Commette i reati di sostituzione di persona e trattamento illecito di dati personali colui che crea un falso profilo su un social network utilizzando l’immagine e ed i dati personali della ignara persona offesa.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 12062.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di sostituzione di persona e trattamento illecito di dati personali, si sofferma sulla struttura e sui rapporti tra i due delitti commessi mediante lo strumento informatico.

In particolare la Suprema Corte enuncia i seguenti principi di diritto:

(i) risponde del delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. colui che formi un falso profilo su un social network servendosi dell’immagine di un soggetto inconsapevole e non consenziente, così creando un’identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso e traendo in inganno i terzi;

(ii) il reato di trattamento illecito di dati personali ex art. 167 D.lgs. 196/2003 è integrato dalla condotta di colui che, nella creazione di un profilo su un social network, vi inserisca dati sensibili propri della persona offesa, rendendoli ostensibili ai fruitori della piattaforma web, posto che il danno subito dal titolare dei dati è costituito da qualsiasi pregiudizio giuridicamente rilevante di natura patrimoniale e non patrimoniale (a nulla rilevando che l’immagine abusivamente utilizzata per la creazione del profilo sia di dominio pubblico, in ragione delle misure di protezione proprie del social network volte a consentire l’accesso ai soli soggetti selezionati dal titolare del profilo).

(iii) sussiste concorso formale tra i reati di sostituzione di persona e trattamento illecito di dati personali, poiché la medesima condotta di utilizzo dell’immagine di una persona inconsapevole per la creazione di un profilo su un social network configura due distinte fattispecie criminose, a tutela rispettivamente dei beni giuridici della fede pubblica e della riservatezza del titolare dei dati personali.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 12062.2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di sostituzione di persona e trattamento illecito di dati personali, oltre agli approfondimenti sui reati informatici che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

I reati contestati e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato erano stati contestati i delitti di sostituzione di persona e trattamento illecito di dati personali, rispettivamente ex art. 494 c.p. e 167 D.lgs. 196/2003, per aver creato un profilo falso sul social network “Badoo”, servendosi dell’immagine di un soggetto inconsapevole e non consenziente.

La Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Enna aveva condannato il prevenuto per i reati ascrittigli.

 

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento, che trattano partitamente delle seguenti questioni giuridiche:

(i) Sostituzione di persona.

“Questa Corte è ferma nel ritenere che integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su “social network”, servendosi abusivamente dell’immagine di un diverso soggetto, inconsapevole, in quanto idonea alla rappresentazione di un’identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso (Sez. 5, n. 22049 del 06/07/2020, Rv. 279358). Si è, al riguardo, spiegato che la descrizione di un profilo poco lusinghiero sul “social network” evidenzia sia il fine di vantaggio, consistente nell’agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete, sia il fine di danno per il terzo, di cui è abusivamente utilizzata l’immagine (Sez. 5, n. 25774 del 23/04/2014, Rv. 259303) e comporta che gli utilizzatori del servizio vengano tratti in inganno sulla disponibilità della persona associata all’immagine a ricevere comunicazioni a sfondo sessuale o sentimentale (Sez. 5, n. 18826 del 28/11/2012 – dep. 29/04/2013, Rv. 255086)”.

(ii) Illecito trattamento di dati personali.

“Questa Corte ha, del pari, affermato che il reato di illecito trattamento dei dati personali, di cui all’art. 167 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 è integrato dall’ostensione di dati personali del loro titolare ai frequentatori di un social network attraverso l’inserimento degli stessi, previa creazione di un falso profilo, sul relativo sito (Sez. 3, n. 42565 del 28/05/2019, Rv. 276830), posto che il nocumento che ne deriva al titolare medesimo s’identifica in un qualsiasi pregiudizio giuridicamente rilevante di natura patrimoniale o non patrimoniale subito dal soggetto cui si riferiscono i dati protetti oppure da terzi quale conseguenza dell’illecito trattamento (Sez. 3, n. 52135 del 19/06/2018, Rv. 275456). Donde, i rilievi mossi dal ricorrente in punto di integrazione del detto delitto sono tutti destituiti di fondamento, anche quelli relativi all’essere l’immagine della persona offesa di dominio pubblico: il profilo ‘Facebook’ della persona offesa, in cui l’immagine stessa era postata, non può, infatti, qualificarsi come un luogo virtuale pubblico, in quanto protetto da particolari misure atte a non consentirne l’accesso se non a persone previamente selezionate dal titolare del profilo stesso (Sez. 5, n. 2905 del 02/10/2018 – dep. 22/01/2019, Rv. 274596; Sez. 3, n. 1647 del 27/09/2018 – dep. 15/01/2019, Rv. 275460)”.

(iii) Concorso formale dei reati.

“E’ pacifico il principio di diritto secondo il quale, in presenza della clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, la maggiore o minore gravità dei reati concorrenti presuppone che entrambi siano posti a tutela dello stesso bene giuridico (Sez. 2, n. 25363 del 15/05/2015, Rv. 265045; Sez. 2, n. 36365 del 07/05/2013, Rv. 256876). Interesse giuridico protetto che, nelle fattispecie di cui all’art. 494 cod.pen. e 167 d.lgs. n. 196 del 2003 (come aggiornato dal d.lgs 101/2018), non è affatto sovrapponibile: nel delitto di sostituzione di persona il bene giuridico si identifica, infatti, nella fede pubblica; nel delitto di trattamento illecito di dati personali, il bene giuridico si identifica, invece, nella riservatezza, che coincide con il diritto dell’individuo a preservare la propria sfera personale dalle attenzioni di quanti non abbiano titolo per ingerirsi in essa ed attiene, quindi, all’aspetto interiore dell’individuo, che ha diritto a proteggersi dalle indiscrezioni altrui. Sussiste, pertanto, concorso formale di reati tra la sostituzione di persona e il trattamento illecito di dati personale, poiché la medesima condotta, ossia l’utilizzazione dell’immagine di una persona ignara e non consenziente in profilo da altri creato su un social network, integra due ipotesi delittuose diverse e tra loro autonome: ne consegue che lo stesso comportamento ben può realizzare l’elemento materiale di entrambi i reati”.

 

Le fattispecie incriminatrici:

Art. 494 c.p. – Sostituzione di persona

Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno [496; 1133 c. nav.].

 

Art. 167 D.lgs. 196/2003 – Trattamento illecito di dati

Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di trarre per se’ o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, operando in violazione di quanto disposto dagli articoli 123, 126 e 130 o dal provvedimento di cui all’articolo 129 arreca nocumento all’interessato, e’ punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi.

Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di trarre per se’ o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies e 2-octies, o delle misure di garanzia di cui all’articolo 2-septies ovvero operando in violazione delle misure adottate ai sensi dell’articolo 2-quinquiesdecies arreca nocumento all’interessato, e’ punito con la reclusione da uno a tre anni.

Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, la pena di cui al comma 2 si applica altresi’ a chiunque, al fine di trarre per se’ o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trasferimento dei dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale al di fuori dei casi consentiti ai sensi degli articoli 45, 46 o 49 del Regolamento, arreca nocumento all’interessato.

Il Pubblico ministero, quando ha notizia dei reati di cui ai commi 1, 2 e 3, ne informa senza ritardo il Garante.

Il Garante trasmette al pubblico ministero, con una relazione motivata, la documentazione raccolta nello svolgimento dell’attivita’ di accertamento nel caso in cui emergano elementi che facciano presumere la esistenza di un reato. La trasmissione degli atti al pubblico ministero avviene al piu’ tardi al termine dell’attivita’ di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente decreto.

Quando per lo stesso fatto e’ stata applicata a norma del presente codice o del Regolamento a carico dell’imputato o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria dal Garante e questa e’ stata riscossa, la pena e’ diminuita.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. V, 06/07/2020, n.22049

Integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su “social network”, servendosi abusivamente dell’immagine di un diverso soggetto, inconsapevole, in quanto idonea alla rappresentazione di un’identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso (Fattispecie relativa alla creazione di falsi profili “facebook”).

Cassazione penale sez. III, 28/05/2019, n.42565

Il reato di illecito trattamento dei dati personali, di cui all’art. 167 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, realizzato con la diffusione dei dati medesimi, ha natura di reato permanente, caratterizzandosi per la continuità dell’offesa arrecata dalla condotta volontaria dell’agente, il quale ha la possibilità di far cessare in ogni momento la propagazione lesiva dei dati medesimi. (Fattispecie relativa all’ostensione di dati personali ai frequentatori di un social network attraverso l’inserimento degli stessi, previa creazione di un falso profilo, sul relativo sito).

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2905

La Suprema Corte, con le sentenze Cass. pen. n. 2905/2018 e Cass. pen. n. 2942/2018 ha stabilito che l’accedere al profilo di un Social network appartenente all’ex compagno, il quale abbia spontaneamente comunicato le proprie credenziali di accesso, integra il reato di accesso abusivo a sistema informatico o telematico, qualora tale circostanza avvenga contro la sua volontà.

Cassazione penale sez. III, 19/06/2018, n.52135

Il reato di truffa e quello di illecito trattamento dei dati personali possono concorrere in quanto sono integrati da condotte diverse (perché l’illecito trattamento dei dati personali prescinde dall’uso di artifizi e raggiri, dall’induzione in errore e dal nesso causale tra il profitto ed il danno e, inoltre, il fine di profitto è alternativo a quello di provocare un nocumento) e sono caratterizzati da un diverso elemento soggettivo (essendo richiesto il dolo specifico solo per la configurabilità del delitto previsto dall’art. 167 d.lg. 30 giugno 2003, n. 196).

Cassazione penale sez. II, 15/05/2015, n.25363

In presenza della clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, la maggiore o minore gravità dei reati concorrenti presuppone che entrambi siano posti a tutela dello stesso bene giuridico e va accertata avendo riguardo alla pena in concreto irrogabile, tenuto conto delle circostanze ritenute e dell’eventuale bilanciamento tra esse. (Fattispecie in cui, in considerazione delle diversità dei beni tutelati, è stato escluso l’assorbimento del reato di ricettazione nel reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615 bis, secondo comma, cod. pen.).

Cassazione penale sez. V, 23/04/2014, n.25774

Integra il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, associata ad un “nickname” di fantasia ed a caratteristiche personali negative. (In motivazione, la Corte ha osservato che la descrizione di un profilo poco lusinghiero sul “social network” evidenzia sia il fine di vantaggio, consistente nell’agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete, sia il fine di danno per il terzo, di cui è abusivamente utilizzata l’immagine).

Cassazione penale sez. II, 07/05/2013, n.36365

In presenza della clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, la maggiore o minore gravità dei reati concorrenti va valutata avendo riguardo alla pena in concreto irrogabile, tenuto anche conto delle circostanze ritenute e dell’eventuale bilanciamento tra esse. (Fattispecie in cui è stato escluso l’assorbimento del reato di trattamento illecito di dati personali nel – meno grave in concreto – reato di diffamazione).

Cassazione penale sez. V, 28/11/2012, n.18826

Integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di chi inserisca nel sito di una “chat line” a tema erotico il recapito telefonico di altra persona associato ad un “nickname” di fantasia, qualora abbia agito al fine di arrecare danno alla medesima, giacché in tal modo gli utilizzatori del servizio vengono tratti in inganno sulla disponibilità della persona associata allo pseudonimo a ricevere comunicazioni a sfondo sessuale.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di sostituzione di persona:

Cassazione penale sez. II, 20/01/2021, n.8614

Il reato di sostituzione di persona può concorrere formalmente con quello di truffa, stante la diversità dei beni giuridici protetti, consistenti rispettivamente nella fede pubblica e nella tutela del patrimonio (nella specie, l’imputato si era finto un corriere per rubare alcune lettere di vettura provenienti ed utilizzarle per commettere alcune truffe).

Cassazione penale sez. V, 18/12/2020, n.5432

Il delitto di sostituzione di persona è configurabile nella forma del tentativo quando l’agente abbia usato uno dei mezzi fraudolenti previsti dall’art. 494 c.p. senza riuscire nell’altrui induzione in errore, che individua il momento consumativo del reato per il quale non è necessario l’effettivo raggiungimento del vantaggio perseguito dall’agente, attinente al coefficiente psicologico del reato. (Fattispecie relativa alla spendita di una falsa identità per instaurare una relazione sentimentale con la vittima, al fine di farsi elargire somme di denaro).

Cassazione penale sez. II, 11/09/2020, n.26589

Il reato di sostituzione di persona può concorrere formalmente con quello di truffa, stante la diversità dei beni giuridici protetti, consistenti rispettivamente nella fede pubblica e nella tutela del patrimonio.

Cassazione penale sez. II, 20/07/2020, n.29636

Non integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di chi si attribuisce una falsa qualifica professionale cui la legge non ricollega alcuno specifico effetto giuridico. (Fattispecie in cui gli imputati, autori di una truffa in concorso, si erano qualificati, rispettivamente, come marinaio e gioielliere).

Cassazione penale sez. V, 13/07/2020, n.25215

Integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crei ed utilizzi una “sim-card” servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’attribuzione delle connessioni eseguite in rete, dissimulandone così il personale utilizzo. (Fattispecie relativa all’uso di una pluralità di “sim card”, abusivamente intestate a terzi inconsapevoli, al fine di eseguire a nome degli stessi movimentazioni “on line” su conti correnti, per lo storno delle provviste ivi bonificate).

Cassazione penale sez. V, 06/07/2020, n.22049

Integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su “social network”, servendosi abusivamente dell’immagine di un diverso soggetto, inconsapevole, in quanto idonea alla rappresentazione di un’identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso (Fattispecie relativa alla creazione di falsi profili “facebook”).

Cassazione penale sez. II, 02/07/2020, n.23760

Integra il delitto di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p., la condotta di colui che si inserisce nel sistema operativo di un servizio di home banking servendosi dei codici personali identificativi di altra persona inconsapevole, al fine di procurarsi un ingiusto profitto con danno del titolare dell’identità abusivamente utilizzata, mediante operazioni di trasferimento di denaro. (Fattispecie di frode informatica in danno di titolare di carta banco posta, commessa in epoca antecedente alla introduzione del comma terzo dell’art. 640-ter c.p., nella quale la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva ritenuto il concorso formale dei reati di cui agli artt. 640-ter e 494 c.p.).

Cassazione penale sez. V, 19/11/2019, n.652

Ai fini della configurabilità del reato di sostituzione di persona ex articolo 494 del codice penale attraverso la costituzione di profilo social a nome di altra persona, non basta l’invio di un post per far ritenere l’offensività del fatto sulla presunta ampiezza della diffusione su internet. A dirlo è la Cassazione considerando di lieve entità il fatto di creare un falso profilo social, attribuendosi quindi l’identità di un’altra persona, se il fatto è isolato. Per i giudici di legittimità se commesso una volta soltanto, il fatto può non essere punibile in base all’articolo 131-bis del codice penale che ha introdotto proprio una particolare causa di esclusione della punibilità quando la condotta nel suo complesso viene considerata lieve.

Cassazione penale sez. V, 21/06/2019, n.43569

Per la configurabilità del concorso di persone nel reato è necessario che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il concorso nel delitto di sostituzione di persona di un soggetto che, pur non avendo mai dichiarato il falso nome e la falsa qualità, aveva inequivocabilmente prestato acquiescenza alla altrui dichiarazione falsa, utilizzando ripetutamente in concreto la falsa identità).

Cassazione penale sez. V, 22/06/2018, n.42572

Va condannato chi sostituisce online alla propria identità quella di altri per la generalità degli utenti in connessione, indipendentemente dalla propalazione all’esterno delle diverse generalità utilizzate.

Cassazione penale sez. V, 12/06/2018, n.38911

Integra l’ipotesi di sostituzione di persona la condotta di chi crea un falso profilo Facebook con il quale contatta i conoscenti della vittima per rivelarne l’orientamento sessuale

Cassazione penale sez. V, 08/06/2018, n.33862

Integra il delitto di sostituzione di persona la creazione ed utilizzazione di un profilo su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza (nella specie, l’imputato aveva creato un profilo Facebook apponendovi la fotografia di una persona minorenne per ottenere contatti con persone minorenni e scambio di contenuti a sfondo erotico).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di trattamento illecito di dati personali:

Cassazione penale sez. III, 24/10/2019, n.46376

In tema di illecito trattamento dei dati personali, continua ad integrare il reato previsto dall’art. 167 d.lg. 196 del 2003, pur dopo la modifica apportata dal d.lg. 10 agosto 2018, n. 101, la condotta del soggetto che, privo dell’autorizzazione al trattamento di dati personali relativi al traffico telefonico di cui all’art. 123 d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, abbia diffuso il numero di telefono cellulare altrui in assenza del consenso dell’interessato, in quanto tale condotta arreca effettivamente un nocumento a quest’ultimo, che ben può essere di natura non patrimoniale. (Fattispecie relativa all’inserimento del suddetto numero di telefono in una chat erotica, nella quale la Corte ha anche precisato che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, c.p., con riferimento ai reati commessi prima della riforma della fattispecie criminosa indicata, deve trovare applicazione il nuovo trattamento sanzionatorio in luogo di quello previgente, perché più favorevole per l’imputato).

Cassazione penale sez. fer., 13/08/2019, n.40140

L’attuale art. 167 del Codice della privacy sanziona penalmente, ai sensi del primo comma, solo le violazioni delle disposizioni sul trattamento dei dati relativi al traffico, concernenti contraenti ed utenti trattati dal fornitore di una pubblica rete di comunicazioni, nonché quelle riguardanti il trattamento dei dati relativi all’ubicazione dei medesimi soggetti, le violazioni relative alle cd. comunicazioni indesiderate e quelle provenienti dal Garante in materia di inserimento e utilizzo di dati personali all’interno di elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico. Al comma successivo, invece, sono previste sanzioni penali per altre condotte ivi elencate. Tali condotte non comprendono anche quella contestata al ricorrente, a cui era stato contestato di avere utilizzato abusivamente i codici di sicurezza di una carta di credito acquisiti per via di un contratto stipulato dal proprietario della stessa con la società di cui egli era dipendente , sicché egli va assolto perché il fatto non costituisce reato.

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.41604

In tema di trattamento illecito di dati personali, a seguito della riforma intervenuta con il d.lg. n. 101/2018, il testo della norma incriminatrice di cui all’art. 167 d.lg. n. 196/2003 rimane invariato, essendo tuttora necessario il verificarsi del nocumento che, tuttavia, si configura come elemento costitutivo della fattispecie penale e non più alla stregua di una condizione obiettiva di punibilità, con la conseguenza che esso deve essere previsto e voluto — o comunque accettato dall’agente — come effetto della propria azione, indipendentemente dal fatto che costituisca o si identifichi con il fine della stessa. Nello specifico, affinché l’attività di spamming integri la condotta di nocumento, penalmente rilevante ai sensi dell’art. 167 d.lg. n. 196/2003, è necessario che si verifichi per ciascun destinatario un effettivo nocumento, che non può certo esaurirsi nel semplice fastidio di dover cancellare di volta in volta le e-mail indesiderate, ma deve tradursi in un pregiudizio concreto, anche non patrimoniale, ma comunque suscettibile di essere giuridicamente apprezzato, richiedendosi in tal senso un’adeguata verifica fattuale volta ad accertare, ad esempio, se l’utente abbia segnalato al mittente di non voler ricevere un certo tipo di messaggi e se, nonostante tale iniziativa, l’agente abbia perseverato in maniera non occasionale a inviare messaggi indesiderati, creando così un reale disagio al destinatario. (Fattispecie in cui l’attività di spamming non è stata considerata penalmente rilevante poiché i destinatari delle comunicazioni non hanno manifestato alcuna opposizione a ricevere messaggi promozionali, peraltro circoscritti in un ristretto arco temporale e in misura contenuta).

Cassazione penale sez. III, 19/06/2019, n.43534

È configurabile il trattamento illecito di dati personali nell’ipotesi in cui taluno, anche solo per un breve lasso di tempo, posta su siti porno fotomontaggi realizzati a partire da foto di sue conoscenti, prelevate da Facebook, a nulla rilevando che si è trattato di una “bravata”. La Cassazione ha confermato la condanna per l’imputato per violazione della privacy di ben 17 ragazze, nonostante avessero tutte rimesso la querela per diffamazione a seguito di uno spontaneo risarcimento di 1.300 euro ciascuna da parte del ricorrente. Per la Corte l’indiscutibile attentato all’onorabilità delle persone inconsapevolmente interessate dal fotomontaggio e l’assenza del loro consenso all’utilizzo della propria immagine sono alla base del reato previsto dall’articolo 167 del codice Privacy.

Cassazione penale sez. III, 28/05/2019, n.42565

Il reato di illecito trattamento dei dati personali, di cui all’art. 167 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, realizzato con la diffusione dei dati medesimi, ha natura di reato permanente, caratterizzandosi per la continuità dell’offesa arrecata dalla condotta volontaria dell’agente, il quale ha la possibilità di far cessare in ogni momento la propagazione lesiva dei dati medesimi. (Fattispecie relativa all’ostensione di dati personali ai frequentatori di un social network attraverso l’inserimento degli stessi, previa creazione di un falso profilo, sul relativo sito).

Cassazione penale sez. V, 02/05/2019, n.30455

È configurabile il concorso tra il delitto di trattamento illecito di dati personali e quello di diffamazione, poiché la clausola di riserva di cui all’art. 167, comma 1, d.lg 30 giugno 2003, n. 196 (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”) presuppone l’identità dei beni giuridici tutelati dai diversi reati, identità che non ricorre nel caso di specie, poiché il delitto di diffamazione tutela la reputazione, attinente all’aspetto esteriore della tutela dell’individuo e al suo diritto di godere di un certo riconoscimento sociale, mentre il delitto di trattamento illecito di dati personali è posto a tutela della riservatezza che ha riguardo all’aspetto interiore dell’individuo e al suo diritto a preservare la propria sfera personale da ingerenze indebite e ricorrendo, altresì, tra le due fattispecie, un rapporto di eterogeneità strutturale, sotto il profilo dell’oggetto materiale (che, nel delitto di cui all’art. 167 d.lg. n. 196 del 2003, può essere costituito dai soli dati sensibili) e del dolo (configurato nel solo delitto di trattamento illecito come dolo specifico orientato al profitto dell’agente o al danno del soggetto passivo) che esclude la configurazione di un rapporto di specialità ai sensi dell’art. 15 c.p.

Cassazione penale sez. III, 13/03/2019, n.20013

L’art. 167, comma 2, d.lg. n. 196/2003 punisce colui che, al fine di trarre per sé o per altri profitto o arrechi danno all’interessato, procede all’illecito trattamento di dati personali.. Quanto al danno della persona offesa, la disposizione normativa non pone alcuna precisazione, potendo quindi concretizzarsi in qualsiasi pregiudizio giuridicamente rilevante per il soggetto passivo (nella specie, l’imputato, nella qualità di dipendente bancario, aveva proceduto al trattamento dei dati personali di un soggetto, concernenti la situazione patrimoniale in relazione al suo indebitamento con la banca e la divulgazione dei dati sarebbe stata finalizzata a reperire sul mercato possibili acquirenti per una tenuta, evidenziandosi così il profitto, vòlto a consentire alla banca stessa di soddisfare il credito vantato nei confronti del suddetto soggetto e recuperare così la situazione di scoperto. Nel caso in esame, il danno si era sostanziato non solo nel ‘vulnus’ al nome dell’azienda in cui il colpevole lavorava, ma anche nella rappresentazione ad altri soggetti, terzi, della possibilità di acquisto ad un prezzo inferiore al suo valore commerciale della tenuta a fronte dell’indebitamento del proprietario).

Cassazione penale sez. III, 19/06/2018, n.52135

Il reato di truffa e quello di illecito trattamento dei dati personali possono concorrere in quanto sono integrati da condotte diverse (perché l’illecito trattamento dei dati personali prescinde dall’uso di artifizi e raggiri, dall’induzione in errore e dal nesso causale tra il profitto ed il danno e, inoltre, il fine di profitto è alternativo a quello di provocare un nocumento) e sono caratterizzati da un diverso elemento soggettivo (essendo richiesto il dolo specifico solo per la configurabilità del delitto previsto dall’art. 167 d.lg. 30 giugno 2003, n. 196).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA