Il giudice penale chiamato ad accertare fatti di bancarotta non può sindacare la legittimità della sentenza dichiarativa di fallimento.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 12074.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta documentale semplice, si sofferma sul tema della sindacabilità in sede penale della sentenza dichiarativa del fallimento – quale presupposto richiesto dalla fattispecie incriminatrice – nonché sul perimetro applicativo della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità.

In particolare, in riferimento alla sentenza dichiarativa di fallimento, la Suprema Corte ha ritenuto di dare continuità al principio di diritto elaborato dal Collegio nella sua composizione più autorevole, secondo cui il giudice penale investito dell’accertamento della responsabilità per i reati di bancarotta, non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento quanto allo stato di insolvenza dell’impresa o alle condizioni di fallibilità, trattandosi di provvedimento giurisdizionale vincolante per il giudice penale, il quale deve limitarsi a rilevarne l’esistenza e la validità formale, quale elemento proprio delle fattispecie di bancarotta.

Quanto alla circostanza attenuante ex art. 219 della legge fallimentare, il Supremo Consesso esprime il principio di diritto secondo cui, ai fini della relativa applicazione occorre dimostrare il danno cagionato alla massa creditoria e segnatamente il nesso tra la mancanza delle scritture contabili e la quota dell’attivo  realizzato rispetto  a quello realizzabile da ripartire tra i creditori, con possibilità (eventuale e da dimostrare) di poter  esercitare azioni revocatorie o altre azioni a tutela dei propri interessi.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 12074/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta documentale semplice, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato l’imputato, nella qualità di amministratore unico della società dichiarata fallita, per il delitto di bancarotta documentale semplice.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla configurazione della circostanza attenuante ex art. 219 l. fall. e della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

(i) L’intangibilità della sentenza dichiarativa di fallimento

“A questo proposito, il Collegio intende ribadire le riflessioni svolte da Sez. 5, n. 10033 del 19/01/2017, Rv. 269454, sviluppando la consolidata giurisprudenza di questa Corte, mai più messa in discussione dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 28/2/2008, n. 19601. Il punto di partenza della sentenza è che, secondo le Sezioni Unite, il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore. Sez. 5 ha però precisato che la portata del precedente delle Sezioni Unite è più ampia, ancorché il principio di diritto enunciato sia stato posto con specifico riferimento ai “presupposti oggettivi e soggettivi” per la dichiarazione di fallimento, dal momento che, nel procedimento in cui è stato espresso, era stata posta in discussione la fallibilità dell’imprenditore, in considerazione della normativa successivamente intervenuta.

In motivazione, le Sezioni Unite hanno però precisato che la sentenza di fallimento costituisce il presupposto formale perché possano essere prese in considerazione le condotte dell’imprenditore ante procedura e che, nella struttura dei reati di bancarotta, la dichiarazione di fallimento assume rilevanza nella sua natura di provvedimento giurisdizionale, sicché «in quanto atto della giurisdizione richiamato dalla fattispecie penale, la sentenza dichiarativa di fallimento è insindacabile in sede penale» e «vincola il giudice penale (purché esistente e non revocata) come elemento della fattispecie criminosa, e non quale decisione di una questione pregiudiziale implicata dalla fattispecie». Sicché «il giudice penale non ha alcun potere di sindacato, dovendo limitarsi a verificare l’esistenza dell’atto e la sua validità formale»; ciò in quanto «le sentenze, a prescindere dalla loro definitìvità, hanno un valore erga omnes che può essere messo in discussione solo in via principale, con i rimedi previsti dall’ordinamento per gli errori giudiziari (e cioè con i mezzi ordinari o straordinari di impugnazione previsti dalla disciplina processuale)». Si è, quindi, sostenuto che la sentenza di fallimento non può essere sindacata dinanzi al giudice penale nemmeno per eventuali errori commessi nel procedimento che ha portato alla sua emanazione, in quanto quegli errori andavano fatti valere nella sede propria, costituita dal reclamo — da proporre dinanzi alla Corte d’appello — avverso la pronuncia del Tribunale fallimentare”.

 

(ii) La circostanza attenuante del danno di speciale tenuità

“Si è sostenuto, infatti, che, ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità nella bancarotta documentale, non rileva l’ammontare del passivo, ma la differenza che la mancanza dei libri o delle scritture contabili ha determinato nella quota complessiva dell’attivo da ripartire tra i creditori, avendo riguardo al momento della consumazione del reato (Sez. 5, n. 44443 del 04/07/2012, Rv. 253778). Tale esegesi si pone in linea con quella secondo cui la valutazione del danno deve essere effettuata con esclusivo riferimento a quello direttamente cagionato alla massa dei creditori dalla mancanza della prescritta contabilità, in ragione dell’impossibilità di ricostruire la consistenza del patrimonio e il movimento degli affari dell’impresa fallita e di esercitare le azioni revocatorie o le altre azioni a tutela degli interessi dei creditori (Sez. 5, n. 19981 del 01/04/2019, Rv. 277243; Sez. 5, n. 7888 del 03/12/2018, dep. 2019, Rv. 275345; Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013, Rv. 255439), con la conseguenza che, qualora tale danno non sussista o non sia dimostrato, l’attenuante in questione deve essere applicata (Sez. 5, n. 24325 del 18/05/2005, Rv. 232206)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 217 legge fall. – Bancarotta semplice

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. V, 01/04/2019, n.19981

In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo all’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all’art. 219, comma 3, l. fall. 16 marzo 1942, n. 267, deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza della corte di appello che non aveva riconosciuto l’attenuante facendo solo riferimento all’ammontare del passivo fallimentare).

Cassazione penale sez. V, 03/12/2018, n.7888

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, l. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto).

Cassazione penale sez. V, 19/01/2017, n.10033

Il giudice penale, investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D. 16 marzo 1942, n. 267, non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento per eventuali errori commessi nel procedimento che ha portato alla sua emanazione, impugnabili solo attraverso il reclamo dinanzi alla Corte d’Appello. (Nella specie, la Corte ha ritenuto insindacabili i vizi addotti con ricorso e riferiti alla mancata notifica dell’istanza di fallimento all’amministratore della società fallita, nonchè alla pronuncia della sentenza di fallimento da parte di giudice incompetente).

Cassazione penale sez. V, 18/01/2013, n.19304

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma 3, l. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori.

Cassazione penale sez. V, 04/07/2012, n.44443

Nella ipotesi di bancarotta documentale, ai fini della applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, non rileva l’ammontare del passivo, ma la differenza che la mancanza dei libri o delle scritture contabili ha determinato nella quota complessiva dell’attivo da ripartire tra i creditori, avendo riguardo al momento della consumazione del reato.

Cassazione penale sez. un., 28/02/2008, n.19601

Il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D. 16 marzo 1942, n. 267 non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, sicché le modifiche apportate all’art. 1 R.D. n. 267 del 1942 dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano influenza ai sensi dell’art. 2 cod. pen. sui procedimenti penali in corso.

Cassazione penale sez. V, 18/05/2005, n.24325

In tema di bancarotta semplice per omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, al fine della applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuta, di cui all’art. 219, comma 3, l. fall., la valutazione del danno deve essere effettuata con esclusivo riferimento al danno direttamente cagionato alla massa dei creditori dalla mancanza della prescritta contabilità, in ragione della impossibilità di ricostruire la consistenza del patrimonio e il movimento degli affari dell’impresa fallita e di esercitare le azioni revocatorie o le altre azioni a tutela degli interessi dei creditori, con la conseguenza che qualora tale danno non sussista o non sia dimostrato l’attenuante in questione deve essere applicata.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta semplice:

Cassazione penale sez. V, 02/10/2020, n.34292

Non ricorre l’ipotesi di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma primo, n. 2, legge fall., integrata da operazioni di manifesta imprudenza, ma la più grave ipotesi di bancarotta fraudolenta, nel caso di operazioni che abbiano comportato, in pressoché totale assenza di vantaggi, un notevole impegno economico-finanziario della società, dichiarata poco dopo fallita, atteso che le operazioni imprudenti, realizzate pur sempre nell’interesse dell’impresa, sono quelle in tutto o in parte aleatorie o frutto di scelte avventate, tali da rendere palese a prima vista che il rischio affrontato non è proporzionato alle possibilità di successo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva ravvisato il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in una operazione di “leveraged buy-out”, realizzata mediante il prelievo di rilevanti risorse da una società, già in stato di dissesto, per fornire all’acquirente le provviste finanziarie necessarie al pagamento delle quote ad un prezzo sovrastimato).

 

Cassazione penale sez. V, 21/09/2020, n.28848

In tema di bancarotta semplice, i sindaci di una società dichiarata fallita rispondono del reato di cui agli artt. 217, comma 1, n. 4, e 224 l. fall., per aver omesso di attivarsi per rimediare all’inerzia dell’amministratore che non abbia chiesto il fallimento in proprio della società, così aggravandone il dissesto, solo quando la situazione di insolvenza sia rilevabile dagli atti posti a loro disposizione, dovendo il giudice di merito verificare, mediante un giudizio controfattuale, se, qualora fossero state poste in essere le attività di impulso e controllo omesse, si sarebbe comunque realizzato l’aggravamento del dissesto.

 

Cassazione penale sez. V, 21/09/2020, n.27566

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice r.d. n. 267 del 1942, ex art. 217, comma 2, può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2) r.d. cit., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale sez. V, 19/12/2019, n.11311

In tema di bancarotta semplice, la convocazione dell’assemblea dei soci, ex art. 2482-bis, c.c., in presenza di una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo per perdite, rientra tra gli “obblighi imposti dalla legge” la cui inosservanza può dar luogo a responsabilità penale dell’amministratore, ai sensi dell’art. 224, comma 1, n. 2, l. fall., quando costituisca causa o concausa del dissesto ovvero del suo aggravamento.

 

Cassazione penale sez. V, 13/12/2019, n.2727

Il giudice d’appello, che proceda a riqualificare “in bonam partem” la fattispecie addebitata all’imputato in altra che, a differenza della prima, consenta l’accesso alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., non è tenuto a motivare in ordine alle ragioni per cui non accede al proscioglimento per particolare tenuità del fatto, quando non vi sia stata una specifica richiesta in tal senso, neppure come opzione condizionata alla derubricazione nella fattispecie punita meno severamente. (Fattispecie in cui la Corte di appello aveva riformato la sentenza di primo grado riqualificando in bancarotta semplice il fatto originariamente contestato come bancarotta fraudolenta).

 

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.51242

Le spese eccessive personali o per la famiglia compiute da un amministratore di una società di capitali possono integrare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e non quello di bancarotta semplice, in quanto la fattispecie di cui all’art. 217, comma 1, n. 1, l. fall. è da ritenersi applicabile al solo imprenditore individuale.

 

Cassazione penale sez. V, 19/09/2019, n.3221

Commette il delitto di bancarotta semplice il socio accomandatario e legale rappresentante di una società in accomandita semplice che, venuta meno la pluralità dei soci, non ricostituita nel termine di sei mesi, non tiene le scritture contabili o le tiene in modo irregolare, in quanto, nella situazione descritta, l’organizzazione sociale rimane in vita fino a quando non siano estinti i rapporti societari di debito e di credito verso i terzi, sopravvivendo di conseguenza ogni obbligo, compreso quello di curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili. 

 

Cassazione penale sez. V, 05/07/2019, n.44097

In tema di reati fallimentari, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta, anche relative a diverse fattispecie di cui agli artt. 216 e 217 l. fall., nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma 2, n. 1, l. fall., disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 c.p.

Cassazione penale sez. V, 30/05/2019, n.27634

In tema di bancarotta semplice, l’aggravamento del dissesto punito dagli artt. 217, comma 1, n. 4 e 224 l. fall. deve consistere nel deterioramento, provocato per colpa grave o per la mancata richiesta di fallimento, della complessiva situazione economico-finanziaria dell’impresa fallita, non essendo sufficiente ad integrarlo l’aumento di alcune poste passive. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la decisione di condanna che aveva concentrato l’attenzione sul debito tributario e sui costi operativi accresciutisi per effetto della mancata richiesta di fallimento, senza considerare la progressiva riduzione delle perdite, il modesto utile e il sensibile risparmio dei costi per interessi bancari, risultanti dai bilanci depositati negli anni oggetto della contestazione).

 

Cassazione penale sez. V, 26/03/2019, n.21747

In tema di bancarotta semplice ex l. fall., art. 217, comma 1, n. 4), la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore – anche di fatto – della società è punibile se dovuta a colpa grave, la quale può essere desunta non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, bensì in concreto da una provata e consapevole omissione.

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

È configurabile il reato di bancarotta semplice e non quello di bancarotta fraudolenta in capo all’amministratore della società se le omissioni nelle scritture contabili riguardano periodi limitati e potrebbero essere solo il risultato di trascuratezza e non della volontà di rendere non ricostruibile il patrimonio e il movimento di affari. Inoltre, senza la prova della coscienza del danno ai creditori e delle conseguenze della condotta non può ipotizzarsi la fattispecie più grave della bancarotta fraudolenta. Ad affermarlo è la Cassazione accogliendo il ricorso dell’amministratrice e legale rappresentante di una Srl, condannata in appello per bancarotta fraudolenta documentale, per non aver consentito di ricostruire il patrimonio e il movimento di affari, compilando li libro assemblee senza rispettare l’ordine cronologico, aggiornando il libro bilancio solo parzialmente e il libro giornale in maniera confusa.

 

Cassazione penale sez. V, 22/01/2019, n.20514

In tema di bancarotta semplice documentale, l’obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell’impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie.

 

Cassazione penale sez. V, 19/10/2018, n.53210

La bancarotta semplice documentale è punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore dell’art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di ‘previsione espressa’ non equivale a quella di ‘previsione esplicita’ e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale , sez. V , 01/10/2018 , n. 53193

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illeicità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.

 

Cassazione penale sez. V  28/05/2018 n. 39009  

In tema di bancarotta semplice documentale, l’ art. 217 l. fall . si applica anche al liquidatore della società che abbia omesso la tenuta dei libri e delle scritture contabili obbligatorie, oppure abbia provveduto in maniera irregolare o incompleta alla tenuta delle predette.

 

Cassazione penale sez. V  12/03/2018 n. 18108  

Nel reato di bancarotta semplice, la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore (anche di fatto) della società è punibile se dovuta a colpa grave che può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma. in concreto, da una provata e consapevole omissione.

 

Cassazione penale sez. V  03/05/2017 n. 33878  

In tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta semplice.

 

Cassazione penale sez. V  03/05/2017 n. 33878  

Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 cod. proc. pen., la condanna per bancarotta documentale semplice dell’imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza un rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un “vulnus” al diritto di difesa, trattandosi di reato di minore gravità.

 

Cassazione penale sez. V  26/04/2017 n. 37910  

Sussiste il reato di bancarotta semplice documentale anche quando la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili non si protragga per l’intero triennio precedente alla dichiarazione di fallimento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato a carico dell’amministratore della società fallita che non aveva ricoperto la carica per l’intero triennio antecedente alla sentenza di fallimento).

 

Cassazione penale sez. V  28/02/2017 n. 14846  

Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, previsto dall’art. 220 l. fall., concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2), l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’art. 217, comma 2, l. fall., tutte le volte in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

 

Cassazione penale sez. V  25/11/2016 n. 5461  

L’oggetto del reato di bancarotta semplice documentale è rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbligatoria, dovendosi ricomprendere tra queste anche quelle richiamate dal comma secondo dell’art. 2214 c.c., e cioè tutte le scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistente il reato in relazione ai “mastrini” delle spese di cassa – che rappresentano l’andamento della cassa contanti e sono elementi necessari alla sua comprensione – irritualmente tenuti nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA