione di linee guida adeguate al caso concreto, la verifica del grado della colpa non rileva ai fini dell’affermazione della responsabilità, ma può rilevare ai fini del trattamento sanzionatorio ed ai fini delle conseguenze civilistiche di tipo risarcitorio.
Cassazione penale sez. IV, 09/01/2019, n.8115
In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; non trova, invece, applicazione la predetta causa di non punibilità nei casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e, dunque, selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.
Cassazione penale sez. IV, 08/11/2018, n.8086
Integra il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. la condotta del medico endocrinologo che, nel corso della dieta dimagrante sottoposta ad una paziente, ne abbia provocato il decesso attraverso la prescrizione del farmaco fendimetrazina nonostante il divieto disposto da diversi decreti ministeriali succedutisi negli anni, per un periodo superiore a tre mesi in violazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), d.m. 18 settembre 1997, pur conoscendo i rischi legati all’uso di tale farmaco in combinazione ad altri, ed omettendo di acquisire le informazioni anamnesiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità della cura per una paziente debilitata dalla perdita di 40 kg in sei mesi (nello specifico la suprema Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale sulla base del giudizio controfattuale espresso dai periti, ad avviso dei quali la paziente “con elevato grado di probabilità logico-razionale” non sarebbe deceduta ove non avesse assunto le sostanze prescritte dall’imputato, “nelle forme e nella cronologia al dunque registrate”, attesa l’assenza di “chiavi di lettura alternative a quella complessivamente identificata come riconducibile al meccanismo di azione proprio dei simpaticomimetici).
Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412
Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.
Cassazione penale sez. IV, 16/10/2018, n.49884
In tema di responsabilità medica, poiché con la legge 8 marzo 2017, n. 24, il legislatore ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell’attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche controllate, rappresentate dalle linee guida, è viziata la motivazione della sentenza che abbia recisamente escluso la rilevanza di queste ultime per non aver l’imputato soddisfatto il relativo onere di allegazione.
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733
L’art. 590-sexiesc.p. prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 c.p. o di quello dell’art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse” … in particolare «la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (nel caso di specie, contraddistinto da colpa grave per negligenza, la Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 590-sexies c.p., la cui portata è, infatti, limitata ai soli casi di imperizia lieve nell’esecuzione delle linee guida adeguate al caso concreto).
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733
Non trova applicazione la causa di “non punibilità” prevista dall’art. 590 sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, qualora l’evento lesivo verificatosi in ambito sanitario sia dipeso da colpa da imprudenza o da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle linee guida (nel caso di specie non trova applicazione l’art. 590 sexies c.p. risultando la condotta del chirurgo secondo operatore caratterizzata sia da negligenza esecutiva per disattenzione nell’assolvimento dei compiti allo stesso assegnati in seno all’equipe, sia da grave imperizia).
Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748
In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di lenee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale.
Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, n.36723
In tema di successione di leggi in materia di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, in caso di errore dovuto ad imperizia non grave intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, la norma di cui all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189), prevedendo una parziale “abolitio criminis”, deve ritenersi più favorevole rispetto a quella di cui all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6, legge 8 marzo 2017, n. 24, che configura una mera causa di non punibilità.
Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384
In tema di colpa, l’imprudenza consiste nella realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri e altrui (affermazione resa nell’ambito di procedimento a carico di un medico, cui era stata qualifica come “imprudente” la condotta che si assumeva colposa assunta nella vicenda che aveva portato al decesso una paziente; la Corte, nell’annullare con rinvio la decisione di condanna, ha osservato come impropriamente fosse stata ravvisata l’imprudenza sul rilievo che la condotta tenuta dal medico, più che un’attività positiva, era consistita – secondo la stessa corte di merito – in un’omessa o incompleta diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione della sintomatologia che la paziente presentava, dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici e dalla prescrizione di un presidio terapeutico generico: situazioni che, semmai, potevano ascriversi al profilo della negligenza, in parte, e sotto altro profilo, a quello dell’imperizia).
Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384
Non si può escludere l’imperizia del medico, scambiandola per imprudenza, impedendo l’applicabilità dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge Gelli Bianco, che esclude la punibilità proprio in caso di imperizia quando sono rispettate le linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Ad affermarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso di un medico accusato di non aver diagnosticato una perforazione, che poteva essere verificata con appositi esami diagnostici, e di aver scelto una linea “attendista”, e perciò condannato in appello per omicidio colposo a seguito della morte del paziente avvenuta nel corso del post operatorio. Per la Corte nella fattispecie assume rilievo proprio l’osservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali; nello specifico, in assenza di linee guida concordanti sul punto, il riferimento doveva essere ai criteri della vigile attesa accreditati dalla letteratura scientifica.
Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384
In tema di colpa medica, non si può escludere l’imperizia del medico solo in virtù del suo noto valore clinico, non dovendo la nozione di imperizia essere rivolta al soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capacità professionali, ma al singolo atto qualificato come colposo e che viene a lui addebitato. (Nella fattispecie ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva erroneamente qualificato come imprudente la condotta di un medico per la morte di una paziente deceduta in seguito alle complicazioni post-operatorie).
Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770
L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio dell’attività medico chirurgica: a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali; c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “ lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta delle linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.
Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038
L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.
Cassazione penale sez. IV, 11/07/2017, n.44622
In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago).
Cassazione penale sez. IV, 18/05/2017, n.43476
Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo) .
Cassazione penale sez. IV, 20/04/2017, n.28187
Il concorso colposo risulta configurabile anche rispetto al delitto doloso, purché il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa, dovendosi altresì verificare che la regola cautelare violata sia diretta a prevenire anche il rischio dell’atto doloso del terzo e che quest’ultimo risulti prevedibile per l’agente chiamato a rispondere a titolo di colpa (principio affermato, nella specie, con riguardo al caso di un medico psichiatra cui si addebitava di non avere sottoposto ad un trattamento farmacologico adeguato alla sua effettiva e riconoscibile pericolosità un soggetto affidato alle sue cure, il quale aveva quindi commesso un omicidio).
Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.33609
É responsabile di omicidio colposo, per violazione dei parametri della colpa generica, il medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria di una casa di cura il quale ometta l’adozione di adeguate misure di protezione idonee a impedire che una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontani dalla stanza in cui è ricoverata, raggiunga un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera e si uccida lasciandosi cadere nel vuoto.
Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.40703
In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).
Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028
Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.
Cassazione penale sez. IV, 14/04/2016, n.31490
Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).
Cassazione penale sez. IV, 07/01/2016, n.1846
In tema di colpa medica – in considerazione della posizione di garanzia che il medico assume nei confronti del paziente con l’instaurazione della relazione terapeutica – il sanitario che, avendo in cura il paziente per stati di ansia o sindrome depressiva, in presenza di apprezzabili indici significativi di un atteggiamento di negazione di patologie di diversa natura, ometta di approfondire le condizioni cliniche generali dell’assistito e di assumere le necessarie iniziative per indurlo alla cura di tale patologia, è responsabile per le prevedibili conseguenze lesive derivate dalla patologia medesima. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza che aveva escluso la responsabilità di un neurologo in relazione al decesso di una sua paziente affetta da patologia oncologica non ritenendo adeguatamente provati né il presupposto di fatto dell’omesso approfondimento delle condizioni generali della paziente, che era stata comunque avviata ad una visita specialistica, né il nesso causale, essendo incerto il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia).
Cassazione penale sez. IV, 03/12/2015, n.20125
Per la configurabilità della cooperazione colposa disciplinata dall’art. 113 c.p. è sufficiente la consapevolezza in capo all’agente della partecipazione di altri soggetti, indipendentemente dalla specifica conoscenza sia delle persone che operano sia delle specifiche condotte da ciascuna di esse poste in essere: è l’ipotesi che può verificarsi presso una struttura ospedaliera allorquando più sanitari, in successione, visitino il paziente. In proposito, ai fini della responsabilità del singolo operatore viene in rilievo il principio dell’affidamento, che peraltro non è invocabile quando il soggetto su cui grava l’obbligo di garanzia – e che invochi l’affidamento nell’altrui condotta – abbia posto in essere una condotta colposa, con efficienza causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa di chi sia intervenuto successivamente. In tale evenienza, infatti, sussisterebbe la responsabilità anche del primo soggetto, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che tuttavia deve avere avuto caratteristiche di eccezionalità tali da far venir meno la situazione di pericolo originariamente provocata o tali da modificare la pregressa situazione, a tal punto da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.
Omicidio colposo (art. 589 cod. pen.) e lesioni colpose (art. 590 cod. pen.)
Tra i reati più comunemente ascritti in capo ai professionisti sanitari (medici e personale paramedico) per i quali è richiesta la difesa tecnica in sede penale nella esperienza professionale dello studio ricorre con notevole frequenza la contestazione del delitto di omicidio colposo (art. 589 codice penale) e del delitto di lesioni colpose (art. 590 codice penale) dei quali, di seguito, vengono riportate le norme incriminatrici ed enunciati in sintesi: gli elementi costitutivi del reato, la procedibilità dell’azione penale, l’Autorità giudiziaria competente a conoscere del fatto, il termine di prescrizione.
Art. 589 cod. pen. – omicidio colposo
Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [586].
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [590], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.
Elemento oggettivo: il delitto di omicidio colposo rappresenta un reato a forma libera; la condotta può consistere in un comportamento commissivo o, come nella maggior parte dei casi di omicidio colposo commesso da medici, omissivo, che cagioni la morte di una persona.
Elemento soggettivo: colpa generica (imprudenza, negligenza o imperizia), ovvero colpa specifica (inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline).
Momento consumativo: morte della persona
Prescrizione: comma 1 – 6 anni; comma 2 – 7 anni; comma 3 -10 anni; comma 4 – 15 anni.
Competenza: Tribunale monocratico
Procedibilità: d’ufficio
La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di omicidio colposo:
Cassazione penale sez. IV, 11/12/2020, n.4063
Nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, deve necessariamente farsi luogo ad un ragionamento controfattuale che deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Cassazione penale sez. IV, 16/09/2020, n.28294
La prova controfattuale della responsabilità del medico nel decesso di un paziente, affetto da gravi patologie tumorali, non può basarsi unicamente su di un coefficiente di probabilità statistica, ma deve sempre essere riportata al fatto storico. In altri termini, non ci si può soltanto basare sulla probabilità statistica del verificarsi dell’evento, ma occorre fondare il giudizio di responsabilità penale sulla probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. Ad affermarlo è la Cassazione accogliendo con rinvio il ricorso di un chirurgo condannato per omicidio colposo per non aver disposto l’esame istologico sul materiale resecato. La Suprema corte richiama la differenza fra probabilità statistica e probabilità logica: la prima attiene alla verifica empirica circa la misura della frequenza relativa nella successione degli eventi; la seconda attiene alla verifica ulteriore, sulla base dell’intera evidenza disponibile, circa l’attendibilità dell’impiego della legge statistica per il singolo evento ai fini della persuasiva e razionale credibilità dell’accertamento giudiziale.
Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.19856
Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata specificamente richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale. Sussiste, al riguardo, il nesso di causalità tra la condotta omissiva tenuta dal medico e il decesso del paziente solo allorquando risulti accertato che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore, rallentando significativamente il decorso della malattia, o con minore intensità lesiva.
Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.2865
In tema di reato colposo omissivo improprio, con particolare riguardo alla materia della responsabilità professionale dell’esercente la professione sanitaria, il nesso causale può essere ravvisato solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica –, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge la conferma o meno dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica prossime alla certezza.
Cassazione penale sez. IV, 17/09/2019, n.41893
La responsabilità del medico per il decesso del paziente può essere affermata, in occasione del giudizio controfattuale da effettuare in caso di addebito a titolo di responsabilità omissiva, solo allorquando sia possibile sostenere che, se la condotta omessa fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con, probabilità confinante con la certezza, alla luce del sapere scientifico e delle specificità del caso concreto (condizioni del paziente) (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata dalla corte di appello a carico di un sanitario del 118 cui era stato addebitata la morte di un paziente, per avere l’imputato, intervenuto in via d’urgenza, omesso di compiere tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonari necessarie, così da aver provocato la morte a seguito di infarto; secondo la Corte, infatti, l’omissione addebitata all’imputato, secondo la stessa ricostruzione operata in sede di merito, aveva privato il paziente solo di marginali chances di sopravvivenza, stimate in un arco tra il 2% e l’11%, fino al 23% soltanto in caso di emersione di ritmo defribrillabile, onde la causalità non poteva dirsi sussistente sulla base del giudizio controfattuale imposto, alla stregua del canone della “certezza processuale”, ai fini della condanna).
Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26906
Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).
Cassazione penale sez. IV, 15/03/2019, n.26568
In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di assoluzione dei medici cui era stato addebitato un ritardo nella diagnosi di un infarto intestinale, non essendosi accertato che il tempestivo espletamento dell’esame radiologico omesso avrebbe comunque permesso di evitare l’evento mortale).
Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270
In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del medico specializzando in fase avanzata che, per imperizia grave nella gestione della terapia di una paziente oncologica, aveva trascritto nel foglio di prescrizione interna un medicinale in quantità errata cagionandone il decesso).
