I componenti del collegio sindacale che abbiano omesso l’attività di controllo sulle operazioni degli amministratori rispondono di concorso nel delitto di bancarotta in presenza di indici sintomatici della loro partecipazione dolosa al reato fallimentare.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 20867.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, si sofferma sulla responsabilità penale dei componenti del collegio sindacale della società a titolo di concorso nel reato fallimentare.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui il concorso dei sindaci nel reato fallimentare realizzato dagli amministratori può manifestarsi anche attraverso la condotta omissiva dell’organo di controllo.

La relativa responsabilità penale tuttavia può sorgere solo laddove emergano elementi sintomatici espressivi dell’omissione dolosa del dovuto controllo (non potendo i componenti del collegio sindacale rispondere del delitto a titolo di mera colpa), tra i quali assumono rilievo la competenza professionale e l’omissione delle verifiche minime e doverose pur in presenza di uno stato di dissesto.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 20867/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti  a giudizio nella qualità di componenti del collegio sindacale della società posta in liquidazione coatta e poi fallita, erano contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

La Corte di appello di Napoli confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato i prevenuti per i reati loro ascritti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I giudicabili proponevano ricorso per cassazione, per il tramite del comune difensore, avverso la decisione di secondo grado.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione e annullato la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per un nuovo giudizio al giudice civile.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Appare opportuno ricordare come, nei reati di bancarotta, il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale, poiché tale controllo non può e non deve esaurirsi in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma deve ricomprendere il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione (Sez. 5, n. 14045 del 22/3/2016, Rv. 266646), ovvero estendersi al contenuto della gestione sociale, a tutela non solo dell’interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali ed in virtù del potere-dovere dei sindaci di chiedere agli amministratori notizie sull’andamento della società e delle sue operazioni gestorie, pur non potendo investire in forma diretta le scelte imprenditoriali. Tale responsabilità per omissione trova le sue radici fondanti nelle disposizioni degli artt. 2403 e ss. cod. civ. (così Sez. 5, n. 18985 del 14/1/2016, Rv. 267009; Sez. 5, n. 17393 del 13/12/2006, dep. 2007, Rv. 236630; vedi anche Sez. 5, n. 44107 del 11/5/2018, Rv. 274014).

[…] E tuttavia, la responsabilità dei sindaci, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, sussiste solo qualora emergano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l’omissione del potere di controllo – e, pertanto l’inadempimento dei poteri doveri di vigilanza il cui esercizio sarebbe valso ad impedire le condotte distrattive degli amministratori – esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione, sia pure nella forma del dolo eventuale, per consapevole volontà di agire anche a costo di far derivare dall’omesso controllo la commissione di illiceità da parte degli amministratori. La sentenza citata evidenzia, molto significativamente, alcuni “indicatori” della volontà dolosa di concorrere nel reato, per evitare il rischio di una responsabilità ascritta solo a titolo di negligenza o, peggio, derivante dalla mera posizione di controllo. Tra tali indicatori, si conferisce risalto al fatto che i sindaci siano espressione del gruppo di controllo della società; alla circostanza che di essi sia provata la rilevante competenza professionale, ovvero che i sindaci abbiano omesso, malgrado la situazione critica della società, ogni minimo controllo.

Ebbene, nel caso di specie, effettivamente, […] la Corte d’Appello non ha fornito spiegazioni adeguate sul canone di attribuzione della responsabilità per omissione ai sindaci, pur enunciato in modo generale facendo riferimento ad alcuni indicatori di dissesto, risultati evidenti, tuttavia, soltanto successivamente al commissariamento governativo ed alla liquidazione coatta amministrativa; neppure si è esplicitato adeguatamente come i sindaci avrebbero potuto impedire l’evento contestato, posto che le operazioni distrattive venivano compiute dagli amministratori secondo uno schema che prevedeva lo spostamento delle somme da conto corrente a conto corrente, senza che sia stata provata la partecipazione a tale modalità fraudolenta di sottrazione di risorse mediante l’omesso controllo demandato al collegio sindacale (e neppure la consapevolezza di esso)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 216 legge fallimentare – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. V, 11/05/2018, n.44107

Per poter affermare la responsabilità penale del sindaco, a titolo di concorso nella bancarotta commessa dall’amministratore della società, occorre che egli abbia dato un contributo giuridicamente rilevante – sotto l’aspetto causale – alla verificazione dell’evento e che di tale contributo questi abbia avuto la coscienza e la volontà, anche solo a livello di dolo eventuale. Al riguardo, non basterebbe addebitare al sindaco comportamenti di negligenza o imperizia, anche gravi, rispetto ai doveri di vigilanza e ai poteri di intervento previsti dalle norme del codice civile (cfr., in particolare, gli articoli 2403,2403-bis, 2406 e 2409 del codice civile) (comportamenti che, piuttosto, sono fonte di responsabilità civile), ma occorre la prova del dolo, ossia la dimostrazione che la condotta omissiva, consapevolmente, e pur in assenza di un preventivo accordo con l’amministratore, abbia determinato o favorito la commissione dei fatti di bancarotta da parte dell’amministratore. Quanto alla prova del dolo, ricostruibile anche solo in maniera induttiva, valorizzando i segni esteriori della volontà, ben possono l’assumere rilievo la durata delle condotte omissive (rispetto all’obbligo di vigilanza) e il numero e la gravità delle stesse, così come il contesto complessivo di illegalità in cui si sia trovata l’azienda nel periodo di interesse.

 

Cassazione penale sez. V, 22/03/2016, n.14045

Nei reati di bancarotta il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale che non si esaurisce in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione.

 

Cassazione penale sez. V, 14/01/2016, n.18985

I componenti del collegio sindacale concorrono nel delitto di bancarotta commesso dall’amministratore della società anche per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti dagli artt. 2403 c.c. ss., che non si esauriscono nella mera verifica contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori ma, pur non investendo in forma diretta le scelte imprenditoriali, si estendono al contenuto della gestione sociale, a tutela non solo dell’interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali.

 

Cassazione penale sez. V, 13/12/2006, n.17393

In tema di responsabilità per bancarotta documentale, l’obbligo di vigilanza dei sindaci e del collegio sindacale non è limitato al mero controllo contabile, ma deve anche estendersi al contenuto della gestione, considerato che la previsione di cui all’art. 2403, comma 1, prima parte c.c. deve essere correlata con i commi terzo e quarto della stessa norma, che conferiscono ai sindaci il potere-dovere di chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale:

Cassazione penale sez. III, 20/10/2020, n.6164

Concorre, in qualità di concorso dell’extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il consulente che – consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto – fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.

 

Cassazione penale sez. fer., 13/08/2020, n.27132

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che si appropri di somme della società a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore di quest’ultima, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore. (Fattispecie in cui l’amministratore aveva prelevato somme ingenti e sproporzionate rispetto allo stato patrimoniale della società, pur avendo piena consapevolezza dello stato di dissesto della società).

 

Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930

In caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame. (Fattispecie relativa alla contestazione in via alternativa del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).

 

Cassazione penale sez. V, 03/03/2020, n.13820

In tema di bancarotta fraudolenta, il recupero, da parte della curatela, dei beni non consegnati dal fallito non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta, il quale – perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore – viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero della “res” rappresenta solo un “posterius” – equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo la consumazione del furto – avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danno per i creditori. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale del fallito che non aveva messo immediatamente a disposizione della curatela tre autocarri, ma li aveva consegnati solo dopo che il curatore ne aveva individuato l’esistenza con una visura al PRA).

 

Cassazione penale sez. V, 27/02/2020, n.13284

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, qualora il fatto si riferisca a rapporti fra società appartenenti al medesimo gruppo, il reato deve ritenersi insussistente solo se i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società. Peraltro, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi per la società apparentemente danneggiata dall’operazione temporaneamente svantaggiosa per essa.

 

Cassazione penale sez. V, 25/02/2020, n.12946

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapporto contrattuale, rientrando tali diritti nel patrimonio dell’imprenditore fallito. (Fattispecie relativa all’occultamento alla curatela di un contratto preliminare stipulato da una ditta di costruzioni, poi fallita, relativo all’acquisto di alcuni immobili facenti parte di un complesso in costruzione risolutivamente condizionato alla conclusione dei lavori entro un certo termine).

 

Cassazione penale sez. V, 13/02/2020, n.15403

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di “leasing”, anche se risolto dopo la dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa fallimentare.

 

Cassazione penale sez. V, 11/02/2020, n.11752

Non integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la condotta dell’amministratore di una società fallita che storni dall’attivo poste contabili relative a crediti vantati nei confronti di altre società del gruppo e le trasferisca nel conto “sopravvenienze passive” in quanto tale attività, in assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia ad esercitare i diritti sottostanti al credito, non si traduce in atto di disposizione patrimoniale, reale o simulato, da cui consegua la diminuzione, effettiva o apparente, della garanzia patrimoniale della fallita, rimanendo i crediti in questione parte integrante del patrimonio.

 

Cassazione penale sez. V, 04/02/2020, n.8445

In tema di bancarotta patrimoniale per distrazione, non è configurabile l’attenuante della riparazione del danno, di cui all’art. 62, comma 1, n. 6, c.p., qualora la restituzione di beni oggetto della condotta distrattiva sia avvenuto a seguito del prospettato esercizio dell’azione revocatoria da parte del curatore fallimentare e non per iniziativa dell’imputato.

 

Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.17228

In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione).

 

Cassazione penale sez. V, 16/01/2020, n.19066

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Ergo i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi, anche laddove la condotta sia stata realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza: a nulla rileva, conseguentemente, il mero calcolo aritmetico che ponga in raffronto gli esiti di una gestione successiva e la consistenza del passivo.

 

Cassazione penale sez. V, 15/01/2020, n.13777

In tema di revisione, l’inconciliabilità dei fatti storici che consente di attivare il mezzo straordinario di impugnazione per contrasto di giudicati, ex art. 630, comma 1, lett. a), c.p.p., può riferirsi anche all’elemento psicologico del reato, quando la prova di quest’ultimo sia fondata su elementi di fatto la cui sussistenza, ritenuta nella sentenza di condanna, sia stata poi esclusa da una successiva pronuncia. (Fattispecie in cui l’imputato era stato condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale, quale componente del consiglio di amministrazione di una holding di un gruppo imprenditoriale, e assolto per mancanza di dolo quale componente del collegio sindacale di una delle società operative del gruppo, in cui la Corte ha escluso ricorressero i presupposti per la revisione in quanto il giudizio di consapevolezza dell’imputato dello stato di dissesto della capogruppo poggiava su circostanze di fatto non smentite, nel loro concreto accadimento, nel giudizio assolutorio).

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/2019, n.17226

La circostanza attenuante del ravvedimento operoso, di natura soggettiva, richiede che la condotta resipiscente, posta in essere dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, sia spontanea e determinata da motivi interni, senza pressioni o costrizioni e non influenzata da fattori quali l’arresto e lo stato di detenzione. (Fattispecie relativa a plurimi fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di appello che non aveva riconosciuto l’attenuante in esame nella condotta dell’imputato, amministratore unico della società fallita, che, contestualmente alla dichiarazione di fallimento, in una primissima fase di indagini aveva inoltrato alla polizia giudiziaria un memoriale il cui contenuto, oltre a svelare le trame societarie criminose, aveva consentito l’individuazione dei complici, abituali interlocutori della società sotto falso nome).

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/2019, n.11297

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il pregiudizio ai creditori deve sussistere al momento della dichiarazione giudiziale di fallimento o del decreto di ammissione al concordato preventivo e non già al momento della commissione dell’atto antidoveroso. Pertanto, non integra fatto punibile come bancarotta per distrazione la condotta, ancorché connotata da frode, la cui portata pregiudizievole risulti annullata per effetto di un atto o di una attività di segno inverso capace di reintegrare il patrimonio dell’impresa fallita prima della soglia cronologica costituita dall’apertura della relativa procedura concorsuale.

 

Cassazione penale sez. V, 05/12/2019, n.19365

Per aversi violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza occorre un mutamento del fatto quale trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge creando un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione tale da pregiudicare i diritti di difesa. Deve dunque escludersi la violazione del summenzionato principio laddove l’imputato si sia trovato, nell’evolversi dell’iter processuale, nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (annullata con rinvio per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza la sentenza d’appello che aveva condannato l’imputato, in qualità di presidente del c.d.a. di una s.r.l. e poi di liquidatore, per alcune condotte di bancarotta fraudolenta per distrazione inizialmente qualificate come bancarotta preferenziale).

 

Cassazione penale sez. V, 28/11/2019, n.12456

Costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma 1, n. 1, l. fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai riscosso che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali.

 

Cassazione penale sez. V, 26/11/2019, n.52057

In tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 04/11/2019, n.49438

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, l. fall., la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo non solo dei beni materiali ma anche di entità immateriali, fra cui rientrano le ragioni di credito che concorrono alla formazione dell’attivo patrimoniale.

 

Cassazione penale sez. V, 27/09/2019, n.47581

Qualsiasi manomissione o distrazione del bene detenuto in leasing dall’imprenditore fallito impedisce un accrescimento della massa attiva fallimentare, determinando una lesione all’interesse della garanzia patrimoniale dei creditori (art 2740 c.c.) e dunque un fatto di bancarotta patrimoniale.

 

Cassazione penale sez. V, 14/06/2019, n.45130

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, incluso soggettivo si configura nella forma del dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la protezione dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, incluso abbastanza la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

 

Cassazione penale sez. II, 21/06/2019, n.37503

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale consistente nell’illecito ed ingiustificato trasferimento di beni aziendali della società fallita a vantaggio di altre imprese gestite dal medesimo amministratore può concorrere con il delitto di autoriciclaggio purché nella vicenda sia rinvenibile un quid pluris di condotta riferibile in via esclusiva al reato di autoriciclaggio (in particolare, tale profilo di reato è rinvenibile quando non vi sia mero trasferimento di beni da un’azienda all’altra, ma la nuova azienda sia operativa e gestendo il patrimonio ricevuto illecitamente lo immetta nel circuito economico).

 

Cassazione penale sez. V, 10/06/2019, n.47216

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione di trasferimento di somme da una società ad un’altra, non è sufficiente allegare la mera partecipazione ad un ‘gruppo di società’, dovendo invece l’interessato dimostrare in maniera specifica il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 c.c., per la società apparentemente danneggiata, giacché la destinazione di risorse da una società all’altra, sia pur collegata, integra comunque la violazione del vincolo patrimoniale nei confronti dello scopo strettamente sociale.

 

Cassazione penale sez. V, 30/05/2019, n.38434

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, possono costituire oggetto di distrazione non solo i beni in proprietà del fallito, ma anche tutte le componenti attive del suo patrimonio, ivi inclusi i diritti reali e personali di godimento, con la conseguenza che rientra nella fattispecie incriminatrice la condotta con la quale l’”accipiens” distragga i beni consegnatigli a seguito della conclusione di un contratto estimatorio.

 

Cassazione penale sez. V, 29/05/2019, n.39043

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non può escludersi la natura distrattiva di un’operazione infragruppo, effettuata in assenza di contropartite, invocando la provenienza dal patrimonio personale dell’imprenditore della liquidità destinata ad una società appartenente allo stesso gruppo di quella fallita, quando questa si trovava già in difficoltà finanziaria, in quanto il denaro, una volta immesso nel patrimonio della società, le appartiene ed è destinato alla garanzia dei suoi creditori.

 

Cassazione penale sez. V, 06/05/2019, n.34116

In tema di bancarotta fraudolenta, ai fini della contestazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità non è sufficiente, in assenza di una specifica indicazione da cui si comprenda che l’aggravante è stata contestata, né la mera indicazione delle somme oggetto di distrazione, ancorché di importo elevato, né la generica menzione dell’art. 219 l. fall., quando non sia precisato il riferimento al comma primo di tale articolo.

 

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.33188

La circostanza attenuante dell’attivo ravvedimento di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, seconda parte, cod. pen. – che contempla l’ipotesi dell’essersi, prima del giudizio e al di fuori del caso preveduto dall’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato – si riferisce a conseguenze del reato che non consistano in un danno patrimoniale o non patrimoniale, economicamente risarcibile, ai sensi dell’art. 185 cod. pen., e, pertanto, non è applicabile ai reati che, come la bancarotta per distrazione, offendano il patrimonio.

 

Cassazione penale sez. V, 01/04/2019, n.19981

In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo all’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all’art. 219, comma 3, legge fall. 16 marzo 1942, n. 267, deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza della corte di appello che non aveva riconosciuto l’attenuante facendo solo riferimento all’ammontare del passivo fallimentare).

 

Cassazione penale sez. V, 11/03/2019, n.28031

Integra la distrazione rilevante ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la condotta dell’amministratore di una società fiduciaria, successivamente fallita, che costituisca in pegno titoli o valori (nella specie, polizze assicurative) ricevute in gestione dai fiducianti, poiché il pegno, in caso di mancato pagamento della somma data in prestito nella quantità, nei tempi e nei modi pattuiti, può essere escusso dal creditore, con perdita del patrimonio societario che costituisce la garanzia per i creditori.

 

Cassazione penale sez. V, 11/03/2019, n.15280

In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha osservato che la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 l. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare).

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34111

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.

 

Cassazione penale sez. V, 18/02/2019, n.12186

Il dovere di vigilanza e di controllo imposto ai sindaci delle società per azioni ex articolo·2403 del codice civile non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende a tutta l’attività sociale, con funzione di tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali, e ricomprende, pertanto, anche l’obbligo di segnalare tutte le situazioni che mettano repentaglio la prosecuzione dell’attività di impresa e l’assicurazione della garanzia dei creditori in relazione alle obbligazioni contratte con l’ente; e tale controllo va esercitato non attraverso una mera verifica contabile limitata alla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende anche il riscontro tra la realtà effettiva e la sua rappresentazione contabile. Peraltro affinché possa sostenersi la responsabilità, a titolo di concorso, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale dei sindaci, non è sufficiente il mero richiamo alla loro posizione di garanzia, siccome sopra ricostruita, né è possibile fare discendere tale responsabilità tout court dal mancato esercizio dei doveri di controllo. È infatti necessaria l’esistenza di puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, dimostrativi di un’omissione dei poteri-doveri di controllo e di vigilanza esorbitante dalla dimensione meramente colposa ed espressiva, piuttosto, di una volontaria partecipazione alle condotte distrattive degli amministratori, pur nella forma del dolo eventuale, vale a dire per la consapevole accettazione del rischio che l’omesso controllo avrebbe potuto consentire la commissione di illiceità da parte degli amministratori.

 

Cassazione penale , sez. V , 01/02/2019 , n. 8431

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.

 

Cassazione penale sez. V, 15/11/2018, n.57153

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, legge fall. la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo delle ragioni di credito che devono concorrere alla formazione dell’attivo patrimoniale.

 

Cassazione penale , sez. V , 23/10/2018 , n. 57125

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la nozione di “traffici delittuosi”, di cui all’art. 1 lett. a), d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 , ricomprende non solo attività delittuose riferite alle ipotesi di commercio illecito di determinati beni materiali (ad esempio armi, stupefacenti, banconote contraffatte ecc.), ma anche condotte “latu sensu” negoziali dalle quali sia derivato un provento illecito, o ancora condotte che non sono delittuose in relazione all’oggetto della negoziazione ma lo diventano per l’intrinseca illiceità della causa negoziale che ha determinato la condotta stessa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di pericolosità del ricorrente espresso dai giudici di merito, in relazione ad una serie di operazioni contabili e negoziali fraudolente commesse all’interno delle società riconducibili all’imputato, finalizzate alla consumazione di reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta).

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 

Cassazione penale , sez. V , 10/07/2018 , n. 42591

Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 147 legge fall.

 

Cassazione penale , sez. V , 05/07/2018 , n. 49499

Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’ intraneus , dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita).

 

Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.

 

Cassazione penale , sez. V , 15/06/2018 , n. 49489

Integra gli elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per distrazione la stipula, in epoca precedente la dichiarazione di fallimento, di un contratto di locazione di beni aziendali dell’impresa fallita senza che i relativi canoni siano versati nelle casse aziendali.

 

Cassazione penale , sez. V , 05/06/2018 , n. 30105

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

 

Cassazione penale , sez. V , 30/05/2018 , n. 53399

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei.

 

Cassazione penale , sez. V , 14/05/2018 , n. 34464

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; né assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’ art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.

 

Cassazione penale , sez. V , 13/09/2017 , n. 44901

Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non già il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.), la condotta di occultamento di un bene sottoposto a sequestro giudiziario da parte di soggetto fallito.

 

Cassazione penale , sez. V , 19/07/2017 , n. 49507

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di occultamento, distrazione o sottrazione di beni del patrimonio sociale non può essere costituita da un mero dato contabile, contenuto in una rettifica del valore del bene iscritto in bilancio, in assenza di prova del dato fisico della mancanza dei beni.

 

Cassazione penale , sez. V , 23/06/2017 , n. 38396

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

 

Cassazione penale , sez. V , 30/05/2017 , n. 34836

La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta fraudolenta documentale:

Cassazione penale sez. V, 30/11/2020, n.36870

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.

 

Cassazione penale sez. III, 20/10/2020, n.6164

Concorre, in qualità di concorso dell’extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il consulente che – consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto – fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.

 

Cassazione penale sez. V, 08/10/2020, n.33114

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma 1, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta l’individuazione della prova del dolo specifico sufficiente ad integrare la condotta di occultamento nell’approvazione, da parte del liquidatore della società, di due bilanci successivi senza avere la disponibilità delle scritture contabili).

 

Cassazione penale sez. V, 24/09/2020, n.32413

In tema di reati fallimentari, è sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell’amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto. (Fattispecie relativa ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di fallimento per effetto di operazioni dolose di una società “cartiera”, in cui la prova del dolo dell’amministratore di diritto è stata desunta dalla dichiarata conoscenza della indisponibilità di un magazzino a fronte di un elevato fatturato). 

 

Cassazione penale sez. V, 06/07/2020, n.22486

La bancarotta documentale ed il reato tributario di occultamento o distruzione di documenti contabili concretizzano una ipotesi di concorso formale di reati e, ove processualmente trattati congiuntamente, non configurano alcuna possibile preclusione sostanziale in termini di violazione del divieto di bis in idem. Viceversa, laddove tali fattispecie, pur aventi lo stesso oggetto materiale, siano state trattate e giudicate separatamente, e sia per una di esse già intervenuta una sentenza definitiva, l’azione penale per l’altro e residuo reato non potrà essere esercitata e, ove ciò sia avvenuto, la medesima azione dovrà essere dichiarata improcedibile, mentre ove sia già intervenuta una condanna la stessa dovrà essere annullata in sede esecutiva.

 

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.21028

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale anche quando la documentazione possa essere ricostruita “aliunde”, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari. (Fattispecie relativa alla fraudolenta esposizione di liquidità in conto cassa, a fronte di una acclarata situazione di dissesto, rilevata attraverso l’esame della documentazione bancaria).

 

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.14689

Soggetto attivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, anche nel caso di nomina di un amministratore giudiziario a seguito di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione delle quote e dell’azienda di una società, è l’amministratore di questa, in quanto il sequestro non comporta la modificazione del contratto di società o la sostituzione degli organi della persona giuridica, rivestendo l’amministratore giudiziario, ai sensi dell’art. 35, comma 5, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, il ruolo di mero custode dei beni sequestrati e non di legale rappresentante o nuovo amministratore della società oggetto di sequestro.

 

Cassazione penale sez. V, 11/02/2020, n.11752

Artifici contabili posti in essere dagli amministratori della società fallita intesi a stornare crediti vantati dalla medesima per iscriverli quali sopravvenienze passive non possono mai integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non venendo in alcun modo in essere in tale ipotesi una diminuzione, effettiva o fittizia, del patrimonio sociale.

 

Cassazione penale sez. V, 13/01/2020, n.5081

In tema di bancarotta documentale, la condotta di falsificazione delle scritture contabili prevista dalla prima parte dell’art. 216, comma 1 n.2, l. fall. può avere natura tanto materiale che ideologica, consistendo comunque nella manipolazione di una realtà contabile già definitivamente formata; diversamente, la bancarotta documentale “generica” prevista dalla seconda parte della norma si realizza sempre con una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come bancarotta documentale “generica” una condotta consistita nell’annotazione in contabilità di importi inferiori rispetto a quelli fatturati ed incassati, con conseguente occultamento dell’effettivo volume di affari).

 

Cassazione penale sez. V, 07/11/2019, n.18320

Integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali. (Fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore).

 

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.77

In tema di reati fallimentari, l’articolo 216, comma, 1, numero 2, l. fall. configura due diverse ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima consiste nella sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture ed è caratterizzata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto, profitto o di recare pregiudizio ai creditori. La seconda – cosiddetta “generale” – si configura quando la contabilità sia tenuta in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ciò sia nel caso in cui detta impossibilità sia assoluta, sia quando essa semplicemente ostacoli (con difficoltà superabili solo con particolare diligenza) gli accertamenti da parte degli organi fallimentari. Avuto riguardo al versante soggettivo, questa seconda forma di bancarotta documentale è reato a dolo generico, che consiste nella consapevolezza, in capo all’agente, che, attraverso la volontaria tenuta della contabilità in maniera incompleta o confusa, possa risultare impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio o dell’andamento degli affari; è esclusa, di contro, l’esigenza che il dolo sia integrato dall’intenzione di impedire detta ricostruzione, in quanto la locuzione in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari connota la condotta – della quale costituisce una caratteristica – e non la volontà dell’agente, sicché è da respingere l’idea che essa richieda il dolo specifico.

Cassazione penale sez. V, 04/07/2019, n.37878

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l.fall. Tale ragionamento può essere esteso alla bancarotta documentale semplice, dal momento che la norma punitiva utilizza le stesse nozioni cui è ancorata l’interpretazione citata.

 

Cassazione penale sez. V, 27/05/2019, n.34146

È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella falsificazione del libro soci di una società a responsabilità limitata allorché tale condotta incida sulla ricostruzione del patrimonio e degli affari, volta a garantire gli interessi dei creditori. (Nella specie la Corte ha individuato il dolo specifico del reato in questione sia nello scopo di procurare a sé l’ingiusto profitto di andare esente dalla responsabilità illimitata di cui all’ art. 2462, comma 2, c.c., sottraendosi agli adempimenti di cui agli artt. 2464 e 2470 c.c., sia in quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo l’identificazione del socio unico).

 

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.32001

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ex articolo 216 comma 1 n. 2 della Legge fallimentare, prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico. Pertanto, in caso di contestazione della prima ipotesi, ovvero sottrazione, distruzione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, è necessaria la dimostrazione del dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori. A ricordarlo è la Cassazione per la quale, nel caso di specie, il generico riferimento alla impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento di affari è un elemento estraneo alla fattispecie, che invece rientra nel raggio d’azione del dolo generico della seconda ipotesi.

 

Cassazione penale sez. V, 01/04/2019, n.19981

In particolare, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatore e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. In ogni caso occorre aver riguardo non già all’entità del passivo ed alla differenza fra attivo e passivo, bensì alla effettiva diminuzione patrimoniale cagionata ai creditori dai fatti di bancarotta dei quali l’imputato deve rispondere.

 

Cassazione penale sez. V, 05/03/2019, n.26379

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che, a fronte della contestazione di un’ipotesi di sottrazione o distruzione della contabilità, aveva affermato la responsabilità dell’imputato per la diversa ipotesi di concorso nell’omessa regolare tenuta delle scritture contabili, dando peraltro atto nella motivazione dell’assenza della prova di una “sia pur parziale tenuta delle scritture contabili”).

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34111

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34112

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per poter fondare la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetta “testa di legno”), alla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dalla accettazione della carica deve essere aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta, bensì effettiva e concreta, della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di farne emergere la strumentalità verso fini di pregiudizio in danno dei creditori: ciò che è imposto dal rispetto del principio costituzionale di colpevolezza. Infatti, se non è revocabile in dubbio che la carica di amministratore di diritto di una società conferisca alla persona che la ricopre doveri di vigilanza e controllo (sintetizzabili nella posizione di garanzia ex articolo 2392 del codice civile), la cui violazione comporta responsabilità penale a titolo di dolo generico, è pur vero che l’addebito di consapevole mancanza di condotta impeditiva del fatto illecito può muoversi soltanto quando la condotta omissiva sia stata accompagnata dalla rappresentazione della situazione anti-doverosa, onde legittimare la prefigurazione dei consequenziali eventi tipici del reato, o, nella prospettazione del dolo eventuale, l’accettazione del rischio del loro accadimento. Riconoscendo, invece, tout court la responsabilità dell’amministratore di diritto, per i fatti di dolosa manipolazione delle scritture o di volontaria, scorretta tenuta del compendio contabile commessi dall’amministratore di fatto si correrebbe il rischio di attentare al principio di personalità della responsabilità penale, ovvero traslare il dolo della bancarotta fraudolenta in un addebito a sfondo meramente colposo.

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

In tema di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216, comma 1, n. 2, l. fall., il dolo generico deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma 2, l. fall.; né può essere dedotto dalla circostanza che l’imprenditore si sia reso irreperibile dopo il fallimento, costituendo detta condotta un “posterius” rispetto al fatto-reato. (Nella fattispecie, in cui l’imputata era stata assolta da una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la Corte ha evidenziato la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito residuo, la cui prova non poteva giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale).

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2019, n.10647

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (nella specie, la Corte ha ritenuto necessario un nuovo esame per l’imputato che, avendo sottratto i libri e le altre scritture contabili dalla propria impresa individuale, era stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale senza però che venisse accertata la sussistenza del dolo specifico).

 

Cassazione penale sez. V, 08/02/2019, n.18271

Va annullata, perché inficiata dal vizio di mancata motivazione, la sentenza di merito che aveva condannato per il reato di bancarotta semplice documentale l’amministratore unico di una società fallita, escludendo la ricorrenza della causa di forza maggiore legata alla circostanza che la contestata omissione della tenuta delle scritture contabili si era verificata nel periodo in cui l’imputato era assoggettato a pretese estorsive di matrice mafiosa e aveva perso la disponibilità di accedere ai locali aziendali, senza tener conto del contenuto di una pronuncia con cui lo stesso, all’esito di un procedimento relativo a un fatto coevo e parimenti connesso alla gestione dell’impresa dove si configurava un reato tributario, era stato assolto per difetto dell’elemento soggettivo in ragione dello status di vittima di estorsione.

 

Cassazione penale sez. V, 03/12/2018, n.7888

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, l. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto).

 

Cassazione penale sez. V, 19/10/2018, n.53210

La bancarotta semplice documentale è punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore dell’art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di ‘previsione espressa’ non equivale a quella di ‘previsione esplicita’ e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 16/10/2018, n.54516

In tema di reati fallimentari, l’art. 220, comma 1, ultima parte, legge fall., sanzionando la violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, n. 3 e 49 legge fall., prevede due autonomi reati, dei quali solo il primo, integrato dall’omesso deposito delle scritture contabili, è assorbito dal reato di bancarotta fraudolenta documentale, mentre l’ulteriore reato di inosservanza dell’obbligo di comparizione personale del fallito davanti agli organi della procedura concorre con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, trattandosi di condotte distinte e lesive di interessi diversi, in quanto l’art. 49 legge fall. tutela l’interesse all’acquisizione di conoscenze di carattere generale e non meramente documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 11/10/2018, n.18912

In genere, per aversi bancarotta fraudolenta documentale non può mai intendersi sufficiente la mera colpa; per le ipotesi di tenuta delle scritture con modalità tali da non permettere la ricostruzione del movimento degli affari dell’impresa può essere sufficiente il dolo generico, non anche per i casi di sottrazione o distruzione (come pure di falsificazione).

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale , sez. V , 01/10/2018 , n. 53193

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 1925

In materia fallimentare, la ricostruzione della documentazione contabile, attraverso il ricorso a una contabilità parallela in nero, creata per occultare condotte distrattive e di evasione di imposta, non esclude la bancarotta fraudolenta documentale. La necessità di acquisire i dati patrimoniali e finanziari dalla contabilità in nero è, infatti, la prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture era tale da non rendere possibile un’affidabile ricostruzione del patrimonio o del movimento dì affari della società. A precisarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso dell’amministratore unico di una Srl dichiarata fallita e dl una sua collaboratrice per aver sottratto dalle casse sociali due milioni e 600mila euro e falsificato libri e scritture, creando una contabilità parallela e occulta. Per la Corte, in particolare, i semplici appunti, sia manoscritti che informatici, provenienti dall’imputato, specie se destinati a restare clandestini, non possono essere considerati scritture informali di supporto, ma solo documenti clandestini utilizzabili solo da chi, all’interno del gruppo, era a conoscenza dei ricavi in nero.

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 

Cassazione penale , sez. V , 05/07/2018 , n. 49499

Il comportamento postumo del terzo extraneus non configura il concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus; la condotta deve essere anteriore o concomitante. Ad affermarlo è la Cassazione che ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito nei confronti di un commercialista a titolo di terzo extraneus nel delitto di bancarotta patrimoniale e documentale commesso dall’amministratore di due Srl. La condotta contestata, ovvero l’adoperarsi per ritardare la dichiarazione di fallimento, era però successiva a quella della manager, sicché per il professionista non può esservi partecipazione nel reato. Per i giudici di legittimità, infatti, l’individuazione del momento della consumazione del reato “non può portare alle estreme e fuorvianti conseguenze di considerare quale condotta di concorso in un atto distrattivo dell’intraneus un comportamento posto in essere dall’extraneus in modo autonomo, senza preventivo concerto e in un’epoca successiva alla condotta dell’intraneus nel frattempo già esaurita”.

 

Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568        

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’ art. 216, comma primo, n. 2, L. fall .

 

Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, nell’ipotesi di incorporazione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo la società incorporante, è possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni della società incorporata anche in relazione a condotte illecite riguardanti quest’ultima e commesse prima della fusione, in quanto i rapporti giuridici facenti capo all’incorporata non si estinguono, ma si trasferiscono alla società incorporante.

 

Cassazione penale , sez. V , 15/03/2018 , n. 21920

La chiusura del fallimento conseguente all’esito positivo del concordato previsto dagli artt. 124 e seguenti della legge fallimentare non comporta l’estinzione dei reati fallimentari contestati (nella specie la bancarotta documentale fraudolenta) posto che, invece, l’indicata chiusura non rimuove la dichiarazione di insolvenza della società contenuta nella pronuncia del fallimento, che può essere annullata solo impugnando la stessa. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo l’annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento determinerebbe l’insussistenza dei reati fallimentari per il mancato avveramento della condizione obiettiva di punibilità, costituita dalla predetta pronuncia).

 

Cassazione penale , sez. V , 13/02/2018 , n. 16744

In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall ., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.

 

Cassazione penale , sez. V , 13/11/2017 , n. 11049

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 2, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’ art. 10 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

 

Cassazione penale , sez. V , 28/06/2017 , n. 43966

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico.

Cassazione penale , sez. V , 20/06/2017 , n. 35591

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA