Consenso informato: per ottenere il risarcimento del danno il paziente ha l’onere di allegare e provare in giudizio il rifiuto che avrebbe opposto all’intervento chirurgico laddove fosse stato adeguatamente informato sui possibili rischi.

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 8163.2021, resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente per violazione del consenso informato, si sofferma sull’onere probatorio che grava sul danneggiato – attore in giudizio – che lamenti il danno da autodeterminazione chiedendone il risarcimento.

In particolare, la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha ritenuto di dare continuità all’orientamento giurisprudenziale  secondo il quale, il medico e la struttura sanitaria  possono essere condannati a risarcire il danno connesso al carente consenso informato cagionato solo laddove il paziente  dimostri, anche mediante presunzioni, che, laddove fosse stato adeguatamente informato circa i rischi non imprevedibili derivanti dalla prestazione sanitaria, avrebbe rifiutato l’intervento.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) gli arresti giurisprudenziali citati nell’ordinanza 8163/2021;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di consenso informato, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, la domanda di risarcimento del danno ed il giudizio di merito

Nel caso di specie l’attrice aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano i medici che avevano eseguito interventi chirurgici e la struttura ove questi avevano operato lamentando il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, assumendo la violazione dell’obbligo di acquisizione del consenso informato da parte dei sanitari.

La Corte di appello di Milano confermava la decisione con la quale il locale Tribunale aveva rigettato la domanda di parte attrice, che non aveva provato la circostanza dirimente relativa al  rifiuto che la paziente avrebbe opposto laddove fosse stata correttamente informata circa i rischi insiti nell’intervento.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa dell’attrice proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, articolando due motivi di impugnazione.

La Suprema Corte  ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“In ogni caso il motivo è infondato perché la sentenza impugnata ha accertato che la paziente non aveva fornito la prova che, qualora fosse stata idoneamente informata, avrebbe comunque deciso di non sottoporsi all’intervento, con ciò conformandosi alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un’adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute” (Cass., 3, n. 2847 del 9/2/2010; Cass., 3 n. 2998 del 16/2/2016; Cass., 3, n. 26827 del 14/11/2017).

Sul punto, come è noto, la giurisprudenza di questa Corte è del tutto consolidata nel senso di configurare il diritto all’autodeterminazione quale diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute e nell’individuarne il fondamento negli artt. 2, 13 e 32 Cost. (Cass., 3, n. 28985 dell’11/11/2019; Cass., 3, n. 16892 del 25/6/2019; Cass., 3, n. 19199 del 19/7/2018; Cass., 3, n. 17022 del 28/6/2018), ma è altresì consolidata nel richiedere un giudizio controfattuale su quale sarebbe stata la scelta del paziente ove fosse stato correttamente informato atteso che, se avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, la conseguenza dannosa si sarebbe dovuta imputare esclusivamente alla lesione del diritto alla salute determinata dalla successiva errata esecuzione della prestazione professionale, mentre, se egli avesse negato il consenso, il danno biologico scaturente dalla inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile “ab origine” alla violazione dell’obbligo informativo e concorrerebbe unitamente all’errore relativo alla prestazione sanitaria alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno conseguenza (Cass., 3, n. 28985 dell’11/11/2019).

La giurisprudenza è in particolare consolidata nel senso di ritenere che le conseguenze dannose derivanti dal diritto all’autodeterminazione debbano essere debitamente allegate dal paziente tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della vicinanza della prova) essendo il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell’id quod plerumque accidit; al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, non essendo configurabile un danno risarcibile “in re ipsa” (Cass., 3, n. 28985 dell’11/11/2019; Cass., 3, n. 20885 del 22/8/2018; Cass., 3, n. 2369 del 31/1/2018; Cass., 3, n. 2998 del 16/2/2016)”.

 

Le pronunce citate nell’ordinanza in commento:

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28985

La violazione, da parte del medico del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: a) un danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente, sul quale grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento; b) un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, predicabile se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subìto un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale, in tale ultimo caso di apprezzabile gravità, diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Cassazione civile sez. III, 25/06/2019, n.16892

L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente.

Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20885

In tema di responsabilità professionale del medico, l’inadempimento dell’obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo a fini risarcitori – anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all’informazione – a condizione che sia allegata e provata, da parte dell’attore, l’esistenza di pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in sè considerato, sempre che essi superino la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non siano futili, ovvero consistenti in meri disagi o fastidi.

Cassazione civile sez. III, 19/07/2018, n.19199

In materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se nel primo caso l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia ex se una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova – che, in applicazione del criterio generale di cui all’art. 2697 c.c., grava sul danneggiato – del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito con la quale era stata respinta la domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale sul presupposto che non solo gli attori non avevano allegato il presunto dissenso del congiunto, ma dalle risultanze istruttorie erano emersi elementi, come l’assenza di soluzioni terapeutiche alternative e il fatto che in precedenza il paziente si era sottoposto ad interventi analoghi, che deponevano per la presunzione di consenso al trattamento sanitario).

Cassazione civile sez. III, 28/06/2018, n.17022

In tema di responsabilità sanitaria, l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo al trattamento sanitario – fuori dai casi in cui lo stesso debba essere praticato in via d’urgenza e il paziente non sia in grado di manifestare la propria volontà – determina la lesione in sé della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 Cost., quest’ultimo ricomprendente la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo, a prescindere quindi dalla presenza di conseguenze negative sul piano della salute, e dà luogo ad un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ai sensi dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.

Cassazione civile sez. III, 14/11/2017, n.26827

La risarcibilità del danno da lesione della salute che si verifichi per le imprevedibili conseguenze dell’atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l’accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato.

Cassazione civile sez. III, 09/02/2010, n.2847

La violazione del diritto all’autodeterminazione dell’ammalato comporta la risarcibilità del danno non patrimoniale che ne è derivato, anche se l’intervento terapeutico era necessario ed è stato correttamente eseguito; ma se il cliente del medico lamenta anche la lesione alla salute per il mancato consenso dovrà dimostrare che, messo al corrente dei rischi collegati, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento.

 

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di consenso informato:

Cassazione civile sez. III, 15/01/2021, n.653

Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cosiddetto da nascita indesiderata, il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza, la quale si giustifica oltre il novantesimo giorno, ai sensi dell’art. 6, lett. b), della legge n. 194 del 1978, in presenza di un accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie del nascituro, idonei a determinare per la donna un grave pericolo – da accertarsi in concreto e caso per caso, senza che sia necessario che la malformazione si sia già prodotta o risulti strumentalmente o clinicamente accertata – per la sua salute fisica o psichica.

Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, n.24471

In materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se, nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia “ex se” una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo, invece, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova – gravante sul danneggiato – del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso. Ciò non esclude comunque che, anche qualora venga dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione, sia indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito, dovendosi negare un danno in “re ipsa”.

Cassazione civile sez. III, 03/11/2020, n.24462

In assenza del consenso informato, l’ospedale deve risarcire la lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, consistente nel meditare su possibili alternative all’intervento eseguito, o ricorrere a diverse strutture, o ancora di accettare psicologicamente l’idea di subire interventi demolitivi. Ad affermarlo è la Cassazione confermando la decisione già presa dai giudici di merito. Nel caso di specie, si trattava di un uomo che aveva convenuto in giudizio un’azienda ospedaliera e un medico per i pregiudizi cardiovascolari seguiti, a suo dire, all’inadempimento dell’obbligo al consenso informato relativamente a un intervento di angioplastica, che avrebbe potuto essere evitato seguendo una terapia farmacologica.

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, n.17806

Il risarcimento del danno da lesione del diritto di autodeterminazione che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, pur necessario ed anche se eseguito “secundum legem artis”, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, dovrà conseguire alla allegazione del relativo pregiudizio ad opera del paziente, riverberando il rifiuto del consenso alla pratica terapeutica sul piano della causalità giuridica ex art. 1223 c.c. e cioè della relazione tra evento lesivo del diritto alla autodeterminazione – perfezionatosi con la condotta omissiva violativa dell’obbligo informativo preventivo – e conseguenze pregiudizievoli che da quello derivano secondo un nesso di regolarità causale. Il paziente che alleghi l’altrui inadempimento sarà dunque onerato della prova del nesso causale tra inadempimento e danno, posto che: a) il fatto positivo da provare è il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico; b) il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla scelta soggettiva del paziente, sicché la distribuzione del relativo onere va individuato in base al criterio della cd. “vicinanza della prova”; c) il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di necessità/opportunità dell’intervento operata dal medico costituisce eventualità non corrispondente all’”id quod plerumque accidit”. Tale prova potrà essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza, le presunzioni, queste ultime fondate, in un rapporto di proporzionalità diretta, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell’operazione, non potendosi configurare, “ipso facto”, un danno risarcibile con riferimento alla sola omessa informazione, attesa l’impredicabilità di danni “in re ipsa” nell’attuale sistema della responsabilità civile.

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, n.9887

Al fine di ottenere il risarcimento del danno da lesione del consenso informato, spetta al paziente provare che, se fosse stato correttamente informato, avrebbe rifiutato il trattamento medico. Non è quindi sufficiente allegare la mera omessa informazione, non trattandosi di un’ipotesi di danno in re ipsa.

Cassazione civile sez. III, 10/12/2019, n.32124

Fermo restando che secondo l’insegnamento della Corte non è ammissibile un consenso presunto, tacito o per facta concludentia, ciò nondimeno è possibile che del consenso rilasciato si dia la prova mediante indizi quando realmente, in un certo momento temporaneamente definito, c’è stata effettiva richiesta ed effettiva percezione dello stesso. Ne consegue che la sottoscrizione del modulo di consenso informato nello stesso giorno dell’intervento non inficia il corretto adempimento del relativo obbligo in capo ai medici curanti qualora il predetto documento scritto appaia l’approdo di un percorso che si era eseguito nei precedenti incontri con la paziente e nelle precedenti discussioni che precedettero la decisione di sottoporsi all’intervento.

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28985

In tema di responsabilità sanitaria non può affermarsi una assoluta autonomia delle fattispecie illecite – per omessa informazione e per errata esecuzione del trattamento terapeutico – tale da escludere ogni interferenza delle stesse nella produzione del medesimo danno-conseguenza, bene essendo – invece – possibile che anche l’inadempimento della obbligazione avente a oggetto la corretta informazione sui rischi benefici della terapia venga a inserirsi tra i fattori concomitanti della stessa serie causale determinativa del pregiudizio alla salute, dovendo pertanto riconoscersi alla omissione informativa una astratta capacità plurioffensiva, in quanto potenzialmente idonea a ledere distinti interessi sostanziali, rispettivamente il diritto alla autodeterminazione e il diritto alla salute entrambi – quindi – suscettibili di reintegrazione risarcitoria, laddove sia fornita la prova che dalla lesione di ciascuno di tali diritto siano derivate conseguenze dannose.

Cassazione civile sez. III, 10/12/2019, n.32124

Posto che il consenso all’atto medico non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente dal paziente, anche se oralmente, dopo aver ricevuto un’adeguata informazione dai sanitari, è ammissibile che se ne dia la prova con mezzi diversi dalla dichiarazione scritta (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto idonea la sottoscrizione di un modulo di consenso informato, avvenuta la mattina stessa dell’intervento, ma che era stata tuttavia preceduta da incontri con la paziente, alla presenza anche di suo cognato medico, dipendente della medesima struttura ospedaliera).

Cassazione civile sez. III, 10/12/2019, n.32124

Il modulo di prestazione del consenso sottoscritto lo stesso giorno dell’intervento non inficia la conclusione del corretto adempimento del relativo obbligo dei medici curanti, qualora il documento scritto appaia come approdo di un percorso seguito in precedenti incontri e discussioni aventi ad oggetto la valutazione delle patologie preesistenti della paziente, la necessità di procedere all’intervento, i rischi ad esso connessi e le sue eventuali complicanze e possibili infezioni. Le aggiunte manoscritte riferite alla situazione della paziente rendono irrilevanti ai fini del giudizio di adeguatezza del consenso ulteriori rilievi sul contenuto del modulo.

Cassazione civile sez. III, 19/09/2019, n.23328

In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l’informazione fornita ad una paziente dapprima mediante consegna di un modulo prestampato dal contenuto generico in occasione del primo intervento chirurgico e poi, senza indicazione degli esatti termini della patologia determinatasi a causa di questo, delle concrete prospettive di superamento della medesima attraverso una serie di interventi successivi).

Cassazione civile sez. III, 25/06/2019, n.16892

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico anche in ragione della diversità dei diritti – rispettivamente, all’autodeterminazione delle scelte ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi, con la conseguente configurazione di due diversi tipi di danno.

Cassazione civile sez. III, 25/06/2019, n.16892

L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente.

Cassazione civile sez. I, 15/05/2019, n.12998

La l. 22 dicembre 2017, n. 219, recante norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, è priva di efficacia retroattiva e non si applica dunque alle manifestazioni di volontà relative ai trattamenti sanitari espresse in data anteriore all’entrata in vigore della legge (31 gennaio 2018), fatta salva l’ipotesi, prevista dall’art. 6 della legge, in cui la volontà del disponente sia stata manifestata in documenti depositati presso il comune di residenza o presso un notaio prima della stessa data; ne consegue che la legge nuova è inapplicabile alle direttive anticipate di trattamento terapeutico che siano state, come nella specie, formulate in sede di designazione anticipata dell’amministratore di sostegno ai sensi dell’art. 408, comma 1, c.c. prima dell’entrata in vigore della legge e che siano contenute in una scrittura privata personalmente conservata dall’interessato.

Cassazione civile sez. III, 15/04/2019, n.10423

L’acquisizione del consenso informato del paziente da parte del sanitario costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, e costituisce autonoma fonte di responsabilità; pertanto, se viene lamentata la violazione al diritto all’autodeterminazione, l’esito dell’intervento e la sua necessarietà sono irrilevanti.

Cassazione civile sez. III, 15/04/2019, n.10423

Il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza, rinvenuti a seguito di un intervento concordato e programmato, per il quale sia stato richiesto ed ottenuto il consenso, e tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona – bene che riceve e si correda di una tutela primaria nella scala dei valori giuridici a fondamento dell’ordine giuridico e del vivere civile -, o si tratti di trattamento sanitario obbligatorio. Tale consenso è talmente inderogabile che non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, il fatto che l’intervento “absque pactis” sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale “deficit” di informazione, il paziente non è stato messo in condizione di assentire al trattamento, consumandosi nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica.

Cassazione civile sez. III, 29/03/2019, n.8756

La correttezza o meno del trattamento sanitario non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e dell’ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni.

Cassazione civile sez. VI, 06/03/2019, n.6449

Il principio del consenso informato all’atto medico chirurgico è desumibile dai principi generali dell’ordinamento giuridico, senza la necessità di una qualche previsione specifica. Ne consegue il diritto del paziente al risarcimento del danno, per mancanza di prova del consenso informato, anche rispetto a fattispecie verificatasi anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 281/1998 e dell’art. 5 della Convenzione di Oviedo del 1997, ratificata in Italia con l. n. 145/2001.

Cassazione civile sez. III, 17/01/2019, n.1043

Qualora l’attore abbia chiesto con l’atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell’esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall’inadempimento, da parte dello stesso medico, a dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico), si verifica una mutatio libelli e non una mera emendatio, in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza.

Cassazione civile sez. III, 04/12/2018, n.31234

Laddove, in assenza di adeguato consenso informato, sia eseguito secundum leges artis un intervento chirurgico, che il paziente, se edotto, avrebbe rifiutato, la lesione al diritto di autodeterminarsi costituirà oggetto di danno risarcibile tutte le volte in cui il soggetto abbia subìto le inaspettate conseguenze dell’intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle e ad accettarle, trovandosi invece del tutto impreparato di fronte ad esse. Se, a fronte del corretto assolvimento degli obblighi informativi a carico del sanitario, il paziente avrebbe comunque assentito all’intervento, il risarcimento del danno all’autodeterminazione è da escludersi, difettando il nesso di causalità materiale tra la condotta del medico e il pregiudizio lamentato.

Cassazione civile sez. III, 29/11/2018, n.30852

Il giudice non può presumere che il paziente, poi deceduto, si sarebbe sottoposto all’intervento chirurgico anche se fosse stato prima e compiutamente informato dei rischi. Il paziente che si sottopone a intervento chirurgico, infatti, deve essere sempre messo al corrente dei possibili rischi derivanti dall’operazione, anche se sono minimi. A ricordarlo è la Cassazione in relazione alla richiesta di risarcimento del danno da mancata informazione promossa dall’erede di un paziente deceduto a seguito di un’operazione per una complicazione che rientrava tra le possibili cause di peggioramento.

Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26728

In tema di consenso informato, qualora risulti accertata, con riferimento alla sottoposizione di un coniuge ad un intervento, una situazione peggiorativa della salute incidente nella sfera sessuale, rientrante nel rischio dell’intervento, e peggiorativa della condizione del medesimo, sebbene non imputabile a cattiva esecuzione dello stesso, il coniuge che risente in via immediata e riflessa del danno, incidente nella sfera sessuale e relazionale della vita di coppia, collegato a detto peggioramento, ha diritto al risarcimento del danno, in quanto tale danno è conseguenza della condotta di violazione della regola del consenso informato in danno del coniuge, nei limiti di come è stato rilevato nei suoi confronti.

Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26728

In tema di omessa acquisizione del consenso medico informato, la responsabilità grava non solo sul capo equipe esecutore dell’operazione ma anche sull’aiuto chirurgo, partecipante ad essa, che abbia in precedenza consigliato al paziente l’esecuzione dell’intervento, in quanto responsabile di non aver assicurato l’informazione dovuta nell’eseguire la propria prestazione consistente nel consigliare l’intervento.

Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20885

In tema di responsabilità professionale del medico, l’inadempimento dell’obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo a fini risarcitori – anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all’informazione – a condizione che sia allegata e provata, da parte dell’attore, l’esistenza di pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in sè considerato, sempre che essi superino la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non siano futili, ovvero consistenti in meri disagi o fastidi.

Cassazione civile sez. III, 19/07/2018, n.19199

In tema di responsabilità medica da violazione dell’obbligo di consenso informato, l’allegazione dei fatti dimostrativi dell’opzione “a monte” del paziente (ossia che, se debitamente informato, egli si sarebbe sottratto all’intervento chirurgico che ne ha determinato l’exitus) costituisce elemento integrante dell’onere della prova, a carico del danneggiato, della compatibilità eziologica tra l’omissione informativa e l’evento di danno alla salute.

Cassazione civile sez. I, 02/07/2018, n.17278

In tema di consenso al trattamento dei dati personali, la previsione dell’art. 23 del d.lgs. n. 196 del 2003, nello stabilire che il consenso è validamente prestato solo se espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, consente al gestore di un sito internet, il quale somministri un servizio fungibile cui l’utente possa rinunciare senza gravoso sacrificio (nella specie servizio di “newsletter” su tematiche legate alla finanza, al fisco, al diritto e al lavoro), di condizionare la fornitura del servizio al trattamento dei dati per finalità pubblicitarie, sempre che il consenso sia singolarmente ed inequivocabilmente prestato in riferimento a tale effetto, il che comporta altresì la necessità, almeno, dell’indicazione dei settori merceologici o dei servizi cui i messaggi pubblicitari saranno riferiti.

Cassazione civile sez. III, 28/06/2018, n.17022

In tema di responsabilità sanitaria, l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo al trattamento sanitario – fuori dai casi in cui lo stesso debba essere praticato in via d’urgenza e il paziente non sia in grado di manifestare la propria volontà – determina la lesione in sé della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 Cost., quest’ultimo ricomprendente la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo, a prescindere quindi dalla presenza di conseguenze negative sul piano della salute, e dà luogo ad un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ai sensi dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.

Cassazione civile sez. III, 21/06/2018, n.16336

Il medico potrà essere chiamato a risarcire il danno alla salute laddove il paziente dimostri — anche tramite presunzioni — che, ove compiutamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento terapeutico. Affinché possa essere risarcito anche il danno all’autodeterminazione è necessario dar prova che il pregiudizio abbia varcato la soglia della gravità dell’offesa e, dunque, che il relativo diritto sia stato inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità, non essendo predicabile un danno in re ipsa.

Cassazione civile sez. III, 21/06/2018, n.16324

In tema di responsabilità sanitaria la dimostrazione dell’assolvimento dell’obbligo (di avere posto il paziente nelle condizioni) di prestare il consenso informato, che si qualifica quale obbligo contrattuale ex articolo 1218 del codice civile grava sulla struttura ospedaliera. La violazione di tale obbligo ha potenzialmente rilievo a prescindere dall’esito favorevole o meno della prestazione medica, in quanto in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione del paziente. La dimostrazione – invece – di un nesso causale tra la lesione del diritto di autodeterminazione e danno effettivamente subito, spetta al paziente, rientrando tale elemento tra gli oneri in capo all’attore qui dicet.

Cassazione civile sez. III, 15/05/2018, n.11749

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, laddove si alleghi che la violazione, da parte del medico, dell’obbligo di acquisire il consenso informato abbia determinato (anche) un danno alla salute, è onere del paziente dimostrare, anche per presunzioni, che, ove compiutamente informato, avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento; questa prova non è invece necessaria ai fini dell’autonoma risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in sé considerato, ossia del danno-conseguenza rappresentato dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso, e che corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità e all’”id quod plerumque accidit”, la cui risarcibilità non esige una specifica prova, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli, di cui intenda giovarsi ai fini risarcitori.

Cassazione civile sez. III, 15/05/2018, n.11749

In caso di violazione, da parte del medico chirurgo, dell’obbligo di acquisire il consenso informato, se si allega un danno alla salute, il paziente deve dimostrare, anche tramite presunzioni, che, ove debitamente informato, avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, mentre una siffatta prova specifica non è necessaria ai fini dell’autonoma risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, che corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità e all’id quod plerumque accidit, salve la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli, di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

Cassazione civile sez. III, 15/05/2018, n.11749

Il consenso informato – inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico – si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’articolo 2 della Costituzione che ne tutela e promuove i diritti fondamentali e negli articoli 13 e 32, comma 2, della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che la libertà personale è inviolabile, e che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. L’obbligo del sanitario di acquisire il consenso informato del paziente costituisce legittimazione e fondamento del trattamento, atteso che, senza la preventiva acquisizione di tale consenso l’intervento del medico è – al di fuori nei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando è nell’interesse del paziente. L’obbligo ha per oggetto la informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento prospettato e in particolare la possibilità del verificarsi, in conseguenza dello stesso, di un aggravamento delle condizioni di salutate del paziente, onde porre questo ultimo in condizione di consentire consapevolmente al trattamento medesimo. Il medico – quindi – ha il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, nonché in ordine alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili.

Cassazione civile sez. III, 04/05/2018, n.10608

La violazione del dovere del medico di informare preventivamente e chiaramente il paziente può comportare il danno alla salute, oppure il danno al diritto all’autodeterminazione. In particolare, nel caso di omessa informazione circa un intervento, necessario e correttamente eseguito, che non ha causato danno alla salute del paziente, il risarcimento del danno al diritto all’autodeterminazione, in via equitativa, è subordinato alla prova che il paziente abbia subìto le inaspettate conseguenze senza la necessaria consapevolezza; il danno deve superare il limite della normale tollerabilità. La prova del danno potrà essere fondata anche su presunzioni fondate, in un rapporto di proporzionalità inversa, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell’operazione.

Cassazione penale sez. IV, 18/04/2018, n.31628

Non integra il reato di lesioni personali, né quello di violenza privata, la condotta del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento terapeutico in relazione al quale non sia stato prestato il consenso informato, nel caso in cui questo, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto.

Cassazione penale sez. IV, 18/04/2018, n.31628

L’ambito dell’obbligo di garanzia gravante sul medico di pronto soccorso può in generale ritenersi definito dalle specifiche competenze che sono proprie di quella branca della medicina che si definisce medicina d’emergenza e d’urgenza. In tale ambito rientrano l’esecuzione di taluni accertamenti clinici, la decisione circa le cure da prestare e l’individuazione delle prestazioni specialistiche eventualmente necessarie. Delineata entro tale ambito la posizione di garanzia del medico del pronto soccorso, la mancata prestazione di presidi terapeutici fondamentali per la vita del paziente si configura come la negligenza, l’imperizia e l’imprudenza che integrano la colpa grave .

Cassazione civile sez. III, 27/03/2018, n.7516

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, se il paziente conosce perfettamente quale sia l’intervento cui si accinge ad essere sottoposto, con relative conseguenze, rischi e complicazioni, l’eventuale inadempimento, da parte del medico, dell’obbligo di informarlo è giuridicamente irrilevante, per l’inconcepibilità di un valido nesso di causa tra detto inadempimento e le conseguenze dannose del vulnus alla libertà di autodeterminazione.

Cassazione civile sez. III, 23/03/2018, n.7248

In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone.

Cassazione civile sez. III, 23/03/2018, n.7248

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in se stesso, il quale sussiste quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Cassazione penale sez. IV, 21/12/2017, n.2354

Ai fini dell’apprezzamento della condotta del sanitario, non è di regola possibile fondare la colpa sulla mancanza del consenso del paziente, giacché la valutazione del comportamento del medico, sotto il profilo penale, quando si sia in ipotesi sostanziato in una condotta (vuoi omissiva, vuoi commissiva) dannosa per il paziente, non ammette un diverso apprezzamento a seconda che l’attività sia stata prestata con o in assenza di consenso informato da parte del paziente. L’obbligo di acquisire il consenso informato non integra, infatti, una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza, giacché l’acquisizione del consenso non è preordinata (in linea generale) a evitare fatti dannosi prevedibili (ed evitabili), ma a tutelare il diritto alla salute e, soprattutto, il diritto alla scelta consapevole in relazione agli eventuali danni che possano derivare dalla scelta terapeutica in attuazione di una norma costituzionale (articolo 32, comma 2). In questa prospettiva, in un unico caso la mancata acquisizione del consenso potrebbe avere rilevanza come elemento della colpa: allorquando, la mancata sollecitazione di un consenso informato abbia finito con il determinare, mediatamente, l’impossibilità per il medico di conoscere le reali condizioni del paziente e di acquisire un’anamnesi completa (ciò che potrebbe verificarsi, esemplificando, in caso di mancata conoscenza di un’allergia a un determinato trattamento farmacologico o in quello di mancata conoscenza di altre specifiche situazioni del paziente che la sollecitazione al consenso avrebbe portato all’attenzione del medico). In questa evenienza, il mancato consenso rileverebbe non direttamente, ma come riflesso del superficiale approccio del medico all’acquisizione delle informazioni necessarie per il corretto approccio terapeutico.

Cassazione civile sez. III, 14/11/2017, n.26827

La risarcibilità del danno da lesione della salute che si verifichi per le imprevedibili conseguenze dell’atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l’accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato.

Cassazione civile sez. III, 05/07/2017, n.16503

Il paziente, che, dispiegando la relativa domanda risarcitoria, invochi l’incompletezza del consenso informato e, quindi, l’inadempimento del correlativo obbligo dei sanitari di rendere le informazioni necessarie per formarlo, allega implicitamente il danno a quella sua libera e consapevole autodeterminazione che, in base a quanto accade normalmente e per riferirsi la lesione ad un diritto personalissimo e relativo alla sfera interna del danneggiato (almeno quanto alla sofferenza ed alla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell’esecuzione dell’intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza), si ricollega quale conseguenza ineliminabile alla carenza di un quadro informativo completo e ben compreso o spiegato a chi dovrebbe valutarlo come base di una responsabile decisione. Sulla base di nozioni di comune esperienza può dirsi anche provato, essendo stato per implicito allegato attraverso la formulazione di una domanda siffatta, che con il danno-evento dell’esecuzione dell’intervento sanitario, seguito all’incompleta serie di informazioni, si sia prodotta quale danno-conseguenza, quanto meno, la lesione della libertà di autodeterminazione del paziente e la sofferenza ad essa connessa.

Cassazione civile sez. III, 28/02/2017, n.5004

Non libera il professionista ginecologo della sua responsabilità per mancata formazione di un consenso informato il fatto che questi abbia individuato, tramite un particolare esame, la presenza di una alterazione cromosomica del feto ed abbia, così, indirizzato la paziente in gravidanza al centro di genetica per avere ulteriori informazioni sull’esito dell’esame, considerato che l’informazione dovuta deve essere comprensiva di tutti gli elementi per consentire alla paziente una scelta informata consapevole, sia volta alla interruzione, sia alla prosecuzione di una gravidanza il cui esito possa comportare delle problematicità da affrontare.

Cassazione civile sez. III, 20/05/2016, n.10414

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’id quod plerumque accidit, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque a interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo.

Cassazione civile sez. III, 20/05/2016, n.10414

L’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, di talché l’errata esecuzione di quest’ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti – rispettivamente, all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all’integrità psico-fisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi.

Cassazione civile sez. III, 04/02/2016, n.2177

In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l’informazione sui rischi connessi ad un intervento di cheratomia radiale, fornita ad una paziente mediante consegna di un “depliant” redatto dallo stesso oculista, che peraltro non riportava l’eventuale regressione del “visus”, statisticamente conseguente ad un simile intervento, anche quando correttamente eseguito).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA