Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: la natura assoluta o relativa dell’alienazione simulata non incide sulla configurazione del reato tributario.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 17166.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, si sofferma sulla condotta dell’alienazione simulata di beni.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui integra il reato tributario il compimento di atti simulati volti ad occultare beni, idonei ad ostacolare la procedura di riscossione in ragione della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa erariale, senza che sia necessaria la pendenza di un’esecuzione esattoriale.

Il Collegio del diritto precisa, altresì, che la contestazione di una condotta di simulazione relativa (in ragione del riconoscimento del pagamento di una parte del prezzo di vendita, ritenuto non provato in secondo grado, con conseguente configurazione di una simulazione assoluta), non vale a ritenere violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza e non incide sulla sussistenza del reato tributario, posto che la norma penale incrimina genericamente gli atti simulati o fraudolenti, indipendentemente dalla natura o grado degli stessi.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 17166/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, oltre agli approfondimenti sul reato tributario che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti  a giudizio, rispettivamente, nella qualità di rappresentante di una s.r.l. e di socio accomandatario di una s.a.s., era stato contestato, il concorso nel  delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte   – previsto e punito  art. 11 D.lgs. 74/2000, per aver compiuto atti fraudolenti consistenti nella vendita simulata di immobili.

La Corte di appello di Genova confermava la sentenza con la quale il Tribunale di La Spezia aveva condannato i prevenuti per il reato loro ascritto.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il comune difensore di fiducia dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando tre motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiara inammissibili i ricorsi.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“In definitiva, alla fuoriuscita dal patrimonio degli immobili venduti dalla [omissis] s.r.l. alla società [omissis] non è corrisposta alcuna entrata, per cui il trasferimento dei beni alla società acquirente ha realizzato per la società venditrice una privazione “secca” di risorse, non avendo la [omissis] ricevuto nemmeno una parte del prezzo […] Ora, partendo da tali elementi fattuali, i giudici di merito sono pervenuti alla coerente conclusione circa la configurabilità di cui all’art. 11 del d. Igs. n. 74 del 2000, atteso che la compravendita fittizia è stata stipulata dopo che la [omissis] aveva ricevuto, tra il 2009 e il marzo 2012, cartelle di pagamento per oltre 900.000 euro, per cui è evidente che la vendita fu finalizzata a sottrarre gli immobili della società venditrice alle azioni esecutive erariali, tanto più ove si consideri che la vendita è stata preceduta, circa un mese prima dalla stipula dell’atto, dalla costituzione della [omissis] della quale erano soci accomandatari gli odierni imputati, i quali, sino alla data della cessione immobiliare, sono stati, oltre che soci, consiglieri di amministrazione della [omissis] e proprio in tale veste hanno provveduto alla redazione del bilancio al 31 dicembre 2011, in cui, tra i 5 milioni di euro di debiti, figuravano anche i 391.895 euro di debiti tributari, con una variazione in aumento rispetto all’anno precedente, ciò per confermare il dato che sia [omissis]che [omissis], prima di rendersi autori della vendita fittizia dei cespiti immobiliari in favore della società appena costituita, già conoscevano bene l’esposizione debitoria verso il Fisco della società venditrice.

Legittimamente quindi le operazioni negoziali compiute dagli imputati, culminate nella vendita simulata del 24 maggio 2012, sono state inquadrate nell’alveo della fattispecie di cui all’art. 11 del d. Igs. n. 74 del 2000, dovendosi richiamare in tal senso la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, Rv. 274066 e Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Rv. 266771), secondo cui il delitto previsto dall’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei, secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario a pregiudicare in tutto o in parte l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria, a prescindere dalla sussistenza di un’esecuzione esattoriale in atto.

Ora, a fronte della natura palesemente simulata della vendita del capannone e dei terreni, tutti beni aggredibili dal Fisco, non è affatto decisiva la circostanza che si sia trattato di una simulazione relativa, come adombrato dal Tribunale peraltro in maniera non univoca, o assoluta, come sostenuto dalla Corte di appello confrontatosi con le prove documentali acquisite […], dovendosi osservare, da un lato, che la norma incriminatrice parla di “atti simulati o fraudolenti”, senza specificarne le forme o il grado, dall’altro che la valutazione apparentemente difforme compiuta in proposito dai giudici di merito circa la natura della simulazione non solo non integra alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, non risultando affatto modificati i tratti essenziali del fatto, compiutamente descritto nell’imputazione nei suoi passaggi salienti, ma non incide nemmeno sulla sussistenza del reato, il cui disvalore è stato correttamente colto nelle sentenze di merito nel compimento di una serie di operazioni pacificamente riconducibili ai ricorrenti e altrettanto chiaramente volte a sottrarre alla garanzia patrimoniale dell’Erario i beni immobili di proprietà della società debitrice del Fisco, a nulla rilevando che, a fronte del prezzo di vendita, pari a oltre un milione di euro, una piccola parte sia stata corrisposta o meno, non escludendo ciò l’evidente natura simulata della compravendita, la cui unica finalità è stata quella di svuotare la [omissis] dei propri beni patrimoniali potenzialmente aggredibili dall’Erario, risultando peraltro l’importo dei debiti erariali non molto distante dal valore dei beni oggetto della vendita”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 11 D.lgs. 74/2000 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975

Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).

Cassazione penale sez. III, 24/02/2016, n.13233

Il reato previsto dall’art. 11, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi, che, in base ad un giudizio ex ante, siano idonei a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta di colui che aveva realizzato la vendita di una particella immobiliare a società svizzera con soci non identificabili al solo fine di sottrarre il bene dalla procedura esecutiva promossa dall’Agenzia delle entrate).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte:

Cassazione penale sez. III, 11/09/2020, n.30615

Ai fini della punibilità per il reato di “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” è necessario che, per effetto della condotta, si determini una situazione tale per la quale il bene alienato simulatamente ovvero in relazione al quale sono stati compiuti atti fraudolenti appaia all’Erario effettivamente uscito dal patrimonio del debitore sì da rendere impossibile o comunque più difficile il recupero.

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2020, n.23176

Il delitto previsto al d.lg. n. 74 del 2000, art. 11 è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti, volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziari. Altresì, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

 

Cassazione penale sez. III, 10/01/2020, n.19989

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 11 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che punisce colui che, per sottrarsi alle imposte, aliena simulatamente o compie atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, non è necessaria la fondatezza della pretesa erariale. (Fattispecie relativa ad un’operazione di scissione societaria volta a deprivare il patrimonio della società contribuente, in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo delle quote e dei beni societari, nonostante lo sgravio parziale delle somme dovute all’erario a seguito di annullamento dell’avviso di accertamento).

 

Cassazione penale sez. III, 15/11/2019, n.14217

Ai fini della configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui all’art. 11 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, deve considerarsi “fraudolento” qualsiasi atto idoneo a rappresentare ai terzi una realtà non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio, o rendendo quanto meno più difficoltosa, l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado all’imputato, osservando che la condotta consistente nella cartolarizzazione delle giacenze di conto corrente mediante l’emissione di assegni circolari era certamente idonea ad ostacolare l’Erario con modalità esecutive tali da soddisfare il requisito della fraudolenza).

 

Cassazione penale sez. III, 20/11/2019, n.5711

Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all’ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Cassazione penale sez. III, 16/10/2019, n.9380

L’eventuale capienza dei beni di cui è stato disposto il sequestro in via diretta in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, o comunque la loro idoneità a soddisfare il debito tributario, non impedisce di disporre anche il sequestro per equivalente dei beni dell’amministratore della società, stante l’attuale indisponibilità dei beni costituenti il profitto del reato derivante dalla apposizione del vincolo in relazione al reato di bancarotta, e la conseguente impossibilità di procedere in via diretta al sequestro del profitto del reato tributario.

 

Cassazione penale sez. V, 14/06/2019, n.37326

Seppure l’operazione di scissione è in se lecita ed ha portata neutrale, la sua eventuale natura fraudolenta può essere desunta dal concreto atteggiarsi della vicenda. Ai fini della individuazione del reato di sottrazione fraudolenta bisogna inoltre tenere conto del fatto che, in caso di cessione conforme a legge, la responsabilità del cessionario dell’azienda ha carattere sussidiario, con beneficium excussionis, ed è limitata, nel quantum, al valore della cessione e, nell’oggetto, alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nel triennio prima del contratto. In riferimento ai debiti tributari solo l’accertamento della natura simulata della cessione rende applicabile la responsabilità illimitata in solido, laddove, comunque, oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta non è il diritto di credito dell’Erario, bensì la garanzia generica rappresentata dai beni dell’obbligato.

 

Cassazione penale sez. V, 14/03/2019, n.32018

Il profitto del reato di cui all’art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) è rappresentato dal valore dei beni sottratti fraudolentemente alla garanzia dei crediti della Amministrazione finanziaria per le imposte evase e non già dal debito tributario rimasto inadempiuto.

 

Cassazione penale sez. V, 01/02/2019, n.8850

Il valore del sequestro per equivalente prodromico alla confisca d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12 bis, in relazione al reato di cui all’art. 11, del medesimo decreto deve essere commisurato a quello dei beni fraudolentemente sottratti alle pretese tributarie dello Stato e non già al valore dell’intera pretesa fiscale.

 

Cassazione penale sez. III, 06/07/2018, n.52166

Nel reato di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 74 del 2000, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, va individuato nel complesso dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale, ossia con riferimento all’intero debito erariale, comprensivo delle sanzioni collegate e di tutti gli accessori esigibili.

 

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975

Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).

 

Cassazione penale sez. III, 08/05/2018, n.41704

Il conferimento nel fondo patrimoniale della nuda proprietà di due immobili può concretizzare il reato ex art. 11 d.lgs. 74/2000. La disposizione citata sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare superiore a 50mila euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.

 

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

 

Cassazione penale sez. III  17/11/2017 n. 15133 

Il delitto previsto dall’ art. 11, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , è reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare – secondo un giudizio “ex ante” – l’attività recuperatoria della amministrazione finanziaria, anche se il valore dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale dell’erario è inferiore alla soglia di punibilità di 50.000 euro di imposta evasa. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato l’ordinanza che, in sede cautelare, aveva disposto il dissequestro di un immobile ritenuto oggetto di cessione fraudolenta, per il solo fatto che il valore dello stesso era inferiore alla soglia di rilevanza penale del reato).

 

Cassazione penale sez. III  27/09/2017 n. 232 

In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, anche una singola operazione di scissione societaria può essere idonea, se valutata in relazione non soltanto al momento in cui l’atto di scissione viene posto in essere, ma anche in relazione alle vicende successive alla scissione, a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato idoneo ad integrare il reato in questione.

 

Cassazione penale sez. V  20/06/ 2017 n. 35591 

È configurabile il concorso tra delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, alla luce della diversità del soggetto- autore degli illeciti (nel primo caso, tutti i contribuenti, nel secondo, soltanto gli imprenditori falliti) e del differente elemento psicologico tra i reati (rispettivamente, dolo specifico e dolo generico) .

 

Cassazione penale sez. III  16/05/2017 n. 10161 

Se è ben vero che l’atto dispositivo di un bene tanto mobile quanto immobile rende di per sé maggiormente difficoltosa ed incerta l’esazione del credito, essendo il denaro bene fungibile per eccellenza e quindi più facilmente occultabile, tanto da legittimare l’esperibilità dell’azione revocatoria in sede civile, non può tuttavia perciò ritenersi integrata la finalità fraudolenta sul piano penale, dovendo l’atto dispositivo essere caratterizzato da un “quid pluris”, ovverossia dalla modalità ingannevole attraverso il quale viene realizzato.

 

Cassazione penale sez. III  28/02/2017 n. 29243 

Le operazioni compiute dall’amministratore di una società di capitali, nei cui confronti sia stato avviato un accertamento fiscale, consistenti nella cessione di quote e nel trasferimento immobiliare tramite conferimenti di rami d’azienda, possono integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte,  di cui all’art. 11 d.lg. n. 74 del 2000.

 

Cassazione penale sez. III  23/11/2016 n. 3095 

In tema di reati tributari, i beni immobili appartenenti a soggetto indagato del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alienati per far venir meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario, sono suscettibili di sequestro preventivo per la successiva confisca ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen., in quanto costituiscono lo strumento per mezzo del quale è stato commesso il reato, a nulla rilevando la loro qualificazione anche come prezzo o profitto di tale delitto.

By Claudio Ramelli@riproduzione riservata