L’Ente condannato per la mancata predisposizione di adeguate misure di sicurezza sul lavoro non può beneficiare della riduzione della sanzione inflitta se l’operario infortunato è stato risarcito dall’assicurazione.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 30231.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto ha affrontato la questione giuridica dei rapporti tra l’avvenuto risarcimento del danno eseguito dalla compagnia assicuratrice in favore dell’operaio infortunato ed il quantum della sanzione amministrativa inflitta all’Ente.

Nel caso di specie all’imputato tratto  a giudizio  in qualità di datore di lavoro era stato contestato  il delitto di lesioni colpose gravi per avere cagionato lesioni personali al dipendente con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Dalla lettura della sentenza in commento risulta che il lavoratore, intento a tagliare un pannello di polistirene estruso, con l’uso dì una sega circolare, sprovvista di spingitoi, entrava in contatto con la lama, riportando una “lesione complessa pollice e indice della mano sinistra” che comportava una malattia superiore a quaranta giorni.

La Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Belluno, esclusa la recidiva, aveva  rideterminato la pena inflitta all’imputato in quella di mesi due di reclusione, confermando  la sanzione inflitta all’ente per il risparmio di spesa dovuto al mancato investimento in termini di formazione – informazione delle maestranze.

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato e dell’ente, censurando, per quanto qui di interesse, la sentenza di appello nella parte in cui non aveva dimezzato la sanzione amministrativa inflitta dal primo Giudice, non tenendo in alcun conto l’avvenuto risarcimento del danno, ancorché conseguito dall’infortunato per mezzo della compagnia assicuratrice dell’impresa presso la quale lavorava.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi della sentenza in commento afferenti il tema della dosimetria della sanzione amministrativa ai sensi degli artt. 11 e 12 d.lgs 231/2001:

“La difesa si duole della mancata riduzione della sanzione inflitta all’ente nella misura massima della metà, siccome previsto dall’art. 12, comma 2, d.lgs. 231/2001.
La Corte di merito ha ritenuto che la società non fosse meritevole di beneficiare della massima riduzione, mettendo in rilievo la gravità del fatto, il risparmio conseguito dall’ente in conseguenza dell’omessa formazione del dipendente ed il mancato diretto esborso di somme a titolo risarcitorio, essendo stato il risarcimento riconosciuto dalla società assicuratrice.
La motivazione non soffre dei vizi lamentati dalla difesa: la giustificazione offerta dalla Corte di merito non riguarda il solo aspetto del risarcimento, ma anche i più generali profili della gravità delle criticità osservate nella gestione della sicurezza dei lavoratori e del risparmio conseguito dall’ente.
Ai sensi dell’art. 11  d.lgs. 231/01, nella determinazione della sanzione da applicare all’ente, il giudice deve tenere conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell’ente nonché dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di uleriori illeciti
Il successivo art. 12 prevede, al comma 2, che la sanzione pecuniaria sia diminuita da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l’ente abbia provveduto a risarcire integralmente il danno e ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si sia adoperato efficacemente in tal senso.
E’ evidente come, nella ricorrenza delle condizioni imposte nella norma da ultimo citata, l’entità della diminuzione della sanzione pecuniaria sia rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il quale, nel compiere la valutazione farà uso di un potere discrezionale entro i parametri indicati dall’art. 11 d.lgs. 231/01.

Ebbene, tale valutazione sfugge al sindacato di legittimità ove non sia espressione di manifesta illogicità.
Non sono comparabili gli istituti previsti dall’art. 62, comma 1, n. 6 cod. pen. e dall’art. 12 d.lgs. 231/01.

La prima è un’attenuante comune destinata ad incidere sul trattamento sanzionatorio riservato all’imputato, la seconda è un’attenuante che riguarda l’ente. Il sistema introdotto con il d.lgs. 231/01 ha disegnato un trattamento dedicato all’illecito della persona giuridica, avente proprie connotazioni peculiari, pertanto ìl collegamento prospettato dalla difesa è del tutto inconferente.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA