Reati tributari e confisca: la mancata disposizione della confisca da parte del giudice di primo grado preclude l’applicazione della misura nel giudizio di appello
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 12728.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione infedele, si sofferma sull’istituto della confisca per equivalente del profitto dei reati tributari.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui la confisca del profitto del reato tributario, nel rispetto dell’art. 597 c.p.p., non può essere disposta dalla Corte di appello se la medesima non è stata applicata nel giudizio di primo grado e se non vi è stata specifica impugnazione sul punto da parte del pubblico ministero.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;
(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 12728/2021;
(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di confisca e reati tributari, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
I reati contestati e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie all’imputato erano stati contestati i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione infedele, previsti e puniti dagli artt. 2, 4 D.lgs. 74/2000.
Il Tribunale di Napoli condannava il giudicabile per il reato di frode fiscale e lo assolveva da quello di dichiarazione infedele, disponendo il dissequestro del denaro sequestrato nella fase delle indagini preliminari perché disposto per quest’ultimo reato.
La Corte di appello partenopea, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava di non doversi procedere nei confronti del prevenuto per intervenuta prescrizione del reato residuo e disponeva la confisca ex art. 12 bis D.lgs. 74/2000 delle somme che erano state sottoposte a sequestro preventivo nella fase delle indagini preliminari.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, deducendo, con un unico motivo di gravame, l’erronea applicazione dell’art. 12 bis D.lgs. 74/2000 e il vizio di motivazione.
La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Va inoltre ricordato che la confisca per equivalente ha, per giurisprudenza costante, natura sanzionatoria; con la conseguenza che l’applicazione della confisca, non disposta dal giudice di primo grado, in assenza dell’impugnazione del pubblico ministero, da parte della Corte di appello si sostanzia nell’applicazione di un trattamento sanzionatorio non disposto in primo grado, in violazione dell’art. 597 cod. proc. pen.
Deve allora affermarsi che all’omissione del provvedimento di confisca ex art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, in assenza di impugnazione, può ovviarsi in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen., nel contraddittorio tra le parti (ex multis, Sez. 3, n. 7587 del 13/11/2019, dep. 2020, Rv. 278598). […]
A ciò deve aggiungersi che la confisca penale ha una sua precisa ed autonoma configurazione ed è indissolubilmente connessa al profitto del reato tributario e, solo indirettamente alla pretesa fiscale, per il cui soddisfacimento è predisposta la leva penale, essendo indifferente che l’obbligazione tributaria sia estinta, ovviamente per cause diverse dall’esatto adempimento (ossia per cause diverse dal versamento dell’imposta evasa), perché solo quest’ultima circostanza impedisce la duplicazione coattiva del prelievo, sul presupposto che quest’ultimo, in presenza di un esatto pagamento del tributo, sarebbe privo di una causa realmente giustificativa (ex multis Sez. 3, n. 4236 del 18/10/2018, dep. 2019, Rv. 275692 – 02; Sez. 3, n. 20887 del 20/05/2015, Rv. 263409; Sez. 3, n. 37748 del 16/07/2014, Rv. 260189; Sez. 3, n. 5681 del 27/11/2013, Rv. 258691). Diversamente, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (ex multis, Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Rv. 258903)”.
Le fattispecie incriminatrici:
Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.]
Art. 4 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione infedele
Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
- a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;
- b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore a euro due milioni.
Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. III, 13/11/2019, n.7587
In tema di impugnazioni, il giudice di appello, in mancanza di gravame del pubblico ministero, non può disporre la confisca ex art. 12-bis, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, non ordinata dal giudice di primo grado, ostandovi il divieto di reformatio in peius. (In motivazione, la Corte ha precisato che all’omissione del provvedimento può porsi rimedio in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 676 c.p.p.).
Cassazione penale sez. III, 18/10/2018, n.4236
In tema di reati tributari, l’intervenuta prescrizione della pretesa fiscale non esclude la configurabilità dell’illecito penale, né preclude l’adozione del provvedimento di confisca del profitto derivante dall’illecito penale. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo l’estinzione dell’obbligazione tributaria per effetto del suo esatto adempimento determina il venir meno dei presupposti della confisca del profitto del reato).
Cassazione penale sez. III, 15/04/2015, n.20887
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa.
Cassazione penale sez. III, 16/07/2014, n.37748
In tema di reati finanziari, l’attenuante speciale del pagamento del debito tributario, prevista dall’art. 13 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, non è applicabile in caso di rateizzazione del debito di imposta già iscritto a ruolo e indicato nella cartella di pagamento, atteso che il riconoscimento del beneficio è subordinato all’integrale ed effettiva estinzione dell’obbligazione tributaria.
La rassegna delle più recenti massime in tema di sequestro preventivo e confisca nei reati tributari:
Cassazione penale sez. III, 01/10/2020, n.34956
Il principio di diritto secondo cui in tema di reati tributari commessi da legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo dei beni dell’ente non può essere disposto, ad eccezione del caso in cui in questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni, può applicarsi al caso in cui la confisca per equivalente è riferita al profitto di un reato che l’amministratore e sostanziale titolare della società -schermo abbia commesso in altra veste, vale a dire quale amministratore di altra società, ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti.
Cassazione penale sez. III, 22/09/2020, n.35175
Con la rottamazione delle cartelle, viene meno il profitto del reato contestato al contribuente e dunque anche l’oggetto del sequestro preventivo che deve essere di conseguenza revocato.
Cassazione penale sez. III, 09/09/2020, n.29830
Con riferimento al sequestro nei reati tributari, laddove il profitto del reato sia costituito da denaro non più fisicamente identificabile, è sempre legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, senza che sia necessaria la dimostrazione del nesso di derivazione dal reato, delle somme di denaro di valore corrispondente che siano attribuibili all’indagato, cioè che siano presenti sui conti o sui depositi nella disponibilità diretta o indiretta dell’indagato, ivi compreso il deposito in cassetta di sicurezza, al momento della commissione del reato ovvero al momento del suo accertamento. La medesima forma di sequestro è legittima anche sulle somme di valore corrispondente accreditate su quei conti o su quei depositi in epoca posteriore al momento della commissione o dell’accertamento del reato, purché si tratti di numerarlo che risulti dimostrato essere in qualche modo collegabile al reato, perciò allo stesso legato da un rapporto di derivazione anche indiretta.
Cassazione penale sez. III, 23/07/2020, n.25448
In tema di reati tributari, è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di una quota dell’immobile di piena proprietà dell’indagato, ben potendo il vincolo essere apposto su di un bene solo fino alla concorrenza del profitto del reato da sequestrare. (In motivazione, la Corte ha precisato che, in caso di confisca della sola quota in conseguenza della necessità di rapportare l’importo oggetto di sequestro al valore del profitto conseguito, si realizza una comunione ordinaria sul bene immobile tra lo Stato – e, per esso, l’Agenzia del demanio – e l’indagato, assoggettata alla disciplina generale sulla comunione ordinaria di cui agli artt. 1100-1116 cod. civ.).
Cassazione penale sez. III, 17/07/2020, n.23621
In materia di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni dell’amministratore, nel caso di incapienza dei beni della società rispetto al debito maturato, non presupponendo alcuna forma di responsabilità civile, può avere ad oggetto anche beni inclusi nel fondo patrimoniale familiare, in quanto su di essi grava un mero vincolo di destinazione che non ne esclude la disponibilità da parte del proprietario che ve li ha conferiti. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto legittimo il sequestro di un immobile appartenente al ricorrente, sebbene incluso nel fondo patrimoniale e assegnato alla moglie separata ed ai figli).
Cassazione penale sez. III, 26/02/2020, n.14766
In tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona fisica è ammissibile anche nel caso di intervenuto fallimento della persona giuridica, che determina il passaggio dei beni nella disponibilità della curatela, con conseguente impossibilità di ablazione attraverso il sequestro in via diretta nei confronti di detta persona giuridica.
Cassazione penale sez. III, 10/01/2020, n.19989
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 11 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che punisce colui che, per sottrarsi alle imposte, aliena simulatamente o compie atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, non è necessaria la fondatezza della pretesa erariale. (Fattispecie relativa ad un’operazione di scissione societaria volta a deprivare il patrimonio della società contribuente, in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo delle quote e dei beni societari, nonostante lo sgravio parziale delle somme dovute all’erario a seguito di annullamento dell’avviso di accertamento).
Cassazione penale sez. III, 08/01/2020, n.15776
Nei reati tributari il sequestro preventivo e la successiva confisca prevalgono sul fallimento della società anche se intervenuto prima della misura cautelare. Tuttavia, i beni appartenenti alle persone estranee al reato e quelli acquisiti in buona fede non possono essere sottoposti a nessun vincolo. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione accogliendo parzialmente il ricorso del curatore fallimentare della società che chiedeva la revoca del sequestro preventivo perché avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento. Per i giudici di legittimità il sequestro penale prevale sui diritti di credito vantati dai terzi, stante l’obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro. Le finalità del fallimento, pertanto, non assorbono la funzione prioritaria assolta dal sequestro, tuttavia devono essere comunque garantiti i diritti dei terzi. Di conseguenza, il giudice penale, nel disporre il sequestro, deve valutare se eventuali diritti vantati da terzi siano o meno stati acquisiti in buona fede. In caso positivo il bene, la cui titolarità sia vantata da un terzo, non può essere sottoposto a sequestro, né a confisca.
Cassazione penale sez. III, 27/11/2019, n.10098
In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto in relazione a reati tributari, nel caso in cui sia configurabile la “stabile organizzazione” in Italia di una società formalmente residente all’estero (cd. estero-vestizione della residenza fiscale), il sequestro preventivo per equivalente può essere disposto sui beni dell’imputato, ove non sia stato possibile reperire nei confronti dell’ente il profitto diretto del reato, mentre, invece, in caso di costituzione di una “società-schermo”, il sequestro preventivo ai fini di confisca del profitto diretto del reato può essere eseguito, indifferentemente, sia sui beni dell’imputato, sia su quelli della società.
Cassazione penale sez. III, 20/11/2019, n.5711
Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all’ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Cassazione penale sez. III, 07/11/2019, n.8995
In tema di reati tributari, il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall’art. 76, comma 1, lett. a), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, in l. 9 agosto 2013, n. 98), opera solo nei confronti dell’Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori, riguarda l’unico immobile di proprietà, e non la “prima casa” del debitore, e non costituisce un limite all’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né del sequestro preventivo ad essa finalizzato. (Fattispecie relativa alla confisca per equivalente dell’abitazione dell’indagato, quale profitto del delitto di cui all’art. 2 d.lg. 10 marzo 2000, n.74).
Cassazione penale sez. III, 23/10/2019, n.47837
La confisca diretta o di valore dei beni costituenti il profitto o il prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, quando viene assunto un impegno formale con le modalità previste per legge, permanendo, invece, per le parti residue.
Cassazione penale sez. III, 09/10/2019, n.166
Nel delitto previsto dal d.lgs. n. 74 del 2000, art. 10, allorquando l’importo dell’evasione sia stato aliunde determinato, è configurabile il profitto del reato, suscettibile di confisca, anche per equivalente, e di sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2 bis, con riguardo al tributo evaso e ad eventuali sanzioni ed interessi maturati sino al momento dell’occultamento o distruzione delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, trattandosi di risparmio di spesa che costituisce vantaggio economico immediato e diretto della condotta illecita tenuta.
Cassazione penale sez. III, 02/10/2019, n.47104
In tema di reati tributari, in caso di pronuncia di estinzione del reato fiscale per esito positivo della messa alla prova disposta nei confronti dell’imputato, non essendo tale declaratoria estintiva del reato equiparabile alla pronuncia di una sentenza di condanna, alla adozione della stessa non può seguire la confisca del profitto nella forma per equivalente.
Cassazione penale sez. III, 02/10/2019, n.47103
In tema di reati tributari, l’onere di indicare l’ammontare delle utilità esistenti al momento della consumazione del reato nel patrimonio del soggetto nei cui confronti si intende procedere a sequestro finalizzato alla confisca, che costituiscono il “risparmio di spesa” determinato dalla violazione dell’obbligo fiscale, grava sul pubblico ministero, secondo le regole generali in tema di ripartizione dell’onere della prova e secondo quanto dispone, anche per la determinazione della misura di sicurezza, l’ art. 187 cod. proc. pen.
Cassazione penale sez. III, 12/09/2019, n.47101
L’esito positivo della messa alla prova blocca la confisca per equivalente disposta nei confronti dell’evasore fiscale. Sottolineando che la confisca per equivalente non è una sanzione amministrativa accessoria, la Cassazione ha accolto il ricorso contro la decisione del tribunale, che dava il via libera alla confisca per equivalente delle somme oggetto di sequestro preventivo, pur avendo dichiarato di non doversi procedere per il reato di omesso versamento dell’Iva perché estinto grazie all’esito positivo della messa alla prova.
La Suprema corte ricorda che la confisca, prevista dalla legge sui reati tributari (art. 12 bis D.lgs. 74/2000), può essere disposta solo in presenza di una sentenza di condanna o in caso di patteggiamento, non invece nell’ipotesi, come nella fattispecie, di estinzione del reato grazie al superamento della messa alla prova ex articolo 168-ter del codice penale.
Cassazione penale sez. III, 16/07/2019, n.40072
Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente o diretta eseguito in relazione a un reato tributario, non esclude un ulteriore sequestro volto a impedire un successivo delitto. Ad affermarlo è la Cassazione che si è pronunciata favorevolmente al sequestro preventivo impeditivo dell’unità produttiva della società utilizzata per l’emissione di fatture inesistenti, anche se era già stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente. Per la Corte, infatti, il sequestro già disposto del profitto dei reati tributari o del valore equivalente ha oggetto e finalità differenti da quello impeditivo.
Cassazione penale sez. III, 15/07/2019, n.42946
Quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato sul presupposto dell’impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta.
Cassazione penale sez. III, 26/06/2019, n.40793
In tema di reati tributari, la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 – secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, a seguito di condanna o applicazione della pena per uno dei delitti previsti dal citato d.lgs., «non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro» – va intesa nel senso che il raggiungimento dell’accordo con il Fisco non preclude l’adozione (ed il mantenimento) del sequestro preventivo funzionale alla successiva ablazione del profitto, da determinarsi nella misura concordata su base negoziale fra contribuente ed Agenzia delle entrate, ma nel senso che esso ne sospende la possibilità di esecuzione fino al verificarsi del mancato pagamento del debito; solo l’avvenuto adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del contribuente, secondo i termini ed i modi convenuti, ha effetto impeditivo della confisca.
Cassazione penale sez. II, 06/06/2019, n.31549
In tema di confisca di prevenzione, il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute irregolarmente fuori dal territorio dello Stato (c.d. “scudo fiscale”), ai sensi dell’art. 13-bis d.l. 1 luglio 2009, n. 78, conv. con modificazioni dalla l. 3 agosto 2009, n. 102, non esclude il requisito della sproporzione reddituale e non trasforma “ex se” le somme di provenienza illecita in proventi leciti, quando non sia adempiuto l’onere, da parte del proposto, di indicare gli specifici elementi da cui desumere che le somme rimpatriate o regolarizzate corrispondono esclusivamente a quelle oggetto delle violazioni penaltributarie a lui contestate.
Cassazione penale sez. III, 24/05/2019, n.28583
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’ art. 12 bis d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.
Cassazione penale sez. III, 10/05/2019, n.29431
In sede di riesame avverso il decreto di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, fatti salvi i casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni oggetto del provvedimento ablatorio ed il “quantum” del profitto del reato indicato nella richiesta al giudice per le indagini peliminari della pubblica accusa, il tribunale non ha il potere di compiere accertamenti diretti a verificare il rispetto del principio di proporzionalità, essendo tenuto tuttavia a valutare il contenuto dell’eventuale consulenza tecnica presentata dalla parte ricorrente.
Cassazione penale sez. III, 18/04/2019, n.38608
La previsione dell’art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, secondo cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi e i diritti reali di garanzia anteriori al sequestro, sebbene riferita alla cd. confisca di prevenzione, esprime un principio generale, valido anche per gli altri tipi di confisca, diretta o per equivalente, per i quali venga in rilievo la posizione del terzo titolare di diritti di credito o di garanzia, ivi compresa quella in ambito tributario di cui all’art. 12 bis D.lgs. 74 del 10 marzo 2000.
Cassazione penale sez. VI, 18/04/2019, n.24432
In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per sproporzione, eseguito su conto corrente cointestato all’indagato e a soggetto estraneo al reato, la misura cautelare si estende all’intero importo in giacenza, senza che a tal fine rilevino presunzioni o vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834), regolativi dei rapporti interni tra creditori e debitori solidali, ma è fatta salva la facoltà per il terzo di dimostrare l’esclusiva titolarità di tali somme e la conseguente illegittimità del vincolo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio il sequestro di un libretto di deposito postale nominativo cointestato con i genitori dell’indagato, alimentato esclusivamente dai ratei pensionistici di questi ultimi, dai proventi della vendita di un immobile privo di alcun collegamento con la condotta criminosa, nonché dagli investimenti rivenienti dalla medesima provvista lecita).
Cassazione penale sez. IV, 11/04/2019, n.31002
È legittimo il sequestro per equivalente sull’intero ammontare dell’imposta evasa, comprese le somme oggetto di procedure conciliative. Difatti, il giudice penale ben può discostarsi dall’ammontare dell’imposta evasa per l’adozione e il mantenimento del provvedimento cautelare in funzione della confisca, anche nei casi di raggiunti accordi conciliativi con l’erario, quali la rateazione del debito e l’accertamento con adesione. Ad affermarlo è la Cassazione che sottolinea come, sulla scorta di elementi di fatto, il giudice può assolutamente discostarsi dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione di accordi conciliativi con le Entrate, poiché diversamente ragionando si sarebbe pervenuti all’Introduzione di una pregiudiziale tributarla non prevista nell’ordinamento giuridico.
Cassazione penale sez. II, 15/03/2019, n.27932
In tema di misure di prevenzione, è legittima la confisca di beni acquistati con il ricavato dalla dismissione di altri beni, la cui acquisizione non trova conforto in una proporzionata disponibilità finanziaria, reddituale o comunque lecita, nel periodo di riferimento. (Fattispecie relativa alla confisca di un immobile abitativo costituente il reimpiego di redditi derivanti dalla conduzione di fondi acquistati “in regime di sproporzione” e dalla partecipazione a società costituite in assenza di risorse finanziarie lecite).
Cassazione penale sez. V, 01/02/2019, n.8850
Il valore del sequestro per equivalente prodromico alla confisca d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12 bis, in relazione al reato di cui all’art. 11, del medesimo decreto deve essere commisurato a quello dei beni fraudolentemente sottratti alle pretese tributarie dello Stato e non già al valore dell’intera pretesa fiscale.
Cassazione penale sez. I, 16/01/2019, n.12629
In tema di confisca di prevenzione, la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del familiare o del terzo intestatario fittizio del bene in favore del proposto non può essere da costoro giustificata adducendo proventi da evasione fiscale, giacché, altrimenti, sarebbero illogicamente rese inoperative le rispettive presunzioni di interposizione fondate, per quanto attiene ai familiari ed al coniuge, sulla massima di comune esperienza della comunanza di interessi patrimoniali e di redditi nell’ambito dell’unità familiare entro cui si colloca la persona socialmente pericolosa, e, per quanto attiene al terzo, sull’accertamento di cui all’art. 26, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159.
Cassazione penale sez. III, 14/12/2018, n.15745
In tema di reati tributari, ai fatti di occultamento o distruzione di documenti contabili commessi fino al 20 ottobre 2015, data di entrata in vigore dell’art. 12 bis d.lg n.74 del 2000, non è applicabile la confisca per equivalente, né ai sensi dell’art. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007, che non contemplava l’art. 10 d.lg. cit. tra i delitti per i quali poteva essere disposto il provvedimento ablativo, né a norma dell’art. 12-bis, in quanto detta confisca, avendo natura eminentemente sanzionatoria, non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata.
Cassazione penale sez. III, 11/12/2018, n.25536
L’art. 12 bis d.lg. n. 74 del 2000 prevede che in caso di condanna ovvero di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal medesimo decreto legislativo, è sempre ordinata la confisca, eventualmente anche per equivalente, dei beni che abbiano formato il profitto ovvero ne abbiano costituito il prezzo, salvo che essi non siano di proprietà di persona estranea al reato. Tale disposizione, avente certamente contenuto sanzionatorio, è stata introdotta per effetto della entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015; la stessa è comunque applicabile anche alle condotte poste in essere anteriormente alla sua introduzione stante il pacifico regime di continuità normativa, tale da non porre in discussione alcun profilo inerente alla possibile successione di leggi nel tempo ed alla eventuale inapplicabilità della sopravvenuta lex durior, fra tale disposizione e quella precedentemente oggetto della l. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, la quale già prevedeva il generale regime di confisca per equivalente dei beni costituenti profitto o prezzo della commissione di reati tributari, sicché la misura di sicurezza patrimoniale deve ritenersi applicabile a tutti i reati previsti dal d.lg. n. 74 del 2000 ove commessi in epoca successiva alla entrata in vigore della citata l. n. 244 del 2007, cioè successivamente al 1° gennaio 2008.
Cassazione penale sez. III, 05/12/2018, n.17840
In tema di reati tributari, ai fini della valutazione della legittimità del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, l’ente che trae profitto dall’altrui condotta illecita non può mai essere considerato terzo “estraneo” al reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il provvedimento di sequestro in vista della confisca diretta delle somme di denaro costituenti il profitto conseguito dalla persona giuridica beneficiaria del reato posto in essere dal commercialista dell’ente).
Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n. 6246
In tema di reati tributari, la previsione di cui all’art. 12-bis, comma 2, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, va intesa nel senso che, per la parte coperta da tale impegno, la confisca può comunque essere adottata nonostante l’accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito.
Cassazione penale sez. III, 04/10/2018, n.6348
In tema di reati tributari, può essere oggetto di confisca c.d. diretta il saldo positivo del conto corrente nella disponibilità dell’imputato alla scadenza del termine per l’adempimento dell’obbligazione fiscale fino alla concorrenza dell’esborso che sarebbe stato necessario per il pagamento dell’imposta, in quanto queste somme costituiscono il profitto del reato di omesso versamento, rappresentando il “risparmio di spesa” conseguito grazie al mancato pagamento dell’imposta.
Cassazione penale sez. III, 27/09/2018, n.1657
In tema di reati tributari, ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca anche per equivalente, il profitto è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, essendo indifferente se l’imposta evasa, in concreto, sia stata non pagata o portata a credito dal contribuente.
Cassazione penale sez. III, 27/09/2018, n.50157
In tema di reati tributari, la disposizione di cui al comma 2 dell’articolo 12-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, introdotta dal decreto legislativo n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo a essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro e incerto costituito dal mancato pagamento del debito. La locuzione “non opera”, infatti, non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata: la norma, invece, è nel senso che la confisca non diviene, più semplicemente, “efficace” con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno, salvo a essere “disposta” allorquando l’impegno non venga rispettato e il versamento “promesso” non si verifichi.
Cassazione penale sez. III, 21/09/2018, n.8075
La persistente natura obbligatoria (e sanzionatoria) della confisca per equivalente comporta che, ai fini dell’adozione del sequestro preventivo, il giudice è tenuto esclusivamente ad accertare la astratta confiscabilità del bene, esulando dal suo orizzonte decisorio la volontà del contribuente di estinguere il debito, il fatto che lo stia pagando e la positiva prognosi di adempimento. Il fatto che il d.lg. n. 158 del 2015 abbia introdotto nuove cause di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, d.lg. n. 74 del 2000 e rigide scansioni procedurali per il pagamento del debito tributario, non muta, infatti, la natura del sequestro, né della confisca in funzione della quale esso viene disposto, non essendo il giudice dotato al riguardo di alcuna discrezionalità, atteso che la natura e finalità del provvedimento da adottare non gliela attribuiscono.
Cassazione penale sez. III, 20/09/2018, n.3591
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto nei confronti del legale rappresentate di una società solo nel caso in cui, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nel patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo necessaria, tuttavia, ai fini dell’accertamento di tale impossibilità, l’inutile escussione del patrimonio sociale se già vi sono elementi sintomatici dell’inesistenza di beni in capo all’ente.
Cassazione penale sez. VI, 13/09/2018, n.26255
La confisca del profitto non può essere disposta solo nel caso di restituzione integrale all’erario della somma anticipata dallo Stato, giacché tale comportamento elimina in radice l’oggetto della misura ablatoria. Va quindi escluso che un adempimento parziale possa autorizzare a non disporre la confisca del profitto. L’elisione del profitto illecito può avvenire soltanto come conseguenza di ‘integrale pagamento del profitto realizzato’ e non in presenza di un programma di rateizzazione delle somme dovute, dall’esito incerto fino all’ultima rata. A tale applicazione dell’istituto non potrebbe conseguire una duplicazione dei versamenti, atteso che la stessa confisca sarà interamente operativa solo con il verificarsi delle condizioni del mancato pagamento dei ratei e quindi, dopo il passaggio in giudicato della decisione, il Pubblico Ministero potrà mettere in esecuzione la misura qualora sia stato accertato l’inadempimento dell’accordo ed il mancato versamento dei ratei previsti.
Cassazione penale sez. III, 12/09/2018, n.54191
In caso di sentenza di condanna, laddove il giudice debba procedere alla confisca per equivalente del profitto conseguito a seguito della perpetrazione del reato di cui al capo di imputazione, egli non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce il profitto o, a seconda dei casi, il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, posto che la individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del valore di questi all’importo del profitto o del prezzo del reato è operazione riservata alla fase esecutiva della sentenza, spettante all’organo del Pubblico Ministero.
Cassazione penale sez. II, 07/06/2018, n.30401
In materia di reati tributari, ai fini del sequestro e successiva confisca, il prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è identificabile nel compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto.
Cassazione penale sez. III, 18/05/2018, n.49199
In tema di reati tributari, il profitto, suscettibile di sequestro a fini di confisca, si identifica con il vantaggio economico direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario: con la conseguenza che il mancato pagamento delle imposte (per omessa dichiarazione ex art. 5 d.lg. n. 74 del 2000) comportando un vantaggio economico, derivante dal risparmio delle somme non versate all’erario, costituisce il profitto del reato suscettibile di sequestro e, poi, di confisca.
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