Lesioni colpose contestate al medico: va annullata la sentenza viziata da motivazione del tutto carente in punto di giudizio controfattuale o di linee guida e grado della colpa rimproverabile al sanitario.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 24835.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesioni personali colpose in campo medico, si sofferma sull’onere motivazionale gravante sul giudice del merito che deve sostenere l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, esprime il principio di diritto secondo cui la declaratoria di responsabilità penale del medico per un reato omissivo colposo, in punto di condotta materiale presuppone l’accertamento, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sussistenza del nesso causale tra la condotta doverosa omessa e l’evento lesivo.

Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato afferma poi la Cassazione che è obbligo al giudice del merito individuare, nello specifico, il grado della colpa del sanitario – ai fini della determinazione della normativa applicabile –  nonché la conformazione o meno dell’operato del professionista alle linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali applicabili nel caso concreto.

Ne consegue che la motivazione carente o apodittica su anche uno solo di tali punti determina inevitabilmente l’annullamento della sentenza impugnata con il ricorso di legittimità.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di giudizio controfattuale ed elemento soggettivo nell’ambito della responsabilità penale medica, oltre agli approfondimenti sul tema, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, tratto a giudizio nella qualità di medico specialista in chirurgia plastica ed estetica in servizio presso l’ospedale, era stato contestato il delitto previsto e punito  dall’art. 590 c.p. per aver cagionato alla paziente, in sede di medicazione di controllo delle ustioni da abrasione al dorso del piede, lesioni personali consistite nel prolungamento della malattia per un periodo inferiore a venti giorni.

In particolare al sanitario si rimproverava di aver omesso di rimuovere le garze e la cute di suino in precedenza applicata ed infettatasi, di controllare l’infezione e di applicare una nuova matrice acellulare dopo adeguata preparazione del letto della ferita, nonché di aver omesso di effettuare una cultura su tampone delle garze e delle ferite e di prescrivere terapia antibiotica endovenosa a base di Ciprofloxacina.

Il Giudice di pace di Genov all’esito del giudizio di primo grado condannava il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di primo grado, deducendo, con un unico motivo di gravame, il difetto di motivazione e la mancata assunzione di una prova decisiva.

La Suprema Corte ha annulla la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame al Giudice di pace di Genova in diversa persona fisica.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Ed invero, è fondata la dedotta violazione di legge, in quanto il provvedimento impugnato presenta una motivazione del tutto apparente se non inesistente.

Il giudice di pace ligure, infatti, si limita ad affermare che “all’odierno dibattimento la penale responsabilità dell’imputato è risultata provata sulla base delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa e della documentazione medica in atti”, senza aggiungere alcun elemento contenutistico relativo a tali mezzi di prova.

Inoltre, non risponde in alcun modo alle argomentazioni difensive e, lungi dall’affrontarne il contenuto e la fondatezza, si limita ad affermare apoditticamente che è “di solare evidenza” come “il comportamento dell’imputato non sia scevro di elementi rilevanti sotto il profilo della negligenza, imprudenza o imperizia, considerato che per configurare il delitto in esame è sufficiente una culpa et levissima”.

Aggiunge, infine, che “l’omessa pulizia della ferita e l’evidente ritardo nella impostazione di una idonea terapia hanno certamente cagionato quantomeno un prolungamento dello stato di malattia, elemento di per sé sufficiente per integrare il reato”.

La motivazione del provvedimento impugnato termina qui.

Sconcertante appare che non si faccia cenno alcuno di linee guida e/o buone prassi assistenziali, di giudizio controfattuale, di legge applicabile e di grado della colpa, di nesso di causalità o di quant’altro questa Corte di legittimità, con una giurisprudenza decennale, ritiene necessario affinché possa operarsi una condanna penale, al di là di ogni ragionevole dubbio, in ambito di colpa professionale medica. Infine, nemmeno la sentenza dice alcunché dei perché sia stato ritenuto superfluo l’accertamento peritale sollecitato dalla difesa”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di giudizio controfattuale:

Cassazione penale sez. IV, 24/02/2021, n.16843

In tema di colpa medica, il nesso di causalità tra l’omessa diagnosi e il decesso di un paziente deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato su leggi scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la colposa omessa diagnosi di un infarto in un paziente – recatosi al pronto soccorso lamentando dolore alle braccia e vomito, e dimesso senza l’effettuazione di esami – e il decesso, atteso che, ove egli fosse rimasto in ospedale e sottoposto a monitoraggio, la sopravvenuta aritmia mortale avrebbe potuto essere rilevata e prontamente interrotta, con esito salvifico, stante la presenza nel nosocomio di un’unità di terapia intensiva coronarica).

 

Cassazione penale sez. IV, 11/12/2020, n.4063

Nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, deve necessariamente farsi luogo ad un ragionamento controfattuale che deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.

Cassazione penale sez. IV, 18/11/2020, n.33230

In tema di colpa nell’attività medico-chirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire che, secondo un giudizio di alta probabilità logica, l’azione doverosa omessa avrebbe impedito l’evento, si deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche, ma anche sulle contingenze significative del caso concreto. (Fattispecie relativa al decesso di un paziente per arresto cardiaco, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale il giudice aveva assolto l’imputato valutando che la mancata e tempestiva diagnosi, attraverso la sottoposizione al tracciato elettrocardiografico e l’effettuazione del dosaggio degli enzimi cardiaci, della patologia cardiaca di cui soffriva l’uomo, non avrebbe evitato l’evento mortale, poiché, tenuto conto del momento del suo arrivo al pronto soccorso, del tempo necessario per eseguire gli esami strumentali e diagnostici, nonché della distanza chilometrica con il più vicino centro sanitario attrezzato, l’intervento coronarico percutaneo necessario ad evitare l’insorgenza dell’aritmia fatale avrebbe comunque avuto luogo in epoca significativamente successiva a quella richiesta per avere un effetto salvifico).

Cassazione penale sez. IV, 16/09/2020, n.28294

In tema di nesso di causalità nel reato colposo omissivo, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento – richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che è accaduto (cosiddetto giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta. Una volta soddisfatto tale passaggio probatorio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può però ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese; sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn). Per l’effetto, in tema di responsabilità medica è indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, in quanto solo in tal modo è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito, avvalendosi delle leggi scientifiche, universali o statistiche, e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto, all’esito di un ragionamento probatorio che, esclusa l’interferenza di fattori eziologici alternativi, conduca alla conclusione, processualmente certa, che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilità razionale” (da queste premesse, in una vicenda in cui il decesso del paziente per carcinoma vescicale metastatico era stato addebito al chirurgo che aveva omesso di praticare – in occasione di due successivi interventi chirurgici relativi a resezione di neoplasia vescicale e successiva cistoscopia – l’esame istologico sul materiale resecato, è stata annullata con rinvio la sentenza che aveva motivato la condanna sul mero dato statistico che, in tal modo, il chirurgo aveva sensibilmente ridotto le aspettative di vita del paziente; secondo la Corte, infatti, non poteva ritenersi sufficiente l’argomento in forza del quale, in ragione dell’omessa effettuazione dell’esame istologico, era diminuita la probabilità statistica astratta di sopravvivenza, giacché tale diminuzione, in ipotesi senz’altro rilevante perché l’anticipazione del decesso – comunque inevitabile- dovuto a errori diagnostici e/o a cure inadeguate, è circostanza che rientra nella tipicità del delitto di omicidio colposo, avrebbe però dovuto essere apprezzata alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, elaborato sull’analisi della particolarità del caso concreto).

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

In tema di responsabilità medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente. (Fattispecie relativa al decesso di una paziente per embolia polmonare conseguente alla omessa somministrazione di adeguata terapia antitrombotica, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consulenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le particolari condizioni in cui versava la paziente).

Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.2865

In tema di reato colposo omissivo improprio, con particolare riferimento alla materia della responsabilità professionale dell’esercente la professione sanitaria, il nesso causale può essere ravvisato solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica universale o statistica, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

Cassazione penale sez. IV, 21/11/2019, n.49774

In tema di colpa medica, in caso di lavoro in “équipe” e, più in generale, di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare aprioristicamente una responsabilità di gruppo, in particolare quando i ruoli ed i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti tra loro, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la responsabilità del chirurgo che, in mancanza di un previo accertamento diagnostico che escludesse la possibilità di una tubercolosi, aveva eseguito, su decisione concordata dal primario pediatra e dal primario chirurgo, un intervento su un minore, poi deceduto a causa di sopravvenuta infezione polmonare).

Cassazione penale sez. IV, 17/09/2019, n.41893

La responsabilità del medico per il decesso del paziente può essere affermata, in occasione del giudizio controfattuale da effettuare in caso di addebito a titolo di responsabilità omissiva, solo allorquando sia possibile sostenere che, se la condotta omessa fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con, probabilità confinante con la certezza, alla luce del sapere scientifico e delle specificità del caso concreto (condizioni del paziente) (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata dalla corte di appello a carico di un sanitario del 118 cui era stato addebitata la morte di un paziente, per avere l’imputato, intervenuto in via d’urgenza, omesso di compiere tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonari necessarie, così da aver provocato la morte a seguito di infarto; secondo la Corte, infatti, l’omissione addebitata all’imputato, secondo la stessa ricostruzione operata in sede di merito, aveva privato il paziente solo di marginali chances di sopravvivenza, stimate in un arco tra il 2% e l’11%, fino al 23% soltanto in caso di emersione di ritmo defribrillabile, onde la causalità non poteva dirsi sussistente sulla base del giudizio controfattuale imposto, alla stregua del canone della “certezza processuale”, ai fini della condanna).

Cassazione penale sez. IV, 05/04/2019, n.37767

In tema di responsabilità medica il giudice che ritenga sussistente il rapporto di causalità tra omissione ed evento, in presenza di una consulenza del pubblico ministero che indichi un coefficiente medio basso di probabilità statistica circa l’esito salvifico della condotta doverosa omessa nel caso considerato, deve indicare le ragioni tecnico scientifiche per le quali ritiene di elevare la percentuale di riuscita dell’intervento chirurgico indicata dal consulente, in considerazione delle particolarità del caso concreto. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio al giudice civile, per vizio di motivazione in ordine al nesso causale, la sentenza di condanna per omicidio colposo di un radiologo che aveva omesso di rilevare una lesione al cuore in una persona accoltellata, in una fattispecie in cui il consulente del pubblico ministero aveva ritenuto, che ove tale lesione fosse stata rilevata, il paziente avrebbe potuto essere sottoposto a un intervento chirurgico dalle scarse probabilità di successo, quantificate dal consulente tecnico della difesa nell’ordine del 40-50%, e in cui la sentenza impugnata aveva ritenuto superiori tali probabilità solo in considerazione della giovane età della vittima, delle sue buone condizioni di salute, e della non particolare complessità dell’intervento).

Cassazione penale sez. IV, 15/03/2019, n.26568

In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di assoluzione dei medici cui era stato addebitato un ritardo nella diagnosi di un infarto intestinale, non essendosi accertato che il tempestivo espletamento dell’esame radiologico omesso avrebbe comunque permesso di evitare l’evento mortale).

 Cassazione penale sez. IV, 19/07/2017, n.50975

In tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di una malattia tumorale e il decesso del paziente, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove dal giudizio controfattuale risulti l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie atte a incidere positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che la morte si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva.

Cassazione penale sez. III, 01/03/2017, n.39497

Non può essere condannata per il reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. l’infermiera addetta all’assistenza notturna post operatoria di un paziente che, pur avendo ricevuto numerose richieste di soccorso dallo stesso, abbia omesso di avvisare il personale medico di guardia, al fine di consentire di accertare l’esistenza di un’emorragia in corso, in assenza del necessario giudizio controfattuale indicato come necessario per accertare la configurabilità dell’ineludibile relazione causale tra tale condotta e le conseguenze patite dal paziente medesimo (nello specifico la Suprema Corte ha rilevato come l’istruttoria dibattimentale non avesse consentito di accertare se la complicanza patita dal paziente, che aveva in seguito reso necessario un secondo intervento chirurgico, fosse conclamata e reversibile, nonché se la struttura sanitaria sarebbe stata in grado, nel periodo notturno, di eseguire gli esami diagnostici disposti la mattina successiva).

 

Cassazione penale sez. IV, 09/05/2017, n.42282

In tema di responsabilità penale del medico per omesso trattamento sanitario, la causalità omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimono un coefficiente prossimo alla certezza, ma può esserlo altresì quando ricorrano criteri medio bassi di probabilità cosiddetta frequentista corroborati da riscontri probatori circa la sicura non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa (nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico che aveva omesso interventi tempestivi su un paziente ricoverato e affetto da embolia polmonare e successivamente deceduto a causa di un trombo, laddove testi di letteratura scientifica indicano in una probabilità molto bassa (7%) i casi di morte in conseguenza di trombosi venosa profonda che sia stata correttamente diagnosticata e trattata).

 Cassazione penale sez. V, 15/12/2015, n.9831

Anche nei reati omissivi impropri è necessario raggiungere la certezza processuale in ordine alla sussistenza del nesso di causalità: per far ciò, non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi concernenti la “causa materiale” dell’evento.

Cassazione penale sez. IV, 23/06/2015, n.30350

Per poter attribuire incidenza causale alla condotta omissiva colposa posta in essere dal personale medico-sanitario, si deve prima procedere all’accertamento delle concrete modalità di verificazione dell’evento “hic et nunc” realizzatosi e, successivamente, al giudizio circa l’efficacia salvifica dell’azione doverosa omessa.

Cassazione penale sez. IV, 12/05/2015, n.22835

Qualora il nesso di causalità sia stato accertato in relazione ad una legge scientifica, come nel caso concreto in cui l’insorgenza della dermatite è stata indicata come reazione allergica ad alcuni componenti della crema abbronzante fornita dall’estetista, subentra l’obbligo del giudice di accertare, altresì, la causalità della colpa. Si deve, infatti, rimarcare che la legge di copertura spiega il fenomeno causale ma può non essere di per sé idonea a fondare l’accertamento della causalità della colpa, che richiede una valutazione quasi esclusivamente normativa, consistente nell’accertamento della violazione della regola cautelare, della prevedibilità ed evitabilità dell’evento e della concretizzazione del rischio.

Cassazione penale sez. IV, 13/06/2014, n.30469

Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento alla condotta omissiva deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo di imputazione; pertanto, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose ascritte all’esercente la professione sanitaria, il ragionamento controfattuale deve essere sviluppato dal giudice di merito in riferimento all’attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assumeva idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, con alto grado di credibilità razionale.

Cassazione penale sez. IV, 12/03/2014, n.14812

In tema di responsabilità medica, il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio contro-fattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica — universale o statistica —, si accerta che, immaginandosi come realizzata la condotta doverosa, l’evento “hic et nunc” non si sarebbe verificato.

 

Cassazione penale sez. IV, 31/01/2013, n.23339

Il giudizio contro-fattuale richiede che venga preliminarmente descritto ciò che è accaduto; solo dopo aver accertato che cosa è successo (giudizio esplicativo) è possibile chiedersi cosa sarebbe stato se fosse intervenuta la condotta doverosa (giudizio predittivo). Ove si tratti di reati omissivi impropri può dirsi che la situazione tipica, donde trae origine l’indifferibilità dell’adempimento dell’obbligo “di facere”, deve essere identificata in termini non dubitativi; ove così non fosse non sarebbe possibile neppure ipotizzare l’omissione tipica.

Cassazione penale sez. IV, 04/12/2012, n.10615

In tema di colpa nell’attività medicochirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonché sulle contingenze significative del caso concreto.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di colpa medica e linee guida:

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2021, n.11719

In tema di responsabilità medica relativa alle conseguenze di un intervento chirurgico, il giudice deve valutare, anche ai fini del giudizio sul rispetto o meno delle linee guida o delle buone pratiche, la complessiva condotta del medico correlata all’intervento oggetto di addebito, comprese le attività di controllo post operatorio. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato non punibile, ai sensi dell’art. 3 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, il reato di lesioni colpose in relazione ad un intervento di interruzione della gravidanza, in quanto il giudice di merito aveva valutato l’aderenza del comportamento dell’imputato alle linee guida soltanto con riguardo alla stretta fase dell’intervento e non anche a quelle del cd. “curettage” della cavità intrauterina e della successiva visita di controllo).

Cassazione penale sez. IV, 12/11/2020, n.12968

In tema di responsabilità medica, in presenza di due alternative terapeutiche, il medico è tenuto a scegliere la soluzione meno pericolosa per la salute del paziente, con la conseguenza che egli è responsabile, in caso di complicazioni, e nonostante l’osservanza delle regole dell’arte, per imprudenza, ove adotti l’alternativa più rischiosa. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione di un medico che – per una sospetta endometriosi poi rivelatasi insussistente – aveva sottoposto la paziente a un intervento di isterectomia, dal quale, nonostante la corretta esecuzione, era derivata la lesione dell’uretere, per non avere approfondito se, in base alle linee guida, fosse preferibile effettuare una terapia farmacologica, sia pure dagli effetti temporanei, in attesa di poter scoprire, grazie alla reazione della paziente a tali cure e ad ulteriori approfondimenti diagnostici, la fondatezza della diagnosi di sospetta endometriosi).

 

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189 (cosiddetta legge Balduzzi), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida (nella specie, da questa premessa la Corte ha fatto discendere la conseguenza che, a fronte di due pareri discordanti dei consulenti dell’accusa e della difesa su circostanze non espressamente valutate dalle linee guida, ma che hanno, tuttavia, caratterizzato il caso esaminato dal medico, la decisione dei giudici di merito che scelga tra le due posizioni non può fondarsi sul mero rinvio alle linee guida, che non contemplano e non valutano dette circostanze e che, proprio perché elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete).

Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.15258

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, nel giudizio sulla gravità della colpa deve tenersi conto – oltre che delle specifiche condizioni del soggetto agente, del suo grado di specializzazione e della situazione specifica in cui si è trovato ad operare – della natura della regola cautelare violata, in quanto l’eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle stesse da parte dell’agente.

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2019, n.5315

Ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce ex se un aggravamento della lesione e della relativa perturbazione funzionale, assume rilievo penale allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute (fattispecie in tema di responsabilità medica da ritardata diagnosi in relazione alla prospettata configurabilità della medesima dinanzi all’allungamento dei tempi di guarigione).

Cassazione penale sez. IV, 12/06/2019, n.39727

In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’aiuto chirurgo, componente dell’equipe medica che aveva provveduto all’esecuzione di un parto cesareo nel corso del quale si erano manifestate evidenti situazioni critiche interne, per non avere dissentito dall’operato del primario e non averlo indirizzato alla immediata isterectomia, che avrebbe impedito il verificarsi della successiva emorragia, causa della morte della partoriente).

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26906 

Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).

Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 590-sexies c.p., in mancanza di linee – guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’art. 5 l. n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanza cliniche.

Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270

In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del medico specializzando in fase avanzata che, per imperizia grave nella gestione della terapia di una paziente oncologica, aveva trascritto nel foglio di prescrizione interna un medicinale in quantità errata cagionandone il decesso).

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2019, n.28086

Il secondo comma dell’ art. 590 sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la pro­fessione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta (anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse. La pronunzia peraltro ha ritenuto inapplicabile al caso concreto la causa di non punibilità, essendo la colpa dell’agente connotata anche da imprudenza e negligenza.

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.9447

In tema di responsabilità medica, le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate ai sensi dell’art. 5, legge 8 marzo 2017, n. 24, benché non costituiscano veri e propri precetti cautelari vincolanti, tali da integrare, in caso di violazione rimproverabile, ipotesi di colpa specifica, rappresentano i parametri precostituiti a cui il giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia, cosicché, in caso di accertata violazione di linee guida adeguate al caso concreto, la verifica del grado della colpa non rileva ai fini dell’affermazione della responsabilità, ma può rilevare ai fini del trattamento sanzionatorio ed ai fini delle conseguenze civilistiche di tipo risarcitorio.

Cassazione penale sez. IV, 09/01/2019, n.8115

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; non trova, invece, applicazione la predetta causa di non punibilità nei casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e, dunque, selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2018, n.8086

Integra il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. la condotta del medico endocrinologo che, nel corso della dieta dimagrante sottoposta ad una paziente, ne abbia provocato il decesso attraverso la prescrizione del farmaco fendimetrazina nonostante il divieto disposto da diversi decreti ministeriali succedutisi negli anni, per un periodo superiore a tre mesi in violazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), d.m. 18 settembre 1997, pur conoscendo i rischi legati all’uso di tale farmaco in combinazione ad altri, ed omettendo di acquisire le informazioni anamnesiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità della cura per una paziente debilitata dalla perdita di 40 kg in sei mesi (nello specifico la suprema Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale sulla base del giudizio controfattuale espresso dai periti, ad avviso dei quali la paziente “con elevato grado di probabilità logico-razionale” non sarebbe deceduta ove non avesse assunto le sostanze prescritte dall’imputato, “nelle forme e nella cronologia al dunque registrate”, attesa l’assenza di “chiavi di lettura alternative a quella complessivamente identificata come riconducibile al meccanismo di azione proprio dei simpaticomimetici). 

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

Cassazione penale sez. IV, 16/10/2018, n.49884

In tema di responsabilità medica, poiché con la legge 8 marzo 2017, n. 24, il legislatore ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell’attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche controllate, rappresentate dalle linee guida, è viziata la motivazione della sentenza che abbia recisamente escluso la rilevanza di queste ultime per non aver l’imputato soddisfatto il relativo onere di allegazione.

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

L’art. 590-sexiesc.p. prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 c.p. o di quello dell’art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse” … in particolare «la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (nel caso di specie, contraddistinto da colpa grave per negligenza, la Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 590-sexies c.p., la cui portata è, infatti, limitata ai soli casi di imperizia lieve nell’esecuzione delle linee guida adeguate al caso concreto).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

Non trova applicazione la causa di “non punibilità” prevista dall’art. 590 sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, qualora l’evento lesivo verificatosi in ambito sanitario sia dipeso da colpa da imprudenza o da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle linee guida (nel caso di specie non trova applicazione l’art. 590 sexies c.p. risultando la condotta del chirurgo secondo operatore caratterizzata sia da negligenza esecutiva per disattenzione nell’assolvimento dei compiti allo stesso assegnati in seno all’equipe, sia da grave imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748

In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di lenee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale.

Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, n.36723

In tema di successione di leggi in materia di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, in caso di errore dovuto ad imperizia non grave intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, la norma di cui all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189), prevedendo una parziale “abolitio criminis”, deve ritenersi più favorevole rispetto a quella di cui all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6, legge 8 marzo 2017, n. 24, che configura una mera causa di non punibilità.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

In tema di colpa, l’imprudenza consiste nella realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri e altrui (affermazione resa nell’ambito di procedimento a carico di un medico, cui era stata qualifica come “imprudente” la condotta che si assumeva colposa assunta nella vicenda che aveva portato al decesso una paziente; la Corte, nell’annullare con rinvio la decisione di condanna, ha osservato come impropriamente fosse stata ravvisata l’imprudenza sul rilievo che la condotta tenuta dal medico, più che un’attività positiva, era consistita – secondo la stessa corte di merito – in un’omessa o incompleta diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione della sintomatologia che la paziente presentava, dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici e dalla prescrizione di un presidio terapeutico generico: situazioni che, semmai, potevano ascriversi al profilo della negligenza, in parte, e sotto altro profilo, a quello dell’imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

Non si può escludere l’imperizia del medico, scambiandola per imprudenza, impedendo l’applicabilità dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge Gelli Bianco, che esclude la punibilità proprio in caso di imperizia quando sono rispettate le linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Ad affermarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso di un medico accusato di non aver diagnosticato una perforazione, che poteva essere verificata con appositi esami diagnostici, e di aver scelto una linea “attendista”, e perciò condannato in appello per omicidio colposo a seguito della morte del paziente avvenuta nel corso del post operatorio. Per la Corte nella fattispecie assume rilievo proprio l’osservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali; nello specifico, in assenza di linee guida concordanti sul punto, il riferimento doveva essere ai criteri della vigile attesa accreditati dalla letteratura scientifica.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

In tema di colpa medica, non si può escludere l’imperizia del medico solo in virtù del suo noto valore clinico, non dovendo la nozione di imperizia essere rivolta al soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capacità professionali, ma al singolo atto qualificato come colposo e che viene a lui addebitato. (Nella fattispecie ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva erroneamente qualificato come imprudente la condotta di un medico per la morte di una paziente deceduta in seguito alle complicazioni post-operatorie).

Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770

L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio dell’attività medico chirurgica: a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali; c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “ lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta delle linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.

 

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038

L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.

Cassazione penale sez. IV, 11/07/2017, n.44622

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago).

Cassazione penale sez. IV, 18/05/2017, n.43476

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo) .

Cassazione penale sez. IV, 20/04/2017, n.28187

Il concorso colposo risulta configurabile anche rispetto al delitto doloso, purché il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa, dovendosi altresì verificare che la regola cautelare violata sia diretta a prevenire anche il rischio dell’atto doloso del terzo e che quest’ultimo risulti prevedibile per l’agente chiamato a rispondere a titolo di colpa (principio affermato, nella specie, con riguardo al caso di un medico psichiatra cui si addebitava di non avere sottoposto ad un trattamento farmacologico adeguato alla sua effettiva e riconoscibile pericolosità un soggetto affidato alle sue cure, il quale aveva quindi commesso un omicidio).

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.33609

É responsabile di omicidio colposo, per violazione dei parametri della colpa generica, il medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria di una casa di cura il quale ometta l’adozione di adeguate misure di protezione idonee a impedire che una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontani dalla stanza in cui è ricoverata, raggiunga un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera e si uccida lasciandosi cadere nel vuoto.

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.40703

In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).

 Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028

Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.

Cassazione penale sez. IV, 14/04/2016, n.31490

Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).

Cassazione penale sez. IV, 07/01/2016, n.1846

In tema di colpa medica – in considerazione della posizione di garanzia che il medico assume nei confronti del paziente con l’instaurazione della relazione terapeutica – il sanitario che, avendo in cura il paziente per stati di ansia o sindrome depressiva, in presenza di apprezzabili indici significativi di un atteggiamento di negazione di patologie di diversa natura, ometta di approfondire le condizioni cliniche generali dell’assistito e di assumere le necessarie iniziative per indurlo alla cura di tale patologia, è responsabile per le prevedibili conseguenze lesive derivate dalla patologia medesima. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza che aveva escluso la responsabilità di un neurologo in relazione al decesso di una sua paziente affetta da patologia oncologica non ritenendo adeguatamente provati né il presupposto di fatto dell’omesso approfondimento delle condizioni generali della paziente, che era stata comunque avviata ad una visita specialistica, né il nesso causale, essendo incerto il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia).

Cassazione penale sez. IV, 03/12/2015, n.20125

Per la configurabilità della cooperazione colposa disciplinata dall’art. 113 c.p. è sufficiente la consapevolezza in capo all’agente della partecipazione di altri soggetti, indipendentemente dalla specifica conoscenza sia delle persone che operano sia delle specifiche condotte da ciascuna di esse poste in essere: è l’ipotesi che può verificarsi presso una struttura ospedaliera allorquando più sanitari, in successione, visitino il paziente. In proposito, ai fini della responsabilità del singolo operatore viene in rilievo il principio dell’affidamento, che peraltro non è invocabile quando il soggetto su cui grava l’obbligo di garanzia – e che invochi l’affidamento nell’altrui condotta – abbia posto in essere una condotta colposa, con efficienza causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa di chi sia intervenuto successivamente. In tale evenienza, infatti, sussisterebbe la responsabilità anche del primo soggetto, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che tuttavia deve avere avuto caratteristiche di eccezionalità tali da far venir meno la situazione di pericolo originariamente provocata o tali da modificare la pregressa situazione, a tal punto da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.

By Claudio Ramelli @riproduzione riservata