Commercio o somministrazione di medicinali guasti: ai fini dell’incriminazione penale il sangue umano va considerato alla stregua di qualsiasi farmaco.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 15463.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di somministrazione di medicinali imperfetti, nel confrontarsi con la normativa attuativa della direttiva europea in tema di farmaci, si sofferma sulla qualificazione del sangue umano e dei suoi derivati da assimilare al medicinale ai fini penali.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, afferma il principio di diritto secondo il quale mentre il D.lgs. 219/2006 (attuativo della direttiva 2001/83/CE), ricomprende il sangue umano nella categoria dei medicinali solo laddove lo stesso venga impiegato nel corso di un procedimento industriale per la produzione di sostanze finalizzate alla cura e alla profilassi dell’essere umano, il concetto di medicinale in sede penale – segnatamente riferito alla fattispecie di reato prevista e punita dall’art. 443 c.p. – assume un perimetro più ampio, per tale intendendosi ogni sostanza o preparato che assume scientificamente una funzione diagnostica, profilattica, terapeutica, anestetica o avente la funzione di predisporre l’organismo ad un esame sanitario.

Ne consegue secondo il Supremo consesso che ha ritenuto di dare continuità ad un orientamento risalente ma mai contrastato che il sangue umano rientra pacificamente nel novero dei farmaci rilevanti ai sensi della fattispecie penale, in ragione della sua funzione terapeutica.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 15463/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di commercio e somministrazione di medicinali guasti, oltre agli approfondimenti sul tema della responsabilità penale dei professionisti sanitari che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, i reati contestati e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di dirigente del centro trasfusionale dell’ospedale, erano contestati i delitti di rifiuto di atti d’ufficio e somministrazione di medicinali guasti – rispettivamente ai sensi degli artt. 328, 443 c.p. – nonché, come conseguenza non voluta di quest’ultimo reato, la causazione del decesso del paziente, dovuto a shock settico da batteriemia, conseguito alla trasfusione di una sacca ematica contaminata.

La Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza di condanna pronunciata nei confronti del prevenuto per i reati a lui ascritti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di omissione di atti d’ufficio, estinto per intervenuta prescrizione, ed annullato con rinvio la sentenza impugnata relativamente ai residui delitti.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Passando ai motivi relativi ai residui reati contestati all’imputato, deve ritenersi anzitutto infondata l’obiezione per cui il sangue umano non rientrerebbe nella nozione di “medicinale” assunta dall’art. 443 c.p., ancorchè per ragioni diverse da quelle evocate nella sentenza impugnata per rigettare l’analoga osservazione svolta con il gravame di merito.

La Corte territoriale ha infatti ritenuto che il sangue sia un medicinale sulla scorta di quanto in tal senso previsto dall’art. 1, lett. a) n. 2 e lett. b) n. 1 del d.l.gs. n. 219 del 2006 (adottato in attuazione della Direttiva 2001/83/CE) per le quali “medicinale” è «ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica» e che per sostanza si intende «ogni materia, indipendentemente dall’origine», mentre tale origine può essere anche umana «come il sangue umano e suoi derivati». Come correttamente osservato dalla difesa, i giudici del merito non hanno però ricondotto la portata di tale dato normativo a quanto previsto dal successivo art. 2 del citato decreto, per il quale la normativa in esame trova applicazione esclusivamente con riguardo ai medicinali per uso umano preparati industrialmente o nella cui produzione interviene un processo industriale. Né hanno considerato quanto previsto dal successivo art. 3, lett. f), il quale espressamente esclude che le disposizioni dettate dal decreto n. 219 del 2006 si applichino al sangue intero, al plasma ed alle cellule ematiche di origine umana.

Ai fini ed agli effetti del suddetto decreto, dunque, il sangue umano è considerato un “medicinale” solo nella misura in cui lo stesso venga impiegato nel corso di un procedimento industriale per la fabbricazione di sostanze finalizzate alla cura ed alla profilassi dell’essere umano.

La limitata estensione applicativa della nozione di “medicinale” utilizzata nel menzionato testo normativo (sostanzialmente corrispondente a quella di farmaco) esclude che la stessa corrisponda a quella invece dispiegata nell’art. 443 c.p., alla quale la dottrina e la giurisprudenza unanimemente assegnano invece un orizzonte più ampio, qualificando come medicinale ai fini penali ogni sostanza o preparato che scientificamente assume una funzione diagnostica, profilattica, terapeutica, anestetica o che viene impiegata per predisporre l’organismo ad un esame avente scopo sanitario (cfr. Sez. 1, n. 7738 del 09/05/1996, Rv. 205522; Sez. 6, n. 24242 del 21/04/2015, Rv. 264167).

Conclusione sulla base della quale questa Corte, già in passato, ha conseguentemente ricompreso in tale nozione anche il sangue umano, atteso il suo evidente utilizzo terapeutico (Sez. 6, n. 4869 del 03/04/1979, Rv. 089610), principio che in questa sede si intende ribadire non avendo il ricorrente esposto valide ragioni per metterlo in discussione”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 443 c.p. – Commercio o somministrazione di medicinali guasti

Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a 103 euro [448, 4522; 3812d, 4 c.p.p.].

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. I, 09/05/1996, n.7738

Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 443 c.p. (commercio o somministrazione di medicinali guasti) deve essere inteso per medicinale qualsiasi sostanza o pozione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane e che sia, quindi, destinata ad essere somministrata all’uomo, eventualmente allo scopo di stabilire una diagnosi medica, ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo. (Nella fattispecie la suprema Corte ha escluso la configurabilità del reato in questione in relazione a sostanze ad uso veterinario, osservando che le stesse, essendo destinate ad essere somministrate all’animale e non all’uomo, anche se guaste o imperfette non possono mettere in pericolo l’incolumità pubblica).

Cassazione penale sez. VI, 03/04/1979, n.4869

Rientra nella nozione di sostanza medicinale anche il sangue umano messo in commercio per uso trasfusionale, trattandosi di una sostanza somministrabile quale rimedio terapeutico. (applicazione in tema di somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di commercio e somministrazione di medicinali guasti:

Cassazione penale sez. I, 15/05/2019, n.35627

La condotta del farmacista che abbia ceduto ai pazienti alcune confezioni e consapevolmente detenuto ingenti quantità di farmaci scaduti integra il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti, di cui all’art. 443 c.p., anche con riferimento a preparati omeopatici, attesa la riconducibilità di questi al concetto di “medicinali”, come definito dall’art. 1, co. 1, lett. a), d.lgs. 24 aprile 2006, n. 219 (nello specifico la Corte ha confermato la sentenza di merito nella parte in cui aveva escluso che la condotta complessiva del titolare della farmacia potesse essere ricondotta alla fattispecie di illecito amministrativo per colposa disattenzione, laddove le modalità organizzative carenti nelle procedure di smaltimento degli scaduti e la massiccia presenza degli stessi sugli scaffali denotavano una voluta trascuratezza di doveri professionali, con conseguente accettazione del rischio di compromissione della salute pubblica).

Cassazione penale sez. I, 21/12/2016, n.7311

In tema di configurabilità dell’ipotesi criminosa di commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti di cui all’art. 443 c.p., la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione di medicinali scaduti di validità non costituiscono situazioni differenti, in quanto entrambe funzionali e dirette all’uso effettivo del farmaco nel contesto di un reato di pericolo, la cui punibilità è anticipata (fattispecie relativa alla detenzione di confezioni di medicinali scadute nell’armadietto di uno studio odontoiatrico).

Cassazione penale sez. I, 08/06/2016, n.16411

È configurabile il concorso tra il delitto di cui all’art. 443 cod. pen. e la contravvenzione prevista dall’art. 147, comma secondo, D.Lgs. n. 219 del 2006, concernente la messa in commercio di farmaci per i quali non è stata rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio, di cui all’art. 6 del medesimo decreto, tendendo il primo alla tutela della pubblica incolumità, e specificamente della salute pubblica, dai fatti di comune pericolo e la seconda alla tutela del servizio farmaceutico.

 

Cassazione penale sez. VI, 21/04/2015, n.24243

Alla luce della vigente normativa nazionale ed europea e sulla scorta dei numerosi pareri tecnico-scientifici disponibili, il trattamento sanitario a base di infusioni di cellule staminali mesenchimali (cd. Metodo Stamina) costituisce a tutti gli effetti un medicinale imperfetto, tale dovendosi ritenere, fra gli altri, quello non preparato secondo rigorose prescrizioni scientifiche o secondo i precetti della tecnica, di talchè si ravvisa il fumus delicti del reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti di cui all’art. 443 c.p. posto a fondamento del sequestro preventivo eseguito nelle strutture sanitarie su materiali e prodotti pertinenti al trattamento suddetto, avviato su diversi pazienti.

Cassazione penale sez. VI, 21/04/2015, n.24244

Premesso che la legge scientifica può considerarsi tale soltanto dopo essere stata sottoposta a ripetuti, superati tentativi di falsificazione e dopo avere avuto reiterate conferme, donde, appunto, l’“alto grado di conferma”, che la contraddistingue, donde la “fiducia” che non può non esserle riservata, e che costituisce requisito rilevante la diffusa accettazione in seno alla comunità scientifica internazionale, che segna il discrimine fra validità e mancanza di validità scientifica della legge, della teoria o del metodo, al c.d. metodo Stamina, in quanto attività incentrata sulla somministrazione di preparati e sostanze ritenuti privi di efficacia terapeutica da parte della generalità della comunità scientifica internazionale, non può riconoscersi validità scientifica e la sua applicazione configura il reato di cui all’art. 443 c.p.

Cassazione penale sez. I, 26/02/2015, n.24704

La detenzione per la somministrazione di farmaci scaduti è condotta che non integra l’ipotesi consumata prevista dall’art. 443 c.p., poichè esclusa dal tenore testuale della previsione, che fa riferimento “alla detenzione per il commercio, alla messa in commercio ed alla somministrazione” di tali medicinali, ma che può integrare un’ipotesi di tentativo punibile, ai sensi dell’art. 56 c.p., quando costituisca atto idoneo diretto in modo non equivoco alla somministrazione e sia accompagnata dalla consapevolezza del guasto o della imperfezione del medicinale.

Cassazione penale sez. fer., 29/08/2013, n.39187

Il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti integra una fattispecie di pericolo presunto, in quanto mira ad impedirne l’impiego a scopo terapeutico, sanzionando ogni condotta che renda probabile o possibile la loro concreta utilizzazione. (Fattispecie relativa a preparati medicinali realizzati dall’imputato – in assenza dei presupposti per invocare la cosiddetta “eccezione galenica” – utilizzando specialità private della confezione, sminuzzate in un mortaio, mescolate con additivi ed infine inserite in capsule sprovviste di pellicola protettiva, senza garantire, all’interno di tali capsule, una percentuale costante di principio attivo ed eccipienti).

Cassazione penale sez. fer., 28/08/2008, n.39051

La fattispecie criminosa descritta dall’art. 443 c.p., e cioè il commercio o la somministrazione di medicinali guasti, mira ad impedire l’utilizzazione a scopo terapeutico di medicinali imperfetti e sanziona ogni condotta che renda probabile o possibile la concreta utilizzazione del medicinale guasto. (Fattispecie relativa al rinvenimento in uno studio medico d’ingente quantitativo di farmaci e altro materiale sanitario, scaduto da molto tempo, frammisto a prodotti in corso di validità e in parte utilizzato).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA