Nella responsabilità contrattuale sanitaria è onere del creditore che lamenta in giudizio il danno alla salute allegare l’inadempimento della struttura e la causalità materiale tra l’errore e l’evento di danno.

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 14702.2021, resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione e pubblicata il 26.05.2021, che, pronunciatasi un caso di responsabilità civile della struttura sanitaria, si sofferma sul tema del riparto dell’onere probatorio tra le contrapposte parti processuali.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento enuncia il principio di diritto secondo cui, nell’ambito della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per inadempimento della prestazione professionale, il creditore che la menta il danno alla salute è tenuto ad allegare la circostanza dell’inadempimento e a dimostrare l’esistenza della cd. causalità materiale, ossia del nesso causale tra la condotta del medico e il danno subìto (posto che quest’ultimo non è immanente all’inadempimento).

Spetta invece al debitore, una volta che il creditore abbia assolto agli oneri sopra indicati, provare l’avvenuto adempimento della prestazione, ovvero che l’inadempimento sia stato  determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) gli arresti giurisprudenziali citati nell’ordinanza 14702/2021;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il caso clinico, la domanda di risarcimento del danno e il giudizio di merito

Nel caso di specie gli attori, congiunti del nato prematuro deceduto convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Rieti la struttura sanitaria ed alcuni sanitari, per ottenere il risarcimento del danno parentale derivante dal decesso del neonato, cagionato dalla struttura sanitaria e dai medici coinvolti per l’omesso approfondimento diagnostico e la mancata adozione di idonee terapie a fronte della patologia cardiaca e bronchiale della vittima.

La Corte di appello di Roma confermava la decisione con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di parte attrice.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Gli attori proponevano ricorso per cassazione avverso la pronuncia di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione e le parti convenute nel giudizio di legittimità svolgevano le proprie difese mediante controricorso.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva dell’ordinanza in commento:

La distribuzione dell’onere della prova invocata dai ricorrenti contrasta con l’orientamento di questa Corte che pone l’onere di dimostrare il nesso di causa, nelle prestazioni professionali, a carico del creditore.

In particolare, di recente, con la pronuncia n. 28991 dell’11/11/2019, è stato confermato e precisato che “negare che incomba sul paziente creditore l’onere di provare l’esistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento ed il pregiudizio alla salute, come si assume nel motivo, significa espungere dalla fattispecie costitutiva del diritto l’elemento della causalità materiale”.

Il creditore, al contrario, è tenuto a provare, anche mediante presunzioni, il nesso eziologico fra la condotta del debitore, nella sua materialità, e il danno lamentato. “Successivamente a tanto sorgono poi gli oneri probatori del debitore, il quale deve provare o l’adempimento o che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. […]

Quando però viene in considerazione una prestazione professionale, ove “l’interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all’interesse primario del creditore, causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale (e non solo su quello strutturale) perché il danno evento consta non della lesione dell’interesse alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione, ma della lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato (…) la causalità materiale non è praticamente assorbita dall’inadempimento.

Quest’ultimo coincide con la lesione dell’interesse strumentale, ma non significa necessariamente lesione dell’interesse presupposto, e dunque allegare l’inadempimento non significa allegare anche il danno evento il quale, per riguardare un interesse ulteriore rispetto a quello perseguito dalla prestazione, non è necessariamente collegabile al mancato rispetto delle leges artis ma potrebbe essere riconducibile ad una causa diversa dall’inadempimento (…). Si riespande così, anche sul piano funzionale, la distinzione tra causalità ed imputazione soggettiva (…).

Persiste, nonostante l’inadempienza, la questione pratica del nesso eziologico fra il danno evento (lesione dell’interesse primario) e la condotta materiale suscettibile di qualificazione in termini di inadempimento.

Il creditore ha l’onere di allegare la connessione puramente naturalistica fra la lesione della salute, in termini di aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie, e la condotta del medico e, posto che il danno evento non è immanente all’inadempimento, ha anche l’onere di provare quella connessione, e lo deve fare sul piano meramente naturalistico sia perché la qualifica di inadempienza deve essere da lui solo allegata, ma non provata (appartenendo gli oneri probatori sul punto al debitore), sia perché si tratta del solo profilo della causalità materiale, il quale è indifferente alla qualifica in termini di valore rappresentata dall’inadempimento dell’obbligazione ed attiene esclusivamente al fatto materiale che soggiace a quella qualifica (…)”. Perciò nessun rimprovero può essere mosso alla sentenza impugnata quanto all’applicazione dell’art. 2697 c.c.”.

 

Le pronunce citate nell’ordinanza in commento:

 Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28991

Responsabilità civile – Professionisti – Medici e para medici – — In genere.

In tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione (perseguimento delle “leges artis” nella cura dell’interesse del creditore) ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato); sicché, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di responsabilità della struttura sanitaria:

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, n.26303

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile e inevitabile con l’ordinaria diligenza. (Nella specie, ha osservato la Suprema corte, la Corte d’appello, accertata la imperita prestazione professionale, ha rilevato, sulla scorta della verifica delle risultanze istruttorie, che tale condotta di inadempimento non aveva, tuttavia, interferito nella serie eziologica esitata nella ritardata esecuzione di interventi terapeutici ai quali – secondo la statistica sanitaria – veniva riconosciuta la possibilità – espressa in misura percentuale – di prolungamento della sopravvivenza del paziente, sicché è stata negata in concreto la esistenza del nesso di causalità materiale tra l’errore e l’evento lesivo della salute, sulla scorta del giudizio controfattuale, condotto con prognosi postuma, per cui alla corretta diagnosi non sarebbe, comunque, seguita alcuna prescrizione di intervento terapeutico e il paziente non avrebbe potuto – in ogni caso – beneficiare degli effetti (possibilità di sopravvivenza) di un anticipato trattamento, risultando dunque indimostrato il collegamento tra inadempimento professionale e perdita dei vantaggi conseguibili dal soggetto, con conseguente esonero da responsabilità della Azienda ospedaliera per il fatto commesso dai propri dipendenti.

 

Cassazione civile sez. VI, 02/09/2019, n.21939

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare – secondo il criterio del “più probabile che non” – l’esistenza del nesso causale tra l’azione o l’omissione dei sanitari e l’evento di danno (aggravamento della patologia esistente o insorgenza di una nuova malattia).

Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26700

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla paziente e dai suoi stretti congiunti, in relazione a un ictus cerebrale che aveva colpito la prima a seguito di un esame angiografico, sul rilievo che era mancata la prova, da parte degli attori, della riconducibilità eziologica della patologia insorta alla condotta dei sanitari, ed anzi la CTU espletata aveva evidenziato l’esistenza di diversi fattori, indipendenti dalla suddetta condotta, che avevano verosimilmente favorito l’evento lesivo).

Cassazione civile sez. III, 13/07/2018, n.18567

In tema di responsabilità sanitaria, il principio della vicinanza della prova, fondato sull’obbligo di regolare e completa tenuta della cartella clinica, le cui carenze e omissioni non possono andare a danno del paziente, non può operare in pregiudizio del medico per la successiva fase di conservazione: dal momento in cui l’obbligo di conservazione si trasferisce sulla struttura sanitaria, l’omessa conservazione è imputabile esclusivamente a essa. La violazione dell’obbligo di conservazione non può riverberarsi direttamente sul medico determinando un’inversione dell’onere probatorio.

Cassazione civile sez. III, 21/06/2018, n.16324

In tema di responsabilità sanitaria la dimostrazione dell’assolvimento dell’obbligo (di avere posto il paziente nelle condizioni) di prestare il consenso informato, che si qualifica quale obbligo contrattuale ex articolo 1218 del codice civile grava sulla struttura ospedaliera. La violazione di tale obbligo ha potenzialmente rilievo a prescindere dall’esito favorevole o meno della prestazione medica, in quanto in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione del paziente. La dimostrazione – invece – di un nesso causale tra la lesione del diritto di autodeterminazione e danno effettivamente subito, spetta al paziente, rientrando tale elemento tra gli oneri in capo all’attore qui dicet.

Cassazione civile sez. III, 31/05/2018, n.13752

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari.

Cassazione civile sez. III, 29/01/2018, n.2061

La responsabilità per attività medico chirurgica deve essere ricondotta al paradigma di cui all’articolo 1218. Deriva da quanto precede, pertanto, che il paziente creditore (e, per esso i suoi congiunti, in caso di malpractice medica che abbia comportato il decesso del primo) ha il mero onere di provare il contratto (o il contatto sociale) intercorso con la struttura e/o con il sanitario, nonché quello soltanto di allegare il relativo inadempimento o inesatto adempimento, e cioè la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza, non essendo invece tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria, nonché la relativa gravità. Nei giudizi risarcitori, in particolare, si delinea un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, a valle. Il primo, quello relativo all’evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto).

Cassazione civile sez. III, 13/10/2017, n.24073

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.

Cassazione civile sez. III, 26/07/2017, n.18392

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione assistenziale, l’onere di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa imprevedibile, inevitabile e non imputabile alla stessa sorge solo ove il danneggiato abbia provato la sussistenza del nesso causale tra la condotta attiva od omissiva dei sanitari e il danno sofferto.

Cassazione civile sez. III, 06/05/2015, n.8995

In materia di responsabilità contrattuale (nella specie, per attività medico-chirurgica), una volta accertato il nesso causale tra l’inadempimento e il danno lamentato, l’incertezza circa l’eventuale efficacia concausale di un fattore naturale non rende ammissibile, sul piano giuridico, l’operatività di un ragionamento probatorio “semplificato” che conduca ad un frazionamento della responsabilità, con conseguente ridimensionamento del “quantum” risarcitorio secondo criteri equitativi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito, in relazione al danno celebrale patito da un neonato, aveva posto l’obbligo risarcitorio interamente a carico della struttura sanitaria in cui egli era stato ricoverato immediatamente dopo il parto – avvenuto in altra struttura – e presso la quale aveva contratto un’infezione polmonare, e ciò sebbene le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio non avessero escluso la possibilità che un contributo concausale al pregiudizio lamentato fosse derivato da una patologia sviluppata in occasione della nascita).

Cassazione civile sez. III, 12/09/2013, n.20904

Allorquando la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, cioè sul presupposto che fra il paziente ed il medico e/o la struttura sanitaria sia intercorso un rapporto contrattuale (o da “contatto”), la distribuzione, “inter partes”, dell’onere probatorio riguardo al nesso causale deve tenere conto della circostanza che la responsabilità è invocata in forza di un rapporto obbligatorio corrente fra le parti ed è dunque finalizzata a far valere un inadempimento oggettivo. Ne consegue che, per il paziente/danneggiato, l’onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale – quando l’impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava – si sostanzia nella prova che l’esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall’insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA