Il delitto di truffa ai danni dello Stato è commesso nell’interesse della società laddove l’attività di impresa venga svolta grazie all’illecito ottenimento del finanziamento.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 23300.2021, resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di responsabilità dell’ente derivante dal reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, si sofferma sul requisito di imputazione oggettiva dell’interesse dell’Ente.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui – posto che l’ente va esente da responsabilità amministrativa solo nel caso in cui il reato presupposto sia stato realizzato nell’esclusivo interesse dell’agente – il concorrente interesse del socio della persona giuridica alla commissione del reato non esonera l’ente da responsabilità amministrativa.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 23300/2021;
(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di interesse o vantaggio dell’ente, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
Il reato presupposto e l’illecito amministrativo contestati e la doppia conforme di merito
La Corte di appello di Bari confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato l’imputato per il delitto di riciclaggio e dichiarato la persona giuridica responsabile dell’illecito amministrativo ex artt. 5 e 24 del D.lgs. 231/2001, per aver beneficiato dell’indebito profitto derivante dal delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche commesso dagli amministratori, per i quali era stata dichiarata la prescrizione.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
L’imputato condannato nel doppio grado di merito per riciclaggio e la persona giuridica attinta dalle sanzione amministrative, per il tramite dei rispettivi difensori e procuratori speciali, proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale barese.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento che attengono alla definizione dell’interesse (o vantaggio) dell’ente:
“Il giudice di secondo grado, ha adeguatamente spiegato per quali ragioni ritenere il diretto interesse dell’ente alla realizzazione della truffa; difatti, è emerso che proprio utilizzando il profitto illecito della truffa è stato costruito l’impianto industriale in cui ha operato la società che ha iniziato ad operare esclusivamente grazie all’ottenimento di quel finanziamento frutto di artifizi. […]
Orbene, il D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5, comma 1 prevede che il fatto, in grado di consentire il trasferimento di responsabilità dalla persona fisica all’ente, sia commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Precisando al comma 2 D.Lgs. n. 231 del 2001 che la responsabilità cessa ove il fatto sia commesso nell’esclusivo interesse proprio o di terzi” e cioè per un fine che non avvantaggia in alcun modo l’ente stesso. L’assenza dell’interesse rappresenta, dunque, un limite negativo della fattispecie. A tal proposito questa Corte di cassazione ha già affermato che in tema di responsabilità degli enti per il delitto di false comunicazioni sociali, qualora l’appostazione nel bilancio di una società di dati infedeli è finalizzata a far conseguire alla medesima illeciti risparmi fiscali il reato deve ritenersi commesso nell’interesse della persona giuridica (Sez. 5, n. 40380 del 26/04/2012, Rv. 253355). […]
Analogamente deve pertanto ritenersi che in caso di truffa ai danni dello Stato finalizzata ad ottenere un cospicuo finanziamento in conto capitale in assenza dei presupposti, il reato risulta commesso proprio nell’interesse della persona giuridica che detti capitali ottiene ed utilizza per la propria attività mentre diversamente sarebbe ove fosse stato dimostrato che il finanziamento illecito era stato immediatamente distratto a vantaggio esclusivo dei soci. Circostanza questa che neppure il ricorso deduce e comunque mai provata ed emersa. Né risulta decisiva la circostanza del concorrente interesse personale dei soci; difatti si è già affermato come sussiste la responsabilità da reato dell’ente qualora la persona giuridica abbia avuto un interesse anche solo concorrente con quello dell’agente alla commissione del reato presupposto. (Sez. 6, n. 24559 del 22/05/2013 Rv. 255442)”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 640 bis c.p. – Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d’ufficio se il fatto di cui all’articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione europea [316-bis].
Le pronunce citate nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. VI, 22/05/2013, n.24559
Sussiste la responsabilità da reato dell’ente qualora la persona giuridica abbia avuto un interesse anche solo concorrente con quello dell’agente alla commissione del reato presupposto.
Cassazione penale sez. V, 26/04/2012, n.40380
In tema di responsabilità degli enti per il delitto di false comunicazioni sociali, qualora l’appostazione nel bilancio di una società di dati infedeli è finalizzata a far conseguire alla medesima illeciti risparmi fiscali il reato deve ritenersi commesso nell’interesse della persona giuridica.
La rassegna delle più recenti massime in tema di interesse o vantaggio dell’ente:
Cassazione penale sez. IV, 24/03/2021, n.12149
In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, vanno intesi non solo come risparmio di spesa conseguente alla mancata predisposizione del presidio di sicurezza, ma anche come incremento economico dovuto all’aumento della produttività non rallentata dal rispetto delle norma cautelare (per l’effetto, è stato ritenuto correttamente argomentato il giudizio di responsabilità a carico dell’ente in una fattispecie in cui risultava che, per il collaudo di un carro ponte con l’utilizzo di alcuni fasci di colonne di acciaio da utilizzare come pesi, per la movimentazione di tali fasci, onde evitare il ricorso a ditte esterne adeguatamente attrezzate, si era disposto l’improprio utilizzo di un carrello, già presente in azienda, “a costo zero”, ponendo le verificazione dell’incidente durante le manovre di movimentazione).
Cassazione penale sez. IV, 03/03/2021, n.22256
L’ente non è responsabile per l’incidente subito dal lavoratore, se la violazione delle norme anti infortunistiche è il risultato di una sottovalutazione del rischio non accompagnata dall’intenzione di risparmiare sui costi, massimizzando i profitti. A dirlo è La Cassazione confermando la condanna del datore di lavoro per lesioni, ma escludendo la responsabilità dell’ente, di cui al decreto legislativo 231/2001, in quanto il reato non era stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio. Nella fattispecie, si trattava di infortunio subito dal dipendente di una società di selezione dei rifiuti, investito da un muletto. I giudici di legittimità circoscrivono il raggio d’azione della norma per evitare che questa venga applicata in automatico «dilatando a dismisura il suo ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione».
Cassazione penale sez. VI, 19/01/2021, n.15543
Ai fini della configurabilità della responsabilità da reato degli enti, è sufficiente la prova dell’avvenuto conseguimento di un vantaggio ex art. 5 d.lg. n. 231 del 2001 da parte dell’ente, anche quando non sia possibile determinare l’effettivo interesse da esso vantato ex ante rispetto alla consumazione dell’illecito, purché il reato non sia stato commesso nell’esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi. (Fattispecie in cui, a fronte della corruzione intercorsa tra il pubblico agente e l’amministratore di una società interessata all’ampliamento di una discarica dalla medesima gestita, veniva riconosciuto il vantaggio, comportante la responsabilità ex d.lg. n.231 del 2001, anche nei confronti di una terza società che interveniva creando la provvista di denaro in favore del privato corruttore, in tal modo beneficiando – mediante contratti stipulati dopo la consumazione del reato – dell’attività di smaltimento dei rifiuti presso la suddetta discarica).
Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.49775
In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.
Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.49775
Quando la violazione antinfortunistica da cui è derivato l’infortunio del lavoratore non risponde a una prassi consolidata e quindi conosciuta o conoscibile dagli organi apicali dell’azienda, non può sostenersi che tale inosservanza risponda al perseguimento di un interesse o vantaggio in capo all’impresa.
Cassazione penale sez. III, 04/10/2019, n.3157
In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi in materia ambientale (art. 25-undecies d.lg. n. 231 del 2001, nella specie configurato con riferimento al reato presupposto di cui all’art. 137, comma 5, d.lg. n. 152 del 2006) l’interesse e il vantaggio vanno individuati sia nel risparmio economico per l’ente determinato dalla mancata adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire il superamento dei limiti tabellari, sia nell’eliminazione di tempi morti cui la predisposizione e manutenzione di detti impianti avrebbe dovuto dare luogo, con economizzazione complessiva dell’attività produttiva, considerando a tal ultimo riguardo che il risparmio a favore dell’impresa può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione.
Cassazione penale sez. IV, 24/09/2019, n.43656
In materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (articolo 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 2001), sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento e produttività o anche solo una riduzione dei tempi di lavorazione.
Cassazione penale sez. IV, 24/01/2019, n.16598
In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il “risparmio” in favore dell’impresa, nel quale si concretizzano i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’ente in un caso in cui, sebbene i lavoratori fossero stati correttamente formati e i presidi collettivi ed individuali fossero presenti e conformi alla normativa di riferimento, le lavorazioni in concreto si svolgevano senza prevedere l’applicazione ed il controllo dell’utilizzo degli strumenti in dotazione, al fine di ottenere una riduzione dei tempi di lavoro).
Cassazione penale sez. VI, 25/09/2018, n.54640
In tema di responsabilità degli enti collettivi, quando si deve verificare l’esistenza di un interesse della società in capo al soggetto agente che pone in essere il reato presupposto della responsabilità della società, pur essendo la nozione di “interesse dell’ente” caratterizzata (a differenza della nozione di vantaggio) da una prevalente connotazione soggettiva, non può prescindersi – specie se il reato è stato commesso nel prevalente interesse del singolo o di terzi – da un confronto con un parametro oggettivo, non rimesso esclusivamente ad imperscrutabili intendimenti dell’agente.
Cassazione penale sez. VI, 25/09/2018, n.54640
In tema di responsabilità degli enti, non determina la violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza la condanna dell’ente emessa attribuendo all’autore del reato presupposto il ruolo di soggetto sottoposto all’altrui direzione, anziché la veste di soggetto apicale così come indicato nell’originaria imputazione. (Fattispecie di attribuzione della responsabilità dell’ente, pur a seguito della diversa qualificazione della posizione soggettiva dell’autore del reato, sulla base della mancanza di un adeguato sistema di controllo e previsione, avente connotazioni assimilabili a quelle dell’originaria contestazione) .
Cassazione penale sez. IV, 23/05/2018, n.38363
In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione riferiti all’interesse e al vantaggio sono giuridicamente distinti giacché, mentre il primo è criterio soggettivo, da valutare ex ante, e consistente nella proiezione finalistica volta a far conseguire all’ente un profitto indipendentemente dall’effettiva realizzazione dello stesso, il secondo è criterio oggettivo, accertabile “ex post” e consistente nel concreto vantaggio derivato all’ente dal reato.
Cassazione penale sez. IV, 13/09/2017, n.16713
In tema di responsabilità da reato degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del d.lgs. 231 del 2001 all’interesse o al vantaggio, devono essere riferiti alla condotta e non all’evento.
Cassazione penale sez. II, 27/09/2016, n.52316
In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, che ne individua il presupposto nella commissione dei reati “nel suo interesse o a suo vantaggio “, non contiene un’endiadi, perché i predetti termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, ed evocano criteri concorrenti, ma alternativi: il richiamo all’interesse dell’ente valorizza una prospettiva soggettiva della condotta delittuosa posta in essere dalla persona fisica da apprezzare ex ante, per effetto di un indebito arricchimento prefigurato, ma non necessariamente realizzato, in conseguenza dell’illecito; il riferimento al vantaggio valorizza, invece, un dato oggettivo che richiede sempre una verifica ex post quanto all’obbiettivo conseguimento di esso a seguito della commissione dell’illecito presupposto, pur in difetto della sua prospettazione ex ante. Da ciò deriva che i due presupposti si trovano in concorso reale, cosicché, ricorrendo entrambi, l’ente si troverebbe a dover rispondere di una pluralità di illeciti (situazione disciplinata dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 231 del 2001).
Cassazione penale sez. IV, 19/05/2016, n.31210
In tema di responsabilità da reato dell’ente in conseguenza della commissione dei reati di omicidio colposo o di lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies d.lg. 8 giugno 2001 n. 231), ricorre il requisito dell’interesse dell’ente quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di far conseguire un’utilità alla persona giuridica; ciò accade, ad esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito, non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d’impresa: pur non volendo il verificarsi dell’infortunio in danno del lavoratore, l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell’ente (ad esempio, far ottenere alla società un risparmio sui costi in materia di prevenzione). Ricorre, invece, il requisito del vantaggio per l’ente quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, anche in questo caso ovviamente non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.
Cassazione penale sez. IV, 20/04/2016, n.24697
In tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività. (In motivazione, la Corte ha affermato che la responsabilità dell’ente, non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi). (Conf. n.31003 del 2015 e n.31210 del 2016 N.M.).
Cassazione penale sez. VI, 09/02/2016, n.12653
In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’art. 5 d.lg. 8 giugno 2001 n. 231 prevede che il fatto, in grado di consentire l’addebito a carico dell’ente, sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni apicali ovvero da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti in posizione apicale. I due criteri di imputazione sono alternativi o concomitanti: quello costituito dall’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito (sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA