Il reato di indebita compensazione si configura per tutti debiti tributari e previdenziali che il contribuente può inserire nei campi del modello F24.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 11795.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di indebita compensazione, si sofferma sul perimetro punitivo della fattispecie incriminatrice.

In particolare, la Suprema Corte, esprime il principio di diritto secondo cui, in seguito all’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario, il delitto ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000 si configura sia in caso di compensazione “verticale” (concernente crediti e debiti inerenti alla medesima imposta), sia in ipotesi di compensazione “orizzontale” (relativa a crediti e debiti afferenti ad imposte di diversa natura).

La ratio della norma penale risiede invero nella necessità di punite l’omesso versamento del dovuto mediante il ricorso al meccanismo della compensazione tributaria e pertanto deve investire tutte le somme che possono essere inserite nel modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 11795/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di indebita compensazione, oltre agli approfondimenti sul reato tributario che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato l’imputato, tratto  a giudizio nella qualità di amministratore unico della società per il delitto di indebita compensazione ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000, per aver utilizzato in compensazione crediti non spettanti o inesistenti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il ricorso per cassazione.

La difesa del prevenuto interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando tre motivi di impugnazione.

La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“In considerazione dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario previste dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 – a norma del quale i contribuenti che devono eseguire versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce periodiche contributive – l’orientamento prevalente di questa Corte, richiamato come tale anche nella sentenza n. 35 del 2018 della Corte costituzionale, ha ritenuto che il reato di indebita compensazione possa configurarsi sia in caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere ad oggetto tutte le somme dovute che ‘possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali.

Tale giurisprudenza ravvisa la ratio della disposizione in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito.

Ed è evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta (ex plurimis, Sez. 3 n. 13149 del 03/03/2020, Rv. 279118; Sez. 3, n. 5934 del 12/09/2018, Rv. 275833; Sez. 3, n. 8689 del 30/10/2018, Rv. 275015; 4/02/2015, n. 5177; Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Rv. 263051; Sez. 3, n. 42462 del 11/11/2010, Rv. 248754).

Risponde, dunque, del reato ex art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000 non solo, come è pacifico, chi omette di versare imposte dirette o IVA utilizzando indebitamente in compensazione crediti concernenti altre imposte o crediti di natura previdenziale, ma anche chi si avvalga di analogo artificio per evitare di corrispondere tali ultime imposte ovvero contributi dovuti ad enti di previdenza. La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l’omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario, con la conseguenza che sono sottoposti a tale disciplina sia le compensazioni di debiti Iva o imposte sui redditi con altri tributi e contributi dovuti sia le compensazioni di questi ultimi tributi e contributi con crediti Iva e imposte dirette, potendo venire in rilievo, sul lato attivo o passivo del rapporto obbligatorio, qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 10 quater D.lgs. 74/2000 – Indebita compensazione

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro. 

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. III, 03/03/2020, n.13149

La compensazione di cui al reato ex art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, ricomprende sia quella c.d. verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, sia quella c.d. orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, anche non afferenti alle imposte dirette od all’i.v.a. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art.10-quater, d.lg. n.74 del 2000, richiamando espressamente l’art.17, d.lg. 9 luglio 1997, n.241, risulta applicabile anche alle ipotesi di indebita compensazione tra crediti risultanti da dichiarazioni fiscali ed altre imposte, contributi previdenziali ed assistenziali, premi Inail ed altre somme dovute allo Stato, alle Regioni, agli enti locali od altri enti).

Cassazione penale sez. III, 12/09/2018, n.5934

Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, in combinato disposto con l’art. 17 d.lg. 241 del 1997, si configura sia in caso di c.d. compensazione orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, sia in caso di c.d. compensazione verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, in quanto si concretizza in una condotta omissiva supportata dalla redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione fondata su un credito inesistente o non spettante.

Cassazione penale sez. III, 30/10/2018, n.8689

Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile, alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa. (In motivazione la Corte ha precisato che la struttura “asimmetrica” del reato, in virtù della quale è incriminata l’artificiosa diminuzione dell’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo sia opposto in compensazione, è del tutto compatibile con la ratio del d.lgs. n. 74 del 2000, che è diretto a sanzionare le violazioni, sia in materia di Iva, sia in tema di imposte sui redditi).

Cassazione penale sez. III, 21/01/2015, n.5177

L’art. 10-quater d.lgs. 74/2000 è riferibile anche alle compensazioni riguardanti crediti previdenziali (riconosciuta al responsabilità a tale titolo dell’amministratore unico di una s.r.l che aveva indebitamente posto a conguaglio, nelle denunce mensili delle retribuzioni (DM10), somme di denaro che faceva figurare come anticipate a vario titolo, per conto dell’INPS, ai lavoratori dipendenti ed in realtà mai corrisposte, traendo così in inganno i competenti funzionari dell’ente previdenziale).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di indebita compensazione:

Cassazione penale sez. III, 18/09/2020, n.32392

La condotta omissiva di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74/2000 non potrà essere sanzionata nell’ipotesi in cui la soglia di punibilità non risulti superata seppur a seguito della effettuazione di compensazioni successivamente rivelatesi inesistenti, dovendo in tal caso autonomamente procedersi nei confronti dello stesso soggetto agente ma per la diversa ipotesi di reato di cui all’art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000, con conseguente statuizione assolutoria, perché il fatto non costituisce reato, per la fattispecie omissiva.

 

Cassazione penale sez. III, 17/09/2020, n.32686

 In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lg. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva; il reato, infatti, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.

 

Cassazione penale sez. III, 01/07/2020, n.23040

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca in forma diretta del profitto derivante dal delitto di indebita compensazione, di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, commesso dall’amministratore di una persona giuridica, può avere ad oggetto il saldo attivo presente sul conto corrente sociale al momento della consumazione del reato, coincidente con la presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato – sul rilievo indiziario che le disponibilità monetarie si siano accresciute per il risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell’imposta -, restando onere della difesa allegare circostanze specifiche da cui desumere che, alla data di consumazione del reato, non vi fossero sul predetto conto somme liquide a disposizione del contribuente o che il denaro sequestrato sia frutto di accrediti con causa lecita effettuati successivamente a tale momento.

 Cassazione penale sez. III, 23/06/2020, n.23027

Il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10quater del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 si consuma nel momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato, in cui si perfeziona la condotta decettiva del contribuente e si realizza il mancato versamento, per effetto della compensazione dei debiti verso l’Erario con crediti inesistenti o non spettanti; con la conseguenza che l’eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato, ed il conseguente non aggiornamento del c.d. cassetto fiscale non rilevano, in quanto tali operazioni sono successive alla presentazione del modello, unico fatto direttamente incidente sulla consistenza del rapporto obbligatorio tra Amministrazione e contribuente, e sono relative soltanto alla sua ricognizione, senza alcun effetto costitutivo o modificativo.

 Cassazione penale sez. III, 17/06/2020, n.25922

Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza ove la condotta originariamente contestata quale indebita compensazione di crediti «inesistenti» ai sensi dell’art.10-uater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, nella formulazione antecedente al d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, sia stata ritenuta, nella sentenza intervenuta dopo la citata riforma, quale indebita compensazione di crediti «non spettanti», trattandosi di una riqualificazione in senso favorevole all’imputato, poiché, a seguito della novella del 2015, per tale ipotesi è previsto un trattamento sanzionatorio meno rigoroso. (In motivazione la Corte ha altresì chiarito che, nella specie, il diritto di difesa nell’ambito del contraddittorio processuale era stato pienamente esercitato).

 Cassazione penale sez. III, 03/03/2020, n.13149

La compensazione di cui al reato ex art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, ricomprende sia quella c.d. verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, sia quella c.d. orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, anche non afferenti alle imposte dirette od all’i.v.a. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art.10-quater, d.lg. n.74 del 2000, richiamando espressamente l’art.17, d.lg. 9 luglio 1997, n.241, risulta applicabile anche alle ipotesi di indebita compensazione tra crediti risultanti da dichiarazioni fiscali ed altre imposte, contributi previdenziali ed assistenziali, premi Inail ed altre somme dovute allo Stato, alle Regioni, agli enti locali od altri enti).

 Cassazione penale sez. III, 19/02/2020, n.14763

In tema di reati tributari, la soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10-quater, d.lg. 10 marzo 2000n. 74, pari a cinquantamila euro annui, va riferita all’ammontare dei crediti non spettanti utilizzati per le compensazioni indebite, e non alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non versate, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei crediti inesistenti o non spettanti portati in compensazione.

 Cassazione penale sez. III, 09/01/2020, n.18459

L’ipotesi incriminatrice dell’indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000 n. 74 associa al disvalore di evento (omesso versamento di somme dovute) uno specifico disvalore di azione, consistente nell’abusiva utilizzazione dell’istituto della compensazione tributaria prevista dall’art. 17 d.lg. n. 241 del 9 luglio 1997, incentrata sul dato sostanziale ed essenziale della rivendicazione infondata di crediti (perché inesistenti o non spettanti), a nulla rilevando peraltro la circostanza della riferibilità di tali crediti inesistenti a periodi di imposta diversi da quello cui afferisce il debito falsamente “compensato”.

 Cassazione penale sez. III, 12/12/2019, n.6529

Ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, atteso che l’obbligazione tributaria può essere adempiuta presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato, nella conseguente impossibilità di fare riferimento al luogo di consumazione di cui all’art. 8 c.p.p., il criterio sussidiario del luogo dell’accertamento del reato di cui all’art. 18, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall’art. 9 c.p.p.

 Cassazione penale sez. III, 22/10/2019, n.48029

In tema di reati tributari, in relazione al delitto di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, rispettivamente previsti dagli artt. 5 e 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, l’estinzione dei debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 13-bis del medesimo d.lg., in quanto l’art. 13 della stessa normativa configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli artt. 2, 3, 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art. 13-bis d.lg. n. 74 del 2000, disciplinando la predetta condizione per accedere al rito speciale, fa espressamente salve le ipotesi di non punibilità previste dal citato art. 13 del medesimo d.lg.).

Cassazione penale sez. III, 25/09/2019, n.1722

In tema di reati tributari, l’amministratore di fatto risponde, quale autore principale, del delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, come mero prestanome, è responsabile del medesimo reato a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, ai sensi degli artt. 40, comma 2, c.p. e 2639 c.c., a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza con la quale è stata affermata la sussistenza del dolo eventuale dell’amministratore di diritto, desumendola, oltre che dall’accettazione della carica, da una pluralità di elementi fattuali convergenti, che ne comprovavano la consapevolezza delle criticità gestionali della società e lo svolgimento di un ruolo attivo in ambito societario, con conseguente accettazione del rischio relativo alla commissione di reati da parte dell’amministratore di fatto).

 Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.44737

In tema di indebita compensazione, l’illecito si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto della compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lg. n. 241/1997, di crediti in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la prova dell’esecuzione di compensazioni indebite è stata desunta dalle annotazioni sul libro giornale e dalle dichiarazioni IVA).

 Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.44737

Il delitto di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. L’indebita compensazione deve, dunque, risultare dal modello F24 mediante il quale la stessa è stata realizzata, indicandovi, appunto in compensazione, crediti inesistenti o non spettanti, trattandosi dello strumento imposto dal legislatore tributario per poter eseguire le compensazioni tra debiti e crediti tributari, che, quindi, non possono che essere realizzate attraverso la presentazione di tale modello debitamente compilato, in difetto del quale non può dirsi sussistente una compensazione.

 Cassazione penale sez. III, 13/03/2019, n.24799

Anche la normale attività professionale (di regola quella di commercialista, ma anche, come nella specie, quella di avvocato, specie se esperto nella materia), qualora realizzata, pur nella sua formale aderenza ai canoni della professione, con lo scopo di concorrere alla realizzazione di un’associazione per delinquere, configura condotta penalmente rilevante per la sussistenza dell’articolo 416 del codice penale, trattandosi di reato che per la sua realizzazione comporta una condotta a forma libera, sottoposta alle sole condizioni che l’agente intenda aderire all’accordo associativo e che il suo comportamento sia, anche se parzialmente, funzionale alla realizzazione del progetto criminoso perseguito dai consociati. Tale condotta, anzi, se essenziale per l’organizzazione della struttura associativa, qualifica detta partecipazione come quella di organizzatore dell’organismo criminoso (fattispecie in materia cautelare, dove la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un avvocato, indagato in relazione al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, segnatamente quelli di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e indebita compensazione, risultando spiegato in modo satisfattivo il ruolo strutturato svolto, tra l’altro, nella gestione di fatto nella gestione di crediti inesistenti della società e nell’individuazione di strategie utili al raggiungimento del fine fraudolento del gruppo e nell’occultamento del proventi illeciti).

 Cassazione penale sez. III, 23/11/2018, n.10800

Relativamente ai delitti di cui agli articoli 10-bis, 10-ter, 10-quater, commi 1, 4 e 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000, l’estinzione del debito tributario mediante pagamento ovvero il ravvedimento operoso non possono configurare una condizione per accedere al patteggiamento giacché tali evenienze integrano una causa di non punibilità del reato, come tale concettualmente incompatibile con la definibilità con il rito alternativo. Da ciò consegue che·l’ammissibilità al rito speciale non presuppone affatto la preventiva verifica dell’essersi realizzate le anzidette condizioni: non a caso l’articolo 13-bis,·comma·2,·del decreto legislativo n. 74 del 2000, che pone tale regola di verifica per gli altri delitti tributari, fa salvi i casi di cui ai commi 1 e 2 del precedente articolo 13, proprio relativi ai reati suddetti. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche relativamente al reato di cui all’articolo 10 del decreto legislativo citato, sia pure per ragioni diverse. Infatti, l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili ivi sanzionati non sono correlati all’esistenza di un profitto o di un danno erariale quantificabili, per cui rispetto a tale fattispecie il preventivo accertamento dell’estinzione integrale del debito o del ravvedimento operoso risulta inesigibile, a meno che non si verifichi – e sia oggetto di contestazione – che nei confronti dell’imputato, in relazione alla peculiare condotta illecita descritta dal predetto articolo 10, sia eventualmente maturato uno specifico debito erariale che avrebbe potuto essere estinto dal contribuente con gli istituti all’uopo previsti dal sistema tributario.

 Cassazione penale sez. III, 30/10/2018, n.8689

Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile, alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa. (In motivazione la Corte ha precisato che la struttura “asimmetrica” del reato, in virtù della quale è incriminata l’artificiosa diminuzione dell’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo sia opposto in compensazione, è del tutto compatibile con la ratio del d.lgs. n. 74 del 2000, che è diretto a sanzionare le violazioni, sia in materia di Iva, sia in tema di imposte sui redditi).

 Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n.4958

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva).

 Cassazione penale sez. III, 12/09/2018, n.5934

In tema di reato di indebita compensazione di crediti previsto dall’art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, sotto il profilo soggettivo, l’inesistenza del credito costituisce di per sé, salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l’Erario con una posta creditoria artificiosamente creata, ingannando il fisco, mentre, nel caso in cui vengano dedotti crediti “non spettanti”, sebbene certi nella loro esistenza e ammontare, occorre provare la consapevolezza da parte del contribuente che il credito non sia utilizzabile in sede compensativa. (Fattispecie in cui era stata operata una compensazione “verticale”, ossia riguardante crediti e debiti afferenti la medesima imposta, realizzata mediante il trascinamento del credito da una dichiarazione annuale all’altra, con un asserito credito di 146 milioni di euro, nella quale la Corte ha ritenuto adeguatamente dimostrato il dolo del reato sulla base della mancata richiesta di rimborso di tale credito, pur di elevatissimo importo, che avrebbe esposto la società a immediati controlli).

 Cassazione penale sez. III, 21/06/2018, n.43627

In tema di reati tributari, l’utilizzo in compensazione di un credito Iva derivante da una dichiarazione omessa integra il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti. Ad affermarlo è la Cassazione che si è pronunciata sul caso di un legale rappresentante di una cooperativa, condannato per omessa presentazione della dichiarazione e indebita compensazione di crediti Iva inesistenti, ex articoli 5 e 10 quater del Dlgs 74/2000, per aver omesso il versamento delle imposte utilizzando un credito Iva scaturente dalla dichiarazione dell’anno precedente non presentata. In particolare, con una interpretazione molto rigida della disciplina, la Corte ha affermato che possono essere utilizzati in compensazione solo i crediti Iva risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

 Cassazione penale sez. III, 28/03/2018, n.46709

In tema di indebita compensazione di crediti di imposta, il profitto del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, che può essere oggetto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, è costituito dall’importo corrispondente all’imposta evasa nella sua totalità. (In motivazione, la Corte ha precisato che, essendo il profitto costituito da denaro, la confisca delle somme deve essere qualificata come diretta).

 Cassazione penale sez. II, 08/03/2018, n.12847

In tema di appropriazione indebita, non opera il principio della compensazione con credito preesistente, allorché si tratti di crediti non certi, né liquidi ed esigibili. Ciò in quanto la ritenzione, in compensazione o in garanzia, di merce non costituisce appropriazione indebita ex art. 646 c.p. solo quando il credito vantato dall’agente nei confronti del proprietario della merce medesima è certo, liquido ed esigibile, ossia determinato nel suo ammontare e non controverso nel titolo.

 Cassazione penale sez. III, 12/04/2018, n.38684

Per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, d.lgs. n. 74/2000, l’integrale pagamento del debito, delle sanzioni e degli interessi, nonché il ravvedimento operoso costituiscono presupposti per l’assoluzione, ferma restando, in assenza di tali adempimenti, la possibilità di richiedere l’applicazione della pena su patteggiamento.

Cassazione penale sez. III  14/11/2017 n. 1999  

In tema di reati tributari, integra il delitto di indebita compensazione di cui all’ art. 10-quater del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , il pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta a seguito di accollo fiscale compiuto attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale, in quanto l’ art. 17 del d.lgs 9 luglio 1997 n. 241 non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti del rapporto d’imposta.

 Cassazione penale sez. III  04/02/2016 n. 7557  

L’art. 10-quater del d.lg. n. 74 del 2000 è riferibile anche alle compensazioni riguardanti crediti previdenziali. Tra la fattispecie di compensazione illecita di cui all’art. 10-quater d.lg. n. 74 del 2000 e quella di truffa aggravata ai danni dello Stato esiste un rapporto di specialità, essendovi nella norma tributaria di parte speciale un elemento specializzante, che si individua nella natura dell’artificio consistente nella compensazione mediante crediti inesistenti o non dovuti e nella individuazione del soggetto passivo attraverso il rinvio recettizio ai soggetti creditori indicati nell’art. 17 d.lg. n. 241 del 1997.

 Cassazione penale sez. III  22/01/2015 n. 48211  

In tema di indebita compensazione, non può ritenersi sussistente l’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 10 quater d.lg n. 74 del 2000 (dolo generico) nel mero accertamento della condotta del contribuente che si limiti alla mancata vigilanza sull’operato del commercialista (che sarebbe incorso in un errore contabile) e non presti attenzione all’anomalo accrescimento del volume di affari, che lo avrebbe dovuto indurre a ritenere che tale evento era imputabile solo a quella erronea compensazione.

 Cassazione penale sez. III  21/01/2015 n. 5177  

Integra il reato di indebita compensazione ex art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, e non quello di truffa aggravata, il comportamento fraudolento di porre in compensazione, ex art. 17 d.lg. n. 241 del 1997, partite debitorie in favore dell’lnps con crediti inesistenti, sussistendo tra le fattispecie un rapporto di specialità unilaterale.

 Cassazione penale sez. III  16/01/2015 n. 15236  

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, richiede, sotto il profilo oggettivo, che il mancato versamento di imposta risulti formalmente “giustificato” da una illegittima compensazione, ex art. 17 D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, operata tra le somme spettanti all’erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato in quanto l’imputato non aveva compilato alcun mod. F24 in cui avrebbe dovuto indicare il credito, inesistente o non spettante, da portare in compensazione).

 Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9

Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.

 

Cassazione penale sez. III, 09/11/2018, n.54699

È configurabile il reato di omesso versamento dell’i.v.a. nei confronti di un soggetto che, subentrato nella carica di liquidatore di una società di capitali successivamente alla presentazione della dichiarazione annuale di imposta ma prima della scadenza del termine per il relativo versamento, abbia omesso di compiere le necessarie verifiche sugli ultimi adempimenti fiscali e non abbia versato all’erario le somme dovute in base alla dichiarazione. (Fattispecie nella quale la S.C., nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado per il reato di cui all’art. 10-ter d.lg. n. 74/2000, ha ritenuto non rilevante la circostanza che l’iscrizione alla camera di commercio della nomina alla carica di liquidatore della società fosse avvenuta dopo la scadenza del termine per il versamento dell’imposta).

 Cassazione penale sez. III, 08/06/2018, n.39696

È necessario operare un bilanciamento tra l’interesse dell’Erario e l’interesse degli altri creditori: secondo tale impostazione, in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non è configurabile il fumus commissi delicti del reato di omesso versamento dell’IVA nel caso in cui il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il versamento del tributo, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative.

 Cassazione penale sez. III  13/03/2018 n. 15172  

La nuova fattispecie di reato di cui all’ art. 10 ter, d.lgs. n. 74 del 2000 , come modificata dall’ art. 8, d.lgs. n. 158 del 2015 , che ha elevato a Euro 250.000,00 la soglia di punibilità, ha determinato l’abolizione parziale del reato commesso in epoca antecedente che aveva ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, e in considerazione dell’abrogazione parziale trovano applicazione gli art. 2, comma secondo, cod. pen. (e non il quarto comma dell’ art. 2, cod. pen. ), e 673, comma primo, cod. proc. pen.

 Cassazione penale sez. III  23/01/2018 n. 6220  

In tema di omesso versamento dell’ IVA, il reato omissivo previsto dall’ art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 consiste nel mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”, è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate.

 Cassazione penale sez. III  23/11/2017 n. 4750  

In caso di omesso versamento, la confisca va disposta anche se non risultano disponibilità di beni da parte dell’imputato. A ricordarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso della pubblica accusa contro la scelta del Tribunale di condannare l’imputato per violazione dell’ articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 , senza disporre, però, la confisca per insussistenza dei mezzi. Si tratta, infatti di un preciso obbligo di legge che sfugge a qualunque considerazione da parte del giudice, potendo essere colpiti anche beni futuri. L’applicazione di tale confisca, in sostanza, è sottratta alla discrezionalità del giudice.

 Cassazione penale sez. IV  17/10/2017 n. 52542  

Non è corretto attribuire prevalenza alla norma penale che sanziona l’omesso versamento dell’IVA rispetto al contrapposto divieto di versamento dell’IVA, imposto da un legittimo ordine del giudice (divieto di eseguire pagamenti per crediti anteriori alla richiesta di ammissione alla procedura concorsuale di concordato), che deriva da precise norme giuridiche aventi pari valore ed efficacia rispetto alla normativa tributaria.

 Cassazione penale sez. III  12/04/2017 n. 39503  

Deve essere confermata la condanna per omesso versamento di IVA se l’imputato non dimostra che la crisi finanziaria sia stata imprevedibile, repentina e che egli, da amministratore, abbia fatto tutto quanto nelle sue disponibilità per evitare l’omissione del versamento.

 Cassazione penale sez. III  15/02/2017 n. 35786  

Solo l’omologazione, e non anche la semplice ammissione al concordato preventivo – sia pure intervenuta antecedentemente alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta -, può escludere il reato di omesso versamento i.v.a. ex art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000.

 Cassazione penale sez. III  15/02/2017 n. 35786  

Ai fini dell’integrazione dei reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rispettivamente in tema di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e dell’IVA, è sufficiente il consapevole inadempimento, da parte del contribuente, dell’obbligazione tributaria così come risultante dalle dichiarazioni annuali dal medesimo presentate, non essendo necessario che egli sia preventivamente messo a conoscenza della pretesa avanzata dagli organi accertatori in sede amministrativa né che detta pretesa abbia un positivo riconoscimento, attesa l’autonomia del procedimento penale dal procedimento e dal processo tributario.

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