La responsabilità penale dell’amministratore di condominio.

L’amministratore di condominio è una figura professionale cui il legislatore italiano ha attribuito compiti eterogenei e su cui gravano differenti forme di responsabilità, soprattutto in ambito civile.

In determinate circostanze, tuttavia, l’amministratore di condominio può incorrere in responsabilità penali, principalmente per condotte di carattere omissivo, derivanti dalla inosservanza dei doveri prescritti dalle norme civilistiche e dalle norme di altra fonte che ne tratteggiano la posizione di garanzia rispetto all’ente di gestione – condominio.

Nel presente contributo, inserito nell’area del diritto penale del lavoro trattandosi di responsabilità che discende dall’esercizio di attività professionale della quale lo Studio Ramelli si occupa da molti anni, verranno trattati con criterio di sintesi i seguenti argomenti:

(I) una breve premessa sulle fonti civilistiche della responsabilità penale dell’amministratore di condominio;

(II) l’analisi delle fattispecie di reato più frequentemente ascrivibili in capo all’amministratore di condominio, con il testo delle singole norme penali, corredate da indicazioni operative, nonché dalla rassegna delle più significative massime della giurisprudenza di legittimità.

In particolare le fattispecie di reato più comunemente ravvisabili in capo all’amministratore di condominio sono:

(i) delitti e contravvenzioni contro l’incolumità pubblica (omissioni di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina – art. 677 c.p; rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro – art. 437 c.p; omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro – art. 451 c.p.);

(ii) delitti colposi di evento (lesioni colpose – art. 590 c.p. e omicidio colposo – art. 589 c.p.);

(iii) appropriazione indebita (art. 646 c.p.);

(iv) diffamazione (art. 595 c.p.);

(v) delitti a tutela dell’inviolabilità del domicilio (violazione del domicilio – art. 614 c.p; interferenze illecite nella vita privata – art 615 bis c.p.);

(vi) inosservanza di provvedimenti dell’Autorità (art. 650 c.p.);

(vii) reati in materia di tutela della privacy (trattamento illecito di dati personali – art. 35 Legge 675/1996)

Le fonti civilistiche della responsabilità penale dell’amministratore

Le norme inerenti alla figura dell’amministratore di condominio sono contenute nel codice civile, che ne disciplina in modo completo la nomina, la conferma e la revoca, oltre che gli obblighi e i doveri. L’amministratore è legato ai condòmini (e non al condominio in sé, il quale non ha una autonoma personalità giuridica) da un rapporto contrattuale di mandato (art. 1129 c.c.) in forza del quale diviene organo “esecutivo” del condominio.

Gli obblighi dell’amministratore sono puntualmente indicati dal codice civile e quelli dalla cui inosservanza può derivare una responsabilità penale discendono dagli artt.1130, comma 4 e 1135, comma 2 c.c., i quali, rispettivamente, attribuiscono all’amministratore il compito di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio e il potere di ordinare atti di manutenzione straordinaria, se urgenti, da eseguire senza ritardo dietro iniziativa dell’amministratore il quale dovrà riferire ai condòmini convocando l’assemblea.

Fatta questa doverosa quanto breve premessa, sarà possibile ora concentrare l’attenzione sulle fattispecie penali che possono potenzialmente riguardare l’attività svolta dall’amministratore.

Dall’analisi delle ipotesi di reato ascrivibili in capo alla figura dell’amministratore di condominio, si evince, nella maggior parte dei casi, la natura essenzialmente omissiva della relativa condotta, dalla quale può derivare, a seconda dei casi, un pericolo all’incolumità pubblica in conseguenza della mancata esecuzione di opere di manutenzione dell’edificio o delle parti comuni di esso, ovvero, , l’evento antigiuridico delle lesioni personali o del decesso dei condomini o di persone estranee al condominio, quale conseguenza dell’omessa condotta doverosa, in violazione delle norme a tutela della sicurezza sul lavoro in caso di esecuzione di lavori nel condominio.

La responsabilità omissiva di natura penale trova la propria fonte nell’articolo 40 cpv. c.p. ove è stabilito che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo“. Ne consegue che la responsabilità penale per omissione presuppone che sussista un obbligo giuridico di attivarsi, il quale, come si vedrà, nelle fattispecie penali che di seguito saranno trattate, è stato individuato dalla giurisprudenza quale conseguenza di violazione delle norme civilistiche.

 

Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina

La prima fattispecie che assume rilievo è quella dell’art. 677 comma 3 c.p., reato contravvenzionale concernente l’incolumità pubblica nei luoghi di pubblico transito o nelle abitazioni.

 

Art. 677 c.p. – Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina

Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 154 euro a 929 euro [2053 c.c.].

La stessa sanzione si applica a chi, avendone l’obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall’avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda non inferiore a 309 euro.

 

Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso, oltre che dal proprietario di un edificio o costruzione, anche da colui che è obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, ossia l’amministratore di condominio.

La responsabilità dell’amministratore di condominio a titolo di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, deriva dalla posizione di garanzia attribuita al soggetto dalla stessa fattispecie incriminatrice, nonché dagli obblighi e doveri imposti dalle norme di diritto civile.

La fattispecie prevede due distinte ipotesi:

  • Comma 1 e 2: omessa predisposizione dei lavori necessari alla rimozione del pericolo di rovina dell’edificio o costruzione, ovvero omessa rimozione del pericolo cagionato dall’avvenuta rovina dell’edificio o costruzione.

Si tratta di ipotesi depenalizzate, punite con la sanzione amministrativa.

  • Comma 3: causazione di un pericolo per le persone in conseguenza delle condotte di cui ai commi 1 e 2.

Reato contravvenzionale, di pericolo concreto, di natura permanente, punito con la pena alternativa dell’arresto (fino a 6 mesi) o dell’ammenda (non inferiore ad €309).

Reato ex art. 677 co. 3:

Elemento materiale: condotte alternative dell’omessa predisposizione dei lavori necessari alla rimozione del pericolo di rovina dell’edificio o costruzione, che cagiona un pericolo per le persone; ovvero dell’omessa rimozione del pericolo cagionato dall’avvenuta rovina dell’edificio o costruzione che cagiona un pericolo per le persone.

Elemento psicologico: indifferentemente il dolo o la colpa (trattandosi di contravvenzioni).

Momento di consumazione: causazione di un pericolo per le persone in conseguenza di una delle condotte di cui ai commi 1 o 2 della norma.

Prescrizione: 4 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

La rassegna delle più significative massime in tema di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina:

Cassazione penale sez. I, 07/10/2019, n.50366

Non risponde penalmente l’amministratore che diligentemente si attiva facendo transennare la zona sottostante l’area corrispondente alla parte pericolante dell’edificio in rovina, rimandando all’assemblea condominiale o ai singoli proprietari la decisione sull’intervento risolutore. In queste ipotesi, riemerge in via autonoma la responsabilità esclusiva dei proprietari inerti che negligentemente omettono di intervenire sulle cause del pericolo, che continuano a sussistere ininterrottamente fino alla messa in sicurezza dell’immobile, malgrado gli interventi urgenti posti in essere dall’amministratore, finalizzati a circoscrivere gli effetti del pericolo. Ne consegue, pertanto, che la consumazione del reato de quo a carico dei condomini inerti si compie solo quando sono state effettivamente eseguite le opere di messa in sicurezza dell’immobile, e non al momento in cui l’amministratore aveva provveduto a transennare l’area, trattandosi di misure che incidono solo sugli effetti, ma non sulle cause del pericolo.

Cassazione penale sez. I, 23/04/2018, n.47034

La contravvenzione di omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina ha natura di reato permanente a condotta omissiva, in quanto lo stato di consumazione perdura finché il pericolo per la pubblica incolumità non sia cessato; ne consegue che la permanenza si interrompe solo nel momento in cui la situazione antigiuridica viene meno per fatto volontario dell’obbligato o per altra causa, oppure con la pronuncia della sentenza di primo grado, qualora la condotta si protragga nel corso del procedimento penale, in relazione a situazioni in cui il capo d’imputazione faccia riferimento solo alla data di accertamento del reato.

Cassazione penale sez. I, 18/09/2015, n.43697

In tema di reato di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, il concetto di rovina di edificio non comprende solo il crollo improvviso o lo sfascio dell’edificio o della costruzione nella loro totalità, ma anche il distacco di una parte non trascurabile di essi.

Cassazione penale sez. I, 14/04/2015, n.34096

Ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo nel reato di omissione di lavori in edifici che minacciano rovina, previsto dall’art. 677 cod. pen., è necessaria una volontà cosciente e libera, cui è condizionata l’imputabilità anche in riferimento al reato contravvenzionale ai sensi dell’art. 42 cod. pen., e che è esclusa dalla oggettiva impossibilità di esecuzione dei lavori non dipendente da colpa.

Cassazione penale sez. I, 21/01/2015, n.7848

Il reato di omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina è punito a titolo di colpa, sicché è necessario che il proprietario o la persona obbligata in sua vece siano coscienti della situazione di pericolo per le persone e non la eliminino per negligenza, imprudenza od imperizia. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la condanna dell’amministratore unico della società proprietaria di un castello parzialmente crollato in quanto, indigente ed in precarie condizioni di salute, era stato designato quale “prestanome” senza nulla sapere dell’immobile).

Cassazione penale sez. I, 25/11/2014, n.51186

La contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p., nell’ipotesi in cui consiste nella inottemperanza all’ordine di effettuare i lavori di messa in sicurezza di un edificio, se resta assorbita nel reato di cui all’art. 677 comma 3 c.p., quando dal fatto derivi concreto pericolo per le persone, in assenza di tale presupposto concorre con l’illecito amministrativo previsto dall’art. 677, comma primo c.p., atteso che la clausola di sussidiarietà contenuta nella prima delle disposizioni citate opera esclusivamente nel rapporto tra fattispecie aventi entrambe natura penale.

Cassazione penale sez. I, 11/06/2014, n.28128

Il reato di cui all’art. 677 comma 3, c.p. è integrato, nella sua materialità, dalla minaccia di rovina da cui derivi pericolo per le persone di un “edificio” o di una “costruzione” imponendo, per il principio di tipicità, il divieto di analogia in malam partem per ciò che non attiene a edifici e costruzioni che possano rovinare, come avvenuto nella fattispecie ove viene messa in evidenza la mera non corretta edificazione di una canna fumaria comportante, non il pericolo di crollo della medesima, ma solo una paventata dispersione di fumi non consentiti.

Cassazione penale sez. I, 28/04/2014, n.37211

L’inosservanza dell’ordinanza sindacale che ingiunge l’esecuzione di lavori urgenti su un immobile, stante il suo pericolo di crollo, integra esclusivamente la contravvenzione di cui all’art. 677 c.p. e non anche la contravvenzione prevista dall’art. 650 per l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, atteso che tale ultima ipotesi di reato, avendo carattere sussidiario, è configurabile solo quando non sussista una norma incriminatrice a carattere specifico.

Cassazione penale sez. I, 23/03/2011, n.16790

Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 677, in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari a porre rimedio al degrado che da luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità dell’amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai singoli condomini.

 

Delitti contro l’incolumità pubblica

Vengono poi in rilievo di delitti contro l’incolumità pubblica, di pericolo concreto, punibili a titolo di dolo o di colpa, a seconda delle singole fattispecie.

Art.  437 c.p. – Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro

Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni [449, 451].

 

Elemento materiale: ipotesi alternative dell’omessa collocazione, rimozione, o danneggiamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro.

Elemento psicologico: dolo generico (coscienza e volontà di omettere di collocare o rimuovere o danneggiare le attrezzature e consapevolezza della relativa destinazione alla prevenzione degli infortuni sul lavoro).

Momento di consumazione: momento di realizzazione della condotta omissiva (mancata collocazione delle attrezzature) o di quelle commissive (rimozione o danneggiamento).

Prescrizione: comma 1 – 6 anni; comma 2 – 10 anni

Competenza: Tribunale monocratico

Procedibilità: d’ufficio


Art. 451 c.p. – Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro

Chiunque, per colpa [43, 437], omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 516 euro.

Si tratta di un delitto contro l’incolumità pubblica, di pericolo concreto.

 

Elemento materiale: condotta omissiva della mancata collocazione, ovvero condotte attive di rimozione o danneggiamento in modo da rendere inservibili apparecchi o altri mezzi destinati all’estinzione di un incendio o al salvataggio contro disastri o infortuni sul lavoro.

Elemento psicologico: colpa

Momento di consumazione: momento di realizzazione della condotta omissiva (mancata collocazione) o di quelle commissive (rimozione o danneggiamento).

Prescrizione: 6 anni.

Competenza: Tribunale monocratico

Procedibilità: d’ufficio

 

Art. 449 c.p. – Delitti colposi di danno

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell’articolo 423-bis, cagiona per colpa [43] un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone [428, 430, 676; 136, 743, 11253 c. nav.].

 

Elemento materiale: realizzazione della condotta causativa di un incendio

Elemento psicologico: colpa

Momento di consumazione: realizzazione della condotta che cagiona un incendio

Prescrizione: 6 anni nell’ipotesi del comma 1, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: Tribunale monocratico nell’ipotesi di cui al comma 1.

Procedibilità: d’ufficio

 

La rassegna delle più significative massime relative ai delitti contro la pubblica incolumità:

Cassazione penale sez. IV, 04/02/2020, n.7564

Il reato di cui all’articolo 437, comma 1, del Cp, ove la condotta consista nell’omissione (e non nella rimozione) di cautele contro infortuni sul lavoro, ha natura permanente, e la permanenza cessa quando il dispositivo omesso sia collocato o non sia più utilmente collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, quando la posizione di garanzia venga dismessa.

Cassazione penale sez. IV, 13/06/2019, n.45935

La natura dolosa del reato di cui all’articolo 437 c.p. richiede che l’agente, cui sia addebitabile la condotta omissiva o commissiva, sia consapevole che la cautela che non adotta o quella che rimuove servano (oltre che per eventuali altri usi) per evitare il verificarsi di eventi dannosi (infortuni o disastri): quel che rileva è cioè la consapevolezza dell’idoneità dell’oggetto a creare la situazione di pericolo.

Cassazione penale sez. I, 23/01/2018, n.4890

Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo.

Cassazione penale sez. IV, 19/12/2017, n.6156

In materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, in caso di lesioni personali colpose derivanti dall’omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all’art. 437 cod. pen. – che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele – e quella di cui all’art. 590, secondo comma, cod. pen., mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell’elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell’evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio – il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante – e dalle lesioni nel secondo caso).

Cassazione penale sez. IV, 10/06/2011, n.33294

La fattispecie criminosa dell’omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro punisce le condotte consistite nell’omessa collocazione, nella rimozione oppure nella resa inidoneità allo scopo, degli apparecchi e degli altri mezzi predisposti all’estinzione dell’incendio nonché al salvataggio o al soccorso delle persone, non occorrendo anche il concreto verificarsi di uno dei danni che essa mira ad impedire o, comunque, a limitare.

Cassazione penale sez. IV, 23/09/2009, n.39959

Sussiste una responsabilità penale in capo all’amministratore di condominio nel caso di danni allo stabile da lui gestito sole se risulta giustificata e processualmente certa la conclusione che la sua condotta omissiva è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha annullato un verdetto di condanna che riteneva responsabile anche un amministratore di condominio, a titolo di concorso colposo, dell’incendio scoppiato nell’edificio e causato dalla difettosa installazione della canna fumaria della pizzeria attigua al palazzo).

 

Reati omissivi di evento di danno: lesioni colpose (art. 590 c.p.) e omicidio colposo (art. 589 c.p.)

Altri gravi reati possono poi derivare dalla mancata attivazione dell’amministratore di condominio per porre rimedio a situazioni pericolose che interessano l’edificio. Si tratta dei delitti di lesioni colpose e omicidio colposo commessi dall’amministratore di condominio in qualità di titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei condòmini e dei terzi estranei al condominio.

Invero, l’amministratore di condominio, in quanto tale, assume una posizione di garanzia ex art. 40 cpv. c.p., la quale discende dai poteri e doveri attribuitigli dalle norme civilistiche. La responsabilità penale di tale figura sussiste, tuttavia, solo per i lavori necessari alla manutenzione ordinaria, mentre per quella straordinaria egli ha il dovere di intervenire solo per le opere urgenti e improrogabili.

Quanto alle ipotesi di lesioni colpose o omicidio colposo come conseguenza di infortuni sul lavoro, la responsabilità penale dell’amministratore di condominio discende, in questi casi, dalla violazione delle norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro dal D.lgs. 81/2008, in relazione alla posizione di garanzia di datore di lavoro, ovvero committente dei lavori nell’ambito dell’esecuzione di un contratto d’appalto, assunta dall’amministratore di condominio.

Trattandosi di fattispecie di reato omissivo, colposo e di evento, ai fini dell’affermazione della responsabilità penale dell’amministratore di condominio occorre accertare, secondo le regole del giudizio controfattuale, la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta colposa posta in essere dall’amministratore e il verificarsi dell’evento lesivo.

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

Elemento oggettivo: il delitto di lesioni personali colpose rappresenta un reato a forma libera; la condotta può consistere in un comportamento commissivo o, come nella maggior parte dei casi di lesioni colpose commesse da medici, omissivo, che cagioni lesioni alla persona offesa.

Elemento soggettivo: colpa generica (imprudenza, negligenza o imperizia), ovvero colpa specifica (inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline).

Momento consumativo: causazione delle lesioni

Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: Tribunale monocratico (Giudice di pace nell’ipotesi di cui all’ultimo comma)

Procedibilità: a querela della persona offesa (art. 336 c.p.p.), salvo le eccezioni previste dall’ultimo comma dell’art. 590 c.p.

Art. 589 c.p. – Omicidio colposo

Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [586].

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [590], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

 

Elemento oggettivo: il delitto di omicidio colposo rappresenta un reato a forma libera; la condotta può consistere in un comportamento commissivo o, come nella maggior parte dei casi di omicidio colposo commesso da medici, omissivo, che cagioni la morte di una persona.

Elemento soggettivo: colpa generica (imprudenza, negligenza o imperizia), ovvero colpa specifica (inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline).

Momento consumativo: morte della persona

Prescrizione: comma 1 – 6 anni; comma 2 – 7 anni; comma 3 -10 anni; comma 4 – 15 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: Tribunale monocratico

Procedibilità: d’ufficio

La rassegna delle più significative massime in tema di responsabilità penale a titolo di omicidio colposo o lesioni colpose dell’amministratore di condominio:

Cassazione penale sez. IV, 12/02/2020, n.15697

In relazione a lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, il dovere di sicurezza trova il suo referente, in primo luogo, nell’appaltatore, cioè nel soggetto che si obbliga verso il committente a compiere l’opera appaltata, con propria organizzazione dei mezzi necessari e con gestione in proprio dei rischi dell’esecuzione. Il committente, tuttavia, non è esonerato da ogni forma di responsabilità; permane in capo al committente un preciso dovere di vigilanza e verifica dell’adempimento, da parte del coordinatore per la sicurezza, degli obblighi sullo stesso gravanti. Tale posizione di garanzia indica il committente quale garante dell’effettività degli obblighi imposti ai coordinatori per la progettazione e per la esecuzione (la Corte si è così pronunciata nella fattispecie relativa alle lesioni occorse ad un minorenne a causa di un cantiere edile presente all’interno di un condominio).

 Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.5113

In materia di sicurezza sul lavoro, è da considerarsi responsabile il committente per l’incidente sul lavoro in un appalto, anche prima della vigenza delle norme sul Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (Duvri) – documento obbligatorio introdotto dall’articolo 26 del Dlgs 81/2008 (testo Unico sulla sicurezza) – se costui si era impegnato con l’appaltatore a improntare garanzie tecniche. Ad affermarlo è la Cassazione secondo cui l’obbligo contrattuale assunto dall’azienda appaltante di fornire all’appaltatore e al subappaltatore energia elettrica, gas e ossigeno, in mancanza di apparecchi sufficienti per l’areazione dei locali e il rifornimento di ossigeno la espone al rischio interferenziale, la cui gestione grava sul committente.

Cassazione penale sez. IV, 18/12/2019, n.5946

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio, occorre verificare in concreto l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità di un amministratore di condominio per un infortunio in occasione di lavori edili eseguiti da una ditta appaltatrice, per la sola omessa acquisizione del documento di valutazione dei rischi, senza specificare quale fosse stato il difetto di diligenza nella scelta della ditta né l’effettivo contributo causale della ravvisata condotta omissiva nella realizzazione dell’evento).

Cassazione penale sez. IV, 30/06/2017, n.43500

È possibile configurare una corresponsabilità dell’amministratore di condominio con l’esecutore materiale di opere edili in condominio per i danni cagionati dalle stesse in caso di ascrivibilità dell’evento al committente stesso per la c.d. “culpa in eligendo”, ossia per avere affidato l’opera a un’impresa assolutamente inidonea e, in violazione del d.lgs. n. 81/2008, non abbia compiuto le opportune verifiche sui requisiti tecnico-professionali dell’esecutore dei lavori.

Cassazione penale sez. IV, 02/02/2017, n.43452

In tema di infortuni sul lavoro, l’amministratore del condominio riveste la posizione di garanzia de1ivante dall’essere lo stesso committente dei lavori affidati a terzi nel condominio, avendo in tale veste anche l’obbligo imposto dall’articolo 26, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, di elaborare in fase di progettazione un documento per la valutazione dei rischi indicanti le misure adottate per eliminarli e, in particolare, quello di verificare in via preventiva antinfortunistica le modalità e i mezzi di lavoro, specie quando l’incarico sia affidato, non a un’impresa regolarmente registrata nel registro delle imprese della carnera di commercio, bensì (come nella specie), “informalmente”, a due operai in stato di disoccupazione, per quanto potesse trattarsi di manovali esperti.

Cassazione penale sez. IV, 23/10/2015, n.46385

L’amministratore di condominio assume una posizione di garanzia ope legis, derivante dalle norme civilistiche che gli attribuiscono la competenza ad eseguire tutti i necessari atti di gestione e manutenzione delle parti comuni di un edificio. Ne discende che egli va ritenuto responsabile per l’eventuale evento lesivo derivante dalla difettosa manutenzione dell’immobile (fattispecie relativa alle lesioni subite da un minorenne colpito da pezzi di intonaco caduti da un palazzo).

Cassazione penale sez. III, 18/09/2013, n.42347

L’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente”, come tale tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione.

Cassazione penale sez. III, 18/09/2013, n.42347

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, non può addebitarsi all’amministratore di condominio la mancata osservanza degli obblighi previsti dall’art. 26 commi 1 e 2 d.lg. n. 81 del 2008 quando l’appalto per l’esecuzione dei lavori nel corso dei quali si è verificato l’infortunio sia stato deciso ed assegnato con delibera assembleare alla quale l’amministratore era tenuto a dare attuazione.

Cassazione penale sez. IV, 12/01/2012, n.34147

L’amministratore del condominio è titolare di una specifica posizione di garanzia, gravando su di lui l’obbligo ex art. 40 comma 2 c.p. di attivarsi al fine di rimuovere la situazione di pericolo per l’incolumità di terzi derivante dalle parti comuni dell’edificio. (Da queste premesse, è stato rigettato il ricorso avverso la condanna per il reato di lesioni personali pronunciata nei confronti dell’amministratore di un condominio cui si addebitava di avere omesso colposamente di eseguire i lavori di ripristino di un avvallamento esistente tra il pavimento e il tombino di raccolta delle acque reflue condominiali posto sul marciapiede che dava accesso a un esercizio pubblico sito al piano terra del fabbricato condominiale: ciò che costituiva una “insidia”, tale da avere provocato la caduta, con esiti lesivi, di una persona anziana che accedeva all’interno dell’esercizio).

Cassazione penale sez. IV, 05/05/2011, n.22239

La prospettazione di una causa di esenzione da colpa che si richiami alla condotta imprudente altrui, non rileva allorché chi la invoca versa “in re illicita”, per non avere negligentemente impedito l’evento lesivo. Il datore di lavoro, infatti, ha il dovere di accertarsi che l’ambiente di lavoro abbia i requisiti di affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente acché le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera. (In applicazione del suddetto principio, la Corte ha annullato, con rinvio, la sentenza di non luogo a procedere emessa nei confronti di un amministratore di condominio al quale era stato addebitato di aver cagionato, per inosservanza della disciplina antinfortunistica in materia di altezza minima dei parapetti delle scale, il decesso di un dipendente di un condominio da lui amministrato, nella specie un pulitore, il quale, perdendo l’equilibrio, presumibilmente a causa di una sua condotta imprudente, era precipitato lungo la tromba delle scale).

Delitti contro il patrimonio

Ipotesi di reato che con una certa frequenza è addebitata all’amministratore di condominio, è l’appropriazione indebita ex art. 646 c.p., il più delle volte accompagnata dalla contestazione della circostanza aggravante comune dell’abuso di prestazione d’opera ex art. 61 n. 11) c.p.

Tale delitto contro il patrimonio costituisce una classica ipotesi di reato contro il patrimonio realizzabile da parte dell’amministratore di condominio che violi gli obblighi di legge sullo stesso gravanti.

In particolare, ai sensi degli artt. 1129 co. 7, 8 c.c. “l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”; “alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.

Inoltre, secondo l’art. 1130 n. 3) c.c. 3) “l’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni”.

La violazione di tali disposizioni da parte dell’amministratore di condominio e le conseguenti condotte di appropriazione del denaro erogato dai condomini o da terzi e confluito nel conto corrente intestato al condominio, ovvero di mancata consegna della documentazione contabili afferente al condominio, possono integrare la fattispecie di appropriazione indebita.

Art. 646 c.p. – Appropriazione indebita

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile [6242; 8123 c.c.] altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa [120], con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000 [3812i, 3, 4 c.p.p.; 1144-1146 c. nav.].

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata [64].

Elemento materiale: appropriazione del denaro o delle cose mobili di altrui proprietà, di cui si ha il possesso

Elemento psicologico: dolo specifico (fine di procurare a sé o altri un ingiusto profitto, unitamente alla consapevolezza di appropriarsi senza titolo della res altrui

Momento di consumazione: momento in cui si realizza l’interversio possessionis, ossia si esercitano sulla res i poteri spettanti al legittimo proprietario.

Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: Tribunale monocratico

Procedibilità: a querela di parte; d’ufficio nei casi di cui all’art. 649 bis c.p.

La rassegna delle più significative massime in tema di appropriazione indebita:

Cassazione penale sez. II, 13/02/2020, n.12410

Per la proposizione di una valida istanza di punizione da parte di un condominio di edifici occorre la preventiva unanime manifestazione di volontà da parte dei condomini così da conferire all’amministratore l’incarico di perseguire penalmente un soggetto per un fatto ritenuto lesivo del patrimonio comune (nella specie, l’imputato, era accusato del reato di appropriazione indebita aggravata e continuata in danno di un codominio, essendosi appropriato, in qualità di amministratore condominiale, di un ingente somma di denaro).

Cassazione penale sez. II, 15/01/2020, n.19519

Nel caso di appropriazione indebita di somme di denaro relative ad un condominio da parte di colui che ne sia stato amministratore, il reato si consuma all’atto della cessazione della carica, in quanto è in tale momento che, in mancanza di restituzione degli importi ricevuti nel corso della gestione, si verifica con certezza l’interversione del possesso. (In motivazione la Corte ha evidenziato che, considerata la natura fungibile del denaro, sino alla cessazione dalla carica l’amministratore potrebbe reintegrare il condominio delle somme precedentemente disperse).

Cassazione penale sez. II, 19/12/2019, n.4161

L’amministratore di condominio che versa in un unico conto le risultanze delle precedenti gestioni, di fatto confondendole, commette il reato di appropriazione indebita. Difatti, sotto il profilo soggettivo non può sostenere di non aver agito con dolo specifico, previsto dall’art. 646 c.p., fattispecie per la configurazione della quale è sufficiente il dolo eventuale. Ad affermarlo è la Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso di un amministratore di condominio avverso la sentenza di condanna per il reato di appropriazione indebita. Secondo la Corte l’amministratore infedele che versa le somme provenienti da diverse gestioni in un unico conto, sia esso costituito da impiego bancario o postale o in altra forma di investimento, accetta il rischio che attraverso la confusione delle stesse parti degli attivi, riferibili a ciascun condominio, vengano distratti, con la conseguente appropriazione indebita dei medesimi.

Cassazione penale sez. II, 13/12/2019, n.12618

Integra il delitto di appropriazione indebita, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, il prelievo da parte dell’amministratore di condominio di somme di denaro depositate sui conti correnti dei singoli condomìni, dei quali egli abbia piena disponibilità per ragioni professionali, con la coscienza e volontà di farle proprie a pretesa compensazione con un credito preesistente non certo, né liquido ed esigibile.

Cassazione penale sez. II, 18/10/2019, n.4130

Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. Da ciò deriva, con riferimento all’appropriazione indebita delle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti, da parte di colui che ne era stato amministratore, che è all’atto della cessazione della carica che il reato si consuma. perché è questo il momento in cui, in mancanza di restituzione dell’importo delle somme ricevute nel corso della gestione, si verifica con certezza l’interversione del possesso.

Cassazione penale sez. I, 18/09/2019, n.43853

L’affidamento in prova al servizio sociale deve essere ancorato ai risultati dell’osservazione del comportamento del condannato. Pertanto, l’ingiustificata indisponibilità di quest’ultimo a risarcire il danno può essere considerata un segno negativo ma solo nell’ottica di una valutazione complessiva sulla sua rieducabilità. Ad affermarlo è la Cassazione che accolto il ricorso di un amministratore di condominio, condannato per il reato di appropriazione indebita, la cui richiesta di affidamento in prova al servizio sodale era stata respinta per la mancanza della restituzione ai condomini di quanto sottratto. Secondo la Corte, il giudice, doveva valutare non soltanto il parziale risarcimento del danno, ma anche la condotta del reo da cui emergevano elementi favorevoli: lo svolgimento di un’attività lavorativa, l’assenza di altri procedimenti penali, la puntuale osservanza della detenzione domiciliare.

Cassazione penale sez. II, 09/01/2019, n.8922

Non commette il reato di appropriazione indebita il proprietario di un immobile locato che non versa all’amministratore del condominio le rate dei contributi condominiali pagate a lui dal conduttore. Il reato ex art. 646 c.p., infatti, non sussiste in quanto manca un vincolo di destinazione della somma versata.

Cassazione penale sez. II, 06/02/2018, n.21011

Integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore di condominio che rifiuti o ritardi la riconsegna annuale ex art. 1129 c.c. delle somme detenute per conto di ciascun condominio, allorquando tale condotta sia finalizzata al conseguimento di profitto ingiusto, conseguendone che il reato di appropriazione indebita dell’amministratore si consuma in corrispondenza di tale termine, con cadenza annuale, senza che assuma alcuna rilevanza l’evenienza che le persone offese abbiano avuto conoscenza della condotta appropriativa solo a distanza di molto tempo.

Cassazione penale sez. II, 20/06/2017, n.40870

Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. (Nella specie, la Corte ha ritenuto consumato il delitto di appropriazione indebita delle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti, da parte di colui che ne era stato amministratore, all’atto della cessazione della carica, momento in cui, in mancanza di restituzione dell’importo delle somme ricevute nel corso della gestione, si verifica con certezza l’interversione del possesso).

Cassazione penale sez. II, 31/05/2017, n.31322

Commette il delitto di appropriazione indebita l’amministratore di condominio che, anziché dare corso ai propri obblighi, si appropri delle somme a lui rimesse dai condòmini, utilizzandole per scopi diversi ed incompatibili con il mandato ricevuto e coerenti, invece, con finalità personali. (Fattispecie nella quale la somma versata dai condòmini per le spese del servizio di teleriscaldamento era stata utilizzata e prelevata uti dominus dall’amministratore, allo scopo di coprire le perdite che si erano verificate in altro condominio da lui gestito). 

Cassazione penale sez. II, 21/04/2017, n.25444

Il delitto di appropriazione indebita è integrato dalla interversione del possesso che si manifesta nel momento in cui l’autore si comporti uti dominus non restituendo il bene di cui aveva la disponibilità senza darne una giustificazione, mentre la truffa può dunque dirsi consumata nel momento in cui si verifica la perdita definitiva del bene che costituisce danno per il raggirato e ingiusto profitto dell’agente (fattispecie relativa alla condotta di un amministratore di condominio che aveva indotto i condomini in errore sull’entità delle spese di gestione dell’immobile da sostenere al fine di appropriarsi delle somme versate da quest’ultimi).

Cassazione penale sez. II, 25/05/2016, n.33547

Integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore di condominio che trasferisce sul proprio conto corrente le somme depositate dagli inquilini per ottenere un tasso di interesse migliore. Lo precisa la Cassazione che non accoglie il ricorso dell’amministratore secondo cui la somma sottratta, pur non essendo destinata a fare fronte a spese condominiali, era stata depositata su altro conto a titolo di investimento nell’interesse esclusivo del condominio amministrato.

Cassazione penale sez. II, 11/05/2016, n.27363

Il delitto di appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e cioè nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, con la conseguenza che il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito è irrilevante ai fini dell’individuazione della data di consumazione del reato e di inizio della decorrenza del termine di prescrizione.

Cassazione penale sez. IV, 23/10/2015, n.46385

L’amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma 2, c.p., in virtù del quale su costui ricade l’obbligo di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzione ordinaria e straordinaria, predisponendo, nei tempi necessari alla loro concreta realizzazione, le cautele più idonee a prevenire la specifica situazione di pericolo. (Fattispecie nella quale l’imputato, amministratore di condominio, è stato ritenuto responsabile delle lesioni colpose provocate ad un passante dalle mattonelle staccatesi dalla facciata dell’immobile).

Cassazione penale sez. II, 18/06/2015, n.37666

Il danno cagionato dall’amministratore di condominio resosi responsabile di una serie di fatti di appropriazione indebita in danno dei condomini da lui amministrati deve essere valutato nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla quota – danno incidente sui singoli condomini.

Cassazione penale sez. II, 17/05/2013, n.29451

Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. (Nella specie, la Corte ha ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l’agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato “uti dominus” rispetto alla “res”).

Delitti contro l’onore

Frequentemente l’amministratore di condominio può incorrere in responsabilità penale a titolo di diffamazione (non più di ingiuria, in virtù della recente depenalizzazione). Condotte tipiche poste in essere da tale soggetto sono invero rappresentante dall’affissione di avvisi nell’atrio del condominio, ovvero dall’invio di lettere ai condòmini, qualora gli scritti, resi conoscibili ad una pluralità di persone, contengano messaggi lesivi della reputazione di condòmini.

Art. 595 c.p. – Diffamazione

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro. 

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa [57–58-bis, 596-bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità [615-bis], ovvero in atto pubblico [2699 c.c.], la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio [342], le pene sono aumentate [64, 596–599].

 

Elemento materiale: comunicazione con più persone a contenuto offensivo per l’altrui reputazione. Per la configurazione del reato devono essere integrati tre requisiti: l’assenza della persona offesa; un’offesa all’altrui reputazione; la divulgazione a più persone.

Elemento soggettivo: Dolo generico (coscienza e volontà di comunicare a più persone l’addebito offensivo dell’altrui reputazione).

Momento di consumazione: momento in cui si verifica la divulgazione della manifestazione offensiva

Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: co. 1, 2: Giudice di pace; co. 3, 4: Tribunale monocratico 

Procedibilità: a querela di parte

La rassegna delle più significative massime in tema di diffamazione:

Cassazione civile sez. III, 05/09/2019, n.22184

L’amministratore di condominio deve garantire la tutela della protezione dei dati personali dei condòmini con riferimento ai pagamenti delle spese condominiali, di cui abbia conoscenza in ragione del suo mandato professionale. Se non rispetta tale obbligo, comunicando a soggetti terzi lo stato di morosità altrui, commette il reato di diffamazione.

Cassazione penale sez. V, 15/03/2016, n.18919

La missiva a contenuto diffamatorio diretta a una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, non integra il reato di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, bensì quello di diffamazione, stante la non contestualità del recepimento delle offese medesime e la conseguente maggiore diffusione della stessa. (Fattispecie relativa a missiva offensiva indirizzata impersonalmente anche “all’amministratore del condominio” nella quale la S.C. ha escluso la configurabilità del reato di ingiuria in quanto l’imputato non poteva essere certo che il legale rappresentante del condominio si identificasse ancora con la persona che stava offendendo).

Cassazione penale sez. fer., 28/08/2014, n.39986

La diffusione dei nominativi dei condomini morosi, attraverso l’affissione sul portone di ingresso del condominio di una nota, integra il delitto di diffamazione (art. 595 c.p.) essendo potenzialmente conoscibile da un numero indeterminato di persone e non essendoci alcun interesse alla conoscenza della circostanza relativa alla morosità di alcuni condomini.

Cassazione penale sez. V, 27/06/2014, n.46498

La critica nei confronti di un condomino può legittimamente estrinsecarsi all’interno di un’assemblea condominiale o nei rapporti con l’amministratore, ma di certo non può legittimare affermazioni offensive (confermata la condanna nei confronti dell’imputato che aveva accusato la persona offesa di essere un condomino moroso e abituato a non pagare le proprie quote condominiali; nella specie non sussisteva il diritto di critica: da un lato, la parte lesa aveva ammesso di non aver pagato le spese condominiali, ma semplicemente perché a sua volta era in credito con il condominio, il che escludeva la sua morosità, e dall’altro, il diritto di critica deve essere esercitato nel giusto contesto).

Cassazione penale sez. V, 12/12/2012, n.4364

Integra gli estremi del reato di diffamazione la condotta dell’amministratore di un condominio che abbia affisso nell’atrio dell’edificio condominiale un avviso di imminente distacco della fornitura idrica a seguito dell’asserita persistenza del debito da parte di alcuni condomini, non rilevando in senso contrario l’eventuale finalità di dare un’informazione celere rispetto all’interruzione del servizio.

Delitti contro l’inviolabilità del domicilio

Altre fattispecie che possono essere contestate all’amministratore di condominio sono la violazione di domicilio ex art 614 c.p. e l’interferenza illecita nella vita privata di cui all’art. 615 bis c.p.

Si tratta di delitti posti a tutela del bene giuridico dell’inviolabilità del domicilio, realizzabili rispettivamente nei casi in cui l’amministratore si introduca nell’abitazione privata dei condòmini contro la loro volontà, ovvero interferisca nella loro vita privata ad esempio mediante l’installazione di impianti di videosorveglianza.

 

Art 614 c.p. – Violazione di domicilio

Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni [615, 615-bis; 141 Cost.].

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120].

La pena è da due a sei anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose [3922], o alle persone [5812], ovvero se il colpevole è palesemente armato.

Elemento materiale: condotte alternative consistenti nell’introdursi ovvero nel trattenersi nell’abitazione altrui, contro la volontà del soggetto che gode del diritto di escludere, o clandestinamente, o con inganno.

Elemento psicologico: dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di introdursi o trattenersi nell’altrui abitazione contro la volontà altrui, o clandestinamente, o con inganno.

Momento di consumazione: momento di realizzazione di una delle condotte tipizzate.

Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: Tribunale monocratico

Procedibilità: a querela di parte; d’ufficio nell’ipotesi di cui al comma 4.

Art. 615 bis c.p. – Interferenze illecite nella vita privata

Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora [2953-bis c.p.p.], si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.

I delitti sono punibili a querela della persona offesa [120]; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale [357] o da un incaricato di un pubblico servizio [358], con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato [382 att. c.p.p.; 222 coord. c.p.p.].

Elemento materiale: acquisizione indebita, mediante strumenti di ripresa visiva o sonora, di notizie o immagini attinenti alla vita privata svolta nelle abitazioni private – comma 1; rivelazione o diffusione di notizie o immagini indebitamente acquisite – comma 2.

Elemento psicologico: dolo generico consistente nella coscienza e volontà di acquisire indebitamente notizie o immagini, ovvero di rivelarle o diffonderle, nella consapevolezza della riservatezza delle stesse.

Momento di consumazione: indebita acquisizione delle notizie o immagini; rivelazione o diffusione delle notizie o immagini.

Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

Competenza: Tribunale monocratico

Procedibilità: a querela di parte; d’ufficio nel caso del comma 3.

La rassegna delle più significative massime in tema di delitti contro l’inviolabilità del domicilio:

Cassazione penale sez. V, 14/09/2020, n.31276

Quando il domicilio è comune a più persone, alla inviolabilità del medesimo hanno diritto tutti i coabitanti e il dissenso, espresso o tacito, di uno solo di essi è sufficiente ad integrare la volontà contraria all’introduzione e, quindi, il divieto la cui inosservanza da parte di altri costituisce il delitto di violazione di domicilio. Il consenso può essere anche presunto, ma la presunzione è tanto più rilevante quanto più il rapporto di coabitazione si fondi su comunione di intenti, mentre viene meno quando, invece, il rapporto di coabitazione sia fondato su mere ragioni di opportunità e convenienza.

Cassazione penale sez. V, 21/11/2019, n.17346

Il reato di cui all’art. 615-bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) non è configurabile per il solo fatto che si adoperino strumenti di osservazione e ripresa a distanza, nel caso in cui tali strumenti siano finalizzati esclusivamente alla captazione di quanto avvenga in spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei (fattispecie relativa a videoregistrazioni girate da un investigatore privata all’esterno dell’abitazione di una coppia, accusata di stalking, sotto accusa e frutto di riprese dirette a parti della casa accessibili dall’esterno).

Cassazione penale sez. III, 10/07/2018, n.372

In tema di interferenze illecite nella vita privata, l’elemento di illiceità speciale “abusivamente” esclude la rilevanza penale di quelle condotte di ripresa visiva o fotografica che siano realizzabili senza accorgimenti particolari, essendo la vita privata che si svolge all’interno della privata dimora liberamente visibile dall’esterno da parte di condomini dell’edificio frontistante o perspiciente.

Cassazione penale sez. III, 10/07/2018, n.372

Ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 615-ter c.p. non è sufficiente che la condotta abbia ad oggetto immagini che riguardino atti che si svolgano in uno dei luoghi indicati dall’art. 614 c.p., ma è anche necessario che tale condotta sia posta in essere ‘indebitamente’ e quindi avvenga in contrasto od eludendo, clandestinamente o con inganno, la volontà di chi abbia il diritto di escludere dal luogo l’autore delle riprese. Se dunque l’azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, possa essere liberamente osservata da estranei (nella specie: per mancanza di tende alle finestre), senza ricorrere a particolari accorgimenti, non si configura una lesione della riservatezza del titolare del domicilio.

 

Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità

L’amministratore di condominio può astrattamente essere chiamato a rispondere del reato contravvenzionale di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità ex art. 650 c.p., ad esempio nei casi in cui sia ordinato all’amministratore di eseguire opere sulle parti comuni del condominio.

Art 650 c.p. – Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità

Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato [337, 338, 389, 4502, 509], con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.

Elemento materiale: mancata osservanza del provvedimento avente le caratteristiche di cui alla norma incriminatrice.

Elemento psicologico: indifferentemente dolo o colpa.

Momento di consumazione: mancata ottemperanza al provvedimento

Prescrizione: 4 anni

La rassegna delle più significative massime in tema di inosservanza di provvedimenti dell’Autorità:

Cassazione penale sez. I, 17/01/2018, n.54841

Ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 650 c.p., il giudice è tenuto a verificare previamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato, sotto i tre profili tradizionali della violazione di legge, dell’eccesso di potere e della incompetenza; ne consegue che ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno di tali profili, l’inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione per la cui sussistenza è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia “legalmente dato”. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto insussistente il reato ascritto all’imputato, previa disapplicazione dell’ordinanza contingibile ed urgente della cui violazione era chiamato a rispondere, in quanto affetta da incompetenza funzionale, essendo stata emessa, per motivi di pubblica incolumità, da un dirigente amministrativo anziché dal sindaco quale ufficiale di governo).

Cassazione penale sez. I, 27/11/2017, n.44957

Atteso il principio di sussidiarietà previsto dall’art. 650 c.p. (inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità), il reato non è configurabile qualora l’inosservanza riguardi ordinanze applicative di leggi e regolamenti comunali assoggettati ad un meccanismo di tutela amministrativa ad hoc, che si pone in rapporto di specialità rispetto a quella indicata nel predetto articolo (la condotta contestata al soggetto consisteva nell’omesso ripristino delle condizioni di salubrità e allontanamento degli animali, allevati in un’area non adibita a tale esercizio, in violazione dell’ordinanza emessa dall’Autorità comunale per ragioni di sicurezza pubblica o di igiene.

Cassazione penale sez. I, 21/10/2004, n.49910

Ai fini della sussistenza del reato previsto dall’art. 650 c.p. è necessario che il provvedimento, emesso per ragioni di giustizia o di sicurezza di ordine pubblico o di igiene, sia adottato nell’interesse della collettività e non di privati individui, mirando la norma a tutelare interessi di carattere generale. Ne consegue che va esclusa la configurabilità dell’illecito penale in relazione all’inottemperanza, da parte dell’amministratore di un condominio, del provvedimento che gli imponeva di effettuare lavori per l’eliminazione di infiltrazioni d’acqua nell’appartamento di un solo condomino: a quest’ultimo l’ordinamento appresta un diverso titolo di tutela, da farsi valere nella competente sede civile.

 

 

Tutela della privacy

L’amministratore di condominio che, nello svolgimento della sua funzione di gestione condominiale, raccolga informazioni riservate dei condomini (nominativi, numeri di telefono, situazioni di morosità, nonché immagini e suoni captati con impianti di videosorveglianza), assume la qualifica di titolare del trattamento dei dati personali, potendo conseguentemente rendersi penalmente responsabile del delitto di trattamento illecito di dati personali.

Art. 35 Legge 675/1996 – Trattamento illecito di dati personali.

[Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 11, 20 e 27, è punito con la reclusione sino a due anni o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da tre mesi a due anni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 21, 22, 23, 24 e 24-bis, ovvero del divieto di cui all’articolo 28, comma 3, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni].

Se dai fatti di cui ai commi 1 e 2 deriva nocumento, la reclusione è da uno a tre anni.

Elemento materiale: trattamento dei dati personali svolto in violazione delle norme a tutela della privacy.

Elemento psicologico: dolo specifico, consistente nel fine di trarre un profitto per sé o per altri o di recare ad altri un danno.

Momento di consumazione: realizzazione di una condotta in violazione delle disposizioni del codice della privacy.

Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA.