Non commette il reato di esercizio abusivo della professione chi si occupa degli adempimenti previdenziali e assistenziali dei lavoratori per conto delle società di servizi costituite dalle cooperative cui aderiscono le piccole imprese e le imprese artigiane anche se privo della qualifica di consulente del lavoro.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 26294.2021, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso per il quale era stato contestato il reato di esercizio abusivo della professione, si sofferma sulla disciplina dei centri di assistenza fiscale e dei servizi di consulenza del lavoro e della liceità o meno degli adempimenti fiscali ed assistenziali svolte da persone non in possesso della abilitazione professionale di consulente del lavoro.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enunciato il principio di diritto secondo cui, con riferimento alle piccole imprese e alle imprese artigiane, gli adempimenti previdenziali e assistenziali dei lavoratori, in base alla normativa vigente, possono essere effettuati dalle cooperative cui aderiscono le predette categorie di imprese, le quali possono avvalersi sia di consulenti del lavoro, sia di altro personale comunque qualificato ma non iscritto all’apposito albo, che opera sotto il controllo e la responsabilità delle associazioni.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità relative al delitto di esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro, oltre agli approfondimenti sul diritto penale del lavoro, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
Il reato contestato e la doppia conforme di merito
Nel caso di specie, all’imputato era stato contestato il delitto di esercizio abusivo della professione (previsto e punito dall’art. 348 c.p.), per aver svolto attività proprie del consulente del lavoro, in assenza dell’apposito titolo e dell’iscrizione all’albo.
La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Bergamo aveva condannato il prevenuto per il reato a lui ascritto.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, deducendo, con un unico motivo di gravame, la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla normativa speciale ex artt. 11 d.m. Finanze n. 164/1999 e 1 comma 4 legge n. 12/1979.
La Suprema Cha annullato senza rinvio la sentenza impugnata con la formula perché il fatto non sussiste.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“La normativa che disciplina la materia dei centri di assistenza fiscale e dei servizi di consulenza del lavoro affidati alle cooperative delle imprese artigiane e delle piccole imprese non consente di ricondurre l’attività di consulenza del lavoro svolta dai predetti centri nella fattispecie di reato prevista dall’art.348 cod. pen., non essendo richiesta per tale attività l’iscrizione all’albo speciale dei consulenti del lavoro.
In particolare, vengono in rilievo l’art.11 del decreto del Ministro delle Finanze n. 164 del 31 maggio 1999, in materia di disciplina delle attività dei Centri di assistenza fiscale (denominati CAF imprese), e l’art. 1, comma 4, della legge 11 gennaio 1979, n.12, in materia di disciplina delle attività di consulenza del lavoro svolta per i dipendenti delle imprese artigiane e piccole imprese attraverso le società di servizi costituite dalle cooperative di dette imprese.
Dalla lettura delle disposizioni richiamate si evince chiaramente che gli adempimenti previdenziali e assistenziali dei lavoratori delle imprese associate, possano essere curati da centri di servizio istituiti dall’associazione di categoria, senza che rilevi la natura del rapporto di lavoro che intercorre tra i soggetti incaricati di svolgere dette attività e le associazioni di categoria.
Il quarto comma dell’art. 1 della legge n. 12/1979 prevede, infatti, una deroga alla esclusiva attribuzione a consulenti del lavoro iscritti al relativo albo, ammettendo che tali mansioni con riguardo alle piccole imprese ed alle imprese artigiane possano essere gestite da parte delle cooperative cui aderiscono le predette categorie di imprese che possono così delegare gli adempimenti in materia del lavoro a proprie cooperative, le quali a loro volta possono avvalersi sia di consulenti del lavoro e sia di altro personale comunque qualificato, selezionato sotto la propria responsabilità e che opera sotto il controllo di dette associazioni”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 348 c.p. – Esercizio abusivo di una professione
Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attivita’, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attivita’ regolarmente esercitata.
Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attivita’ delle persone che sono concorse nel reato medesimo.
La rassegna delle più recenti massime in tema di esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro:
Cassazione penale sez. VI, 21/02/2013, n.9725
In tema di esercizio abusivo di una professione e, segnatamente, di quella di consulente del lavoro (art. 348 c.p.), deve ritenersi la sussistenza del reato anche nel caso in cui, trattandosi di impresa artigiana che, ai sensi dell’art. 1 comma 4 l. n. 12 del 1979, può affidare gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale ad un’associazione di categoria, a tali adempimenti provveda un soggetto non iscritto all’albo professionale, nella veste di socio accomandatario di una società in cui figuri come socio accomandante la medesima associazione.
Cassazione penale sez. VI, 25/02/2011, n.10100
Per stabilire se una determinata prestazione integri il reato previsto dall’art. 348 c.p., non è necessario rinvenire nella legge che regola la professione abusivamente esercitata una clausola di riserva esclusiva riguardante quella specifica prestazione, ma è sufficiente l’accertamento che la prestazione erogata costituisce un atto tipico, caratteristico di una professione per il cui esercizio manca l’abilitazione.Pertanto, il consulente del lavoro, avendo competenza in materia di redditi di lavoro dipendente, può legittimamente occuparsi della liquidazione e del pagamento delle relative imposte, ma non può prestare assistenza fiscale e contabile anche a lavoratori autonomi e imprese senza la necessaria abilitazione.
Cassazione penale sez. IV, 06/02/2008, n.22144
È ammissibile la costituzione di parte civile da parte di un ordine professionale nel procedimento a carico di soggetto imputato di esercizio abusivo della professione alla cui tutela l’ordine stesso è preposto, quando la costituzione non abbia come unico fondamento l’asserita lesione degli interessi morali della categoria ma anche il pregiudizio di carattere patrimoniale che, sia pure indirettamente, sia derivato ai professionisti regolarmente iscritti dalla concorrenza sleale posta in essere in un determinato contesto territoriale dall’autore del fatto.
Cassazione penale sez. VI, 23/01/2007, n.6887
Integra il reato di esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro, riservata dalla l. 11 gennaio 1979 n. 12 agli iscritti nell’apposito albo, l’attività di colui che non munito di abilitazione professionale provvede, con autonomia decisionale, alla compilazione dei modelli 10 per l’Inps e alla gestione dei rapporti lavorativi – quali l’assunzione o il licenziamento – con i dipendenti di una ditta.
Cassazione penale sez. VI, 16/05/2006, n.26817
È configurabile il reato di esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro nella condotta di chi, senza essere abilitato all’esercizio di tale professione, provveda per conto di aziende non solo allo sviluppo delle buste paga, ma anche a varie pratiche inerenti alle assunzioni, ai licenziamenti, alla copertura assistenziale e previdenziale dei dipendenti.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA