Ai fini dello scomputo dell’indennizzo ex l. 210/1992 dal risarcimento del danno da emotrasfusione grava sul Ministero della Salute l’onere di provare l’effettivo versamento dell’indennizzo al danneggiato ovvero la determinazione o determinabilità del suo ammontare.
Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 16927.2021, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione e pubblicata il 15 giugno 2021 che, pronunciatasi su un caso di responsabilità del Ministero conseguente alla trasfusione con sangue infetto, si sofferma sui rapporti tra risarcimento del danno e indennizzo ex legge 210/1992, al fine di determinare l’effettivo ammontare del danno patito dal soggetto emotrasfuso ovvero dai suoi aventi causa.
In particolare, la Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, richiama, dandone continuità, il consolidato principio di diritto secondo cui, nel giudizio promosso contro il Ministero della Salute per il risarcimento del danno derivante da trasfusione con sangue infetto, spetta al Ministero della salute che eccepisce lo scomputo dell’indennizzo dovuto ex art. 210/1992, fornire la prova dell’effettiva corresponsione dell’indennizzo al danneggiato, ovvero della determinazione o determinabilità dell’ammontare del medesimo del quale comunque deve essere fornita adeguata prova in sede processuale.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) gli arresti giurisprudenziali citati nell’ordinanza 16927.2021;
(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di danno da emotrasfusione, oltre agli approfondimenti sul tema, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
La domanda di risarcimento e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie gli attori convenivano in giudizio il Ministero della salute per ottenere il risarcimento del danno patito dal paziente che era stato sottoposto a trasfusione con sangue infetto.
La Corte di appello di Caltanissetta riformava parzialmente la sentenza di primo grado che aveva detratto dall’importo corrisposto agli attori a titolo di risarcimento del danno l’ammontare dell’indennizzo ex art. 210/1992 eventualmente versato dal Ministero della salute.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
Il Ministero della salute proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, deducendo, con un unico motivo di gravame, violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello che aveva posto a carico della parte convenuta l’onere di provare (non assolto) la corresponsione ovvero la determinazione dell’ammontare dell’indennizzo ex l. 210/1992.
Le parti attrici resistevano con controricorso.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso interposto dal Ministero della Salute.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva dell’ordinanza in commento:
“Nel caso di specie, il giudice a quo ha negato la detraibilità, dall’importo liquidato a titolo risarcitorio in favore degli odierni controricorrenti, dell’indennizzo invocato dal relativo dante causa ai sensi della legge n. 210/1992, non essendo stata acquisita la prova dell’esatta determinazione, della liquidazione, nonché dell’effettiva corresponsione di detto indennizzo in favore degli aventi diritto, così uniformandosi al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (compensatio lucri cum damno) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il lucrum (Sez. 3, Ordinanza n. 21837 del 30/08/2019, Rv. 655085 – 02; Sez. 3, Sentenza n. 20909 del 22/08/2018, Rv. 650441 – 01)”.
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione civile sez. III, 30/08/2019, n.21837
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, ai fini della detrazione dall’importo risarcitorio dell’indennizzo “ex lege” n. 210 del 1992, ne aveva ritenuto provata la corresponsione al dante causa dei ricorrenti, alla luce della documentazione versata in atti e delle allegazioni contenute nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado, sebbene il relativo mandato di pagamento fosse stato prodotto senza quietanza).
Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20909
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”.
La rassegna delle più recenti massime in tema di danno da emotrasfusione:
Cassazione civile sez. lav., 23/12/2020, n.29453
In tema di indennizzo in favore di soggetti danneggiati da epatite post-trasfusionale, la decorrenza del termine triennale di decadenza per la proposizione della domanda, previsto dall’art. 3, comma 1, della l. n. 210 del 1992, come modificato dalla l. n. 238 del 1997, va stabilita ricostruendo il momento in cui deve ritenersi maturata in capo all’interessato la conoscibilità del nesso causale tra la trasfusione e la patologia, sulla base di indici oggettivi e con alto grado di probabilità, alla luce delle nozioni comuni dell’uomo medio, eventualmente integrate da valutazioni mediche e secondo il parametro dell’ordinaria diligenza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione emessa in sede di giudizio di rinvio, sul rilievo che lo specifico accertamento demandato dalla sentenza rescindente in punto di consapevolezza su quel nesso era stato disatteso con motivazione tautologica e con ragionamenti meramente congetturali, in violazione dell’art. 2729 c.c.).
Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, n.26189
In tema di danni da emotrasfusione, la manifestazione dell’intenzione di ottenere comunque il risarcimento del danno, contenuta nella richiesta di informazioni circa la proposta domanda di indennizzo previsto dalla legge, costituisce atto di interruzione della prescrizione, in quanto idoneo a costituire in mora il debitore della prestazione risarcitoria.
Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, n.13008
Nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, con riguardo ai danni da emotrasfusione, una volta che la Commissione medico ospedaliera di cui all’art. 4 della legge 210 del 1992, abbia accertato la riconducibilità del contagio alla stessa trasfusione, il Ministero della salute non può mettere in discussione l’accertamento operato dalla predetta Commissione, essendo essa organo dello Stato imputabile allo stesso Ministero, e il giudice deve quindi accogliere tale accertamento come indiscutibile e non bisognoso di prova.
Cassazione civile sez. III, 12/06/2020, n.11298
In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, ed ai fini dell’individuazione dell’exordium praescriptionis, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo previsto dalla l. n. 210/1992, spetta alla controparte dimostrare, anche per mezzo di presunzioni semplici, che già prima di quella data il danneggiato conosceva o potava conoscere, con l’ordinaria diligenza, sia l’esistenza della malattia, sia la sua riconducibilità causale alla trasfusione.
Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, n.8532
Nel caso di persona già defunta al momento del giudizio, il risarcimento agli eredi, da parte del Ministero della salute, per il danno da contagio da epatite HCV in conseguenza di emotrasfusione, va liquidato secondo le tabelle milanesi e non applicando un criterio equitativo puro. Tuttavia, il decesso della parte comporta che “la valutazione probabilistica connessa all’ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato vada sostituita con quella del concreto danno effettivamente prodottosi”, sicché l’ammontare del danno biologico che gli eredi richiedono iure successionis deve essere calcolato “non con riferimento alla durata probabile delta vita della vittima, ma alla sua durata effettiva”.
Cassazione civile sez. III, 15/01/2020, n.515
In tema di liquidazione del danno alla persona, è irrilevante il rifiuto del danneggiato di sottoporsi ad una emotrasfusione al fine di diminuire l’entità di tale danno, atteso che non sussiste alcun obbligo a suo carico di accettare questo trattamento medico, non essendo il suo rifiuto inquadrabile nell’ipotesi del concorso colposo del creditore previsto dall’art. 1227 c.c.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto applicabile l’art. 1227 c.c. ad una vittima di sinistro stradale cagionato dalla colpevole condotta di un terzo, solo perché si era messa alla guida con la consapevolezza di non voler essere sottoposta, per scelta religiosa, ad emotrasfusioni).
Cassazione civile sez. III, 14/11/2019, n.29492
In caso di patologia ingravescente dal possibile esito letale che determini un’invalidità espressa nei gradi percentuali dei “barèmes” medico legali, l’aggravamento delle condizioni del danneggiato costituisce la mera concretizzazione del rischio, già considerato nella scala dei gradi di invalidità, di un’evoluzione peggiorativa eziologicamente riconducibile all’originaria infermità e, perciò, non integra un ulteriore danno biologico risarcibile, a meno che al tempo dell’accertamento il successivo evento dannoso, ancorché riconducibile all’originaria lesione, fosse sconosciuto alla scienza medica e, quindi, non considerato dai “barèmes”. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso il risarcimento – in aggiunta al danno biologico precedentemente accertato e liquidato – del pregiudizio derivante dal peggioramento delle condizioni di salute e, poi, dal decesso di un soggetto affetto da virus HCV contratto a seguito di emotrasfusione, trattandosi di avveramento di un prevedibile rischio di aggravamento della patologia epatica originaria).
Cassazione civile sez. III, 14/10/2019, n.25764
Non spetta al primario di chirurgia od al chirurgo operatore il controllo diretto sul sangue, la corretta tenuta dei registri o la verifica della preventiva sottoposizione a tutti i test sierologici richiesti dalla legge delle sacche di sangue trasfuse, poiché si tratta di accertamenti di competenza del centro trasfusionale, che trasmette al reparto richiedente le dette sacche regolarmente etichettate. In particolare, solo il responsabile dell’acquisizione del sangue – il primario di ematologia, che dirige il citato centro trasfusionale – può rispondere della non completa compilazione della scheda di ciascuna sacca, della mancata esecuzione, da parte di tale centro, dei controlli di legge o dell’omessa annotazione sulle sacche in esame delle indicazioni imposte dalla normativa. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del primario del reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale per le lesioni patite da una donna dal medesimo operata in conseguenza della trasfusione di sangue infetto proveniente dal centro trasfusionale interno della struttura interessata, del quale esisteva un apposito responsabile).
Cassazione civile sez. III, 10/09/2019, n.22528
In tema di risarcimento del danno da emotrasfusione (epatite), “la Compensatio lucri cum damno” tra l’indennizzo corrisposto al danneggiato e il risarcimento del ministero per l’omessa adozione di misure di emovigilanza, integra un’eccezione rilevabile d’ufficio e proponibile per la prima volta anche in appello tuttavia, resta onere di chi la invoca dimostrarne il fondamento.
Cassazione civile sez. III, 30/08/2019, n.21837
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, ai fini della detrazione dall’importo risarcitorio dell’indennizzo “ex lege” n. 210 del 1992, ne aveva ritenuto provata la corresponsione al dante causa dei ricorrenti, alla luce della documentazione versata in atti e delle allegazioni contenute nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado, sebbene il relativo mandato di pagamento fosse stato prodotto senza quietanza).
Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, n.17421
In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, ai fini dell’individuazione dell’ “exordium praescriptionis”, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo previsto dalla l. n. 210 del 1992, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle “praesumptiones de praesumpto”. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il fatto noto non potesse essere desunto dalla mera preesistenza della malattia, al fine di stabilire il dies a quo della prescrizione).
Cassazione civile sez. III, 31/01/2019, n.2790
In tema di responsabilità del Ministero della salute per la trasmissione trasfusionale del virus dell’epatite il nesso causale tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la patologia insorta va valutato non sulla base delle conoscenze scientifiche del momento in cui venne effettuata la trasfusione (che invece attiene alla colpa), stante l’irrilevanza del criterio della prevedibilità soggettiva, ma sulla base di quelle presenti al momento in cui viene svolto l’accertamento dell’esistenza del nesso causale, e cioè al tempo della valutazione da parte dell’osservatore, posto che ciò che deve essere considerato è il collegamento naturalistico fra l’omissione e l’evento dannoso. (Nel caso di specie la S.C. riteneva responsabile il Ministero della Salute per aver omesso i controlli in materia di raccolta e distribuzione del sangue per uso terapeutico e trasfusionale, già consentiti dalle conoscenze mediche e dai dati scientifici del tempo all’epoca della trasfusione).
Cassazione civile sez. III, 22/01/2019, n.1566
In caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del Ministero della salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all’apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni 1978, 1985, 1988), atteso che già dalla fine degli anni ’60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all’anno 1958, l’obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto il Ministero della salute responsabile in relazione ad una infezione da epatite C contratta in seguito a trasfusioni risalenti al 1970).
Cassazione civile sez. III, 22/01/2019, n.1567
In tema di patologie conseguenti ad infezioni contratte a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, incorre in responsabilità contrattuale, imputabile anche alla struttura sanitaria, il medico che, in mancanza di una situazione di reale emergenza e senza informare adeguatamente il paziente del rischio obiettivo che tale pratica terapeutica presentava, abbia eseguito una trasfusione di sangue a causa della quale il paziente abbia contratto un’infezione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione ad una trasfusione eseguita nel 1990, cui era conseguito il contagio di un neonato con il virus dell’epatite C, aveva desunto la prova che i genitori, se informati, avrebbero negato il consenso alla terapia dall’assenza di prova della necessità della trasfusione).
Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20882
La responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicché il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c., non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947, comma 3, c.c.. ne consegue che in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento “iure hereditatis”, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto, da tale punto di vista, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (alla data del fatto).
Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20909
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”.
Cassazione civile sez. III, 15/06/2018, n.15734
In tema di danni da emotrasfusioni, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione, compiuto dalla Commissione di cui all’art. 4 della l. n. 210 del 1992, in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative di esso, ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero.
Cassazione civile sez. III, 31/05/2018, n.13745
In tema di individuazione del decorso della prescrizione quinquennale della azione risarcitoria per contagio da emotrasfusione contro il ministero della Salute, commette un errore di sussunzione e, dunque, di falsa applicazione della norma dell’articolo 2935 del codice civile, il giudice del merito che ravvisi nel danneggiato la consapevolezza o la esigibilità della stessa riguardo alla ascrivibilità del contagio alla trasfusione e, dunque, il dies a quo della prescrizione, nel fatto che dal referto che abbia diagnosticato una malattia da contrazione di virus di Hcv risulti che in sede di anamnesi il medesimo abbia dichiarato di avere subito anni prima una trasfusione, qualora dal referto non emerga la indicazione da parte del medico redigente della ascrivibilità della malattia diagnosticata alla trasfusione e non risulti un grado di conoscenze mediche del danneggiato tale da giustificare la percepibilità di essa. (Principio enunciato in motivazione, ai sensi dell’articolo 384 del codice di procedura civile).
Cassazione civile sez. lav., 17/04/2018, n.9415
Il diritto all’assegno una tantum in capo al coniuge di un soggetto deceduto in seguito a emotrasfusioni ha come fatto costitutivo del diritto azionato iure proprio la presenza dell’evento morte, ma presuppone necessariamente anche il fatto costitutivo del diritto all’indennizzo (Negato, nella specie, l’assegno una tantum per la vedova atteso che il diritto all’indennizzo del marito per danni da emotrasfusione era prescritto).
Cassazione civile sez. lav., 11/04/2018, n.8959
In tema di indennizzo del danno da emotrasfusione, il termine annuale per l’esercizio dell’azione giudiziale, previsto dall’art. 5 della l. n. 210 del 1992, ha natura perentoria, come si evince sia dalla formulazione della norma, secondo cui, decorso il termine, la tutela giurisdizionale non è più esperibile, sia dalla “ratio legis”, intesa a garantire l’interesse della collettività alla sollecita definizione di controversie che devono scontare una complessa fase di valutazione in sede amministrativa e giudiziale; la relativa decadenza ha pertanto carattere pubblicistico, con conseguente irrilevanza del comportamento delle parti ai fini del decorso del termine. (Nella specie, la S.C. ha deciso nel merito per l’inammissibilità dell’originaria domanda, considerando irrilevante che, nelle more del giudizio di primo grado, il Ministero della salute avesse riconosciuto l’indennizzo, senza tuttavia corrispondere l’indennità integrativa e gli interessi legali, per la cui erogazione la dante causa del ricorrente insisteva sulla base dell’iniziale domanda giudiziale, tardivamente proposta).
Cassazione civile sez. VI, 29/03/2018, n.7884
In materia di emotrasfusione e contagio da virus HBV, HIV, HCV, non risponde per inadempimento contrattuale la singola struttura ospedaliera, pubblica o privata, inserita nella rete del servizio sanitario nazionale, che abbia utilizzato sacche di sangue, provenienti dal servizio di immunoematologia trasfusionale della USL, laddove dimostri di aver posto nell’adempimento della sua obbligazione la diligenza qualificata che, nella specie, equivale a dire che essa è esonerata dal compiere controlli ulteriori rispetto a quelli (all’epoca) comunemente praticati, qualora essa abbia trasfuso sangue già controllato e verificato dall’ASL competente, salvo che la stessa non abbia natura di autonomo centro trasfusionale.
Cassazione civile sez. III, 29/03/2018, n.7778
In materia di accertamento del nesso causale tra emotrasfusione e contagio, occorre operare una scelta comparativa tra le ipotesi di possibile causa dell’infezione da epatite e tra queste individuare, poi, quella “più probabile che non”, scegliendo, dunque, l’”ipotesi che riceve il supporto relativamente maggiore sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili”, così da valutare se “il comportamento omissivo del convenuto (per non aver compiuto gli accertamenti necessari sul donatore)” si presentava con maggiore probabilità eziologica rispetto ad altri elementi alternativi, se esistenti”. Non è quindi condivisibile, in quanto viziato da errore logico, il relativo accertamento da parte del Giudice, laddove confonda la mera percentuale probabilistica di evitare l’evento (ossia l’infezione) in caso di effettuazione del marker anti HBC con la regola iuris del principio della probabilità prevalente che governa l’accertamento delle inferenze causali tra accadimenti e che impone, alla luce delle emergenze probatorie e di fatto del giudizio di merito, l’individuazione delle possibili cause dell’evento e, tra queste, la determinazione di quella “più probabile che non” in relazione di alternatività delle ricostruzioni eziologiche astrattamente possibili.
Cassazione civile sez. III, 29/03/2018, n.7776
In aderenza al principio di conoscibilità del danno, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio una malattia (nel caso specifico epatite C a seguito di trasfusione) per fatto doloso o colposo di un terzo decorre non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. Ciò considerato, l’accertamento di fatto, rimesso al Giudice del merito, sull’inizio della decorrenza dei termini prescrizionali quinquennale (nei confronti del Ministero della Salute) e decennale (nei confronti dell’Azienda Ospedaliera) del diritto al risarcimento del danno in esito a emotrasfusione non può prescindere dal fatto noto dell’oggettiva conoscenza della malattia da parte del danneggiato; fatto quest’ultimo su cui dover poi costruire il giudizio di inferenza circa il momento in cui il danneggiato ha avuto consapevolezza (secondo l’ordinaria diligenza, ma senza che la verifica trasmodi in un’indagine di tipo psicologico) del pregiudizio patito, così per poter, infine, apprezzare l’efficacia interruttiva della prescrizione recata dagli atti a tal fine compiuti dal danneggiato medesimo, e dovendosi, pertanto, escludere che la consapevolezza del danneggiato circa la correlazione tra malattia e trasfusioni possa essere ragionevolmente retrodatata in epoca precedente alla stessa conoscenza, effettiva e certa, della prima, individuante il fatto noto dal quale è dato apprezzare la decorrenza dei termini prescrizionali.
Cassazione civile sez. VI, 29/03/2018, n.7884
In materia di emotrasfusione e contagio da virus HBV, HIV, HCV, non risponde per inadempimento contrattuale la singola struttura ospedaliera, pubblica o privata, inserita nella rete del servizio sanitario nazionale, che abbia utilizzato sacche di sangue, provenienti dal servizio di immunoematologia trasfusionale della USL, preventivamente sottoposte ai controlli richiesti dalla normativa dell’epoca, esulando in tal caso dalla diligenza a lei richiesta il dovere di conoscere e attuare le misure attestate dalla più alta scienza medica a livello mondiale per evitare la trasmissione del virus, almeno quando non provveda direttamente con un autonomo centro trasfusionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva escluso la responsabilità contrattuale della struttura ospedaliera, per contagio da virus HCV nel luglio 1983, ritenendola non tenuta ad alcun controllo sulle sacche di sangue, invece attribuito per legge al Ministero della salute, e, quindi, in assenza di un concreto accertamento circa la diligenza qualificata nell’utilizzo di sacche di sangue acquisite tramite la struttura pubblica ed all’esecuzione, da parte di quest’ultima, dei controlli imposti dalla normativa all’epoca vigente).
Cassazione civile sez. lav., 04/12/2017, n.28984
Il termine triennale di decadenza per il conseguimento dell’indennizzo in favore di soggetti danneggiati da emotrasfusioni, introdotto dalla l. n. 238 del 1997, si applica anche in caso di epatite postrasfusionale contratta prima del 28 luglio 1997, data di entrata in vigore della detta legge, con decorrenza, però, da questa stessa data, dovendosi ritenere, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina operi anche per le situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine resta fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
Cassazione civile sez. lav., 27/11/2017, n.28262
In tema di indennizzo per emotrasfusione, in sede di ricorso amministrativo la P.A. può riesaminare quanto statuito dalla Commissione medica ospedaliera, e l’autorità giudiziaria, investita della domanda di accertamento del diritto all’indennizzo, negato dalla P.A., deve procedere all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni richieste e, quindi, anche al riesame, eventualmente in senso sfavorevole all’interessato, della valutazione della detta Commissione.
Cassazione civile sez. III, 22/09/2017, n.22045
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia (nel caso, epatite HCV cronica) per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche da apprezzarsi in riferimento al sanitario o alla struttura sanitaria cui si e’ rivolto il paziente, dovendosi accertare se siano state fornite informazioni atte a consentire all’interessato il collegamento con la causa della patologia o se lo stesso sia stato quanto meno posto in condizione di assumere tali conoscenze.
Cassazione civile sez. VI, 08/09/2016, n.17800
In tema di indennizzo del danno da emotrasfusioni, l’esistenza di una soglia minima di indennizzabilità, costituita dalla presenza di una patologia causalmente ascrivibile ad una emotrasfusione, dalla quale sia derivato un danno irreversibile inquadrabile, per equivalente e non in via strettamente tabellare, in una delle infermità classificate nelle categorie previste dalla tabella B, annessa al T.U. approvato con d.P.R. n. 915 del 1978, come sostituita dalla tabella A allegata al d.P.R. n. 834 del 1981, comporta che, ai fini della decorrenza del termine decadenziale di cui all’art. 3, comma 1, della l. n. 210 del 1992, è decisiva la consapevolezza, da parte di chi richiede l’indennizzo, del superamento di tale soglia.
Cassazione civile sez. III, 25/03/2016, n.5961
In tema di responsabilità extracontrattuale per danno causato da attività pericolosa da emostrasfusione, la prova, che grava sull’attore danneggiato, del nesso causale intercorrente tra la specifica trasfusione ed il contagio da virus HCV, può essere fornita – ove risulti provata l’idoneità di tale condotta a provocare il contagio – anche con il ricorso alle presunzioni, in difetto di predisposizione (o anche solo di produzione in giudizio), da parte della struttura sanitaria, della documentazione obbligatoria sulla tracciabilità del sangue trasfuso al singolo paziente, e ciò in applicazione del criterio della vicinanza della prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di rigetto della domanda risarcitoria proposta da un soggetto sottoposto a più di trenta infusioni di plasma, otto delle quali eseguite all’estero, motivato sull’erroneo rilievo che – sebbene fosse stato accertato che quattro delle infusioni effettuate in Italia fossero rimaste non tracciabili, costituendo così, a dire della stessa sentenza impugnata, “in astratto possibile veicolo di contagio” – le infusioni compiute all’estero, anch’esse non tracciabili, presentavano “una maggiore probabilità” di aver causato il contagio).
Cassazione civile sez. III, 19/02/2016, n.3261
In materia di emotrasfusione e contagio da virus HBV, HIV, HCV, non risponde per inadempimento contrattuale la singola struttura ospedaliera, pubblica o privata, inserita nella rete del servizio sanitario nazionale, che abbia utilizzato sacche di sangue, provenienti dal servizio di immunoematologia trasfusionale della USL, preventivamente sottoposte ai controlli richiesti dalla normativa dell’epoca, esulando in tal caso dalla diligenza a lei richiesta il dovere di conoscere e attuare le misure attestate dalla più alta scienza medica a livello mondiale per evitare la trasmissione del virus,almeno quando non provveda direttamente con un autonomo centro trasfusionale.
Cassazione civile sez. un., 03/02/2016, n.2050
Deve escludersi che l’eventuale illegittimità del diniego ministeriale a transare in relazione al danno da emotrasfusione, rispetto alle regole che la stessa Amministrazione si è data, e l’eventuale illegittimità derivata dalla ipotetica illegittimità di queste stesse regole integri una lite sul diritto soggettivo al risarcimento: si tratta, infatti, di una lite che concerne una situazione giuridica soggettiva ritenuta di interesse legittimo all’osservanza della normativa secondaria concernente la procedura transattiva, appunto lesa dal diniego dell’Amministrazione alla transazione, che non incide, invece, sul diritto soggettivo al risarcimento, di talché l’impugnazione del diniego medesimo non rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario ma in quella del Giudice amministrativo.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA