L’infermiera della RSA chiamata a rispondere di lesioni colpose mediante omissione non può addurre a propria discolpa le inefficienze organizzative della struttura e l’affidamento risposto nella attività degli altri operatori.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 16132.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi su un caso di lesioni colpose ascritte al personale infermieristico operante nell’ambito di una residenza sanitaria assistenziale per anziani.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento,  enuncia il principio di diritto secondo il quale l’operatore sanitario che abbia violato una regola precauzionale alla cui osservanza era tenuto per garantire la salute del paziente, non può invocare a propria discolpa le carenze organizzative della struttura  e l’ affidamento nell’operato altrui, a meno che non sia sopravvenuta una causa eccezionale ed imprevedibile, tale da interrompere il nesso tra la condotta omissiva e l’evento infausto.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 16132/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di posizioni di garanzia nel campo della colpa medica, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie alle imputate, rispettivamente nella qualità di infermiera e operatrice sanitaria in servizio presso la RSA, era contestato il delitto di lesioni colpose ex artt. 113, 590 c.p., per aver omesso di prendersi cura della paziente e di informare i medici circa le ingravescenti condizioni generali di salute della stessa, così cagionandole lesioni personali.

La Corte di appello di Genova confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato le prevenute per il reato loro ascritto.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Le giudicabili proponevano ricorso per cassazione, per il tramite dei rispettivi difensori, avverso la decisione della Corte distrettuale.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Occorre premettere che, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, quale è una R.S.A., l’infermiere — e valga anche per l’operatore sanitario – è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà, costituzionalmente imposto dagli artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti/degenti, la cui salute egli deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; l’obbligo di protezione perdura per l’intero tempo del turno di lavoro (Sez. 4, n. 39256 del 29/03/2019, Rv. 277192; Sez. 4, n. 2192 del 10/12/2014, dep. 2015, Rv. 261776; Sez. 4, n. 9638 del 02/03/2000, Rv. 217477). […]

La tesi difensiva, proposta da entrambe le ricorrenti, volta a dedurre responsabilità altrui, ivi compresa, come si è detto, quella della struttura, non può trovare accoglimento, atteso quanto più sopra si è ricordato con riguardo alla posizione di garanzia rivestita da ciascuna imputata.

Peraltro, una volta acclarata la posizione di garanzia ricoperta dall’autore del fatto, eventuali ulteriori condotte o fattori che si innestino nel meccanismo causale sono di regola irrilevanti.

Al riguardo, infatti, occorre richiamare il consolidato principio di questa Corte secondo cui, in caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità (Sez. 4, n. 50038 del 10/10/2017, Rv. 271521)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. IV, 29/03/2019, n.39256

L’infermiere, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, è “ex lege” portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità, per l’intero tempo del turno di lavoro. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure il riconoscimento di responsabilità operato dalla sentenza impugnata, a titolo di omicidio colposo, di un’infermiera in servizio presso una residenza assistita, per avere omesso di eseguire ed attivare le dovute ricerche di una paziente disabile, notoriamente dedita all’uso di sostanze alcoliche, che, non rientrata in camera da letto dopo cena, era morta nella notte per assideramento, dopo essere caduta a terra nel tragitto tra un padiglione e l’altro della struttura).

Cassazione penale sez. IV, 10/12/2014, n.2192

L’infermiere specializzato è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, avendo egli il dovere di attendere all’attività di somministrazione dei farmaci in modo non meccanicistico ma collaborativo con il personale medico orientato in termini critici, al fine non di sindacare l’operato del medico bensì per richiamarne l’attenzione su errori percepiti ovvero per condividere gli eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia stabilita. (In applicazione del principio la Corte di cassazione ha confermato la sentenza di condanna per omicidio colposo dell’infermiere professionale, con funzioni di caposala, il quale aveva somministrato un anticoagulante benché dalla cartella clinica ne risultasse la chiara incompatibilità con l’allergia del paziente, della quale l’imputato era già ben a conoscenza per ragioni di servizio).

Cassazione penale sez. IV, 02/03/2000, n.9638

Gli operatori di una struttura sanitaria, medici e paramedici, sono tutti “ex lege” portatori di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex art. 2 e 32 cost, nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; l’obbligo di protezione perdura per l’intero tempo del turno di lavoro e, laddove si tratti di un compito facilmente eseguibile nel giro di pochi secondi, non è delegabile ad altri. (Fattispecie in cui è stato escluso che fosse giustificato il comportamento di un infermiere che, in prossimità della fine del turno di lavoro, delegava un collega per eseguire l’ordine impartitogli da un medico di chiamare un altro medico, ordine facilmente e rapidamente eseguibile attraverso un citofono).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di posizioni di garanzia in campo medico:

Cassazione penale sez. IV, 29/09/2020, n.28316

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente a ipotesi di responsabilità medica, si è ravvisata sussistente la responsabilità a carico di un medico pneumologo addetto al reparto ove si trovava ricoverato un paziente, il quale sanitario, non solo aveva sollecitato una consulenza dei medici chirurghi, avendo apprezzato un peggioramento delle condizioni di salute del paziente, ma aveva anche prestato materiale ausilio alla realizzazione dell’atto chirurgico – toracentesi- sia pure attraverso il breve atto di reggere il paziente, facendogli assumere la posizione più idonea all’intervento, improvvidamente eseguito – con esito letale – sul polmone sano, senza pretendere che detto intervento venisse effettuato con guida ecografica e senza controllare l’operato dei colleghi nel corso dell’attività operatoria, verificando che si intervenisse effettivamente sul polmone malato).

Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.19856

Il medico competente può rispondere, nella qualità di titolare di un’autonoma posizione di garanzia delle fattispecie di evento che risultano di volta in volta integrate dall’omissione colposa delle regole cautelari poste a presidio della salvaguardia del bene giuridico – salute dei lavoratori – sui luoghi di lavoro, direttamente riconducibili alla sua specifica funzione di controllo delle fonti di pericolo istituzionalmente attribuitagli dall’ordinamento giuridico. Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento contro-fattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale.

Cassazione penale sez. IV, 20/11/2019, n.1350

In tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. (Fattispecie in tema di colpa medica di tre sanitari che si erano succeduti nella cura di un bambino, deceduto per la perforazione dell’intestino conseguita all’effettuazione di un clisma opaco senza la previa necessaria idratazione, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna dei medici intervenuti prima di quello che aveva eseguito il predetto esame strumentale, per non avere verificato se essi avessero contribuito all’omessa idratazione del paziente, quale fosse il livello di disidratazione raggiunto in concomitanza con il loro intervento, e se i rischi connessi alla disidratazione si fossero aggravati in considerazione della decisione, presa da altri medici, di sottoporre il paziente al clisma opaco).

Cassazione penale sez. IV, 09/04/2019, n.24372

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente ai due medici sociali che erano intervenuti, durante una partita di calcio, per soccorrere un calciatore – poi deceduto- che aveva avuto un malore durante l’incontro, la Corte ha ritenuto che entrambi avevano assunto una posizione di garanzia nei confronti dell’atleta, derivante dall’instaurazione della relazione terapeutica tra loro ed il calciatore: entrambi, si è argomentato, avevano infatti posto in essere una istintiva, pratica attuazione dei doveri deontologici consacrati dal giuramento professionale, comprendente il “dovere di prestare soccorso nei casi di urgenza”; con in più, per il medico sociale della squadra del calciatore, in aggiunta a tale dovere deontologico, l’obbligo gravante, quale medico sportivo, verso i calciatori della propria squadra; la Corte, peraltro, ha poi annullato con rinvio la sentenza di condanna, per carente motivazione in punto di nesso causale e di addebito di colpa).

 Cassazione penale sez. IV, 29/03/2019, n.17491

In tema di reati colposi, l’agente non può rispondere del verificarsi dell’evento se, pur titolare di una posizione di garanzia, non disponga dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. (Fattispecie in tema di lesioni conseguenti alla mancata tempestiva esecuzione di parto cesareo, in cui la Corte ha annullato la sentenza di condanna di medico ostetrico che, allontanatasi dal nosocomio in una situazione che si presentava non patologica, e permanendo in turno di reperibilità, era stata informata dalla collega di turno ospedaliero delle difficoltà insorte nel corso del parto naturale, avendo i giudici di merito omesso di valutare se l’imputata fosse concretamente in grado di influenzare il corso degli eventi).

Cassazione penale sez. IV, 19/02/2019, n.32477

Al direttore sanitario di una casa di cura privata spettano poteri di gestione della struttura e doveri di vigilanza e organizzazione tecnico-sanitaria, compresi quelli di predisposizione di precisi protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, all’accettazione dei medesimi, all’informativa interna di tutte le situazioni di rischio, alla gestione delle emergenze, alle modalità di contatto di altre strutture ospedaliere cui avviare i degenti in caso di necessità e all’adozione di scorte di sangue e/o di medicine in caso di necessità. Il conferimento di tali poteri comporta, quindi, l’attribuzione al direttore sanitario di una “posizione di garanzia” giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata ed inadeguata organizzazione della casa di cura privata, qualora il reato non sia ascrivibile esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura (fattispecie in materia di omicidio colposo per la morte di una paziente a seguito di parto avvenuta in un casa di cura, per la quale, in sede di merito, erano stati condannati non solo il medico e l’anestesista, ma anche il direttore sanitario della clinica privata; la Corte, pur annullando il reato per prescrizione, ha ritenuto che ai fini civili correttamente era stata ravvisata la colpa anche del direttore sanitario, per la sua accertata responsabilità per le carenze strutturali della casa di cura, in particolare in conseguenza dell’omessa predisposizione di un adeguato meccanismo interno alla struttura di verifica delle condizioni dei pazienti all’ingresso e dell’omessa predisposizione di un protocollo per le situazioni di emergenza).

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.27539

La posizione di garanzia rivestita dall’ostetrica è ricavabile dallo statuto regolamentare della sua figura professionale (vedi la direttiva 80/155/Ce del 21 gennaio 1980; il d.lg. n. 206 del 2007; il regolamento per l’esercizio professionale della professione di ostetrica approvato dal Consiglio superiore di sanità il 10 febbraio 2000; il d.m. sanità n. 740 del 1994). In base a tale coacervo normativo, l’ostetrica, tra i vari compiti, deve: a) accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale; b) effettuare gli esami necessari al controllo dell’evoluzione della gravidanza normale; c) attenersi ai protocolli previsti per il monitoraggio della gravidanza fisiologica; d) individuare le situazioni potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico, adottando, ove occorrono, le eventuali misure di emergenza indifferibile; e) valutare eventuali anomalie dei tracciati e darne comunicazione ai sanitario (nel caso di specie, la sentenza impugnata, con congruo ed esauriente apparato argomentativo, aveva evidenziato che l’ostetrica, in conseguenza degli errori e delle omissioni precedenti commessi in violazione dei propri doveri istituzionali, non aveva sollecitato l’attenzione del dottore , il quale, se avesse conosciuto tempestivamente la situazione di sofferenza fetale, sarebbe potuto intervenire tempestivamente, scongiurando il verificarsi dell’evento letale).

Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.47801

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un ginecologo per il reato di lesioni colpose ai danni di un feto, ritenendo irrilevante la tesi difensiva secondo la quale l’imputato era stato informato dello stato di sofferenza del feto solo a danno compiuto, essendosi accertato che i primi segnali di sofferenza erano emersi in epoca successiva all’inizio del turno ed egli aveva omesso di informarsi dello stato di salute dei pazienti).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.7032     

Il medico di base preposto al rilascio del certificato medico anamnestico propedeutico all’autorizzazione al porto d’armi è titolare di una posizione di garanzia che comprende esclusivamente un obbligo di controllo diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti pregiudizievoli verso terzi e non di comportamenti autolesivi, atteso che le regole cautelari sottese alla regolamentazione del relativo procedimento amministrativo sono finalizzate alla salvaguardia dell’integrità fisica dei terzi e non di colui che richiede l’autorizzazione. (Fattispecie relativa alla uccisione di due persone per mano del paziente cui era stato rilasciato il porto d’armi e che si era poi suicidato, nella quale la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del medico per il suicidio, non essendo configurabile a suo carico l’obbligo di impedire l’evento, e lo aveva invece condannato, a titolo di colpa, per gli omicidi).

Cassazione penale sez. IV, 15/02/2018, n.24068

In tema di responsabilità professionale nell’ambito di una struttura sanitaria complessa, il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri sotto il profilo di sua stretta competenza alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un’altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l’ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso.

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007

In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in «équipe», il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori, che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007

L’equipe medica deve essere considerata come un’entità unica e compatta e non come una collettività di professionisti in cui ciascuno si limita ad eseguire i propri compiti, sicché ogni medico dell’equipe dovrà, oltre a rispettare le leges artis della propria sfera di competenza, verificare che gli altri colleghi abbiano eseguito correttamente la propria opera. Detto controllo dovrà esercitarsi anche sugli errori altrui, evidenti e non settoriali, tali da poter essere rilevati con l’ausilio delle conoscenze del professionista medio.

 Cassazione penale sez. IV, 21/06/2017, n.18334

Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura).

 Cassazione penale sez. IV, 21/11/2017, n.5

Fermo restando che il fondamento della posizione di garanzia ricoperta dall’infermiere nei confronti del paziente è ravvisabile proprio nella sua autonoma professionalità, quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, sussiste, in ipotesi di sua accertata condotta omissiva, una sua propria responsabilità professionale distinta da quella del medico, tanto da non esser oggi più considerato “ausiliario del medico” bensì un “professionista sanitario”.

 Cassazione penale sez. IV, 19/09/2016, n.39838

In tema di responsabilità professionale, assume una posizione di garanzia il medico del pronto soccorso che, dopo aver disposto il ricovero del paziente in un reparto specialistico, nuovamente interpellato dal personale paramedico per un consulto, senza che fosse stato previamente allertato il medico di turno responsabile del reparto, abbia continuato a prestare assistenza al paziente disponendo ulteriori trattamenti terapeutici. (Nella specie, relativa ad omicidio colposo, la S.C. ha anche precisato che, per ritenere operante la posizione di garanzia, è necessario che la continuità assistenziale assicurata dal personale infermieristico del reparto sia risultata idonea a rendere edotto il medico in ordine all’evoluzione del quadro clinico inizialmente riscontrato).

By Claudio Ramelli @Riproduzione riservata