Cassazione penale sez. IV, 19/02/2019, n.32477
Al direttore sanitario di una casa di cura privata spettano poteri di gestione della struttura e doveri di vigilanza e organizzazione tecnico-sanitaria, compresi quelli di predisposizione di precisi protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, all’accettazione dei medesimi, all’informativa interna di tutte le situazioni di rischio, alla gestione delle emergenze, alle modalità di contatto di altre strutture ospedaliere cui avviare i degenti in caso di necessità e all’adozione di scorte di sangue e/o di medicine in caso di necessità. Il conferimento di tali poteri comporta, quindi, l’attribuzione al direttore sanitario di una “posizione di garanzia” giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata ed inadeguata organizzazione della casa di cura privata, qualora il reato non sia ascrivibile esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura (fattispecie in materia di omicidio colposo per la morte di una paziente a seguito di parto avvenuta in un casa di cura, per la quale, in sede di merito, erano stati condannati non solo il medico e l’anestesista, ma anche il direttore sanitario della clinica privata; la Corte, pur annullando il reato per prescrizione, ha ritenuto che ai fini civili correttamente era stata ravvisata la colpa anche del direttore sanitario, per la sua accertata responsabilità per le carenze strutturali della casa di cura, in particolare in conseguenza dell’omessa predisposizione di un adeguato meccanismo interno alla struttura di verifica delle condizioni dei pazienti all’ingresso e dell’omessa predisposizione di un protocollo per le situazioni di emergenza).
Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.27539
La posizione di garanzia rivestita dall’ostetrica è ricavabile dallo statuto regolamentare della sua figura professionale (vedi la direttiva 80/155/Ce del 21 gennaio 1980; il d.lg. n. 206 del 2007; il regolamento per l’esercizio professionale della professione di ostetrica approvato dal Consiglio superiore di sanità il 10 febbraio 2000; il d.m. sanità n. 740 del 1994). In base a tale coacervo normativo, l’ostetrica, tra i vari compiti, deve: a) accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale; b) effettuare gli esami necessari al controllo dell’evoluzione della gravidanza normale; c) attenersi ai protocolli previsti per il monitoraggio della gravidanza fisiologica; d) individuare le situazioni potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico, adottando, ove occorrono, le eventuali misure di emergenza indifferibile; e) valutare eventuali anomalie dei tracciati e darne comunicazione ai sanitario (nel caso di specie, la sentenza impugnata, con congruo ed esauriente apparato argomentativo, aveva evidenziato che l’ostetrica, in conseguenza degli errori e delle omissioni precedenti commessi in violazione dei propri doveri istituzionali, non aveva sollecitato l’attenzione del dottore , il quale, se avesse conosciuto tempestivamente la situazione di sofferenza fetale, sarebbe potuto intervenire tempestivamente, scongiurando il verificarsi dell’evento letale).
Cassazione penale sez. IV, 08/11/2018, n.8086
Integra il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. la condotta del medico endocrinologo che, nel corso della dieta dimagrante sottoposta ad una paziente, ne abbia provocato il decesso attraverso la prescrizione del farmaco fendimetrazina nonostante il divieto disposto da diversi decreti ministeriali succedutisi negli anni, per un periodo superiore a tre mesi in violazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), d.m. 18 settembre 1997, pur conoscendo i rischi legati all’uso di tale farmaco in combinazione ad altri, ed omettendo di acquisire le informazioni anamnesiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità della cura per una paziente debilitata dalla perdita di 40 kg in sei mesi (nello specifico la suprema Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale sulla base del giudizio controfattuale espresso dai periti, ad avviso dei quali la paziente “con elevato grado di probabilità logico-razionale” non sarebbe deceduta ove non avesse assunto le sostanze prescritte dall’imputato, “nelle forme e nella cronologia al dunque registrate”, attesa l’assenza di “chiavi di lettura alternative a quella complessivamente identificata come riconducibile al meccanismo di azione proprio dei simpaticomimetici).
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2017, n.50975
In tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di una malattia tumorale e il decesso del paziente, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove dal giudizio controfattuale risulti l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie atte a incidere positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che la morte si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva.
Cassazione penale sez. IV, 11/07/2017, n.44622
In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago).
Cassazione penale sez. IV, 21/06/2017, n.18334
Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura).
Cassazione penale sez. IV, 18/05/2017, n.43476
Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo) .
Cassazione penale sez. IV, 19/09/2016, n.39838
In tema di responsabilità professionale, assume una posizione di garanzia il medico del pronto soccorso che, dopo aver disposto il ricovero del paziente in un reparto specialistico, nuovamente interpellato dal personale paramedico per un consulto, senza che fosse stato previamente allertato il medico di turno responsabile del reparto, abbia continuato a prestare assistenza al paziente disponendo ulteriori trattamenti terapeutici. (Nella specie, relativa ad omicidio colposo, la S.C. ha anche precisato che, per ritenere operante la posizione di garanzia, è necessario che la continuità assistenziale assicurata dal personale infermieristico del reparto sia risultata idonea a rendere edotto il medico in ordine all’evoluzione del quadro clinico inizialmente riscontrato).
Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.33609
É responsabile di omicidio colposo, per violazione dei parametri della colpa generica, il medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria di una casa di cura il quale ometta l’adozione di adeguate misure di protezione idonee a impedire che una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontani dalla stanza in cui è ricoverata, raggiunga un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera e si uccida lasciandosi cadere nel vuoto.
Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.40703
In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).
Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028
Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.
Cassazione penale sez. IV, 14/04/2016, n.31490
Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).
Cassazione penale sez. IV, 07/01/2016, n.1846
In tema di colpa medica – in considerazione della posizione di garanzia che il medico assume nei confronti del paziente con l’instaurazione della relazione terapeutica – il sanitario che, avendo in cura il paziente per stati di ansia o sindrome depressiva, in presenza di apprezzabili indici significativi di un atteggiamento di negazione di patologie di diversa natura, ometta di approfondire le condizioni cliniche generali dell’assistito e di assumere le necessarie iniziative per indurlo alla cura di tale patologia, è responsabile per le prevedibili conseguenze lesive derivate dalla patologia medesima. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza che aveva escluso la responsabilità di un neurologo in relazione al decesso di una sua paziente affetta da patologia oncologica non ritenendo adeguatamente provati né il presupposto di fatto dell’omesso approfondimento delle condizioni generali della paziente, che era stata comunque avviata ad una visita specialistica, né il nesso causale, essendo incerto il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia).
Cassazione penale sez. IV, 09/07/2015, n.32756
L’infermiera che, senza indicazioni del medico, alimenti il paziente malato di ictus causandone il decesso è responsabile di omicidio colposo, ricorrendone i presupposti sotto entrambi i profili della colpa e del nesso causale: in particolare, la scelta imprudente della somministrazione del cibo, in assenza di indicazione da parte del medico ed in assenza, comunque, dei necessari test in grado di consentire di apprezzare le condizioni di deglutizione del paziente, integrano la violazione delle linee guida di settore. Né a tale riguardo potrebbe rilevare l’esimente di cui all’art. 3 d.l. n. 158 del 2012, in quanto applicabile limitatamente ai casi nei quali si faccia questione di essersi attenuti a linee guida e, quindi, solo allorquando si discuta della ”perizia” del sanitario, non estendendosi alle condotte professionali “negligenti” ed “imprudenti”, anche perché è concettualmente da escludere che le linee guida e le buone prassi possano in qualche modo prendere in considerazione comportamenti connotati da tali profili di colpa.
Cassazione penale sez. IV, 08/05/2015, n.34296
In tema di colpa, la necessaria “prevedibilità” ex ante dell’evento non può ovviamente riguardare la configurazione dello “specifico” fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma, per converso, essa, onde non pervenire a eccessive generalizzazioni dell’evento prevedibile che finirebbero con lo svuotare il significato e il ruolo selettivo di tale requisito, deve mantenere un certo grado di “categorialità”, nel senso che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo, tenendo conto del principio in forza del quale il giudizio di prevedibilità altro non è che il giudizio circa la possibilità di previsione di eventi simili e, dunque, di eventi che hanno in comune con il risultato concreto prodottosi determinate caratteristiche (sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn). (Fattispecie in cui è stata annullata con rinvio la sentenza di condanna di un medico per il reato di omicidio colposo in danno di un paziente, che si assumeva deceduto per un’infezione settica, sul rilievo che tale evento non poteva considerarsi prevedibile rispetto alla somministrazione di olio di ricino, cui poteva semmai ricollegarsi un effetto emetico con conseguente disidratazione, ma non un rischio morte, non ipotizzabile in astratto, né in concreto giustificato dalla tenera età e dalle condizioni del paziente).
Cassazione penale sez. IV, 10/12/2014, n.2192
Si ravvisa in capo all’infermiere un preciso dovere di attendere all’attività di somministrazione dei farmaci in modo non meccanicistico, occorrendo viceversa intendere l’assolvimento secondo modalità coerenti a una forma di collaborazione con il personale medico, orientata in termini critici, non già al fine di sindacare l’operato del medico bensì allo scopo di richiamare l’attenzione sugli errori percepiti o percepibili; risponde, pertanto, in concorso di omicidio colposo l’infermiere che abbia cagionato il decesso di un paziente somministrando un farmaco contenente Amoxicillina (Amplital) cui lo stesso era allergico, avendo preso conoscenza in termini inequivocabili sia dell’allergia sia dell’erronea prescrizione (potenzialmente letale) da parte del medico in occasione dell’intervista effettuata da quest’ultimo al paziente in occasione del ricovero.
Cassazione penale sez. IV, 02/07/2014, n.49654
La perdita di modeste chances di sopravvivenza cagionata dalla condotta pur manifestamente negligente del medico (in caso di corretta diagnosi e attivazione terapeutica si sarebbe mantenuta, per la patologia in atto, una percentuale di mortalità pari all’83% dei casi) non fonda il rapporto di causalità tra omissione del medico ed evento morte alla stregua dei criteri di elevata probabilità logica e credibilità razionale, determinando così l’esito assolutorio per insussistenza del fatto tipico pur in presenza di un comportamento gravemente negligente del sanitario, che non può da solo fondare il rimprovero in assenza di nesso condizionalistico tra condotta ed evento.
Cassazione penale sez. IV, 01/07/2014, n.34239
È ravvisabile la colpa in capo al medico che abbia omesso di richiedere espressamente al paziente, nonostante il silenzio della cartella clinica, la sussistenza di allergie a uno specifico farmaco che egli intenda somministrargli, senza che il sanitario possa affidarsi completamente all’anamnesi compiuta dal medico del pronto soccorso al momento precedente del ricovero. La presenza di allergie ai farmaci è, infatti, un dato fondamentale per qualunque medico, che può essere diverso dal collega che ha raccolto l’anamnesi, onde colui che intende somministrare un farmaco non può esimersi dal chiedere al paziente se sia allergico a tale farmaco, non potendo fare legittimo affidamento sulla raccolta dell’anamnesi da parte dei medici che lo hanno preceduto. (Nella specie, la Corte, nell’annullare la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo perché estinto per prescrizione, ha rigettato il ricorso ai fini civili, ravvisando la colpa nella condotta del medico che somministrando al paziente un farmaco cui era allergico ne aveva provocato la morte a seguito di shock anafilattico, non potendosi sostenere l’affidamento incolpevole al comportamento dei medici che in precedenza avevano effettuato l’anamnesi e redatto la cartella clinica non menzionando l’affezione allergica).
Cassazione penale sez. IV, 12/12/2013, n.4058
In tema di responsabilità del medico che lavora in un’equipe, in caso di decesso del paziente, ne risponde ogni medico che non osservi le regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed oggettive mansioni svolte, e che venga meno al dovere di conoscere e valutare le attività degli altri medici così da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri e che siano evidenti per un professionista medio (nella specie si confermava integralmente la condanna per il delitto di omicidio colposo commesso dai componenti dell’equipe medica in danno di una paziente, per avere proceduto all’esecuzione di un’operazione chirurgica di asportazione di un mioma senza provvedere ad un adeguato studio pre-chirurgico della paziente, cagionando alla stessa una perforazione dell’utero e del sigma, omettendo successivamente specifici controlli e trascurando l’analisi dei singoli sintomi obiettivamente rilevabili. In conseguenza di tali condotte, la paziente decedeva per arresto cardiocircolatorio da shock settico).
Cassazione penale sez. IV, 29/01/2013, n.16237
L’art. 3 l. 8 novembre 2012, n. 189 ha determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie. La modifica normativa, infatti, esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all’interno dell’area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. Alla stregua della nuova legge, le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l’esercente le professioni sanitarie; e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti. Alla luce della nuova normativa, l’entità della violazione va rapportata agli standard di perizia richiesti dalle linee guida, dalle virtuose pratiche mediche o, in mancanza, da corroborate informazioni scientifiche di base: quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa; e si potrà ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato definito dalle standardizzate regole d’azione. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa a carico di un medico chirurgo, che, nel corso dell’esecuzione, in una clinica privata, di intervento di ernia discale recidivante, aveva leso la vena e l’arteria iliaca del paziente, causandone la morte, in ragione della novella costituita dalla l. n. 189/2012 che in punto di responsabilità professionale ha escluso la rilevanza penale delle condotte determinate da colpa lieve del sanitario).
Cassazione penale sez. IV, 29/01/2013, n.7967
La relazione terapeutica tra sanitario e paziente comporta l’investimento in capo al primo di una posizione di garanzia – sub specie di obblighi impeditivi – in favore del secondo. Ciò fa sì che si abbia omicidio colposo in caso di decesso del feto derivante da grave insufficienza respiratoria, verificatosi per l’omissione da parte dei sanitari dell’esecuzione delle azioni doverose (nel caso “de quo”: parto cesareo).
Art. 590 cod. pen. – Lesioni personali colpose
Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.
Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
Elemento oggettivo: il delitto di lesioni personali colpose rappresenta un reato a forma libera; la condotta può consistere in un comportamento commissivo o, come nella maggior parte dei casi di lesioni colpose commesse da medici, omissivo, che cagioni lesioni alla persona offesa.
Elemento soggettivo: colpa generica (imprudenza, negligenza o imperizia), ovvero colpa specifica (inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline).
Momento consumativo: causazione delle lesioni
Prescrizione: 6 anni
Competenza: Tribunale monocratico (Giudice di pace nell’ipotesi di cui all’ultimo comma)
Procedibilità: a querela della persona offesa (art. 336 c.p.p.), salvo le eccezioni previste dall’ultimo comma dell’art. 590 c.p..
La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di omicidio colposo:
Cassazione penale sez. IV, 11/12/2020, n.4063
Nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, deve necessariamente farsi luogo ad un ragionamento controfattuale che deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Cassazione penale sez. IV, 11/11/2020, n.35424
Il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da colpa medica inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa sia venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata.
Cassazione penale sez. I, 10/07/2020, n.26951
Risponde del reato di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto e non di omicidio volontario il naturopata che, interpellato a seguito di diagnosi di tumore, esercitando abusivamente la professione medica, prescriva per la cura diete e fanghi. Ad affermarlo è la Cassazione confermando la sentenza di merito che aveva escluso il reato più grave per un uomo che riteneva la naturopatia alternativa alla medicina, proprio grazie alla sua ignoranza in materia medica.
Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.19856
Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata specificamente richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale. Sussiste, al riguardo, il nesso di causalità tra la condotta omissiva tenuta dal medico e il decesso del paziente solo allorquando risulti accertato che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore, rallentando significativamente il decorso della malattia, o con minore intensità lesiva.
Cassazione penale sez. IV, 08/11/2019, n.5315
Ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce ex se un aggravamento della lesione e della relativa perturbazione funzionale, assume rilievo penale allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute (fattispecie in tema di responsabilità medica da ritardata diagnosi in relazione alla prospettata configurabilità della medesima dinanzi all’allungamento dei tempi di guarigione).
Cassazione penale sez. IV, 29/03/2019, n.17491
In tema di reati colposi, l’agente non può rispondere del verificarsi dell’evento se, pur titolare di una posizione di garanzia, non disponga dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. (Fattispecie in tema di lesioni conseguenti alla mancata tempestiva esecuzione di parto cesareo, in cui la Corte ha annullato la sentenza di condanna di medico ostetrico che, allontanatasi dal nosocomio in una situazione che si presentava non patologica, e permanendo in turno di reperibilità, era stata informata dalla collega di turno ospedaliero delle difficoltà insorte nel corso del parto naturale, avendo i giudici di merito omesso di valutare se l’imputata fosse concretamente in grado di influenzare il corso degli eventi).
Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102
Il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da responsabilità del sanitario inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta bensì da quello, eventualmente successivo, in cui il soggetto passivo sia venuto a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata (ciò che nella specie era avvenuto allorquando la persona offesa si era sottoposta a un accertamento specialistico medico-legale). E comunque una eventuale situazione di incertezza in punto di tempestività della querela deve, essere considerata in favore del querelante, poiché il decorso del termine di cui all’articolo 124 del Cp importa decadenza e le decadenze vanno accertate secondo criteri rigorosi, non potendo ritenersi intervenute in base a semplici supposizioni, prive di adeguato supporto probatorio.
Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.47801
In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un ginecologo per il reato di lesioni colpose ai danni di un feto, ritenendo irrilevante la tesi difensiva secondo la quale l’imputato era stato informato dello stato di sofferenza del feto solo a danno compiuto, essendosi accertato che i primi segnali di sofferenza erano emersi in epoca successiva all’inizio del turno ed egli aveva omesso di informarsi dello stato di salute dei pazienti).
Cassazione penale sez. III, 01/03/2017, n.39497
Non può essere condannata per il reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. l’infermiera addetta all’assistenza notturna post operatoria di un paziente che, pur avendo ricevuto numerose richieste di soccorso dallo stesso, abbia omesso di avvisare il personale medico di guardia, al fine di consentire di accertare l’esistenza di un’emorragia in corso, in assenza del necessario giudizio controfattuale indicato come necessario per accertare la configurabilità dell’ineludibile relazione causale tra tale condotta e le conseguenze patite dal paziente medesimo (nello specifico la Suprema Corte ha rilevato come l’istruttoria dibattimentale non avesse consentito di accertare se la complicanza patita dal paziente, che aveva in seguito reso necessario un secondo intervento chirurgico, fosse conclamata e reversibile, nonché se la struttura sanitaria sarebbe stata in grado, nel periodo notturno, di eseguire gli esami diagnostici disposti la mattina successiva).
Cassazione penale sez. V, 24/11/2015, n.16678
In tema di trattamento medico-chirurgico, qualora il chirurgo esegua un intervento da cui derivino lesioni gravi e permanenti al paziente, in presenza di un consenso prestato sulla base di un’informazione non adeguata a comprenderne il rischio (nella specie, le conseguenze invalidanti) ovvero a consentire la valutazione di scelte terapeutiche alternative), non è configurabile il reato doloso di cui agli artt. 582 e 583 cod. pen., poiché la finalità curativa comunque perseguita dal medico deve ritenersi concettualmente incompatibile con la consapevole intenzione di provocare un’alterazione lesiva dell’integrità fisica della persona offesa. (In motivazione, la S.C. ha precisato che permane la possibilità di configurare il reato di lesioni colpose, qualora ne ricorrano i presupposti).
Cassazione penale sez. IV, 13/06/2014, n.30469
Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento lesivo alla condotta omissiva che si attendeva dal soggetto agente, deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo d’imputazione, di talché, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Cassazione penale sez. IV, 18/06/2013, n.43988
In tema di colpa professionale, per l’affermazione della responsabilità penale del singolo sanitario operante in équipe chirurgica, è necessario non solo accertare la valenza con-causale del suo concreto comportamento attivo o omissivo al verificarsi dell’evento ma anche la rimproverabilità di tale comportamento sul piano soggettivo. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un medico specialista che si era occupato della fase preparatoria di un intervento chirurgico e del post operatorio per lesioni occorse alla persona offesa, non avendo il giudice di merito accertato se egli avesse avuto la concreta possibilità di conoscere e valutare l’attività svolta da altro collega, di controllarne la correttezza e di agire ponendo rimedio agli errori emendabili da lui commessi).
Cassazione penale sez. IV, 21/02/2012, n.10864
Nel reato omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento necessita di essere vagliato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica (e non solo statistica); il reato si configura solo se l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo o avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (nella specie, la Corte ha confermato la decisione dei giudici del merito, che avevano riconosciuto colpevole del reato di lesioni personali colpose aggravate commesso nell’esercizio dell’attività medica un medico che, nonostante all’esito del referto istologico successivo ad un intervento subito da una paziente fosse stato segnalato un tumore, aveva comunque dimesso la donna con una diagnosi generica e senza indicare l’opportunità di sottoporre la paziente a radioterapia. La complessiva condotta di tipo omissivo aveva portato alla necessità di intervenire nuovamente in modo chirurgico e di sottoporre finalmente la paziente alla radioterapia. A detta della Corte, nel caso in esame, i giudici di merito non si erano soffermati sul mero dato statistico ma avevano approfondito la vicenda anche dal punto di vista scientifico, convincendosi che una differente opzione terapeutica avrebbe quantomeno ritardano l’insorgere della recidiva, causa di un nuovo intervento chirurgico).
Cassazione penale sez. fer., 08/09/2011, n.46761
In tema di responsabilità medica, risponde del reato di lesioni personali colpose il medico di pronto soccorso che, senza visitare il paziente e senza compiere gli opportuni accertamenti, erri diagnosi e si limiti a prescrivere una terapia farmacologica inidonea ad impedire l’aggravamento della patologia in atto, curabile mediante l’adozione di diverse scelte terapeutiche.
By Claudio Ramelli @Riproduzione riservata