Va condannato il cardiologo che non visita il paziente se la richiesta proviene da personale infermieristico.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 12806.2021, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione pronunciatasi su un caso di rifiuto di atti d’ufficio da parte di un professionista sanitario.
La decisione è di estremo interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia perché affronta il delicato tema dell’autonomia decisionale del sanitario allorché la richiesta provenga da un soggetto tecnicamente qualificato.
In particolare, la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, enuncia il principio di diritto secondo il quale integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del medico che, pur conservando un margine di discrezionalità tecnica nella valutazione della necessità ed urgenza di un suo intervento, ometta di sottoporre a visita il paziente nonostante la richiesta in tal senso avanzata dal personale infermieristico.
Questo perché se la richiesta proviene da professionisti tecnicamente qualificati a valutare la situazione clinica del paziente l’inerzia del medico viola un suo preciso obbligo giuridico che mira a tutelare il bene della saluto costituzionalmente protetto.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 12806/2021;
(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di rifiuto di atti d’ufficio da parte del professionista sanitario, oltre agli approfondimenti sul reato contro la pubblica amministrazione che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
Il reato contestato e la doppia conforme di merito
Nel caso di specie all’imputato, tratto a giudizio nella qualità di medico in servizio presso il reparto di cardiologia invasiva dell’ospedale, era stato contestato il delitto di rifiuto di atti d’ufficio, previsto e punito dall’art. 328 c.p., per non aver visitato un paziente ricoverato nel nosocomio per una grave patologia cardiovascolare, nonostante le richieste in tal senso formulate dal personale infermieristico.
La Corte di appello di Firenze confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per il reato a lui ascritto.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
la difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte fiorentina, articolando plurimi motivi di impugnazione.
La Suprema Corte ha annulla senza rinvio la sentenza impugnata per estinzione del reato per prescrizione confermando le statuizioni civili pronunciate dal primo giudice.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Il tema in discussione, in estrema sintesi, è quello se, nelle condizioni date, il ricorrente, medico in servizio presso una struttura ospedaliera, avesse o meno il dovere di sottoporre a visita il paziente. In linea generale, non vi può esser dubbio sul fatto che il sanitario, a fronte di una richiesta in tal senso, conservi un margine di discrezionalità nell’apprezzamento dell’indifferibile necessità del suo intervento: si tratta di una discrezionalità di tipo tecnico, delimitata dalle regole della scienza medica e dall’eventuale presenza di discipline specifiche, anche di rango secondario (protocolli operativi, ma anche altre disposizioni di natura amministrativa), nonché consentita nei limiti della ragionevolezza. Si tratta, tuttavia, al di là delle enunciazioni di principio, di segnare con maggiore precisione i confini di tale àmbito discrezionale.
Nel caso specifico, l’elemento peculiare, ai fini di una siffatta indagine, è rappresentato dalla sollecitazione formulata al sanitario dal personale ausiliario infermieristico.
In tale situazione, ovvero allorquando a richiedere l’intervento del medico siano figure professionali tecnicamente qualificate, quali sono gli infermieri, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere, senza mezzi termini, che sul sanitario gravi un preciso obbligo di procedere immediatamente a visitare il paziente, con conseguente sussistenza del delitto di rifiuto di atti d’ufficio, qualora questo non accada.
Tanto dicasi, in particolare, anche nel caso in cui, successivamente, le condizioni di salute del paziente non si siano rivelate particolarmente gravi e questi non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva del sanitario (Sez. 6, n. 14979 del 27/11/2012, M., Rv. 254863); come pure allorché il malato sia comunque assistito dal personale infermieristico, incaricato di monitorarne le condizioni fisiche ed i parametri vitali, e la valutazione del sanitario si fondi su dati clinici e strumentali (Sez. 6, n. 21631 del 30/03/2017, Rv. 269955 […]); e, ancora, anche quando la patologia sia stata valutata come non grave ad un primo screening del personale paramedico e, per una valutazione più completa, sia necessario attendere ulteriori esami (Sez. 6, n. 40753 del 05/07/2016, Rv. 268153 […])”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 328 c.p. – Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione
Il pubblico ufficiale [357] o l’incaricato di un pubblico servizio [358], che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio [366, 3885] che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. VI, 30/03/2017, n.21631
Il reato di rifiuto di atti d’ufficio di cui all’art. 328, comma 1, c.p. è un reato di pericolo che prescinde dal concreto esito dell’omissione e che, in ambito sanitario, si configura non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, essendo del tutto privo di fondamento, pertanto, l’assunto per cui la configurabilità del reato in parola ricorrerebbe solo con riguardo all’attività del medico di guardia che ometta di recarsi a visitare il paziente presso il proprio domicilio e non anche, a determinate condizioni, con riguardo al sanitario che presti tale attività presso una struttura ospedaliera in cui il paziente è assistito da personale infermieristico dedito a monitorarne le condizioni fisiche e i parametri vitali.
Cassazione penale sez. VI, 29/09/2016, n.40753
Integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio (art. 328 c.p.) la condotta del medico di turno del Pronto Soccorso che, seppur richiesto insistentemente di intervenire dal personale infermieristico, si rifiuta di visitare un paziente. (In motivazione ha aggiunto che l’assegnazione del codice (c.d. triage) all’atto di accettazione vale solo a definire l’ordine di visita tra i soggetti in attesa, ma non ad esentare il medico dal visitare il paziente ancorché la patologia di questi sia valutata dal personale paramedico non grave).
Cassazione penale sez. VI, 27/11/2012, n.14979
In tema di rifiuto di atti di ufficio, il carattere di urgenza dell’atto ricorre nel caso del medico in servizio di guardia che sia richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico e medico con insistenti sollecitazioni, non rilevando che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva.
La rassegna delle più recenti massime in tema di rifiuto di atti d’ufficio da parte del professionista sanitario:
Cassazione penale sez. VI, 28/01/2020, n.8377
Il delitto di abuso d’ufficio punito dall’art. 328 c.p. è reato di pericolo, dal momento che prescinde dalla causazione di un danno effettivo, di talché si può configurare nell’ipotesi – pienamente sindacabile dal Giudice ex art. 13, comma 3, d.P.R. n. 41/1991 – in cui una guardia medica non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente, limitandosi a suggerire al paziente l’opportunità di richiedere l’intervento del “118” per il trasporto in ospedale, dimostrando così di essersi reso conto che la situazione denunciata richiedeva il tempestivo intervento di un sanitario (nello specifico il sanitario non aveva aderito alla richiesta di recarsi al domicilio di un paziente malato terminale per la prescrizione di un antidolorifico per via endovena e si era limitato a formulare per via telefonica le sue valutazioni tecniche e a consigliare la somministrazione di un altro farmaco di cui il paziente già disponeva).
Cassazione penale sez. VI, 15/01/2019, n.2979
Sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice d’appello, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado dal reato di omicidio colposo, condanni l’imputato, sia pure ai soli effetti civili, per il reato doloso di rifiuto di atti d’ufficio, trattandosi di fatto significativamente diverso da quello contestato con l’originaria imputazione, in specie nel mutato elemento psicologico, con conseguente difetto della concreta possibilità di esercizio dei correlati poteri difensivi dell’imputato.
Cassazione penale sez. VI, 08/01/2019, n.34535
Commette il reato di rifiuto di atti di ufficio la guardia medica che rifiuta di recarsi presso una struttura lontana per effettuare una visita a domicilio. (Nel caso di specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un medico, condannato nei gradi di merito per il reato di cui all’articolo 328 del codice penale, per non essersi recato presso un albergo molto distante a fronte della chiamata dell’albergatore che invocava un aiuto medico; infatti pur non essendo a rischio la vita di nessuno, vi era comunque l’obbligo per il medico di eseguire la visita richiesta, considerata la preoccupante situazione che era stata esposta dal titolare dell’albergo).
Cassazione penale sez. VI, 30/05/2018, n.40802
Ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del delitto di rifiuto di atti d’ufficio, è necessario che il pubblico ufficiale abbia consapevolezza del proprio contegno omissivo, dovendo egli rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento “contra ius”, senza che il diniego di adempimento trovi alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione.
Cassazione penale sez. VI, 19/04/2018, n.24952
Non integra il reato di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del medico che, pur dopo averlo già iniziato, interrompe e posticipa un intervento chirurgico se questo non è indifferibile e la decisione si fonda su esigenze di sicurezza per la salute del paziente.
Cassazione penale sez. VI, 13/04/2018, n.24162
Deve essere confermata la responsabilità per rifiuto di atti d’ufficio per il medico in servizio presso il pronto soccorso che indebitamente si era rifiutato di accettare un paziente giunto in codice rosso con patologia cardiologica, eccependo una interruzione del servizio di radiodiagnostica, atteso che tale rifiuto risultava ingiustificato sia in relazione al previsto rispristino del servizio di radiologia, che sarebbe avvenuto pochi minuti dopo l’arrivo della paziente, , sia pure in relazione alla essenzialità di detto servizio, rispetto ad una serie di accertamenti che potevano prescindere da esso.
Cassazione penale sez. VI, 12/07/2017, n.43123
Integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di recarsi al domicilio di un paziente malato terminale per la prescrizione di un antidolorifico per via endovena e si limiti a formulare per via telefonica le sue valutazioni tecniche e a consigliare la somministrazione di un altro farmaco di cui il paziente già dispone, trattandosi di un intervento improcrastinabile che, in assenza di altre esigenze del servizio idonee a determinare un conflitto di doveri, deve essere attuato con urgenza, valutando specificamente le peculiari condizioni del paziente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto, in virtù delle peculiari condizioni in cui versava il paziente, che il medico sarebbe dovuto intervenire con urgenza per evitare che si consumassero le ragioni della sua necessità.).
Cassazione penale sez. VI, 12/07/2017, n.43123
Integra il reato di omissione di atti d’ufficio il medico di guardia che si limita a consigli telefonici quando l’intervento domiciliare richiesto è non solo urgente ma anche improcrastinabile (nella specie si trattava di intervenire per alleviare i forti dolori di una paziente alla quale restavano poche ore di vita e in una condizione in cui l’intervento doveva essere attuato valutando specificamente le peculiari condizioni in cui la paziente si trovava, anche a causa di precedenti trattamenti praticati per alleviarle i dolori).
Cassazione penale sez. VI, 29/05/2017, n.35233
Il reato di rifiuto di atti d’ufficio è un reato di pericolo; la violazione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice ricorre tutte le volte in cui viene negato un atto non ritardabile alla luce delle esigenze protette e considerate dall’ordinamento, a prescindere dall’esito concreto dell’omissione (confermata la condanna per l’imputato che, in qualità di medico di base, aveva rifiutato di prescrivere dei farmaci di cui una donna aveva bisogno, tentando, fra l’altro, di spingerla fuori dallo studio).
Cassazione penale sez. VI, 30/03/2017, n.21631
Il reato di rifiuto di atti d’ufficio di cui all’art. 328, comma 1, c.p. è un reato di pericolo che prescinde dal concreto esito dell’omissione e che, in ambito sanitario, si configura non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, essendo del tutto privo di fondamento, pertanto, l’assunto per cui la configurabilità del reato in parola ricorrerebbe solo con riguardo all’attività del medico di guardia che ometta di recarsi a visitare il paziente presso il proprio domicilio e non anche, a determinate condizioni, con riguardo al sanitario che presti tale attività presso una struttura ospedaliera in cui il paziente è assistito da personale infermieristico dedito a monitorarne le condizioni fisiche e i parametri vitali.
Cassazione penale sez. VI, 29/09/2016, n.40753
Non costituisce legittimo esercizio di un potere discrezionale, ma integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 comma 1 c.p.) la condotta del medico di guardia del pronto soccorso che si rifiuti di visitare il paziente, adducendo la pretesa differibilità dell’intervento, testimoniata dall’attribuzione del codice di triage verde, anche laddove le condizioni di salute del medesimo non siano poi risultate gravi in concreto o non si siano aggravate in conseguenza dell’omissione.
Cassazione penale sez. VI, 27/10/2015, n.47206
Il medico in servizio di reperibilità di cui sia stato richiesto l’intervento in ospedale da parte di medico già presente, per una situazione di urgenza sanitaria da quest’ultimo valutata sussistente, risponde del reato di rifiuto di atti d’ufficio, ove si rifiuti di recarsi in ospedale, sul presupposto che non sarebbe ravvisabile alcuna situazione di urgenza: ciò perché il sanitario in servizio di pronta reperibilità non ha alcuna possibilità di sindacare la necessità e l’urgenza della chiamata.
Cassazione penale sez. III, 17/02/2015, n.9809
Non è configurabile il delitto di omissione di atti d’ufficio, di cui all’art. 328 c.p., a carico del medico di guardia medica non intervenuto al domicilio del paziente, poi deceduto, qualora non sussista alcun collegamento eziologico tra l’omissione contestata al medico di guardia e il decesso del paziente.
Cassazione penale sez. VI, 20/01/2015, n.10130
Non risponde del delitto di rifiuto di atti d’ufficio il medico che, durante il turno di guardia medica, anziché recarsi di persona a visitare il paziente che denunci i sintomi di una malattia, ritenga sufficiente prescrivere una terapia farmacologica, allorquando non si accerti che la visita domiciliare fosse effettivamente obbligatoria in ragione del contesto della vicenda, e ciò in ragione dello spazio di discrezionalità scientifica comunque attribuita al sanitario.
Cassazione penale sez. VI, 11/11/2014, n.49537
Si configura il delitto di rifiuto di atti d’ufficio anche in assenza di un danno prodotto dall’indebito comportamento del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. Si tratta, infatti, di un reato di pericolo, per la cui realizzazione non è richiesto necessariamente il rifiuto di un atto urgente richiesto od ordinato da altri, bensì è sufficiente la reiezione di un atto dovuto senza ritardo quando le circostanze sostanziali ne richiedano il compimento (fattispecie relativa al rifiuto opposto da due infermieri professionali, in servizio nel reparto psichiatria, di prestare assistenza ad una paziente con disturbi mentali – che lamentava forti emicranie e capogiri, a causa dei quali era anche caduta riportando lesioni all’arcata sopraccigliare – nonché di allertare il medico di turno per vagliarne eventuali patologie).
Cassazione penale sez. VI, 30/09/2014, n.4584
Deve essere riconosciuta la responsabilità ex art. 328 c.p. per il sanitario che si rifiuta di ricoverare il paziente con diagnosi di politrauma da incidente stradale proveniente da altro ospedale per essere sottoposto a TAC e che accusi gravi ed improvvisi dolori addominali, trattandosi di una situazione con possibili conseguenze negative per la salute del paziente, cui non può opporsi alcun comportamento dilatorio, né un rifiuto avanzato sulla base del generico e formalistico richiamo a disposizioni regolamentari o a protocolli operativi secondo cui l’Ospedale che per primo prende in carico il paziente deve seguirlo per tutta la durata della degenza e deve coordinare tutti gli accertamenti del caso.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA