Risponde di bancarotta fraudolenta documentale l’imprenditore che, rientrando in possesso delle scritture contabili della società, ometta di consegnarle alla curatela una volta intervenuto il fallimento dell’impresa.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 21468.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta documentale, si sofferma tema del dolo connesso alla mancata consegna delle scritture contabili da parte dell’amministratore al curatore fallimentare che ne aveva fatto richiesta come per legge.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento chiarisce come nel caso di specie la richiesta di restituzione da parte dell’imprenditore, prima del fallimento della società, della contabilità affidata ad uno studio contabile e, successivamente, la mancata consegna delle stesse al curatore fallimentare (condotta assimilabile a quella di sottrazione delle scritture contabili prevista dalla fattispecie incriminatrice), depongono per la sussistenza del dolo specifico consistente nel fine di recare pregiudizio ai creditori, impedendo loro di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari, non potendosi rinvenire altra possibile spiegazione alternativa alla mancata consegna dei documenti contabili alla curatela.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta documentale, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato, tratto  a giudizio nella qualità di amministratore della società dichiarata fallita, era stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale per aver omesso la consegna delle scritture contabili al curatore fallimentare al fine di recare pregiudizio ai creditori.

La Corte di appello di Ancona confermava la sentenza con la quale il GUP presso il Tribunale di Fermo aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie, dichiarando nel resto inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Indi, su tale premessa, e tenuto conto della pluralità degli ulteriori elementi emersi, puntualmente passati in rassegna nel provvedimento impugnato, la Corte territoriale, con motivazione qui non censurabile per la sua esaustività e logicità, ha coerentemente posto in relazione la richiesta di [omissis] di restituzione delle scritture contabili con la dichiarazione di fallimento che sarebbe seguita di lì a meno di un anno, quale elemento che depone per una programmata sparizione delle scritture contabili finalizzata a impedire ai creditori della società, ( nel caso in esame, I.N.P.S. e lavoratori dipendenti), la ricostruzione del movimento di affari e l’entità del patrimonio sociale a garanzia dei creditori, e quindi a recare danno ad essi. […]

Con valutazione logica e coerente con le evidenze disponibili la Corte territoriale ha ritenuto che il complesso degli elementi probatori in atti depongano, univocamente, per la sussistenza del dolo specifico del reato contestato non rinvenendosi plausibile spiegazione alternativa alla richiesta di restituzione delle scritture contabili e all’omessa consegna delle medesime dal ricorrente al curatore fallimentare, se non una preordinata predisposizione dell’impossibilità per i creditori di ricostruire il patrimonio della società, il movimento degli affari, l’individuazione della garanzie per i loro crediti, al fine precipuo di recar loro pregiudizio. D’altronde per la sussistenza del reato è sufficiente l’accertamento di una delle condotte previste dalla norma – nel caso di specie la mancata consegna è stata ritenuta equiparabile alla sottrazione delle scritture contabili in cui essa si è di fatto risolta – e la presenza in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 216 legge fallimentare – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta fraudolenta documentale:

Cassazione penale sez. V, 30/11/2020, n.36870

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.

 

Cassazione penale sez. III, 20/10/2020, n.6164

Concorre, in qualità di concorso dell’extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il consulente che – consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto – fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.

 

Cassazione penale sez. V, 08/10/2020, n.33114

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma 1, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta l’individuazione della prova del dolo specifico sufficiente ad integrare la condotta di occultamento nell’approvazione, da parte del liquidatore della società, di due bilanci successivi senza avere la disponibilità delle scritture contabili).

 

Cassazione penale sez. V, 24/09/2020, n.32413

In tema di reati fallimentari, è sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell’amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto. (Fattispecie relativa ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di fallimento per effetto di operazioni dolose di una società “cartiera”, in cui la prova del dolo dell’amministratore di diritto è stata desunta dalla dichiarata conoscenza della indisponibilità di un magazzino a fronte di un elevato fatturato). 

 

Cassazione penale sez. V, 06/07/2020, n.22486

La bancarotta documentale ed il reato tributario di occultamento o distruzione di documenti contabili concretizzano una ipotesi di concorso formale di reati e, ove processualmente trattati congiuntamente, non configurano alcuna possibile preclusione sostanziale in termini di violazione del divieto di bis in idem. Viceversa, laddove tali fattispecie, pur aventi lo stesso oggetto materiale, siano state trattate e giudicate separatamente, e sia per una di esse già intervenuta una sentenza definitiva, l’azione penale per l’altro e residuo reato non potrà essere esercitata e, ove ciò sia avvenuto, la medesima azione dovrà essere dichiarata improcedibile, mentre ove sia già intervenuta una condanna la stessa dovrà essere annullata in sede esecutiva.

 

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.21028

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale anche quando la documentazione possa essere ricostruita “aliunde”, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari. (Fattispecie relativa alla fraudolenta esposizione di liquidità in conto cassa, a fronte di una acclarata situazione di dissesto, rilevata attraverso l’esame della documentazione bancaria).

 

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.14689

Soggetto attivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, anche nel caso di nomina di un amministratore giudiziario a seguito di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione delle quote e dell’azienda di una società, è l’amministratore di questa, in quanto il sequestro non comporta la modificazione del contratto di società o la sostituzione degli organi della persona giuridica, rivestendo l’amministratore giudiziario, ai sensi dell’art. 35, comma 5, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, il ruolo di mero custode dei beni sequestrati e non di legale rappresentante o nuovo amministratore della società oggetto di sequestro.

 

Cassazione penale sez. V, 11/02/2020, n.11752

Artifici contabili posti in essere dagli amministratori della società fallita intesi a stornare crediti vantati dalla medesima per iscriverli quali sopravvenienze passive non possono mai integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non venendo in alcun modo in essere in tale ipotesi una diminuzione, effettiva o fittizia, del patrimonio sociale.

 

Cassazione penale sez. V, 13/01/2020, n.5081

In tema di bancarotta documentale, la condotta di falsificazione delle scritture contabili prevista dalla prima parte dell’art. 216, comma 1 n.2, l. fall. può avere natura tanto materiale che ideologica, consistendo comunque nella manipolazione di una realtà contabile già definitivamente formata; diversamente, la bancarotta documentale “generica” prevista dalla seconda parte della norma si realizza sempre con una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come bancarotta documentale “generica” una condotta consistita nell’annotazione in contabilità di importi inferiori rispetto a quelli fatturati ed incassati, con conseguente occultamento dell’effettivo volume di affari).

 

Cassazione penale sez. V, 07/11/2019, n.18320

Integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali. (Fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore).

 

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.77

In tema di reati fallimentari, l’articolo 216, comma, 1, numero 2, l. fall. configura due diverse ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima consiste nella sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture ed è caratterizzata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto, profitto o di recare pregiudizio ai creditori. La seconda – cosiddetta “generale” – si configura quando la contabilità sia tenuta in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ciò sia nel caso in cui detta impossibilità sia assoluta, sia quando essa semplicemente ostacoli (con difficoltà superabili solo con particolare diligenza) gli accertamenti da parte degli organi fallimentari. Avuto riguardo al versante soggettivo, questa seconda forma di bancarotta documentale è reato a dolo generico, che consiste nella consapevolezza, in capo all’agente, che, attraverso la volontaria tenuta della contabilità in maniera incompleta o confusa, possa risultare impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio o dell’andamento degli affari; è esclusa, di contro, l’esigenza che il dolo sia integrato dall’intenzione di impedire detta ricostruzione, in quanto la locuzione in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari connota la condotta – della quale costituisce una caratteristica – e non la volontà dell’agente, sicché è da respingere l’idea che essa richieda il dolo specifico.

Cassazione penale sez. V, 04/07/2019, n.37878

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l.fall. Tale ragionamento può essere esteso alla bancarotta documentale semplice, dal momento che la norma punitiva utilizza le stesse nozioni cui è ancorata l’interpretazione citata.

 

Cassazione penale sez. V, 27/05/2019, n.34146

È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella falsificazione del libro soci di una società a responsabilità limitata allorché tale condotta incida sulla ricostruzione del patrimonio e degli affari, volta a garantire gli interessi dei creditori. (Nella specie la Corte ha individuato il dolo specifico del reato in questione sia nello scopo di procurare a sé l’ingiusto profitto di andare esente dalla responsabilità illimitata di cui all’ art. 2462, comma 2, c.c., sottraendosi agli adempimenti di cui agli artt. 2464 e 2470 c.c., sia in quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo l’identificazione del socio unico).

 

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.32001

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ex articolo 216 comma 1 n. 2 della Legge fallimentare, prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico. Pertanto, in caso di contestazione della prima ipotesi, ovvero sottrazione, distruzione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, è necessaria la dimostrazione del dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori. A ricordarlo è la Cassazione per la quale, nel caso di specie, il generico riferimento alla impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento di affari è un elemento estraneo alla fattispecie, che invece rientra nel raggio d’azione del dolo generico della seconda ipotesi.

 

Cassazione penale sez. V, 01/04/2019, n.19981

In particolare, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatore e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. In ogni caso occorre aver riguardo non già all’entità del passivo ed alla differenza fra attivo e passivo, bensì alla effettiva diminuzione patrimoniale cagionata ai creditori dai fatti di bancarotta dei quali l’imputato deve rispondere.

 

Cassazione penale sez. V, 05/03/2019, n.26379

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che, a fronte della contestazione di un’ipotesi di sottrazione o distruzione della contabilità, aveva affermato la responsabilità dell’imputato per la diversa ipotesi di concorso nell’omessa regolare tenuta delle scritture contabili, dando peraltro atto nella motivazione dell’assenza della prova di una “sia pur parziale tenuta delle scritture contabili”).

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34111

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34112

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per poter fondare la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetta “testa di legno”), alla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dalla accettazione della carica deve essere aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta, bensì effettiva e concreta, della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di farne emergere la strumentalità verso fini di pregiudizio in danno dei creditori: ciò che è imposto dal rispetto del principio costituzionale di colpevolezza. Infatti, se non è revocabile in dubbio che la carica di amministratore di diritto di una società conferisca alla persona che la ricopre doveri di vigilanza e controllo (sintetizzabili nella posizione di garanzia ex articolo 2392 del codice civile), la cui violazione comporta responsabilità penale a titolo di dolo generico, è pur vero che l’addebito di consapevole mancanza di condotta impeditiva del fatto illecito può muoversi soltanto quando la condotta omissiva sia stata accompagnata dalla rappresentazione della situazione anti-doverosa, onde legittimare la prefigurazione dei consequenziali eventi tipici del reato, o, nella prospettazione del dolo eventuale, l’accettazione del rischio del loro accadimento. Riconoscendo, invece, tout court la responsabilità dell’amministratore di diritto, per i fatti di dolosa manipolazione delle scritture o di volontaria, scorretta tenuta del compendio contabile commessi dall’amministratore di fatto si correrebbe il rischio di attentare al principio di personalità della responsabilità penale, ovvero traslare il dolo della bancarotta fraudolenta in un addebito a sfondo meramente colposo.

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

In tema di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216, comma 1, n. 2, l. fall., il dolo generico deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma 2, l. fall.; né può essere dedotto dalla circostanza che l’imprenditore si sia reso irreperibile dopo il fallimento, costituendo detta condotta un “posterius” rispetto al fatto-reato. (Nella fattispecie, in cui l’imputata era stata assolta da una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la Corte ha evidenziato la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito residuo, la cui prova non poteva giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale).

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2019, n.10647

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (nella specie, la Corte ha ritenuto necessario un nuovo esame per l’imputato che, avendo sottratto i libri e le altre scritture contabili dalla propria impresa individuale, era stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale senza però che venisse accertata la sussistenza del dolo specifico).

 

Cassazione penale sez. V, 08/02/2019, n.18271

Va annullata, perché inficiata dal vizio di mancata motivazione, la sentenza di merito che aveva condannato per il reato di bancarotta semplice documentale l’amministratore unico di una società fallita, escludendo la ricorrenza della causa di forza maggiore legata alla circostanza che la contestata omissione della tenuta delle scritture contabili si era verificata nel periodo in cui l’imputato era assoggettato a pretese estorsive di matrice mafiosa e aveva perso la disponibilità di accedere ai locali aziendali, senza tener conto del contenuto di una pronuncia con cui lo stesso, all’esito di un procedimento relativo a un fatto coevo e parimenti connesso alla gestione dell’impresa dove si configurava un reato tributario, era stato assolto per difetto dell’elemento soggettivo in ragione dello status di vittima di estorsione.

 

Cassazione penale sez. V, 03/12/2018, n.7888

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, l. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto).

 

Cassazione penale sez. V, 19/10/2018, n.53210

La bancarotta semplice documentale è punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore dell’art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di ‘previsione espressa’ non equivale a quella di ‘previsione esplicita’ e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 16/10/2018, n.54516

In tema di reati fallimentari, l’art. 220, comma 1, ultima parte, legge fall., sanzionando la violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, n. 3 e 49 legge fall., prevede due autonomi reati, dei quali solo il primo, integrato dall’omesso deposito delle scritture contabili, è assorbito dal reato di bancarotta fraudolenta documentale, mentre l’ulteriore reato di inosservanza dell’obbligo di comparizione personale del fallito davanti agli organi della procedura concorre con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, trattandosi di condotte distinte e lesive di interessi diversi, in quanto l’art. 49 legge fall. tutela l’interesse all’acquisizione di conoscenze di carattere generale e non meramente documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 11/10/2018, n.18912

In genere, per aversi bancarotta fraudolenta documentale non può mai intendersi sufficiente la mera colpa; per le ipotesi di tenuta delle scritture con modalità tali da non permettere la ricostruzione del movimento degli affari dell’impresa può essere sufficiente il dolo generico, non anche per i casi di sottrazione o distruzione (come pure di falsificazione).

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale , sez. V , 01/10/2018 , n. 53193

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 1925

In materia fallimentare, la ricostruzione della documentazione contabile, attraverso il ricorso a una contabilità parallela in nero, creata per occultare condotte distrattive e di evasione di imposta, non esclude la bancarotta fraudolenta documentale. La necessità di acquisire i dati patrimoniali e finanziari dalla contabilità in nero è, infatti, la prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture era tale da non rendere possibile un’affidabile ricostruzione del patrimonio o del movimento dì affari della società. A precisarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso dell’amministratore unico di una Srl dichiarata fallita e dl una sua collaboratrice per aver sottratto dalle casse sociali due milioni e 600mila euro e falsificato libri e scritture, creando una contabilità parallela e occulta. Per la Corte, in particolare, i semplici appunti, sia manoscritti che informatici, provenienti dall’imputato, specie se destinati a restare clandestini, non possono essere considerati scritture informali di supporto, ma solo documenti clandestini utilizzabili solo da chi, all’interno del gruppo, era a conoscenza dei ricavi in nero.

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 

Cassazione penale , sez. V , 05/07/2018 , n. 49499

Il comportamento postumo del terzo extraneus non configura il concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus; la condotta deve essere anteriore o concomitante. Ad affermarlo è la Cassazione che ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito nei confronti di un commercialista a titolo di terzo extraneus nel delitto di bancarotta patrimoniale e documentale commesso dall’amministratore di due Srl. La condotta contestata, ovvero l’adoperarsi per ritardare la dichiarazione di fallimento, era però successiva a quella della manager, sicché per il professionista non può esservi partecipazione nel reato. Per i giudici di legittimità, infatti, l’individuazione del momento della consumazione del reato “non può portare alle estreme e fuorvianti conseguenze di considerare quale condotta di concorso in un atto distrattivo dell’intraneus un comportamento posto in essere dall’extraneus in modo autonomo, senza preventivo concerto e in un’epoca successiva alla condotta dell’intraneus nel frattempo già esaurita”.

 

Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568        

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’ art. 216, comma primo, n. 2, L. fall .

 

Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, nell’ipotesi di incorporazione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo la società incorporante, è possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni della società incorporata anche in relazione a condotte illecite riguardanti quest’ultima e commesse prima della fusione, in quanto i rapporti giuridici facenti capo all’incorporata non si estinguono, ma si trasferiscono alla società incorporante.

 

Cassazione penale , sez. V , 15/03/2018 , n. 21920

La chiusura del fallimento conseguente all’esito positivo del concordato previsto dagli artt. 124 e seguenti della legge fallimentare non comporta l’estinzione dei reati fallimentari contestati (nella specie la bancarotta documentale fraudolenta) posto che, invece, l’indicata chiusura non rimuove la dichiarazione di insolvenza della società contenuta nella pronuncia del fallimento, che può essere annullata solo impugnando la stessa. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo l’annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento determinerebbe l’insussistenza dei reati fallimentari per il mancato avveramento della condizione obiettiva di punibilità, costituita dalla predetta pronuncia).

 

Cassazione penale , sez. V , 13/02/2018 , n. 16744

In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall ., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.

 

Cassazione penale , sez. V , 13/11/2017 , n. 11049

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 2, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’ art. 10 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

 

Cassazione penale , sez. V , 28/06/2017 , n. 43966

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico.

Cassazione penale , sez. V , 20/06/2017 , n. 35591

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA