Incidente sul lavoro e frode processuale: non risponde del delitto contro l’amministrazione della giustizia il datore di lavoro che immuti lo stato dei luoghi al fine di evitare la condanna penale a titolo di lesioni colpose per violazione della normativa antinfortunistica.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 9806.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di frode processuale per immutazione dello stato dei luoghi in relazione ad un incidente sul lavoro, si sofferma sul raggio applicativo della circostanza esimente della necessità di salvarsi da un grave rischio per la libertà e l’onore ex art. 384 co. 1 cod. pen..

In particolare la Suprema Corte, con la sentenza in commento, dopo aver riportato i due difformi indirizzi giurisprudenziali formatisi in merito all’ambito di applicazione dell’esimente, aderisce all’orientamento (dominante) secondo il quale la circostanza ex art. 384 co 1 c.p. si applica anche nel caso in cui lo stato di pericolo di un nocumento per la propria libertà e onore sia stato volontariamente cagionato dall’agente stesso (come nell’ipotesi della causazione di un incidente sul lavoro per inosservanza delle norme antinfortunistiche), trattandosi di causa di esclusione della colpevolezza, che, come tale, non elide l’antigiuridicità del fatto, ma esclude la punibilità del soggetto – non potendosi esigere dal medesimo un comportamento conforme alle norme di legge, laddove la prospettiva sia una sicura condanna penale.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 9806/2021.

 

I reati contestati e la doppia conforme di merito.

Nel caso di specie all’imputato – datore di lavoro – erano stati contestati i delitti di minaccia neui confronti di alcuni dipendenti al fine di commettere il reato di frode processuale.

Tutto ciò, secondo l’ipotesi accusatoria, avendo l’imputato modificato lo stato dei luoghi e minacciato di licenziamento i dipendenti affinché rilasciassero false dichiarazioni in merito agli infortuni occorsi.

La Corte di appello di Ancona confermava la sentenza di primo grado di condanna inflitta al prevenuto in primo grado.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando tre motivi di gravame.

La Suprema Corte ha annullato annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato ex art. 374 c.p. con la formula perché il fatto non costituisce reato, dichiarando inammissibile il ricorso nel resto.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

“Va infatti osservato che – come ricordato nel ricorso – sulla natura ed ambito di applicazione della suddetta esimente la giurisprudenza di legittimità ha dato vita ad orientamenti divergenti.

Secondo il primo, decisamente maggioritario nel passato, la disposizione succitata configura una causa di esclusione dell’antigiuridicità, sostanzialmente prevedendo un’ipotesi speciale dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., norma alla quale dovrebbe dunque farsi riferimento al fine di individuare i presupposti per l’operatività dell’esimente non direttamente disciplinati dall’art. 384 comma 1 c.p.

Secondo altro orientamento, per vero rivelatosi anche in epoca assi risalente, ma consolidatosi soprattutto in epoca recente, quella di cui si tratta è invece una causa di esclusione della colpevolezza, basata non già sul bilanciamento di interessi in conflitto tipico delle cause di giustificazione, bensì sulla valutazione della situazione soggettiva in cui versa l’agente a fronte del pericolo inevitabile di un nocumento per la propria libertà o per il proprio onore, tale da rendere inesigibile un comportamento conforme al precetto delle norme tassativamente evocate nel primo comma dell’art. 384 c.p., ma senza escludere il disvalore oggettivo del fatto tipico (ex multis Sez. 6, n. 53939 del 20/11/2018, Rv. 274583; Sez. 3, n. 8699 del 09/07/1996, Rv. 206679).

II secondo orientamento è oramai divenuto decisamente maggioritario al punto che il primo non si è sostanzialmente più manifestato negli ultimi anni ed il Collegio intende aderirvi condividendone altresì le implicazioni e cioè che l’esimente deve ritenersi applicabile anche quando lo stato di pericolo sia stato cagionato volontariamente dall’agente (ex multis; Sez. 6, n. 37398 del 16/06/2011, Rv. 250878; Sez. 3, n. 8699 del 09/07/1996, Rv. 206679) e segnatamente nell’ipotesi in cui abbia commesso uno degli illeciti penali elencati nel primo comma dell’art. 384 c.p. per eludere le investigazioni relative ad un reato precedentemente da lui commesso (Sez. 6, n. 15327 del 14/02/2019, Rv. 275320; Sez. 6, n. 20454 del 04/03/2009, Rv. 244389).  […]

In realtà, come pure ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, il riferimento alla situazione di necessità contenuto nell’art. 384 c.p. rivela la volontà del legislatore di condizionare l’operatività dell’esimente al qualificato rapporto di derivazione del fatto illecito commesso alla esigenza di tutela della libertà e dell’onore: non già alla mera possibilità di un evento temuto, quindi, bensì alla certezza del verificarsi dell’evento di danno e quindi, trattandosi pur sempre di prognosi, alla previsione del suddetto verificarsi assistita dal più alto grado di probabilità sulla base dei parametri di immediatezza e consequenzialità (ex multis Sez. 6, n. 1908 del 04/02/1997, Rv. 207525; Sez. 6, n. 26570 del 13/06/2008, Rv. 241050; Sez. 6, n. 19110 del 02/04/2015, Rv. 263504).

Calando gli illustrati principi nel caso di specie risulta doveroso riconoscere l’invocata esimente al [omissis]. Dalla sentenza impugnata emerge in maniera inequivocabile infatti il rapporto di immediata consequenzialità tra l’incidente occorso al [omissis] ed il pericolo per l’imputato di vedersi attribuire la responsabilità per le conseguenze subite dal dipendente, mentre è altrettanto indubitabile che, nella sua qualità di datore di lavoro, egli fosse perfettamente consapevole del mancato rispetto delle norme antinfortunistiche poi effettivamente contestatogli, talchè il suo comportamento risulta coerente con il fine di evitare quella che gli appariva una altrimenti inevitabile condanna per quanto accaduto”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 374 c.p. – Frode processuale

Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d’ispezione [118, 258-260 c.p.c.] o di esperimento giudiziale [2612-3 c.p.c.], ovvero il perito nella esecuzione di una perizia [61-64, 191-198 c.p.c.], immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da uno a cinque anni [375, 384].

La stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, anche davanti alla Corte penale internazionale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela [120], richiesta [8, 92-3, 10, 112, 122, 127, 3134] o istanza [9, 10], e questa non è stata presentata [375, 384].

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. VI, 14/02/2019, n.15327

In tema di frode processuale, la causa di esclusione della colpevolezza di cui all’art. 384, comma 1, c.p. è applicabile anche quando la situazione di pericolo, per la libertà o l’onore proprio o dei propri congiunti, sia stato volontariamente cagionato dall’autore del reato.

 

Cassazione penale sez. VI, 20/11/2018, n.53939

In tema di favoreggiamento personale, la causa di esclusione della punibilità prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento alla libertà personale o all’onore opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto abbia agito per evitare un’accusa penale a carico del congiunto. (In motivazione la Corte ha precisato che l’art. 384 cod. pen. prevede una causa di esclusione della colpevolezza e non dell’antigiuridicità della condotta, in quanto rende inesigibile un comportamento conforme alle norme indicate al comma primo di tale norma).

 

Cassazione penale sez. VI, 02/04/2015, n.19110

In tema di reati contro l’amministrazione della giustizia, l’esimente prevista dall’art. 384, comma primo, cod. pen. non può essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla libertà o all’onore, implicando essa un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni che va rilevato sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialità e non di semplice supposizione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva escluso l’applicabilità dell’esimente invocata, in relazione al delitto di falsa testimonianza, prospettando una situazione di condizionamento ambientale subito in ragione della presenza di una pervasiva criminalità organizzata).

 

Cassazione penale sez. VI, 16/06/2011, n.37398

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 384, comma 1, c.p., che scrimina o comunque manda esente da responsabilità penale colui che commetta un fatto di favoreggiamento personale perché ha agito per tutelare un proprio (o di un familiare) individuale interesse di libertà o di onore, la nozione di libertà deve essere intesa nella sua più lata interpretazione, in linea con la lettera della norma che non introduce alcuna particolare specificazione, onde vi rientra senz’altro l’esigenza di libertà di evitare un’accusa penale, cioè un procedimento penale o anche soltanto indagini penali, ricollegandosi tale esigenza al diritto inviolabile di difesa (art. 24, comma 2, cost.), che ha valore costituzionale al pari di quello della non fuorviata e giusta amministrazione della giustizia (art. 111 e 112 cost.) che sta alla base dell’incriminazione del favoreggiamento. In questa prospettiva, è comunque irrilevante, ai fini dell’efficacia scriminante, che la situazione di pericolo trovi causa in un fatto accidentale, in un fatto altrui o anche nel fatto proprio e volontario del soggetto agente che realizzi la condotta di favoreggiamento. (Nella specie, la Corte, annullando senza rinvio la sentenza di condanna, ha ritenuto applicabile l’art. 384, comma 1, c.p., nei confronti di un lavoratore cui era stato addebitato di avere, con dichiarazioni mendaci rese ai funzionari della Asl, favorito il proprio datore di lavoro a eludere le investigazioni dell’autorità per il reato di lesioni aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche connesso all’incidente sul lavoro patito da altro lavoratore: Ciò sul rilievo che, nel concreto, il comportamento incriminato era stato attuato per sottrarsi dal rischio di un’accusa penale per il reato di omissione di soccorso, essendo in proposito irrilevante che la situazione di pericolo che aveva determinato la condotta di favoreggiamento fosse stata volontariamente causata in ragione del coinvolgimento nell’episodio sottostante).

 

Cassazione penale sez. VI, 04/03/2009, n.20454

In caso di favoreggiamento, l’esimente di cui all’art. 384 c.p. è applicabile anche quando lo stato di pericolo – per la libertà o per l’onore – sia stato cagionato volontariamente dall’agente. (Fattispecie in cui, dopo un incidente sul lavoro occorso ad un dipendente, il caposquadra aveva mutato lo stato dei luoghi, così da far apparire una diversa dinamica dei fatti ed il rispetto delle norme antinfortunistiche. La Corte ha ritenuto che l’agente, oltre che per favorire il suo datore di lavoro, aveva agito per evitare una imputazione di concorso nel reato di lesioni personali).

 

Cassazione penale sez. VI, 13/06/2008, n.26570

In tema di reati contro l’amministrazione della giustizia, l’esimente di cui all’art. 384, comma 1, c.p. non può essere invocata sulla base di un mero timore, anche solo presunto od ipotetico, ma occorre un effettivo danno nella libertà o nell’onore, evitabile solo con la commissione di uno dei reati in relazione alla quale l’esimente opera. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso, in relazione al reato di favoreggiamento personale, l’operatività dell’esimente invocata dall’imputato per il semplice timore di essere coinvolto nella vicenda criminosa, in considerazione dei suoi numerosi precedenti penali).

 

Cassazione penale sez. VI, 04/02/1997, n.1908

La situazione di necessità prevista dall’art. 384 c.p. non è costituita dalla probabilità di un evento temuto, come nella scriminante dello stato di necessità prevista dall’art. 54 c.p., ma dalla certezza del verificarsi dell’evento di danno e, quindi, trattandosi pur sempre di una prognosi, dalla previsione del verificarsi dell’evento assistita dal più alto grado di probabilità.

 

Cassazione penale sez. III, 09/07/1996, n.8699

In caso di frode processuale l’esimente di cui all’art. 384 c.p. è invocabile dal soggetto che abbia commesso l’immutazione allo scopo di eludere le investigazioni e di evitare un procedimento penale, in virtù del principio non esplicito, ma immanente al sistema, nemo tenetur se detegere. Tale causa di non punibilità è applicabile anche quando lo stato di pericolo – per la libertà o per l’onore – sia stato cagionato volontariamente dall’agente.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA