Responsabilità degli enti ex D.lgs. 231/2001 e misure cautelari reali: in caso di commistione di attività lecite e illecite, il sequestro preventivo funzionale alla confisca può avere ad oggetto tutte le quote sociali degli enti.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 8349.2021, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in sede cautelare reale su un caso di traffico illecito di rifiuti e frode in pubbliche forniture realizzato da alcune società, si sofferma sul tema della misura cautelare reale del sequestro preventivo delle quote sociali.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui il sequestro preventivo adottato nei confronti delle singole società, facenti parte di un’unitaria organizzazione imprenditoriale, può avere ad oggetto l’intero compendio aziendale e le quote sociali, laddove non risulti possibile isolare i beni strumentali alla realizzazione degli illeciti da quelli funzionali allo svolgimento delle attività imprenditoriali lecite.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;
(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di responsabilità amministrativa degli enti e sequestro preventivo, oltre agli approfondimenti sul tema della responsabilità delle persone giuridiche ex D.lgs. 231/2001 che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
L’illecito amministrativo, i reati presupposto e il giudizio cautelare reale di merito
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame di Catania confermava il decreto con il quale GIP in sede aveva disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca di tutti i beni aziendali e delle quote e azioni sociali delle società coinvolte nella realizzazione dell’illecito amministrativo ex art. 25 undecies lett. f) D.lgs. 231/2001, con riferimento ai reati presupposto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di frode in pubbliche forniture.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del legale rappresentante delle società proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza del Tribunale delle Libertà, articolando due motivi di impugnazione.
La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Il Collegio ha motivato sia il fumus boni iuris, sia e soprattutto l’applicazione dell’ablazione cautelare non solo ai beni strumentali al traffico illecito di rifiuti – id est agli autocarri -, ma anche alle quote sociali e ai beni aziendali. Al riguardo, il Tribunale ha evidenziato come le società nel loro complesso – comprensive dei mezzi e del personale – siano state adoperate e funzionalmente destinate – cioè asservite – alla consumazione continuativa e sistematica degli illeciti realizzati dalla [omissis], così da comporre un’organizzazione imprenditoriale unitaria, come desunto anche dalla unicità degli amministratori, della compagine sociale e dei fondi delle tre società, dal tenore delle intercettazioni e dalle dichiarazioni delle persone informate dei fatti. Il Collegio di merito ha inoltre evidenziato come il provvedimento cautelare reale si imponga a prescindere dal fatto che le società, in parallelo all’attività illegale, svolgessero anche una normale attività imprenditoriale lecita. Conclusione – quest’ultima – incensurabile nel giudizio di legittimità, là dove il giudice del merito cautelare evidenzi – come appunto nella specie – la commistione delle attività lecite ed illecite e la conseguente impossibilità di isolare le res strumentali alla commissione degli illeciti da quelle invece funzionali all’attività imprenditoriale lecita, di tal che l’ablazione non può che avere ad oggetto l’integralità del compendio aziendale e delle quote, in quanto tutte strumentali alla realizzazione del delitto ex art. 452-quaterdecies cod. pen”.
Le fattispecie incriminatrici:
Art. 356 c.p. – Frode nelle pubbliche forniture
Chiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell’articolo precedente è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a 1.032 euro.
La pena è aumentata [64] nei casi preveduti dal primo capoverso dell’articolo precedente [252].
Art. 452 quaterdecies c.p. – Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all’articolo 33.
Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e puo’ subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente.
E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.
La rassegna delle più significative pronunce di legittimità in tema di sequestro preventivo e responsabilità degli enti:
Cassazione penale sez. III, 29/11/2019, n.8785
In tema di responsabilità da reato degli enti, il profitto del reato di associazione per delinquere commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente stesso ai sensi dell’art. 24-ter, comma 2, d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, confiscabile anche per equivalente ex art. 19 del medesimo d.lg., è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme dei reati-fine, dai quali è del tutto autonomo e la cui effettiva realizzazione è agevolata dall’organizzazione criminale. (In motivazione, la Corte ha precisato che, a prescindere dal fatto che i reati-fine producano di per sé vantaggi, ai fini della determinazione del profitto del reato associativo, occorre riferirsi al reato nel suo “complesso”, concentrandosi sull’associazione, la quale manifesta una capacità produttiva di profitto che oltrepassa quella del singolo reato-fine, con accresciuta potenzialità di vantaggio).
Cassazione penale sez. II, 10/07/2018, n.34293
In tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confica, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dell’art. 19 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, nè la loro gravità, nè il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’art. 321 cod. proc. pen., essendo sufficiente accertare la confiscabilità dei beni una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato.
Cassazione penale sez. II, 04/05/2018, n.25980
Nel caso di reato presupposto riconducibile a un’ipotesi di reato contratto, il profitto confiscabile ai sensi del Dlgs 231/2001, va determinato, da un lato, assoggettando ad ablazione i vantaggi di natura economica patrimoniale derivanti direttamente dall’illecito, e dall’altro, escludendo i proventi delle prestazioni lecite. A precisarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso del legale rappresentante di una Spa contro la decisione di disporre un sequestro, di oltre 1 milione e 700 mila euro, finalizzato alla confisca in base alla legge 231/2001 per responsabilità amministrativa della società nel reato, in quanto la società aveva usufruito di un finanziamento Ue, di pari importo, non spendendo però tutti soldi per il progetto come concordato. Per la Corte la decisione dei giudici di merito è errata, poiché la confisca va circoscritta al vantaggio economico derivato dal reato, al netto delle utilità conseguite dalla Pubblica amministrazione.
Cassazione penale sez. II, 28/03/2018, n.23896
Sussiste l’esigenza di differenziare, sulla base di specifici e puntuali accertamenti, il vantaggio economico derivante direttamente dal reato (profitto confiscabile) e il corrispettivo incamerato per una prestazione lecita eseguita in favore della controparte, pur nell’ambito di un affare che trova la sua genesi nell’illecito (profitto non confiscabile) e il vantaggio economico deve essere concretamente determinato al netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato, nell’ambito del rapporto sinallagmatico con l’ente.
Cassazione penale sez. VI, 25/01/2018, n.33044
In tema di responsabilità da reato degli enti, la persona fisica, indagata del reato presupposto, non è legittimata a proporre riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo disposto esclusivamente nei confronti della persona giuridica, ai sensi del d.lg. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’illecito da reato dell’ente, pur presupponendo l’avvenuta commissione di un reato, mantiene la propria autonomia strutturale, sicchè l’autore del reato non può considerarsi quale coimputato della persona giuridica. Cfr. Corte Cost. n. 218 del 2014).
Cassazione penale sez. III, 05/12/2017, n.267
Quando il sequestro cd. diretto del profitto del reato tributario non sia possibile nei confronti della società, non è consentito nei confronti dell’ente collettivo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, salvo che la persona giuridica costituisca uno schermo fittizio poiché i reati tributari non sono ricompresi nella lista del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 tra quelli che consentono il sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica.
Cassazione penale sez. III, 09/11/2017, n.6742
In caso di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di beni di una società nei cui confronti pende un procedimento per responsabilità amministrativa nascente da reato, disposto ai sensi del comma 2 dell’articolo 19 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, qualora il provvedimento cautelare abbia a oggetto “società, aziende, ovvero beni, ivi compresi titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche in deposito”, il comma 1-bis dell’articolo 53 dello stesso decreto legislativo prevede che sia il “custode amministratore giudiziario” a consentirne l’utilizzo e la gestione agli organi societari, “esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando poteri di vigilanza e riferendone all’autorità giudiziaria”. La ratio della disposizione è quella di evitare che la disposta misura cautelare possa paralizzare l’ordinaria attività aziendale pregiudicandone la continuità e lo sviluppo e la funzione assegnata al custode amministratore giudiziario, in questa prospettiva, è quella di vigilare sull’utilizzo e sulla gestione dell’azienda e di riferirne all’autorità giudiziaria: da ciò deriva anche che la nomina dell’amministratore è a tal punto presupposto imprescindibile per l’attività aziendale che, nel caso sia stata omessa, la parte interessata ha un “onere di impulso” di adire il giudice che procede, ai sensi dell’articolo 47 del decreto legislativo n. 231 del 2001.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA