Colpa medica penale: va annullata per vizio di motivazione la sentenza di appello che non risponde adeguatamente alla censure sulla assenza del nesso di causalità o della colpa (o sul grado della medesima) articolate con l’impugnazione di merito.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 18347.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesioni colpose in campo medico, si sofferma sull’obbligo da parte del giudice di appello di dare adeguata risposta alle doglianze articolate dalla difesa degli appellanti con l’impugnazione di merito tesa a scardinare il percorso giustificativo indicato dal primo giudice nella parte motiva della sentenza di condanna.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, richiamando plurimi arresti giurisprudenziali, enuncia il principio di diritto secondo cui l’accertamento della responsabilità penale del medico deve investire l’esistenza di linee guida applicabili al caso concreto, la sussistenza del nesso causale tra condotta contrastante con le linee guida ed evento lesivo, nonché il grado della colpa addebitabile al sanitario determinante soprattutto se il fatto in contestazione può essere scrutinato alla stregua delle due apparati normativi che si sono avvicendati nel tempo (legge Balduzzi prima, Gelli-  Bianco dal 01-.04.20179).

Il mancato rispetto dell’obbligo di motivazione adeguata da parte dei giudici di merito può essere conducente rispetto al vizio di motivazione denunciabile con il ricorso per cassazione ex art. 606, lett. e, c.p.p.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 18347/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di linee guida e colpa, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il caso clinico, il reato contestato e la doppia conforme di merito.

Nel caso di specie agli imputati, tratti  a giudizio nella qualità di medici chirurghi della casa di cura, era stata  addebitata la cooperazione colposa nel delitto prevsito e punito dagli artt. 590, 583 c.p., per aver cagionato al paziente lesioni personali gravi consistenti in colostomia sinistra, laparocele mediano mesogastrico ed addome ostile, che determinava un indebolimento permanente della funzione contenitiva della parete addominale e della funzione di assorbimento del colon con prognosi superiore a 40 giorni.

In particolare al primo dei prevenuti – che aveva sottoposto il paziente ad intervento chirurgico per asportazione per via endoscopica di una massa complex dell’ovaio sinistro – era contestato di aver omesso di considerare tempestivamente la complicanza post operatoria della lesione della parete del retto, (nonostante essa risultasse evidente dagli esami ematochimici e dalla T.A.C.) e per aver eseguito tardivamente il secondo intervento chirurgico di colostomia.

Al secondo imputato si contestava di aver omesso, in sede di seconda operazione chirurgica, di valutare tempestivamente la diagnosi di addome acuto e shock settico e, conseguentemente, di attuare il necessario drenaggio percutaneo della raccolta intraperiepatica.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Latina aveva condannato i giudicabili per il reato loro ascritto.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

I prevenuti, per il tramite dei rispettivi difensori, proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione annullandola, altresì, agli effetti civili in ragione del riscontrato vizio di motivazione, rimettendo quindi l’ulteriore prosieguo al giudice civile competente per grado (Corte di appello di Roma).

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento che indicano il percorso logico – giuridico che deve osservare il giudice penale nell’esercizio dell’attività giurisdizionale:

“L’introduzione, ad opera del c.d. decreto Balduzzi, del parametro di valutazione dell’operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali, con la più incisiva conferma di tale parametro ad opera della legge n.24/2017, ha modificato i termini del giudizio penale imponendo al giudice, non solo una compiuta disamina della rilevanza penale della condotta colposa ascrivibile al sanitario alla luce di tali parametri ma, ancor prima, un’indagine che tenga conto dei medesimi parametri allorché si accerti quello che sarebbe stato il comportamento alternativo corretto che ci si doveva attendere dal professionista, in funzione dell’analisi controfattuale della riferibilità causale alla sua condotta dell’evento lesivo.

Una decisione, come quella in esame, in cui si sia trascurato di indicare a quali linee-guida o, in mancanza, a quali buone pratiche clinico-assistenziali si ispira la descrizione del comportamento doveroso, di valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri in relazione al concreto rischio che si sarebbe dovuto evitare, e di specificare la natura ed il grado della colpa considerando se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali, risulta viziata da carenza di motivazione (in merito alla distinzione tra attuazione ed adattamento rispetto alle linee-guida ovvero alle best practices, Sez. 4, n.15258 del 11/02/2020, Rv. 27924202).

Con specifico riferimento all’esercente una professione sanitaria va, infatti, rammentato che sì può parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento, quando cioè il gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente; e quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata dall’impellenza, tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del professionista che, pur essendosi uniformato ad una accreditata direttiva, non sia stato in grado di produrre un trattamento adeguato e abbia determinato, anzi, la negativa evoluzione della patologia (Sez.4, n.16237 del 29/01/2013, Rv. 25510501).

Del pari, va ricordato quanto già osservato dalla giurisprudenza di legittimità a proposito della misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare che si doveva osservare: «sul punto, … possono venire in rilievo, nel determinare la misura del rimprovero, sia le specifiche condizioni del soggetto agente ed il suo grado specializzazione, sia la situazione ambientale, di particolare difficoltà, in cui il professionista si è trovato ad operare. E preme sottolineare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il giudice di merito deve procedere ad una valutazione complessiva di tali indicatori – come pure di altri, quali l’accuratezza nell’effettuazione del gesto medico, le eventuali ragioni di urgenza, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data e così di seguito – al fine di esprimere la conclusiva valutazione sul grado della colpa, ponendo in bilanciamento fattori anche di segno contrario, che ben possono coesistere nell’ambito della fattispecie esaminata, non dissimilmente da quanto avviene in tema di concorso di circostanze» (Sez.4, n.22281 del 15/04/2014, Rv. 26227301)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.15258

In tema di responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria, ai fini della personalizzazione del rimprovero assume rilevanza il grado della colpa, da valutare alla stregua di molteplici indici, tra cui: a) la misura di deviazione della condotta rispetto al comportamento alternativo lecito, la quale, per determinare la gravità della colpa, deve essere ragguardevole (vale a dire che il gesto tecnico deve essersi notevolmente discostato dalle necessità di adeguamento alle peculiarità del caso clinico); b) il grado di riconoscibilità, da parte dell’imputato, della situazione di rischio, e conseguentemente la misura di prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo, rilevando a tal proposito l’eventuale oscurità o equivocità del quadro clinico, nonché il grado di urgenza dell’intervento medico; c) la condizione personale dell’agente; d) il possesso di qualità personali utili a fronteggiare la situazione pericolosa; e) le motivazioni della condotta.

Cassazione penale sez. IV, 15/04/2014, n.22281

In tema di responsabilità medica, la colpa grave a norma dell’art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, si configura quando si è in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, come definito dalle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, tenuto conto della necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle specifiche condizioni del paziente.

 

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2013, n.16237

L’art. 3 l. 8 novembre 2012, n. 189 ha determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie. La modifica normativa, infatti, esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all’interno dell’area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. Alla stregua della nuova legge, le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l’esercente le professioni sanitarie; e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti. Alla luce della nuova normativa, l’entità della violazione va rapportata agli standard di perizia richiesti dalle linee guida, dalle virtuose pratiche mediche o, in mancanza, da corroborate informazioni scientifiche di base: quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa; e si potrà ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato definito dalle standardizzate regole d’azione. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa a carico di un medico chirurgo, che, nel corso dell’esecuzione, in una clinica privata, di intervento di ernia discale recidivante, aveva leso la vena e l’arteria iliaca del paziente, causandone la morte, in ragione della novella costituita dalla l. n. 189/2012 che in punto di responsabilità professionale ha escluso la rilevanza penale delle condotte determinate da colpa lieve del sanitario).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di linee guida e colpa:

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189 (cosiddetta legge Balduzzi), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida (nella specie, da questa premessa la Corte ha fatto discendere la conseguenza che, a fronte di due pareri discordanti dei consulenti dell’accusa e della difesa su circostanze non espressamente valutate dalle linee guida, ma che hanno, tuttavia, caratterizzato il caso esaminato dal medico, la decisione dei giudici di merito che scelga tra le due posizioni non può fondarsi sul mero rinvio alle linee guida, che non contemplano e non valutano dette circostanze e che, proprio perché elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete).

Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.15258

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, nel giudizio sulla gravità della colpa deve tenersi conto – oltre che delle specifiche condizioni del soggetto agente, del suo grado di specializzazione e della situazione specifica in cui si è trovato ad operare – della natura della regola cautelare violata, in quanto l’eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle stesse da parte dell’agente.

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2019, n.5315

Ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce ex se un aggravamento della lesione e della relativa perturbazione funzionale, assume rilievo penale allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute (fattispecie in tema di responsabilità medica da ritardata diagnosi in relazione alla prospettata configurabilità della medesima dinanzi all’allungamento dei tempi di guarigione).

Cassazione penale sez. IV, 12/06/2019, n.39727

In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’aiuto chirurgo, componente dell’equipe medica che aveva provveduto all’esecuzione di un parto cesareo nel corso del quale si erano manifestate evidenti situazioni critiche interne, per non avere dissentito dall’operato del primario e non averlo indirizzato alla immediata isterectomia, che avrebbe impedito il verificarsi della successiva emorragia, causa della morte della partoriente).

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26906 

Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).

Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 590-sexies c.p., in mancanza di linee – guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’art. 5 l. n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanza cliniche.

Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270

In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del medico specializzando in fase avanzata che, per imperizia grave nella gestione della terapia di una paziente oncologica, aveva trascritto nel foglio di prescrizione interna un medicinale in quantità errata cagionandone il decesso).

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2019, n.28086

Il secondo comma dell’ art. 590 sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la pro­fessione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta (anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse. La pronunzia peraltro ha ritenuto inapplicabile al caso concreto la causa di non punibilità, essendo la colpa dell’agente connotata anche da imprudenza e negligenza.

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.9447

In tema di responsabilità medica, le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate ai sensi dell’art. 5, legge 8 marzo 2017, n. 24, benché non costituiscano veri e propri precetti cautelari vincolanti, tali da integrare, in caso di violazione rimproverabile, ipotesi di colpa specifica, rappresentano i parametri precostituiti a cui il giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia, cosicché, in caso di accertata violazione di linee guida adeguate al caso concreto, la verifica del grado della colpa non rileva ai fini dell’affermazione della responsabilità, ma può rilevare ai fini del trattamento sanzionatorio ed ai fini delle conseguenze civilistiche di tipo risarcitorio.

Cassazione penale sez. IV, 09/01/2019, n.8115

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; non trova, invece, applicazione la predetta causa di non punibilità nei casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e, dunque, selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2018, n.8086

Integra il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. la condotta del medico endocrinologo che, nel corso della dieta dimagrante sottoposta ad una paziente, ne abbia provocato il decesso attraverso la prescrizione del farmaco fendimetrazina nonostante il divieto disposto da diversi decreti ministeriali succedutisi negli anni, per un periodo superiore a tre mesi in violazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), d.m. 18 settembre 1997, pur conoscendo i rischi legati all’uso di tale farmaco in combinazione ad altri, ed omettendo di acquisire le informazioni anamnesiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità della cura per una paziente debilitata dalla perdita di 40 kg in sei mesi (nello specifico la suprema Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale sulla base del giudizio controfattuale espresso dai periti, ad avviso dei quali la paziente “con elevato grado di probabilità logico-razionale” non sarebbe deceduta ove non avesse assunto le sostanze prescritte dall’imputato, “nelle forme e nella cronologia al dunque registrate”, attesa l’assenza di “chiavi di lettura alternative a quella complessivamente identificata come riconducibile al meccanismo di azione proprio dei simpaticomimetici). 

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

Cassazione penale sez. IV, 16/10/2018, n.49884

In tema di responsabilità medica, poiché con la legge 8 marzo 2017, n. 24, il legislatore ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell’attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche controllate, rappresentate dalle linee guida, è viziata la motivazione della sentenza che abbia recisamente escluso la rilevanza di queste ultime per non aver l’imputato soddisfatto il relativo onere di allegazione.

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

L’art. 590-sexiesc.p. prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 c.p. o di quello dell’art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse” … in particolare «la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (nel caso di specie, contraddistinto da colpa grave per negligenza, la Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 590-sexies c.p., la cui portata è, infatti, limitata ai soli casi di imperizia lieve nell’esecuzione delle linee guida adeguate al caso concreto).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

Non trova applicazione la causa di “non punibilità” prevista dall’art. 590 sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, qualora l’evento lesivo verificatosi in ambito sanitario sia dipeso da colpa da imprudenza o da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle linee guida (nel caso di specie non trova applicazione l’art. 590 sexies c.p. risultando la condotta del chirurgo secondo operatore caratterizzata sia da negligenza esecutiva per disattenzione nell’assolvimento dei compiti allo stesso assegnati in seno all’equipe, sia da grave imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748

In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di lenee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale.

Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, n.36723

In tema di successione di leggi in materia di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, in caso di errore dovuto ad imperizia non grave intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, la norma di cui all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189), prevedendo una parziale “abolitio criminis”, deve ritenersi più favorevole rispetto a quella di cui all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6, legge 8 marzo 2017, n. 24, che configura una mera causa di non punibilità.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

In tema di colpa, l’imprudenza consiste nella realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri e altrui (affermazione resa nell’ambito di procedimento a carico di un medico, cui era stata qualifica come “imprudente” la condotta che si assumeva colposa assunta nella vicenda che aveva portato al decesso una paziente; la Corte, nell’annullare con rinvio la decisione di condanna, ha osservato come impropriamente fosse stata ravvisata l’imprudenza sul rilievo che la condotta tenuta dal medico, più che un’attività positiva, era consistita – secondo la stessa corte di merito – in un’omessa o incompleta diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione della sintomatologia che la paziente presentava, dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici e dalla prescrizione di un presidio terapeutico generico: situazioni che, semmai, potevano ascriversi al profilo della negligenza, in parte, e sotto altro profilo, a quello dell’imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

Non si può escludere l’imperizia del medico, scambiandola per imprudenza, impedendo l’applicabilità dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge Gelli Bianco, che esclude la punibilità proprio in caso di imperizia quando sono rispettate le linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Ad affermarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso di un medico accusato di non aver diagnosticato una perforazione, che poteva essere verificata con appositi esami diagnostici, e di aver scelto una linea “attendista”, e perciò condannato in appello per omicidio colposo a seguito della morte del paziente avvenuta nel corso del post operatorio. Per la Corte nella fattispecie assume rilievo proprio l’osservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali; nello specifico, in assenza di linee guida concordanti sul punto, il riferimento doveva essere ai criteri della vigile attesa accreditati dalla letteratura scientifica.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

In tema di colpa medica, non si può escludere l’imperizia del medico solo in virtù del suo noto valore clinico, non dovendo la nozione di imperizia essere rivolta al soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capacità professionali, ma al singolo atto qualificato come colposo e che viene a lui addebitato. (Nella fattispecie ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva erroneamente qualificato come imprudente la condotta di un medico per la morte di una paziente deceduta in seguito alle complicazioni post-operatorie).

Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770

L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio dell’attività medico chirurgica: a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali; c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “ lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta delle linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.

 

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038

L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.

Cassazione penale sez. IV, 11/07/2017, n.44622

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago).

Cassazione penale sez. IV, 18/05/2017, n.43476

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo) .

Cassazione penale sez. IV, 20/04/2017, n.28187

Il concorso colposo risulta configurabile anche rispetto al delitto doloso, purché il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa, dovendosi altresì verificare che la regola cautelare violata sia diretta a prevenire anche il rischio dell’atto doloso del terzo e che quest’ultimo risulti prevedibile per l’agente chiamato a rispondere a titolo di colpa (principio affermato, nella specie, con riguardo al caso di un medico psichiatra cui si addebitava di non avere sottoposto ad un trattamento farmacologico adeguato alla sua effettiva e riconoscibile pericolosità un soggetto affidato alle sue cure, il quale aveva quindi commesso un omicidio).

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.33609

É responsabile di omicidio colposo, per violazione dei parametri della colpa generica, il medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria di una casa di cura il quale ometta l’adozione di adeguate misure di protezione idonee a impedire che una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontani dalla stanza in cui è ricoverata, raggiunga un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera e si uccida lasciandosi cadere nel vuoto.

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.40703

In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).

 Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028

Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.

Cassazione penale sez. IV, 14/04/2016, n.31490

Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).

Cassazione penale sez. IV, 07/01/2016, n.1846

In tema di colpa medica – in considerazione della posizione di garanzia che il medico assume nei confronti del paziente con l’instaurazione della relazione terapeutica – il sanitario che, avendo in cura il paziente per stati di ansia o sindrome depressiva, in presenza di apprezzabili indici significativi di un atteggiamento di negazione di patologie di diversa natura, ometta di approfondire le condizioni cliniche generali dell’assistito e di assumere le necessarie iniziative per indurlo alla cura di tale patologia, è responsabile per le prevedibili conseguenze lesive derivate dalla patologia medesima. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza che aveva escluso la responsabilità di un neurologo in relazione al decesso di una sua paziente affetta da patologia oncologica non ritenendo adeguatamente provati né il presupposto di fatto dell’omesso approfondimento delle condizioni generali della paziente, che era stata comunque avviata ad una visita specialistica, né il nesso causale, essendo incerto il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia).

Cassazione penale sez. IV, 03/12/2015, n.20125

Per la configurabilità della cooperazione colposa disciplinata dall’art. 113 c.p. è sufficiente la consapevolezza in capo all’agente della partecipazione di altri soggetti, indipendentemente dalla specifica conoscenza sia delle persone che operano sia delle specifiche condotte da ciascuna di esse poste in essere: è l’ipotesi che può verificarsi presso una struttura ospedaliera allorquando più sanitari, in successione, visitino il paziente. In proposito, ai fini della responsabilità del singolo operatore viene in rilievo il principio dell’affidamento, che peraltro non è invocabile quando il soggetto su cui grava l’obbligo di garanzia – e che invochi l’affidamento nell’altrui condotta – abbia posto in essere una condotta colposa, con efficienza causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa di chi sia intervenuto successivamente. In tale evenienza, infatti, sussisterebbe la responsabilità anche del primo soggetto, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che tuttavia deve avere avuto caratteristiche di eccezionalità tali da far venir meno la situazione di pericolo originariamente provocata o tali da modificare la pregressa situazione, a tal punto da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.

By Claudio Ramelli @riproduzione riservata